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Che cos'è l'evoluzione? e la selezione naturale?

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Fin da bambini ci è stato detto che l'Homo sapiens si è evoluto dalle scimmie, che gli adattamenti all'ambiente sono il frutto dell'evoluzione e che una specie o evolve o si estingue. 

"Ma cosa vuol dire evoluzione? Che relazione c'è tra evoluzione, adattamento e selezione naturale? Come funziona l'evoluzione?"

Che le specie esistenti siano adattate all'ambiente in cui vivono pare evidente anche agli occhi dei più distratti. Basta infatti osservare un orso polare per notare che, per non sprofondare nella neve, ha un'ampia superficie delle zampe, superiore a quella degli orsi bruni; oppure i grandi mammiferi marini che, vivendo in acqua, hanno sviluppato grandi polmoni che permettessero loro lunghe immersioni; o ancora la forma a "calice stretto" di alcuni fiori allo scopo di attirare, ad esempio, i colibrì, a loro volta dotati di un becco lungo ed appuntito.


Evoluzione dell'uomo




Di evoluzione avevamo già accennato qualcosa qua, ma quali sono i meccanismi che la governano?

Tutti gli organismi evolvono ("cambiano") nel corso di migliaia, a volte milioni di anni. L'evoluzione è, infatti, un processo lento e continuo che, in alcuni casi, può portare alla formazione di nuove specie (fenomeno della speciazione).

Fino a metà '800 non si aveva una spiegazione scientifica dell'evoluzione, la si conosceva, ma si ignorava la causa che la generasse. 
Nel 1859 il naturalista inglese Charles Darwin, pubblicò "L'origine delle specie", un trattato che rivoluzionò totalmente il concetto di evoluzione, dando una spiegazione scientifica documentata.

Il concetto di evoluzioneè molto semplice :

Ogni individuo di una certa specie è simile, ma non identico, ad un altro individuo. Così come tra gli uomini esistono quelli alti, bassi, con occhi chiari o scuri etc., così, in tutte le specie, ci sono delle differenze dovute ai diversi geni.
Una popolazione di un'unica specie sarà quindi composta da individui con diverse caratteristiche.
Prendiamo le Gazzelle della Savana, esse devono saper correre veloce per poter sfuggire ai loro predatori. Le Gazzelle che avranno i geni del "correre veloce" saranno più adatte all'ambiente, rispetto a quelle che possiedono i geni del "correre lente". In altre parole le prime sono più adatte all'ambiente "Savana", ed avranno maggiori possibilità di sopravvivere e, dunque, di riprodursi e trasmettere i loro geni. Ad ogni generazione la popolazione evolverà un pochino verso gazzelle "più veloci", nel corso di migliaia di anni la popolazione di gazzelle potrà essere più veloce (e dunque più adatta), rispetto a quella di partenza.
Questo è un esempio di selezione naturale, gli individui con i "geni migliori" prenderanno il sopravvento sugli altri.

Il termine "geni migliori"è però inesatto, si deve infatti parlare di "geni più adatti" e questo è sempre riferito ad un ambiente specifico e alla pressione evolutiva che esso esercita.
I geni del "correre veloce" non sarebbero selezionati in una popolazione di mucche Svizzere, semplicemente perché, non essendoci pressione evolutiva (non essendoci predatori), questi geni non sarebbero né più adatti, né meno adatti, rispetto ai geni del "correre lenti".

Se però cambia l'ambiente in cui si trova una popolazione, e quindi il tipo di pressione evolutiva, i geni "più adatti" potrebbero diventare i geni "meno adatti" e viceversa.

Un classico esempio di questo concetto è venuto alla luce in Inghilterra, durante la rivoluzione industriale.

In Inghilterra, prima della rivoluzione industriale, c'era una popolazione di Falene (Biston betularia) formata, prevalentemente, da individui dal colore bianco-grigio, che aiutava loro a mimetizzarsi nelle foreste di Betulle e altre specie dal legno chiaro e, dunque, a sfuggire ai predatori.
Un esiguo numero di individui erano di colore scuro, questo carattere era dovuto ad una mutazione genica che ha trasformato i geni "color chiaro" in geni "color scuro". Il numero era esiguo perché gli individui scuri, mimetizzandosi male, erano predati più facilmente e dunque, i loro geni erano trasmessi meno frequentemente. In altre parole i geni "color chiaro" erano adatti all'ambiente, mentre i geni "color scuro" erano inadatti.

Con l'avvento della rivoluzione industriale aumentò anche l'inquinamento, il carbone utilizzato per produrre energia liberava nell'aria particelle di colore scuro che, trasportate dal vento, si depositavo anche a molti chilometri di distanza. I tronchi degli alberi, i muri delle città e le travi dei tetti divennero scuri a causa della patina di carbone che su di essi si posava.
In breve tempo i geni che erano inadatti (geni "color scuro") divennero più adatti e, viceversa, i geni più adatti (geni "color chiaro") divennero i meno adatti.
Ora le falene scure avevano un vantaggio evolutivo, potevano mimetizzarsi meglio, essere predate meno e, quindi, riprodursi di più e spargere i geni "color scuro" ad un numero maggiore di prole.
In breve tempo la popolazione di falene divenne composta prevalentemente da individui scuri e pochi chiari.

E' importante menzionare che l'ambiente non provoca cambiamenti "adatti", semplicemente li seleziona fra tutti i cambiamenti (mutazione genica = mutazioni nel DNA) casuali che si verificano.



Biston betularia e selezione naturale




La velocità di evoluzione da cosa dipende?


  • Dalla velocità con cui si verificano le mutazioni geniche: questa è proporzionale alla grandezza della popolazione (se una popolazione è formata da 2 individui è meno probabile che, in almeno un individuo, si verifichi una mutazione genica, rispetto ad una popolazione formata da 1.000.000 di individui) e alla velocità del ciclo vitale della specie (a parità di numero di individui sono più frequenti le mutazioni in batteri il cui ciclo vitale è di 30 minuti, rispetto all'uomo che vive in media 80 anni). Inoltre la velocità con cui si formano le mutazioni (sia vantaggiose che non) può essere influenzata dall'ambiente, se un individuo vive in una zona radioattiva, avrà un tasso di mutazione genica superiore ad uno che vive in un ambiente sano. 
  • Dalla pressione evolutiva: la velocità di cambiamento genetico sul singolo individuo influenza solo in parte la velocità d'evoluzione. Infatti se l'ambiente "non seleziona" i cambiamenti, essi non potranno propagarsi. Ad es. una popolazione che vive da milioni di anni in uno stesso habitat, sarà ormai molto adattata a questo habitat e i cambiamenti avranno, per lo più, effetti negativi, quindi evolveranno più lentamente rispetto ad una popolazione che ha appena colonizzato una nuova (e diversa) area geografica. In altre parole più si è adattati ad un ambiente e più la velocità di evoluzione rallenta. Una maggiore pressione evolutiva si ha anche in un ambiente "più ostile". Se prendiamo una popolazione e la dividiamo a metà ed una parte la mettiamo su un isola priva di predatori e, l'altra metà, su un isola con molti predatori, quest'ultima sotto-popolazione evolverà più velocemente, in quanto sarà soggetta a maggiore pressione selettiva. Alcuni fossili viventi, cioè organismi molto simili a com'erano milioni di anni fa, sono tali perché hanno vissuto in ambienti con bassa pressione evolutiva. 


Vi siete mai chiesti che cosa sono le resistenze agli antibiotici?

La risposta è strettamente legata al concetto di evoluzione.

Gli antibiotici uccidono i batteri, potremmo dunque paragonarli ai "predatori" dei batteri.
Una popolazione di batteri è molto numerosa e, di solito, il loro ciclo vitale è molto breve (alcune specie anche 20 minuti); ci sono dunque tutti i presupposti affinché la velocità di mutazione sia molto elevata. Sui grandi numeri è più facile che un batterio acquisisca una mutazione, che trasformi il gene della "sensibilità all'antibiotico x" in gene della "resistenza all'antibiotico x".
Finché non usiamo l'antibiotico x, questo batterio non sarà "avvantaggiato" e, quindi, non prevarrà sugli altri che hanno il gene della "sensibilità all'antibiotico x".
Se però usiamo l'antibiotico x, sottoponiamo la popolazione batterica, ad una pressione evolutiva. In questo caso, la stragrande maggioranza della popolazione (quella col gene della "sensibilità all'antibiotico x"), morirà e gli unici a sopravvivere saranno quelli con il gene della "resistenza all'antibiotico x". 
Questi ultimi potranno tranquillamente crescere in presenza dell'antibiotico x e, riproducendosi, ricostituiranno la popolazione batterica. Questa nuova popolazione sarà composta da individui  con il gene della  "resistenza all'antibiotico x" e, dunque, per debellare una loro infezione, si dovrà utilizzare un altro antibiotico (se c'è!!).

Per questo motivo è importante non fare abuso di antibiotici. La resistenza agli antibiotici, e quindi la necessità di scoprirne o idearne di nuovi, è un tema particolarmente sentito dalla comunità scientifica. 


Evoluzione animale



Edera (Hedera helix) alla conquista delle zone ombrose

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Tra le piante infestanti, l'Edera Comune (Hedera helix) è senz'altro quella che riesce a prosperare in zone dove nessun'altra pianta potrebbe sopravvivere. L'Edera cresce indisturbata, arrampicandosi sui rami di grosse piante all'interno di fitti boschi, così come sui muri interni di vecchi ruderi, dove regna un'ombra, che assomiglia quasi più al buio notturno. 
Laddove la luce del sole non arriva, l'Edera, non trovando competitori, cresce indisturbata, donando all'ambiente un fascino fiabesco ed incantato.

Edera comune




Da dove proviene l'Edera (Hedera helix) ?

L'Edera appartiene alle Araliaceae, una famiglia che annovera al suo interno diverse specie che si espandono dalle zone tropicali sino alle zone temperate fredde.
Hedera helixè il nome scientifico dell'Edera Comune; la parola ("helix" = elica) suggerisce la sua propensione ad arrampicarsi  a spirale, formando una sorta di elica attorno al tronco su cui si "arrotola".
Questa specie è di origine Europea ed è diffusa dal Sud della Scandinavia sino alla Grecia. Secondo alcuni studiosi, le specie Hedera hibernica (Spagna) e Hedera canariensis (Isole Canarie e Nord Africa), sarebbero in realtà delle sottospecie di Hedera helix.


Botanica e Fisiologia :

L'Edera è una pianta rampicante oppure, in assenza di appigli, strisciante, diventando quasi tappezzante. I fusti, inizialmente erbacei, diventano legnosi con il trascorrere degli anni e possono superare i 25 metri (82 ft) di lunghezza. I fusti dell'edera sono villosi e ricoperti da radici avventizie, che hanno il compito di ancorare l'intera pianta ai tronchi degli alberi o a qualsiasi altro oggetto su cui si possano arrampicare o aggrappare.
Fiori edera
Hedera helixè una specie sempreverde dotata di foglie dalla forma lobata, di color verde scuro con venature biancastre ed attaccate al fusto tramite un lungo picciolo. Le foglie dell'Edera possono essere diverse anche se della stessa pianta (ad es. trilobate o pentalobate, più o meno scure etc..), questo fenomeno è noto come Eterofillia, inoltre alcune varietà sono state selezionate per l'aver foglie variegate.
Frutti ederaLe infiorescenzesbocciano, in autunno, sull'apice dei fusti e sono costituite da numerosi fiori di color giallo-verdastro, molto ricchi di nettare.
I frutti dell'Edera sono bacche di color blu scuro, riunite in grappoli. Sono tossici e maturano tra l'inverno e la primavera, a seconda delle condizioni ambientali.
La riproduzione dell'Ederaè assai semplice, le talee radicano facilmente, inoltre le radici aeree (radici avventizie) presenti sui fusti, possono, se a contatto con la terra, generare vere e proprie radici. Data l'efficacia di queste tecniche, la moltiplicazione per seme è assai meno usata.


Come coltivare l'edera, esposizione e clima:

L'Edera Comune (Hedera helix) è una pianta molto rustica ed adattabile, può resistere a forti geli con temperature inferiori a -20°C (-4° F), così come al caldo estivo. L'esposizione ideale è ombreggiata, ma può crescere anche in zone più assolate, ama terreni ricchi di humus, pur crescendo su praticamente tutti i terreni, a patto che siano ben drenanti e non troppo secchi.
Edera comuneUn'eccessiva esposizione al sole, specie in zone torride, può bruciare le foglie e rallentare notevolmente la velocità di crescita.
Una pianta affrancata non necessita, di norma, irrigazioni e sono sufficienti i temporali estivi per apportare l'acqua necessaria, ancor più che, di solito, godono di una naturale pacciamatura, offerta dal sottobosco ricco di foglie secche ed altri detriti vegetali.





Proprietà terapeutiche :

In pochi sanno che l'edera possiede proprietà officinali e terapeutiche, ed è considerata un'erba amara aromatica. Estratti di edera sono diffusi ad uso erboristico e cosmetico, si pensa, infatti, che abbiano una notevole efficacia nel combattere gli inestetismi della pelle come l'invecchiamento e la cellulite.
Inoltre è utilizzata anche per combattere i sintomi influenzali come tosse e catarro, questo grazie all'azione di particolari molecole contenute nelle foglie, chiamate Saponine.


Hedera helix leaves

Edera strisciante

Edera sul muro rudere





Edera sugli alberi del bosco



Disegno edera





Rambutan (Nephelium lappaceum), un frutto a forma di riccio

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Nel periodo Natalizio i supermercati si riempono di frutti tropicali dalle forme strane e dai colori sgargianti. Tra questi, il frutto del Rambutan (Nephelium lappaceum), spicca per la presenza di peli rossi o giallognoli che emergono dalla buccia rossa, dando al frutto un aspetto simile ad un riccio.

Ma come si mangia il Rambutan? Qual è il suo gusto? Dove è possibile crescere il Nephelium lappaceum? Come coltivare il Rambutan?

Frutto Rambutan




Affinché si possa apprezzare il sapore del Rambutan è essenziale che il frutto sia al giusto grado di maturazione. Il colore della buccia deve essere rosso, quando vira al marrone i frutti iniziano ad essere troppo maturi.
Alcuni frutti, come le Banane, possono essere gustosi anche se troppo maturi; purtroppo il Rambutan non è tra questi e, poco dopo la maturazione ottimale, inizia ad avere un gusto nauseante, che ricorda quello del pesce andato a male.
Viceversa, un Rambutan maturo al punto giusto, ha una polpa soffice, liscia quasi come fosse fatta di gelatina e un gusto intenso, ma delicato, fresco e dolce. Per mangiare il Rambutan sarà sufficiente rimuovere la buccia con un'incisione, estrarre la polpa e consumarla ricordandosi che all'interno vi è un seme.
Il gusto del Rambutan potrebbe ricordare quello del "cugino"Litchi, sebbene quest'ultimo abbia una polpa dal sapore più acidulo.


Origine e Diffusione:

Albero RambutanIl Rambutan è il frutto della specie Nephelium lappaceum, appartenente alla famiglia delle Sapindaceae ed originaria del Sud-Est asiatico.
L'albero del Rambutan è tuttora particolarmente diffuso e coltivato in Indonesia, Malesia, Thailandia, ma è stato introdotto anche in altre zone tropicali del Mondo, come nel Centro-Sud America (Costa Rica, Ecuador, Colombia), nell'Africa Orientale (Tanzania, Madagascar), India e Sri Lanka. Oggigiorno la Thailandia detiene il record mondiale per quanto riguarda la produzione annua, che si aggira attorno alle 600.000 tonnellate, seguita dall'Indonesia che ne produce circa la metà. Il nome Rambutan deriva dalla parola Rambutche, in lingua Malese, significa capello, un chiaro riferimento alle escrescenze pelose presenti sulla buccia esterna del frutto. In Vietnam è invece denominato "Chom Chom" (capelli disordinati), a marcare la somiglianza tra capelli che spuntano da un cranio e i soffici filamenti che fuoriescono dalla buccia.


Botanica e Fisiologia:

Nephelium lappaceum flowers
Il Rambutan (Nephelium lappaceum) è una pianta sempreverde che, come il  Mangostano e il Durian, vive in zone strettamente tropicali. Nonè quindi possibile coltivarlo in Italia e neppure nelle aree più miti del Mediterraneo; la sua coltura è risultata impraticabile anche in zone subtropicali come il Sud della Florida.
Frutti immaturi RambutanQuesta specie si sviluppa sotto forma di albero di medie dimensioni, potendo raggiungere un'altezza di circa 15 m (49 ft). Il tronco, solitamente unico, è leggermente rugoso e di colore grigio-rossastro, mentre la chioma è espansa, con un portamento quasi ricadente, e particolarmente densa.
Le foglie del Rambutan sono alternate, pennate, lunghe fino a 30 cm (12 inch) e possono ricordare vagamente quelle del Noce. Le infiorescenze, a forma di grappoli eretti, si formano all'apice dei rami e sono composte da innumerevoli piccoli fiori di color giallo-verdino.
La sessualità del Nephelium lappaceum, è piuttosto complessa, esistono infatti piante maschili (i cui fiori possono solo impollinare), piante femminili (i cui fiori possono solo essere impollinati), e piante ermafroditi (che hanno prevalentemente fiori femminili, ma anche una piccola percentuale di fiori maschili).
Il frutto del Rambutanè grosso come una piccola albicocca, ha una forma ovale e, a maturazione, è di color rosso con sfumature gialle. La buccia non è troppo aderente al frutto e, come detto in precedenza, è ricoperta da vistose estroflessioni filamentose che conferiscono, al frutto, un aspetto simile ad un riccio di mare. La polpa è di color bianco, con all'interno un unico seme delle dimensioni di una grossa nocciolina. Il gusto del Rambutanè squisito, coinvolgente e privo sia di acidità che di amarezza. Il frutto, oltre ad avere un'elevata concentrazione di Vitamina C, contiene alte quantità di Flavonoidi e Acido Gallico, entrambi antiossidanti naturali che proteggono il nostro corpo.

Nephelium lappaceum frutti




Coltivazione, Clima e Cure:

Il Rambutan (Nephelium lappaceum) è una pianta adattata per un clima tropicale umido e può crescere, e produrre in maniera proficua, solo tra il 15°N e il 15°S.
La temperatura media annuale dovrebbe essere superiore ai 25° C (77° F), mentre temperature sotto i 10°C (50° F) portano al deperimento e alla morte dell'intera pianta nel giro di poco tempo.
Il Rambutan si adatta bene sia al pieno sole, sia alla mezz'ombra e necessita circa 1500 mm di acqua all'anno che devono essere ben distribuiti, con una stagione secca breve e non troppo intensa. Il terreno idealeè profondo, leggermente acido, fertile, ricco di sostanza organica e soprattutto ben drenante.
Le piante utilizzate negli impianti commerciali vengono riprodotte tramite innesto o talea e questo, oltre a garantire il sesso della pianta e le qualità dei suoi frutti, velocizza la messa in produzione. Il Rambutan si può produrre anche da seme, ma non fiorirà prima di 5-6 anni e, qualora fosse una pianta femminile, potrebbe produrre frutti più acidi.


Fenologia e Produzione:

Il Rambutan, in zone prive di una stagione secca, possono produrre anche due volte l'anno: con una prima produzione, a cavallo tra fine autunno ed inizio inverno, ed una seconda, di solito meno cospicua, tra fine primavera ed inizio estate. In zone in cui vi è una stagione secca, come in Costa Rica, la fioritura è indotta dal ritorno delle piogge ed i frutti si sviluppano entro la fine della stagione delle piogge, in genere tra Agosto e Settembre; vi è quindi un'unica produzione annuale. Sebbene esistano cultivars autofertili, l'impollinazione incrociata è consigliabile ed anzi, per migliorare la produzione, si ricorre spesso all'impollinazione manuale. Se l'impollinazione viene lasciata solo a carico degli insetti pronubi solo una piccola percentuale (meno del 2%) di fiori si svilupperà in frutto.


Fiori di Rambutan

Foglie Rambutan

Rambutan Fruits





Com'è il clima della primavera?

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La primavera è per definizione la "stagione pazza", in cui si alternano momenti che ci fanno pensare all'estate, ad altri che ci ricordano come l'inverno sia appena trascorso. 

Quando inizia la primavera? Qual è il Clima della primavera Italiana? Perché ci sono questi forti sbalzi di temperatura? 

La primavera è una delle quattro stagioni delle zone temperate, nonché quella che segna il passaggio tra l'inverno e l'estate. 
La primavera astronomica inizia con l'equinozio di primavera che, nell'emisfero Boreale, è il 20 o il 21 Marzo, a seconda degli anni e finisce con il solstizio d'estate (circa il 21 Giugno).
La primavera meteorologica, ovvero quella utilizzata dai meteorologi, è definita come i 3 mesi che separano la stagione fredda (inverno) dalla stagione calda (estate); essa inizia il 1 Marzo e termina il 31 Maggio.

Fiori di Primavera


Potremmo leggere le seguenti righe accompagnati dalla famosa primavera di Vivaldi (clicca sotto):






Agli equinozi, l'incremento di ore di luce tra un giorno e l'altro è massimo, nel Nord Italia le giornate possono allungarsi quasi 5 minuti al giorno.
In primavera il Sole ritorna a scaldare la Terra, inizia ad essere alto e le ore di Luce tornano ad essere superiori alle ore di Buio. Tuttavia vi è un'inerzia termica, non bastano poche giornate di tiepido Sole a riscaldare l'acqua del Mediterraneo dopo mesi di inverno, o a sciogliere tutta la neve accumulatasi sulle Alpi; le masse d'aria fredda non si sono ancora stabilmente ritirate più a Nord.
Questo è il motivo per cui, sebbene la forza del Sole sia la stessa, durante l'equinozio di primavera fa più freddo rispetto all'equinozio d'autunno. I meteorologi hanno stimato un'inerzia termica media di circa 1 mese rispetto ai Solstizi, ovvero la temperatura dell'emisfero Nord si raffredda all'incirca fino al 21 Gennaio e da lì in poi ricomincia a crescere fino al 21 Luglio.
Le masse d'aria calda provenienti da Sud, cercando di scalzare le masse d'aria fredda, generano forti perturbazioni e rendono il clima primaverile estremamente altalenante e variabile.

Per le ragioni dette sopra la primavera è la stagione in cui, almeno in zone non costiere, vi sono le maggiori escursioni termiche tra giorno e notte, l'aria è fredda, ma il Sole è caldo, di notte può gelare, di giorno possono esserci oltre 20°C.

Come spiegato in questi due post (1 e 2), le masse d'acqua fungono da volano termico, questo è il motivo per cui spesso in primavera le zone costiere registrano temperature massime inferiori rispetto alle zone di pianura interne. Verso fine Aprile non è raro vedere temperature massime più elevate a Bologna rispetto a Palermo, ad esempio nella prima decade dell'Aprile 2011 ci fu un'anomala ondata di caldo che fece raggiungere temperature prossime ai 30°C in molte zone della Pianura Padana, negli stessi giorni, sulle coste della Liguria, a 200 km di distanza, le località più calde raggiunsero a stento i 20°C.

Bulbose nel sottobosco primaverile


In Italia la primavera è, di solito, più movimentata nel Nord della Penisola, zona in cui sono maggiori gli scontri tra correnti d'aria di diversa natura. In molti capoluoghi del Nord il trimestre primaverile è quello in cui si registrano maggiori accumuli pluviometrici, mentre al Sud è spesso l'autunno la stagione più piovosa.


Di seguito alcuni dati meteo relativi alla primavera, in diversi capoluoghi italiani.

Si può notare che capoluoghi come Firenze (entroterra) e Genova (sul Mare), pur avendo latitudine simile, hanno escursioni termiche ben diverse.



Città
Mese
Temp. Min. Media
Temp. Max. Media
Pioggia (mm)

Torino
Marzo
2,7°C (36,9°F)
13,4°C (56,1°F)
72,5
Aprile
5,7°C (42,3°F)
16,6°C (61,9°F)
113,3
Maggio
10,4°C (50,7°F)
20,7°C (69,3°F)
145,3

       Genova
Marzo
8,2°C (46,8°F)
14,6°C (58,3°F)
81,7
Aprile
10,5°C (50,9°F)
16,8°C (62,2°F)
88,0
Maggio
14,2°C (57,6°F)
20,5°C (68,9°F)
72,4

Bologna
Marzo
4,1°C (39,4°F)
14,2°C (57,6°F)
54,2
Aprile
7,4°C (45,3°F)
17,7°C (63,9°F)
74,2
Maggio
12,0°C (53,6°F)
23,0°C (73,4°F)
58,0

Roma
Marzo
5,2°C (41,4°F)
15,2°C (59,4°F)
57,8
Aprile
7,5°C (45,5°F)
17,7°C (63,9°F)
80,5
Maggio
11,6°C (52,9°F)
22,8°C (73,0°F)
52,8

Palermo
Marzo
9,6°C (49,3°F)
16,4°C (61,5°F)
78,2
Aprile
11,4°C (52,5°F)
18,7°C (65,7°F)
65,1
Maggio
15,3°C (59,5°F)
23,3°C (73,9°F)
36,2

Ancona
Marzo
3,6°C (38,5°F)
13,6°C (56,5°F)
56,8
Aprile
6,4°C (43,5°F)
16,9°C (62,4°F)
58,8
Maggio
10,9°C (51,6°F)
21,7°C (71,1°F)
54,0

L’aquila
Marzo
1,7°C (35,1°F)
12,3°C (54,1°F)
51,2
Aprile
5,0°C (41,0°F)
16,3°C (61,3°F)
56,6
Maggio
8,8°C (47,8°F)
20,9°C (69,6°F)
51,0

Firenze
Marzo
4,9°C (40,8°F)
15,7°C (60,3°F)
63,5
Aprile
7,5°C (45,5°F)
18,5°C (65,3°F)
86,4
Maggio
11,6°C (52,9°F)
23,7°C (74,7°F)
70,0


La primavera è anche la stagione del risveglio, nonché una delle migliori per lo sviluppo di molte piante, il gelo invernale non c'è più, la torrida estate non c'è ancora.
Tra le prime specie a fiorire ci sono le Bulbose, molte di esse fioriscono nel sottobosco, in un periodo in cui gli alberi sovrastanti sono ancora spogli. In questo modo possono sfruttare la luce solare che, in questo periodo, giunge sino al suolo.

Il Verde è il colore simbolo della primavera, le foglie, appena emesse dalle gemme, sono tenere e di un verde particolarmente chiaro. Il risveglio è repentino, nel giro di qualche settimana, tutte le piante "ritornano alla vita", quasi all'unisono.

La primavera è più precoce al Sud Italia e al piano. Alberi che crescono a 1.000 metri sulle Alpi possono avere un ritardo fenologico anche di un mese o più, rispetto alla stessa specie coltivata a 300 metri sugli Appennini del Sud Italia.

E per concludere la Primavera di Botticelli (1482, Uffizi di Firenze)




Come coltivare la Mimosa (Acacia dealbata)

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La Mimosa è nota prevalentemente come simbolo della Festa della Donna; l'8 Marzo, infatti, è consuetudine omaggiare il gentil sesso con mazzetti di fiori di Mimosa

Qual è l'albero della Mimosa? Dove è possibile crescere l'Acacia dealbata? La pianta della Mimosa resiste al gelo?

Col termine "Mimosa" ci si riferisce alle piante appartenenti al genere Acacia, che annovera al suo interno diverse specie, che differiscono per rusticità ed epoca di fioritura, nonché per forma e dimensione dei fiori.
Solitamente, quando parliamo di Mimose, facciamo riferimento alla specie Acacia dealbata, questa, infatti, è tra le specie più adatte al clima italiano, nonché quella che fiorisce in corrispondenza della festa della donna. 

Pianta Mimosa




Origine e Diffusione:

La Mimosa (Acacia dealbata) appartiene alle Fabaceae, volgarmente chiamata famiglia delle Leguminose, la stessa dei Fagioli e delle Fave.
Le origini della Mimosa sono da ricercarsi nel continente Australiano ed, in particolare, nell'isola Tasmania, situata a Sud dell'Australia e nota ai più per il celeberrimo Diavoletto della Tasmania (Sarcophilus harrisii).
A partire dal 1800 fu introdotta in Europa, dove è ora naturalizzata in diverse zone temperate calde come la Costa Azzurra, da dove si è poi espansa nella vicina Liguria.
La mimosa, in Italia, è storicamente presente in Riviera, così come sul Litorale Toscano ma, oggigiorno, è diffusa come pianta ornamentale su tutta la fascia costiera e, a macchia di leopardo, anche nelle zone interne con microclima favorevole.


Botanica e Fisiologia:

La Mimosa è una pianta sempreverde dotata di una crescita esplosiva che, nei climi a lei particolarmente congeniali, le permette di diventare quasi infestante. Cresce su un unico tronco, talvolta su più fusti e, nelle zone di origine umide, può raggiungere un'altezza di 30 metri (98 ft).
Fiori di MimosaLa chioma della Acacia dealbata ha un aspetto disordinato ed è espansa, ma non particolarmente folta e, soprattutto in esemplari vecchi, assume una forma "ad ombrello".
Foglie di mimosaLe foglie di Mimosa sono bipennate, di lunghezza variabile, al massimo fino 15 cm (6 in) e larghe circa 10 cm (4 in); ogni foglia è composta 10-20 paia di pinnule disposte perpendicolarmente rispetto al rametto da cui dipartono; ogni pinnula è a sua volta divisa in 20-30 foglioline disposte a 90° rispetto alla nervatura centrale. Le foglie dell'Acacia dealbata, se appena emesse, hanno un colore verde chiaro, mentre le foglie adulte hanno un colore verde che tende al grigio o bluastro, colore simile a quello della Palma Blu del Messico (Brahea armata). I Fiori della Mimosa sono indubbiamente la parte più conosciuta ed apprezzata dell'intera pianta; le infiorescenze sono riunite in racemi che solitamente si estendono dall'ascella fogliare. I fiori sono capolini globosi a forma sferica di circa  mezzo centimetro di diametro (0,2 in), hanno un aspetto piumoso ed un odore molto intenso ed inebriante; ogni fiore è formato da innumerevoli stami di color giallo limone.
La fioritura della Mimosaè particolarmente copiosa, tanto che le mimose in fiore hanno un aspetto giallo, più che verde. In Italia fiorisce, a seconda del clima e dell'esposizione, tra Gennaio e fine Marzo, ma i fiori non sbocciano tutti contemporaneamente e durano diverso tempo, quindi non è un problema trovarli l'8 Marzo.
E' importante ricordare che i boccioli floreali sono presenti già da fine estate, tuttavia impiegano diversi mesi per "gonfiarsi", sino ad avere l'aspetto che tutti noi conosciamo.
I frutti della Mimosa sono dei baccelli (legumi) appiattiti, color brunastro, che contengono circa una decina di semi.


Coltivazione, Esposizione, Cure e Terreno:

La Mimosa è una pianta che in natura prospera in boschi umidi, così come in foreste xerofile ad un'altitudine compresa tra i 200 m ed i 1000 m a seconda della latitudine e lontananza dal mare.
Frutto MimosaAcacia dealbata, pur gradendo terreni acidi e drenanti, mostra una buona adattabilità e prospera anche in terreni neutri, tuttavia, se innestata su Acacia retinodes, è possibile coltivarla anche in terreni alcalini. La mimosa è una specie pioniera ed è tra le prime ad insidiarsi dopo gli incendi; pur preferendo terreni umidi, riesce a vivere anche in quelli aridi, poveri e sassosi, dove però ha uno sviluppo più contenuto. La mimosa ama un'esposizione soleggiata (almeno mezza giornata di sole diretto) e al riparo dai venti, infatti la ritroviamo frequentemente "selvaggia" su pendii scoscesi esposti a mezzogiorno. La mimosa è sensibile al gelo intenso e patisce gli inverni lunghi e con picchi di freddo inferiori ai -8°C (18°F), questo non vuol dire che, da adulta, non possa sopravvivere a brevi periodi con punte di -10°-11° (14-12°F), purché siano circoscritti, rari ed accompagnati da temperature massime sopra gli zero gradi. La rusticità di questa specie è inferiore a quella dell'Olivo e, diversamente da quest'ultimo, si riprende con maggiore fatica da un defogliamento; inoltre la neve induce intense sollecitazioni meccaniche agli esili rami.
Il clima ideale per la coltivazione dell'Acacia dealbataè quello Mediterraneo caldo, la specie, infatti, è particolarmente resistente alla siccità, non a caso, nel suo areale di origine, sopravvive anche in zone aride.
La potatura della Mimosa deve essere fatta ogni anno, la chioma tende ad essere molto disordinata, con rami che si intrecciano e con un portamento assurgente. Inoltre bisogna eliminare i polloni che, in questa specie, sono abbastanza frequenti. Da quel che ho potuto osservare la mimosa regge potature anche piuttosto severe senza compromettere più di tanto la fioritura.


Riproduzione:

La Mimosa si può riprodurre in diversi modi, in primis tramite innesto, il che velocizza l'entrata nella fase fiorifera. Molto diffusa è anche la semina, i semi devono però essere scarificati per una sicura germinazione, per fare questo può essere sufficiente lasciarli in acqua bollente per circa 45 secondi.
La semina va effettuata in primavera (Marzo-Aprile), affinché la piantina possa usufruire di tutta la bella stagione per irrobustirsi, prima dell'arrivo dei rigori invernali.
Questa pianta è riprodotta anche per talea o per margotta, sebbene i rami di questa specie fatichino più di altri a radicare.


Infiorescenze di mimosa

Acacia dealbata flowers

Silver wattle




Chamaedorea elegans, la palma nana da appartamento

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E' possibile coltivare una palma dentro casa? Ci sono varietà adatte al clima d'appartamento?

Ebbene, tra le moltissime palme, alcune possono farcela, tra di loro una delle più note è certamente la Chamaedorea elegans, conosciuta anche come Palma nana o Neanthe Bella o ancora Palma della Fortuna.

Molte Palme sono di origine tropicale e quindi particolarmente sensibili al freddo, tuttavia, pur non potendo restare all'aperto, non è detto che reggano il clima secco, privo di escursioni termiche e poco luminoso  che vi è all'interno di un'abitazione.

La Chamaedorea elegans, oltre a crescere bene in vaso e a rimanere piccola, si può invece adattare a questo ambiente e diventare un'ottima pianta da appartamento.

Chamaedorea elegans




Premessa :

Molte delle oltre 100 specie di palme del genere Chamaedorea (in italiano Camedorea) si prestano ad essere coltivate in casa. Il nome stesso deriva dalla parola greca "chamai" (nano) e da "dory" (albero), ovvero "Palme Nane", nome dato in merito del fatto che molte delle sue specie sono di dimensioni assai contenute.
Acune sono particolari, come la Chamaedorea metallica, le cui fronde delle foglie rimangono unite ed hanno un colore verde "metallico", o la Chamaedorea tuerckheimii che raggiunge a stento il mezzo metro d'altezza.
Nelle prossime righe parlerò della Chamaedorea elegans, probabilmente la più diffusa come pianta ornamentale da appartamento, tuttavia molte informazioni sulla sua coltivazione potrebbero essere applicate anche ad altre specie dello stesso genere.


Origine e Diffusione :

Chamaedorea elegansè una pianta appartenente alla famiglia delle Arecaceae (o Palmacea), la cui origine è da ricercarsi nella zona compresa tra il Messico meridionale e Guatemala.
Il suo habitat nativo è rappresentato dalle dense foreste pluviali tropicali del Centro America fino ad un'altitudine di 1500 m (4900 ft), dove cresce come pianta da sottobosco, al di sotto degli imponenti alberi che compongono questi boschi.
In Italia è diffusa la varietà "Bella", la quale ha un portamento più compatto ed una crescita più lenta, rispetto alla specie tipo.


Botanica e Fisiologia :

Fiori Chamaedorea elegansLa Palma in questione, in natura, cresce fino ad un'altezza di circa 3 metri (10 ft). Più palme si possono sviluppare nelle immediate vicinanze, dando al tutto un aspetto "cespuglioso", inoltre la specie ha una discreta capacità di emettere polloni dalle radici. Il troncoè esile e su di esso sono osservabili le cicatrici lasciate dalla caduta delle foglie, le infiorescenze contengono numerosi fiori color giallo; fiori maschili e femminili sono presenti su piante diverse (specie Dioica). La Chamaedorea elegans fiorisce, in natura, tra Maggio e Ottobre, mentre in Italia, se tenuta in appartamento, fiorisce poco e nel periodo invernale. Le foglie della Camedorea possono sfiorare il metro (3,3 ft) di lunghezza e sono composte da numerose foglioline lunghe sino a 10 cm (0,33 ft).


Clima, esposizione e cure :

Chamaedorea elegans è una palma che non resiste al gelo, in Italia può essere coltivata all'aperto solo nelle zone più riparate della Sicilia e, per essere sicuri che non muoia, non la si dovrebbe piantare in zone USDA inferiori a 10a, tuttavia in queste zone saranno indispensabili luoghi al riparo dai diretti raggi solari e frequenti innaffiature estive.
L'esposizione deve essere ombreggiata, gradisce la luminosità, ma il Sole diretto causa bruciature alle tenere foglie, inoltre non ama temperature troppo elevate. In compenso è piuttosto tollerante agli ambienti secchi (tipici degli interni abitativi) e le radici sono sopportano i ristagni idrici. La temperatura ideale per lo sviluppo è compresa tra 18°C e 24° C (65-75°F), senza grosse fluttuazioni giornaliere e stagionali.
Tutte queste condizioni (temperatura, umidità e luce) sono tipiche di un ambiente interno, rendendo questa palma un'ottima pianta ornamentale da interni.
Ora, la prossima volta che andrete dal dentista, dal medico o in qualche studio legale, date un occhio alle piante nella sala d'attesa, probabilmente vi troverete anche questa.


Camadorea

Tronco Camadorea

Chamaedorea elegans selvaggia







Come prevenire i danni da gelate primaverili sugli alberi da frutto ?

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Le gelate primaverili o brinate tardive hanno, sulle piante da frutto, effetti ben diversi rispetto alle gelate che si possono verificare in pieno inverno.

  • Come è possibile proteggere le piante ed i fiori dalle gelate primaverili? 
  • Che danni possono arrecare le gelate tardive alle produzioni fruttifere? 
  • Come si possono ridurre i danni da brinate primaverili sulle piante da frutto?
  • Quali sono le specie più a rischio? Quali sono le temperature soglia?


Per rispondere a queste domande dobbiamo prima chiarire quale sia la differenza tra gelo primaverile e gelo invernale
Avevamo già visto, (leggi  qua), che alcune piante possono attuare una serie di meccanismi volti a renderle resistenti al freddo invernale. Uno dei meccanismi più classici è quello di perdere le foglie, le piante decidue, infatti, eliminano le foglie che, essendo ricche di acqua, sono più soggette a danni da gelo rispetto ad altri organi. Una pianta da frutto decidua, come potrebbe essere un Albicocco, può resistere a gelate invernali ben inferiori ai -15°C (5°F), tuttavia i suoi germogli e fiori, essendo ricchi di acqua, possono disidratarsi, morire e cadere con temperature ben più elevate
Pare evidente che la soglia di geloche una pianta può sopportare, senza subire danni, dipende dal proprio stadio fenologico che, ovviamente, è ben diverso in inverno, rispetto alla primavera.

Frutti con danni da gelo tardivoAvevamo visto che il clima della primavera è particolarmente variabile e può alternare momenti caldi ad altrettanti freddi. Uno dei grossi problemi attribuibili al surriscaldamento globale è la precocità con cui si manifesta la primavera; in febbraio il Sole può iniziare a scaldare e, se l'aria presente sopra di noi è mite, può trarre in inganno le nostre piante da frutto.
Per molte Drupacee sono sufficienti pochi giorni con temperature massime prossime ai 20°C (68°F) per fare sbocciare i teneri fiori; questi sono sensibili ai ritorni di freddo e, se danneggiati, non potranno "trasformarsi" in frutti. Anche i frutticini appena allegati sono molto poco resistenti al gelo e, quindi, da quando inizia la fioritura, fino alla maturazione dei frutti, ogni gelata rappresenta un grosso rischio.


Ogni specie inizia il germogliamento in epoche diverse, piante come Albicocchi e Mandorli sono tra i più precoci a fiorire, mentre Meli e Peri sono tra gli ultimi a fiorire. Altre piante, come i Kiwi o i Kaki, pur fiorendo in Maggio, germogliano ben prima ed i teneri germogli, che formeranno poi i fiori, sono altrettanto danneggiabili dalle gelate primaverili.
Alcune specie, come ad esempio il Mirtillo Siberiano, hanno evoluto fiori in grado di sopravvivere a forti gelate, ma queste specie sono assai rare.


Ma cosa succede ad un fiore dopo una gelida nottata?


Fiori danneggiati dal geloLe notti a rischio di brinata primaverile sono quelle in cui il cielo è sereno e vi è assenza di vento, questo determina un forte irraggiamento notturno che, in zone soggette ad inversioni termiche, può portare le temperature minime sotto gli 0°C (32°F). Più raramente, si possono registrare anche gelate a seguito di avvezioni di aria particolarmente fredda, ma questo tipo di gelate è più consono alla stagione invernale. A seconda dell'entità del gelo avremo un danno su una certa percentuale di fiori, differenze possono riscontrarsi anche tra fiori ancora chiusi e quelli che hanno già perso i petali (un certa scalarità di fioritura è sempre presente). Un fiore (o un frutticino) danneggiato si presenta con un aspetto "raggrinzito" ed un colore bruno-nerastro, se osserviamo attentamente vediamo una necrosi diffusa che, se raggiunge l'embrione del "futuro" frutto, ne determina la cascola.


Quali sono le temperature soglia di danno, in base allo stadio fenologico e alla specie di pianta da frutto ?


Fiori, frutticini e germogli di specie diverse hanno diversa resistenza alle gelate primaverili; inoltre la resistenza al gelo dipende anche dallo stadio di sviluppo (gemma gonfia, fiore chiuso, fiore aperto, frutticino allegato etc..).
Nella prossima tabella riassumerò le soglie limite per le specie fruttifere più comuni, in base allo stadio fenologico. Verranno indicate tre soglie, una corrisponderà alla temperatura sopra la quale non si avranno danni significativi, la seconda indicherà la temperatura a cui si avrà una perdita di produzione pari al 10%, ed infine quella a cui corrisponderà una perdita del 90%.
Le temperature, espresse in gradi centigradi, sono da intendersi registrate da un termometro a bulbo umido posto ad un'altezza di circa 2 metri. (Ricordo che l'aria a stretto contatto col suolo è più fredda di quella posta a 2 metri, quindi, con lievi gelate, i danni maggiori saranno nella parte bassa della chioma).


Pianta
Specie
Stadio Fenologico
No Danno
Danno 10%
Danno 90%
Albicocco
Prunus armeniaca
Gemme Rigonfie
-5
-5.5
-14.5
Bottoni Rosa
-4
-5
-10
Fioritura
-2.5
-3
-6
Caduta Petali
-1
-2.5
-4.5
Frutticini
-1
-2
-3.5
Pesco
Prunus persica
Gemme Rigonfie
-4
-7
-16
Bottoni Rosa
-3
-4
-7
Fioritura
-2
-2.5
-4
Caduta Petali
-1.5
-2
-3.5
Frutticini
-1
-2
-3
Melo
Malus domestica
Rottura Gemme
-4
-7
-14
Orecchiette di Topo
-2
-3
-7
Mazzetti Divaricati
-2
-2.5
-5
Fioritura
-1.5
-2
-3.5
Frutticini
-1
-2
-3
Pero
Pyrus communis
Rottura Gemme
-8
-9.5
-15
Punte Verdi
-6
-7
-12
Fioritura
-2
-2.5
-4
Caduta Petali
-1.5
-2
-3.5
Frutticini
-1.5
-2
-3.5
Susino
Prunus domestica
Gemme Rigonfie
-5
-8
-13
Bottoni Bianchi
-3
-4
-6
Fioritura
-2
-2.5
-5
Caduta Petali
-1
-2
-4
Frutticini
-0.5
-2
-3
Ciliegio
Prunus avium
Gemme Rigonfie
/
-10
-15
Bottoni Visibili
/
-3
-6
Bottoni Separati
/
-2.5
-5
Fioritura
/
-2.5
-3.5
Frutticini
/
-2
-3
Vite
Vitis vinifera
Gemme Cotonose
/
-10
-18
Gemme Verdi
/
-6
-12
Gemme Aperte
/
-3.5
-8
Prima Foglia
/
-2.5
-5.5
Grappoli Fiorali
/
-1.5
-2.5
Kiwi
Actinidia chinensis
Rottura Gemme
-3
-4
-6
Germogliamento
-2
-3
-4.5
Foglie Aperte
-0.5
-2
-3
Bottoni Fiorali
-0.5
-1
-2
Fioritura
0
<0
<0


Dalla tabella si può notare come specie che fioriscono precocemente (Albicocchi e Susini), abbiano fiori più resistenti alle brinate tardive rispetto a specie più tardive (Meli, Peri, Ciliegi). Inoltre si può notare la scarsissima resistenza dei Kiwi, per esperienza diretta posso garantire che, anche con lievi gelate, le foglie diventano della stessa consistenza del tabacco e cadono da lì a poco.

Infine dobbiamo considerare questa tabella come indicativa, bisogna tener conto anche della durata, ad esempio una gelata che dura dalle prime ore del tramonto può essere più dannosa di una gelata più intensa della durata di una paio d'ore prima del sorgere del sole. Un altro fattore importante è la velocità di disgelo, più questo è brusco più il danno sarà consistente; una pianta ombreggiata nelle prime ore della giornata subirà meno danni di una esposta al sole sin dall'alba.


Come difendere le piante da frutto dalle gelate tardive?

Danni da gelate tardiveSe il terreno è ampio e presenta microclimi differenti, potremmo mettere le specie che fioriscono prima (ad es. Albicocchi), in posizioni più riparate, come zone sopraelevate o un pendio esposto a Sud.
Inoltre una scelta oculata della cultivar, privilegiando una varietà a fioritura tardiva, potrebbe dimostrarsi la scelta vincente. Basta che un albicocco fiorisca una settimana dopo per salvare la produzione, qualora ci fosse una forte gelata proprio in quella settimana. In ultimo, la terra bagnata, può limitare la perdita di calore dal terreno per irraggiamento notturno più di quanto non faccia un terreno secco, quindi, in previsione di una brinata primaverile, può essere utile irrigare abbondantemente l'impianto. Tutte quelle sopraelencate sono Difese Passive, ovvero tecniche atte a ridurre al minimo la possibilità che si verifichi una gelata tardiva, in un periodo in cui, le piante da frutto, sono già in fase vegetativa (Fioritura o conseguente).
Con costi maggiori, difficilmente giustificabili dall'hobbista, si possono prevenire i danni anche tramite Difese Attive, ovvero con tecniche che limitano i danni quando una gelata tardiva si verifica. Tutte queste difese, diversamente da alcuni tipi di protezione invernale, richiedono dispendio di energia e devono essere messe in atto solo quando vi è la concreta possibilità di brinate primaverili, ecco le principali:


  • Irrigazione Antibrina : questa tecnica sfrutta il fatto che l'acqua, passando dallo stato liquido a quello solido, sprigiona energia termica. L'acqua, ghiacciando, libera quindi calore che impedisce un ulteriore raffreddamento. L'acqua irrorata si deposita sui fiori, congelandosi riscalda l'aria circostante mantenendo una temperatura prossima al punto di congelamento (circa 0°C), quando quella dell'aria è, magari, di -6°C. Come abbiamo visto poco sopra, temperature di 0°C non comportano quasi mai una sostanziale perdita di produzione.
  • Candele Antigelo : Si tratta di collocare un certo numero di lampadine in prossimità della base delle piante, il calore sprigionato, salendo verso l'alto, riscalda l'aria ed impedisce gelate per irraggiamento notturno, quando le temperature sono nell'ordine dei -4°/-5°C. Questa tecnica è utilizzabile solo in assenza di vento e per le gelate da irraggiamento, non è quindi utile per avvezioni di aria gelida.
  • Ventilatori : In condizioni di inversione termica l'aria fredda si deposita nei bassi strati, mentre quella calda sale verso l'alto. Questa tecnica utilizza degli enormi ventilatori allo scopo di "rimescolare" gli strati d'aria e non permettere l'instaurarsi dell'inversione termica, con conseguente formazione di brina nei primi 3-4 metri dal suolo. Come la precedente, questa tecnica è inutile per gelate da avvezione. 


Brinata tardiva Foglie Kiwi

Foglie Kiwi Arguta Danneggiate dal Gelo

Come coltivare l'Aronia Melanocarpa per produrre ottimi succhi

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Molti di voi conosceranno la pianta di Aronia Melanocarpa per via dei suoi frutti, utilizzati, spesso assieme ad altri piccoli frutti, per preparare succhi ad elevato contenuto di vitamine.

Ma che pianta è l'Aronia Melanocarpa? Dove può essere coltivata? Quali sono le sue origini?

Aronia Melanocarpa





Origine e Diffusione:

L'Aronia Melanocarpa è una specie le cui origini si collocano negli umidi boschi del Nord America, tuttavia la propria diffusione, nonché il massiccio utilizzo dei suoi frutti, è da ricercarsi nell'Europa orientale. 
In Russia, diversamente dall'Italia, l'Aronia è conosciuta e coltivata sia dai privati, sia su larga scale e le sue bacche trovano impiego nella produzioni di succhi, marmellate e confetture.
L'Aronia è particolarmente adattata agli ambienti freddi ed è coltivata come pianta da frutto, in zone in cui poche altre potrebbero fruttificare, come ad esempio in Scandinavia. 


Botanica e Fisiologia:

Boccioli Aronia MelanocarpaL'Aronia melancarpa, a volte chiamata Aronia nigraPhotinia melanocarpa, è una pianta decidua che appartiene alla famiglia delle Rosaceae, la stessa del Nespolo o dell'Albicocco. Il genere Aronia comprende anche altre specie, tra cui la più nota è l'Aronia arbutifolia, che produce bacche rosse e Aronia prunifolia, le cui bacche son di color viola. L'Aronia Melanocarpa si sviluppa come piccolo arbusto che, anche se lasciato crescere liberamente, fatica a superare un'altezza di 1,5-2 m (5-7 ft). La vegetazione è molto fitta ed i rami tendono ad incrociarsi; la forma naturale è globosa e tondeggiante. Le gemme sono di color rossiccio, mentre le foglie dell'Aronia sono di forma ovale, di medie dimensioni, dal margine lievemente seghettato e, in autunno, si tingono di un bel color rosso-arancione, dando all'arbusto un aspetto ornamentale.
Fioritura Aronia Melanocarpa
Le infiorescenze sono dei corimbi (grappoli) contenenti 20-25 fiori ognuno, che si formano sulla vegetazione primaverile. I fiori dell'Aronia sono piccoli, ermafroditi, con cinque petali bianchi ed antere di color rosa. La fioritura dell'Aronia avviene a metà primavera, dopo l'emissione delle foglie e, grazie ad una certa scalarità, dura circa un paio di settimane, anche se, il singolo fiore, ha una vita media di circa 5 giorni. I frutti di Aronia Melanocarpa sono delle bacche di color nero, riunite in grappoli penduli. La loro maturazione, nel Clima Italiano, avviene a metà estate, circa tre mesi dopo la fioritura. Il gusto delle bacche di Aroniaè intenso e solo raramente trova impiego come "frutto fresco", questo a causa dell'alta presenza di tannini. Per ridurre questo gusto "tannico", può essere utile congelare le bacche. I frutti di Aronia trovano massimo impiego nella preparazione di succhi e confetture, ma delle sue proprietà benefiche parleremo alla fine dell'articolo. 


Esposizione, Clima e Cure:

Frutticini Aronia MelanocarpaL'Aronia melancarpa è una pianta particolarmente adatta ai climi freddi o anche molto freddi, riesce infatti a sopravvivere in alcune zone di confine tra taiga e tundra, in cui vi sono intense gelate invernali. Nonostante questo, riesce a tollerare anche estati calde ed afose, a patto che vi siano frequenti precipitazioni temporalesche. Il fabbisogno idrico dell'Aronia si aggira attorno ai 1200-1500 mm (60 in) annui  ben distribuiti anche nei mesi estivi, la specie è infatti a suo agio in terreni umidi e mai troppo aridi. L'Aronia si può coltivare un po' ovunque in Italia, comprese zone di bassa montagna. Nelle zone più aride del Sud Italia sarebbe meglio collocarla in una zona a microclima fresco, come una collina esposta a Nord, altrove potrebbe avere qualche problema nel soddisfare il proprio fabbisogno di freddo.
L'Aronia ha un'elevata resistenza al gelo, potendo tranquillamente superare punte inferiori ai -30°C (-22°F), anche i suoi fiori sono particolarmente resistenti al freddo e raramente sono danneggiati dalle gelate primaverili. Nel suo habitat naturale l'esposizione ideale è in pieno sole ma, a latitudini più meridionali, è consigliabile collocare l'Aronia in una zona a mezz'ombra, anche per far si che il terreno rimanga umido e fresco. Questa specie produce discretamente anche in zone piuttosto ombrose. L'Aronia è molto rustica anche per quanto riguarda il terreno, si accontenta infatti di terreni di varia natura, purché non troppo compatti e secchi. Riesce ad adattarsi a terreni acidi, così alcalini, ricchi o poveri di materia organica, inoltre mostra un'inusuale tolleranza ai terreni ad alto contenuto salino.
In ultimo l'Aronia Melanocarpa è particolarmente adatta alla coltura biologica, in quanto raramente attaccata da parassiti ed in grado di produrre anche senza trattamenti anticrittogamici.


Varietà e Riproduzione:

L'Aronia melanocarpaè una specie che si riproduce o per semina o per talea. Ovviamente, procedendo con la prima tecnica, si otterranno piante ognuna diversa dall'altra, in questo caso si avranno dunque molte variabili e si potrà facilmente avere una pianta con frutti più piccoli e meno pregiati. Per mantenere la cultivar si  dovrà propagare l'Aronia tramite talea. Tra tutte le varietà, l'Aronia "Viking" si è guadagnata notorietà per via dei suoi frutti grossi (rispetto alla specie tipo) e per la produzione abbondante; altre varietà sono "Nero" e "Autumn Magic", quest'ultima ancora più ornamentale durante il periodo autunnale.


Proprietà ed Utilizzi dei Frutti di Aronia Melanocarpa:

Le bacche di Aronia vengono impiegate per preparare succhi, sciroppi, marmellate e confetture di vario genere. Inoltre, questi frutti, sono considerati salutistici, poiché contengono un elevato contenuto di antociani, un particolar tipo di flavonoidi che, oltre a rendere scuro il colore del frutto, proteggono il nostro corpo dai radicali liberi, molecole molto reattive e particolarmente tossiche per gli esseri umani. Oltre ad essere degli antiossidanti naturali, sembra che gli antociani abbiano anche un ruolo radio-protettivo, prevenendo così l'insorgere di tumori.
L'Aronia è il frutto che contiene maggiore quantità di antociani, la loro presenza si aggira attorno agli 800 mg per ogni 100 gr di frutti freschi, una quantità circa 5 volte maggiore rispetto all'uva nera. L'assunzione di antociani si è dimostrata efficacie nel prevenire malattie cardiovascolari ed, in generale, tutti i danni da stress ossidativo
Oltre all'elevato contenuto di polifenoli, l'Aronia contiene alte quantità di Vitamina C e Vitamina K.
Talvolta le bacche di Aronia vengono utilizzate come coloranti alimentari o miscelate ad altri frutti di bosco, al fine di ottenere bevande multivitaminiche.


Fiori Aronia Melanocarpa

Infiorescenze Aronia Melanocarpa

Bacche Aronia Immature

Maturazione Frutti Aronia

Frutti di Aronia Maturi


I Bucaneve (Galanthus nivalis) ed i Falsi Bucaneve (Leucojum vernum)

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I Bucaneve  (Galanthus nivalis)  sono, come suggerisce il nome, tra i primi bulbi a fiorire ed a far presagire quella che sarà la stagione primaverile. Nello stesso periodo, e nelle stesse zone, fiorisce un altro bulbo, il Campanellino (Leucojum vernum). I due fiori sono molto simili, tanto che quest'ultimo prende anche il nome di Falso Bucaneve, tant'è la facilità con cui si possa confondere con il "vero" Bucaneve.

Fiori di Bucaneve



Generalità :

I Bucaneve, noti anche con il nome di Fior di Neve, Galantino, Stella del Mattino o Lacrima Bianca, sono bulbose erbacee di piccole dimensioni, che appartengono alla famiglia delle Amaryllidaceae.
Questa specie è di origini euroasiatiche ed è, tuttora, molto diffusa in Italia ed in Europa, dove prospera sino ad un'altitudine di 1500 m (4900 ft) ed oltre.
Il loro habitat naturale è rappresentato dagli umidi sottoboschi di latifoglie che troviamo un po' in tutta Italia ed, in generale, nel Sud Europa; ciononostante possono crescere anche in pascoli di montagna o sulle rive dei torrenti.
Il genere, Galanthus, deriva dalla fusione delle parole greche "Gala" (Latte) e "Anthos" (Fiore), mentre l'epiteto "Nivalis" deriva dal latino "nix nivis", (della Neve).
Il nome scientifico, Galanthus nivalis, vuol quindi dire Fiore Bianco della Neve, questo per via della sua attitudine a fiorire molto precocemente quando, spesso, la neve ricopre ancora il sottobosco.


Botanica e Coltivazione:

Foglie BucaneveI Bucaneve, fioriscono sul finir dell'inverno, tra Gennaio e Marzo, a seconda del clima e dell'esposizione. Le foglie sono tutte radicali, cioè fuoriescono direttamente dalle radici (bulbo), hanno una lunghezza massima di 20 cm (8 inch), sono verdi, lucide e a forma allungata. Le foglie sono le prime ad emergere ed a "bucare" la neve. Le infiorescenze, portate all'apice di un peduncolo che parte dal bulbo, sono solitarie e penduli. Il fiore è ermafrodita, e composto da 6 tepali. I 3 esterni, lunghi circa 2 cm (0.8 in), sono bianchi e disposti a formare un angolo di 120° tra l'uno e l'altro. I 3 tepali interni sono più corti, bi-lobati, bianchi ad eccezione della parte interna dove vi sono striature di color verde, più raramente gialle. Nella parte esterna vi è solo una piccola porzione di color verde a forma di "V". Il frutto è una capsula ovoidale, lunga circa 1 cm (0.4 in) e contenente all'incirca dieci semi.
Galanthus nivalis
Per piantare i Bucaneve, sarà sufficiente interrarli, in autunno, ad una profondità pari circa al doppio del diametro dei bulbi. I Bucaneve sono particolarmente rustici, resistono ai rigori invernali e sono ideali per l'inselvatichimento; infatti, una volta sfioriti, non sarà necessario rimuoverli e deporli in un luogo buio e secco, e rifioriranno copiosamente anche se lasciati tal quali nel terreno. Il ciclo vitale del Galanthus nivalis è breve, dopo la fioritura le foglie seccheranno ed il bulbo entrerà in uno stato di "riposo vegetativo" fino alla fine dell'inverno successivo. I Bucaneve si sviluppano bene in terreni ricchi di humus, necessitato di elevata umidità ed abbondante acqua nel periodo di attività (da fine inverno a metà primavera), la siccità durante la fioritura causa un precoce appassimento dei fiori. Questi bulbi non temono il gelo invernale e si sviluppano bene anche se piantati a poca distanza uno dall'altro, a formare "cespuglietti di bucaneve".

Il Falso Bucaneve (Leucojum vernum), detto anche Campanellino, ha distribuzione, caratteri botanici e fisiologici del tutto simili a quelli del "vero" Bucaneve. Ad un primo sguardo è davvero facile cadere in inganno, ma un'osservazione più attenta mostra qualche piccola differenza tra il "vero" ed il "finto" Bucaneve.
Nel Leucojum vernum, i 6 tepali (3 interni e 3 esterni) hanno egual lunghezza, all'apice dei tepali vi è una macchiolina di color giallo, il fiore è più tozzo e forma una sorta di "campanella", diversamente dai Bucaneve che hanno una forma a "V".


Fiore del Falso Bucaneve

Foglie Campanellino

Leucojum vernum








Come coltivare la Palma del Cile (Jubaea chilensis)

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Tra tutte le Palme esistenti, la Palma del Cile (Jubaea chilensis), a volte chiamata Palma da Vino Cilena o Palma da Cocco del Cile, è quella che può raggiungere il maggior diametro del tronco.

Dove è possibile coltivare la Palma del Cile in Italia? Qual è la sua resistenza freddo? E' vero che i frutti di questa palma sono commestibili?



Foglie Palma del Cile



Origine e Distribuzione :


La Palma Cilena (Jubaea chilensis), come suggerisce il nome, è originaria del Cile; in particolare della parte centrale, ovvero quella compresa tra il 32° S ed il 35°S; una latitudine equivalente ai paesi situati nella parte meridionale del Mediterraneo. Per lungo tempo, si è creduto che questo fosse il genere di Palme, ora estinte, che popolava l'isola di Pasqua. Oggigiorno esistono solo 15 localitàcilene in cui si trovano queste palme allo stato selvaggio. Tra queste solo 3 contano un numero ragguardevole di esemplari detenendo, da sole, oltre  il 90% delle Palme del Cile. Va inoltre ricordato che negli ultimi 100 anni vi è stata una netta riduzione degli esemplari; questo è in gran parte dovuto all'utilizzo dei frutti e alla conseguente bassa propagazione della specie.
L'habitat naturale della Jubaea chilensis è rappresentato dalle foreste alle pendici delle Ande, dove spesso cresce su ripidi pendii, fino ad un'altitudine di 1500 m (4900 ft).
Attorno a metà '800 la Palma del Cile giunse  in Europa dove si diffuse dapprima nelle zone costiere più miti, come Portogallo e Spagna, per poi colonizzare diverse zone del bacino mediterraneo. Negli Stati Uniti è piuttosto diffusa nella zona della California e del Texas.



Botanica e Fisiologia :

Jubaea chilensis
La Palma del Cile (Jubaea chilensis), appartiene alla famiglia delle Arecaceae (o Palmaceae), è l'unica specie del genere Jubaea ed è endemica del Cile (solo qui cresce allo stato selvaggio). E' una palma a crescita lenta che, nelle condizioni ottimali, può raggiungere i 30 m (98 ft) di altezza.
La circonferenza del tronco detiene il record tra le palme; esso può infatti raggiungere un diametro di 2 m (6.5 ft) ed è il tratto più peculiare, che rende questa palma distinguibile tra tutte le altre. Il tronco è di colore grigio e su di esso si possono notare le cicatrici, a forma di diamante, lasciate dalle foglie. E' curioso notare come, nella fase giovanile, vi sia una sproporzione tra la crescita del tronco in larghezza, rispetto in altezza. Non è raro osservare esemplari dal tronco spesso che non arrivano all'altezza della testa di un uomo. Tuttavia, anche se negli anni successivi altezza e larghezza si riequilibrano, l'immenso tronco fa sembrare la Palma del Cile, una pianta tozza, nonostante la ragguardevole altezza.
Tronco Palma CilenaLa chioma della Palma Cilenaè più larga, che alta, essa è formata da foglie pennate che, contrariamente ad altre palme, una volta morte non permangono sulla pianta. Questa caratteristica fa si che le foglie siano relegate esclusivamente all'apice vegetativo e quasi mai visibili sul tronco maturo. Le foglie della Palma del Cile sono pennate, di color verde argenteo, lunghe sino a 4 metri (13 ft); esse sono via via più dense quanto più ci si avvicina alla parte centrale della corona fogliare. Jubaea chilensisè una specie monoica, entrambi i tipi di fiore sono violacei e raggruppati in infiorescenze che possono sfiorare il metro e mezzo (5 ft) di lunghezza; queste ultime sono spesso nascoste tra le foglie.
In pochi sanno che i frutti della Palma del Cile sono commestibili. Questi, all'esterno, sono di color giallo-arancione e hanno un diametro di circa 5 cm (2 in). All'interno è contenuto il seme che assomiglia, sia per forma che per gusto, ad una piccola noce di cocco; non a caso questi frutti vengono chiamati "coquitos" (mini-cocchi). 
Questa palma ha una crescita assai lenta e, partendo da seme, si potrebbe dover aspettare anche sessant'anni prima di assaporare i suoi frutti. 


Coltivazione, Clima e Cure :

Seme Palma del CileJubaea chilensis è una specie rustica ed è probabilmente la palma a foglie pennate più resistente al freddo al mondo; può infatti tollerare temperature di -12°C (14°F) o, in condizioni particolarmente secche, anche -15°C (5°F) con qualche lieve danno. La Palma del Cilein Italiaè diffusa su tutta la costa ma, data la sua rusticità, è coltivata anche sulle sponde dei grandi laghi del Nord italia, anche quelle che godono di un microclima non particolarmente favorevole. A Locarno, città Svizzera che si affaccia sulle sponde Nord del Lago Maggiore, è possibile osservarne esemplari quasi centenari. Le temperature soglia espresse sopra, possono non esser veritiere in ambienti particolarmente umidi e, anche in zone calde come il Sud della Florida, la specie soffre di marciumi radicali, provocati dall'elevata umidità.
La Palma del Cile è particolarmente adatta al clima mediterraneo, gradisce un'esposizione soleggiata, caldo durante l'estate e mostra una buona resistenza alla siccità. I giovani semenzali hanno bisogno di una discreta ombreggiatura durante i primi anni di vita. Il terreno ideale è profondo, ben drenante e non necessariamente ricco.



Vino e Miele di Palma :


Oltre allo scopo ornamentale ed all'utilizzo dei frutti freschi, la Palma da Vino Cilena è utilizzata anche per la produzione del "Miele di Palma". La tecnica da cui si ricava questo prezioso alimento fu spiegata già nell'800 dal naturalista Darwin: "dopo essere state abbattute ed aver rimosso le chiome, dall'estremità superiore di queste palme iniziava a fluire la linfa, che veniva raccolta.  Addensando questa linfa, che poteva fuoriuscire anche per un mese, si otteneva uno sciroppo dolce, noto come Miele di Palma".
Questa tecnica, nel '900, determinò la drastica diminuzione della specie. Oggigiorno il Miele di Palma è prodotto con l'aggiunta del liquido, simile al latte di cocco, contenuto nei frutti e di zucchero di canna; fortunatamente solo un'azienda ha i diritti per la sua produzione su scala industriale ed ha l'onere di ripiantare ogni esemplare abbattuto, affinché si possa preservare la specie per le generazione a venire.
Dalla linfa della Jubaea chilensis si otteneva, tramite fermentazione, un vino usato dagli indigeni prima dell'arriva degli Spagnoli, da qui il nome Palma da Vino Cilena.



Palma del Cile

Frutti Palma Cilena

Fiori Jubaea chilensis

























Jubaea chilensis habitat


Come combattere lo Oidio o Mal Bianco ?

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Lo Oidio, noto anche con il nome di "Mal Bianco", è una malattia fungina (crittogama) causata da diverse specie, tutte appartenenti alla famiglia delle Erysiphaceae.
Le piante colpite da Oidio sono numerose: dai fruttiferi (Vite, Melo, Pesco, Nocciolo), alle orticole (Pomodori, Piselli, Zucchine, Meloni, Spinaci), passando attraverso le forestali ed ornamentali, come querce, faggi, castagni, rose ed ortensie.

Quali sono i rimedi contro il mal bianco o oidio? Quali sono le condizioni climatiche che avvantaggiano questo patogeno? Quali danni arreca alle colture?

Mal Bianco su foglie



Biologia del patogeno e sintomi sulle piante :

I funghi che causano il Mal Bianco appartengono alla divisione degli ascomiceti e, solitamente, sono degli ectoparassiti, ovvero vivono sulla superficie esterna della pianta ospite
Questo patogeno può infettare diversi tipi di organi prediligendo quelli con marcata attività vegetativa, come germogli in accrescimento, foglie, fiori o frutti. L'infezione causa dapprima un ingiallimento, seguito da una più o meno diffusa necrosi (morte cellulare), che porta al disseccamento e alla caduta delle zone colpite. Il Mal Bianco, di norma, non è letale per le piante arboree, anche se può favorire l'attacco di altri patogeni e compromettere seriamente la fruttificazione dell'annata. Gravi infezioni di Oidio possono invece portare alla morte piante erbacee, come le specie orticole.
Le foglie delle piante colpite da Oidio hanno la superficie superiore ricoperta dal fungo patogeno, che conferisce loro un aspetto biancastro (da qui il nome "Mal Bianco"), più o meno esteso a seconda della gravità.
Particolarmente temuto è lo Oidio della Vite, causato dalla specie Uncinula necator. Questo fungo attacca la Vitis vinifera durante la fioritura e l'allegagione dei frutticini, mentre diventa via via meno frequente durante l'ingrossamento dell'acino. I chicchi di uva colpiti precocemente rimangono di piccole dimensioni, tuttavia la mancata crescita riguarda l'epidermide e non la polpa. Quest'ultima, ingrandendosi, creerà delle spaccature nell'acino che lo renderà suscettibile all'attacco di diversi patogeni che, a loro volta, ne causeranno il disseccamento.


Condizioni climatiche che favoriscono il Mal Bianco:

Oidio su foglieI funghi responsabili della malattia svernano, normalmente, sotto forma di spora che, a partire dalla primavera, inizia a riprodursi in maniera asessuata. Il patogeno ha un optimum di crescita attorno ai 22° C (72° F) con moderata umidità atmosferica ma, diversamente da altri funghi come quello della Bolla del Pesco, può sopravvivere con temperature superiori ai 30° C (86° F). Il periodo dell'anno in cui si ha la massima diffusione del Mal Biancoè quello compreso tra la primavera e la prima parte dell'estate.
Storicamente lo oidio è maggiormente diffuso nei vigneti meridionali, tuttavia, in alcune annate, può arrecare gravi danni anche ai vigneti del nord Italia. Piogge abbondanti, "lavando" le foglie dai miceli, possono limitare la diffusione della malattia, mentre i venti, spargendo le spore, hanno un effetto opposto. 


Come curare le piante attaccate dallo oidio?

Per prima cosa conviene scegliere varietà resistenti al mal bianco, cercare di collocare le piante in modo che le foglie di piante vicine non siano a diretto contatto. Per le piante erbacee bisogna eliminare le foglie, o nei casi più gravi, l'intero ortaggio, quando si manifestasse un forte attacco su una o poche piante.
In base alla diffusione del patogeno nelle annate precedenti si può stimare il potenziale di inoculo. In caso di basso rischio sarà sufficiente effettuare trattamenti sistemici nei periodi più critici (per la vite nelle fasi di fioritura ed allegagione). Se il rischio è elevato conviene utilizzare prodotti a scopo preventivo sin dal germogliamento. I composti più utilizzati contro lo Oidio sono a base di zolfo e non hanno capacità curative, qualora l'infezione fosse già in atto. Lo zolfo, inibendo la germinazione delle spore,  funziona come prodotto di copertura e, per esser efficace, deve essere distribuito uniformemente su tutta la superficie degli organi soggetti ad infezione.
Questi prodotti hanno il vantaggio di non essere tossici per i mammiferi e, non entrando nei tessuti vegetali, sono facilmente lavabili da frutta e verdura; per contro sono efficaci solo a temperature superiori ai 15° C (59° F) e, a temperature superiori ai 30° C (86° F), diventano fitotossici per diverse piante da frutto, come ad esempio l'albicocco.


Specie che causano Mal Bianco :

Molte specie che causano la malattia sono oligofaghe, ovvero possono parassitare solo poche specie vegetali, altre specie fungine sono addirittura monofaghe, essendo specifiche per un unico ospito.
Di seguito è riportata una tabella in cui si evidenziano le varie specie di Erysiphaceae, con i relativi ospiti vegetali (unici o preferenziali).


Specie Fungina
Nome della Malattia
Piante Colpite
Sphaerotheca pannosa (Oidium leucoconium)
Mal Bianco delle Rose
Pesco, Rose
Uncinula necator (Oidium tuckeri)
Mal Bianco della Vite
Vite
Erysiphe graminis (Oidium monilioides)
Mal Bianco dei Cereali
Orzo, Frumento
Podosphaera leucotricha (Oidium farinosum)
Mal Bianco del Melo
Melo, Cotogno, Pero
Microsphaera polonica (Oidium hortensiae)
Mal Bianco dell'Ortensia
Ortensia
Microsphaera quercina (Oidium quercinum)
Mal Bianco della Quercia
Quercia, Faggio, Castagno
Phyllactinia guttata (Ovulariopsis erysiphoides)
Mal Bianco del Nocciolo
Nocciolo, Frassino, Acero, Betulla
Erysiphe cichoracearum (Oidium tabaci)
Mal Bianco del Tabacco
Tabacco, Cicoria, Indivia, Lattuga
Leveillula taurica (Oidiopsis sicula)
Mal Bianco del Carciofo
Carciofo, Pomodoro, Olivo, Peperone
Podosphaera oxyacanthae (Oidium farinosum)
Mal Bianco del Biancospino
Biancospino, Nespolo C., Sorbo
Erysiphe polygoni (Oidium erysiphoides)
Mal Bianco
Grano Saraceno, Rabarbaro
Erysiphe betae
Mal Bianco della Bietola
Bietola, Spinaci
Erysiphe pisi
Mal Bianco
Pisello
Podosphaera fuliginea
Mal Bianco delle Cucurbitacee
Zucchine, Meloni, Cetrioli, Angurie
Erysiphe heraclei
Mal Bianco delle Ombrellifere
Sedano, Carota, Finocchio, Prezzemolo
Oidium ceratoniae
Mal Bianco del Carrubbo
Carrubbo, Nespolo G.
Erysiphe horridula
Mal Bianco della Borraggine
Borraggine ed altre specie spontanee



Come coltivare i Cavoletti di Bruxelles (Brassica oleracea var. gemmifera)

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I Cavoletti di Bruxelles, a volte chiamati Cavolini, sono in realtà una varietà particolare di cavoli, il cui nome scientifico è Brassica oleracea gemmifera (Oleracea bullata gemmifera). Questa varietà si differenzia, dalla specie tipo, per l'emissione di teneri germogli dalla base delle foglie.

Quando seminare o piantare i Cavoli di Bruxelles nell'orto? Qual è il clima ideale per la loro coltivazione? Quando vengono raccolti i Cavolini?

Cavoletti di Bruxelles Maturi

Origine :

I Cavolini di Bruxelles sono originari del Nord Europa e, come suggerisce il nome, si pensa siano stati selezionati in Belgio, per poi essere diffusi e coltivati sino alla parte meridionale della Scandinavia.
I Cavoletti di Bruxelles, oltre al Nord Europa, sono oggigiorno comuni in diverse zone dell'Europa centrale, come il Regno Unito o il Nord della Francia, dove altri ortaggi non riuscirebbero a svilupparsi per mancanza di caldo estivo. In Italia, invece, sono poco coltivati su scala industriale, tuttalpiù a livello famigliare o amatoriale, negli orti privati.


Botanica :

Piantina di Cavoletto di BruxellesI Cavoletti di Bruxelles (Brassica oleracea var. gemmifera) appartengono, come tutti gli altri cavoli, alle Brassicaceae (o Cruciferae), una famiglia che annovera numerose specie arboree diffuse su tutto il globo, dalle zone polari sino a quelle tropicali. Il Cavolo di Bruxelles si sviluppa su un unico fusto, il quale può raggiungere un'altezza di 1 metro (3,3 ft). Le foglie sono alterne, tondeggianti e di un verde più chiaro, rispetto alle foglie dei più comuni broccoli. La caratteristica principale dei Cavoletti di Bruxelles è l'emissione di nuovi germogli dall'ascella fogliare; questi sono costituiti da foglioline "embricate", ovvero avvolte concentricamente le une sulle altre.  Questi germogli (grumoli), a forma tondeggiante e della grandezza di un grosso acino di uva, rappresentano la parte edule della pianta e, previa cottura, diventano degli ottimi contorni. I fiori dei Cavoletti sono di color giallo, raggruppati in infiorescenze piuttosto lunghe e sbocciano tardivamente (dopo il raccolto, talvolta nella primavera successiva).


Esposizione, Clima e Terreno :

Foglie Cavoletti Bruxelles
I Cavoletti di Bruxelles sono piante adatte ai climi freschi ed umidi, preferiscono infatti estati non troppo torride e con frequenti piogge. Questa specie meglio si adatta al clima del Nord Italia, anche in zone prealpine, dove l'afa sia spesso interrotta da temporali estivi. Oleracea bullata gemmifera si adatta a diverse esposizioni e, in zone in cui solitamente non vi sia copertura nuvolosa estiva, come in Italia, si accontenta anche della mezz'ombra e, anzi, potrebbe esser danneggiata dal pieno sole, se unito ad elevate temperature ed assenza di piogge. Il terreno idealeè quello "da orto", fertile, concimato con letame maturo e, soprattutto, ben lavorato fino in profondità, affinché possa essere areato e drenante. Per ridurre le innaffiature, atte a soddisfare l'elevato fabbisogno idrico della specie, potrebbe essere utile una buona pacciamatura. I Cavoletti di Bruxelles reggono il freddo, e anche il gelo, piuttosto bene; infatti riescono a superare l'inverno anche laddove, normalmente, vi siano gelate diffuse nell'ordine di -5°/-6°C (23°/21°F), come in molte zone della Pianura Padana. Tuttavia, appena le temperature si abbassano, la pianta rallenta la crescita ed è bene che i Cavolini siano pronti per esser raccolti, prima dell'arrivo del gelo.


Tecniche di Coltivazione e Ciclo Vegetativo :

Gemme Laterali Cavoletti di BruxellesNon esiste un calendario specifico per la semina e/o il trapianto, tutto dipende dall'epoca in cui vorrete avere il raccolto. In linea generale, sebbene esistano varietà più o meno precoci, il ciclo produttivo del Cavoletto di Bruxelles si aggira attorno ai 4-5 mesi e, dopo questo lasso di tempo, la pianta inizia a fiorire a discapito della produzione delle gustose gemme.
Le piantine possono essere messe a dimora da fine Aprile ad Agosto ed inizieranno a produrre, rispettivamente, da Agosto a Dicembre. La piantagione primaverile è consigliabile nelle zone fredde del Nord Italia, affinché la raccolta possa esser effettuata prima dell'arrivo del gelo; al Centro-Sud converrà invece piantare i Cavoletti sul finir dell'estate, evitando così i periodi più torridi dell'anno, relegando la crescita al tiepido autunno di queste regioni.
Lo sviluppo verticale consente un sesto di impianto relativamente ridotto; la distanza tra le piante si aggira attorno ai 40 cm (16 inch), mentre tra le fila è di 60 cm (24 inch).
I Cavoletti di Bruxelles, durante la prima fase di sviluppo, emetteranno foglie ed accresceranno il fusto; solo successivamente avverrà l'emissione dei preziosi germogli laterali. Quando la pianta si sarà sviluppata in altezza ed inizierà a produrre i cavoletti, potrà essere utile cimarla, togliendo la gemma apicale, e rimuovere le foglie alla cui base si stiano sviluppando i cavolini, lasciando solo quelle della parte alta dalla pianta. Queste tecniche permettono un più uniforme e precoce ingrossamento dei cavoletti, che potranno essere raccolti quando supereranno il diametro di 3 cm (1,2 inch).


Avversità e Consigli :

I Cavoletti di Bruxelles non dovrebbero esser piantati laddove l'anno prima vi siano stati cavolfiori, broccoli o altri tipi di cavoli. L'ideale sarebbe alternare la loro coltura a quella dei legumi, come ad esempio piselli, fave e fagioli, i quali, arricchendo di azoto il terreno, creano un ottimo substrato per la crescita. I Cavolini sono soggetti ad attacchi di Afidi, così come a quelli della temuta Cavolaia (Pieris brassicae), una sorta di farfalla, le cui larve si sviluppano nella parte inferiore delle foglie di tutti i cavoli.


Brassica oleracea var. gemmifera

Gemme di Cavolino

Oleracea bullata gemmifera













Fiori Cavoletti di Bruxelles





Laghi Tailly, una passeggiata in Valsesia

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Dove è possibile fare una bella passeggiata sulle Alpi Occidentali? Quali escursioni fare in Valsesia?

Quella che andrò a descrivere è un'escursione di difficoltà medio-alta che, partendo da Alagna Valsesia (Vercelli), ad una altitudine, di 1191 m, ci porterà, attraverso la Val d'Otro, sino ai Laghi Tailly, due laghetti a circa 2400 m sulle Alpi Pennine

Laghi Tailly


Alagna Valsesiaè un piccolo comune piemontese, situato ai piedi del Monte Rosa che, dopo il Monte Bianco, è la vetta più alta delle Alpi. Alagna rappresenta l'ultimo borgo raggiungibile utilizzando strade asfaltate, nonché il punto estremo della Valsesia; da lì si innalzano scoscese vette su tutti i lati ad esclusione della direzione da cui si è arrivati.
I Walser, un popolo di origine tedesca dedito all'agricoltura e alla pastorizia, si insediarono in queste terre nel lontano XIII° secolo. Oggigiorno, Alagna Valsesia, rappresenta uno degli ultimi posti italiani in cui è possibile osservare una tipica architettura in stile Walser, caratterizzata dal massiccio utilizzo di legno.

Abitazione Walser


Appena oltrepassate le ultime abitazioni Walser, ci si immette in un sentiero non troppo ripido che ci porta all'inizio dell'escursione. La prima parte della passeggiata si snoda attraverso una mulattiera in pendenza, fatta da una sorta di scalinata a ciottoli, con gradini irregolari. La bellezza di questo tratto sta nell'ambiente circostante, si è infatti immersi in uno splendido bosco, piuttosto fitto, ma non per questo opprimente, con diverse specie di conifere e qualche betulla, che si innalzano mastodontiche, proprio dai margini del tragitto.

Mulattiera Alagna Valsesia


Dopo questa prima parte di salita, il percorso spiana leggermente e la fitta vegetazione si fa via via più rada. In alcune parti (poche) vi è solo un leggero falsopiano che fiancheggia il fiume Otro, un immissario del Sesia, in cui scorre un'acqua particolarmente cristallina. Il rumore dello scroscio dell'acqua è incessante e risuona soave, disturbato solo dal cinguettio degli uccellini.

Valle d'Otro

Fiume Otro


Dopo questo falsopiano, la pendenza ritorna a farsi sentire sulle nostre gambe. Salendo di quota le piante decidue lasciano sempre più spazio alle conifere ed, in particolar modo, ai larici che, incuranti delle intemperie e del freddo, possono spingersi fino ad oltre 2000 metri.
Questa immersione nella natura, l'aria fresca, pulita e leggera, così come l'assenza di rumori, ci fa sentire liberi e spensierati. Forse furono queste le emozioni che spinsero i Walser ad edificare il piccolo villaggio di Otro, ora abitato solo durante la stagione estiva.
Questo paesino, o meglio pochi raggruppamenti di case costruite in pietra e legno, è composto da sei frazioni, poste ad un'altitudine di circa 1700 metri e prive di collegamenti stradali con Alagna. Otro è sul versante opposto rispetto a quello che si percorre per arrivare ai Laghi Tailly, anche se, allungando la strada di ritorno di circa un'ora, sarebbe possibile passarci.

Val d'Otro

Otro


Salendo di quota la vegetazione arborea diventa più rara, lasciando spazio a quella erbacea o, al più, a piccoli arbusti. L'ultimo tratto è il più faticoso, vuoi per la pendenza, vuoi perché ormai le gambe hanno lavorato parecchio, ma la vista che si apre sulle vette più alte delle Alpi ripaga lo sforzo fatto.
Dall'alto si ha la percezione del dislivello compiuto, guardando verso il basso si vede Otro e tutta la Val d'Otro, mentre alzando lo sguardo si staglia dinanzi l'imponente Monte Rosa che, con i suoi 4.632 metri, risulta innevato anche in piena estate.

Monte Rosa

Panorama Alpi Occidentali


Ed infine, dopo la ripida salita, vi è un breve pendio in discesa, che porta ad una zona "a conca", incastonata tra le rocce, dove sono presenti i Laghi Tailly. In realtà vi sono sono due laghetti, posti ad un dislivello di 100 metri. Quello inferiore (2.386 m) è quello più grande ed è circondato da un'elegante flora alpina, con fiori che, per poche settimane all'anno, abbelliscono il paesaggio e donano prezioso nettare agli insetti pronubi.
Data la conformazione e l'esposizione (vedi qua, per maggior dettagli), le rive di questo lago sono coperte di neve per quasi tutto l'anno e, anche a fine Luglio, nelle zone in ombra vi è uno spesso malto nevoso dall'aspetto farinoso.
Le acque dei laghi Tailly sono limpidissime, prive di vertebrati acquatici e freddissime anche durante i mesi estivi.

Nevaio Tailly

Acqua laghi Tailly

Silene acaulis


Il ritorno è, almeno dal punto di vista aerobico, meno faticoso e una maggiore rilassatezza permette di apprezzare al meglio la vegetazione montana, in cui squisiti Mirtilli selvatici, si intervallano a stupendi Rododendri Alpini, Genziana rossigna ed  altri fiori spontanei.

Genziana rossigna

Prato Fiorito in alta montagna

Margherite di Montagna

Mirtilli Selvatici Montagna

Quando inizia l'estate? Qual è il suo clima?

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L'estateè una delle quattro stagioni delle zone temperate e rappresenta quella in cui si hanno le temperature più elevate e, generalmente, la maggiore insolazione.
Ma quando inizia l'estate? Quali sono le sue caratteristiche climatiche? Com'è l'estate italiana?

Palma in riva al mare



Prima di rispondere a queste domande, aggiungo il file audio dell'"Estate di Vivaldi", così, chi tra di voi vorrà, potrà continuare la lettura accompagnato da quest'ottima melodia.




L'estate astronomica iniziacon il Solstizio di Giugno che, per l'emisfero Boreale, corrisponde al 20-21 Giugno, a seconda degli anni, mentre termina con l'Equinozio d'Autunno, il 22-23 Settembre.
L'estate meteorologica, invece, considera i 3 mesi più caldi dell'anno e, di conseguenza, inizia il 1° Giugno e termina il 31 Agosto.
L'estate Australe corrisponde, come periodo, all'inverno Boreale, inizia dunque 21-22 Dicembre e  termina il 22-23 Marzo.

I più attenti di voi avranno notato che l'estate Boreale (ovvero quella dell'Emisfero Nord e, dunque, anche dell'Italia) è circa 3 giorni più lunga rispetto a quella Australe (Emisfero Sud). Questo è dovuto all'orbita ellittica che la terra compie attorno al Sole.
Durante l'estate "italiana" la Terra, essendo più lontana dal Sole (Afelio), risente meno della sua attrazione gravitazionale; questo, come enunciato nella seconda legge di Keplero, riduce la velocità di rivoluzione e, conseguentemente, aumenta il tempo necessario a compiere la sua traiettoria, allungando, di fatto, l'estate Boreale.


Clima dell'Estate delle zone temperate :

Sapendo che le zone temperate vanno dal 23° al 67° parallelo, pare ovvio che vi siano enormi differenze. Le zone temperate più vicine all'equatore (le zone Subtropicali) avranno, in realtà, anche i mesi primaverili  ed autunnali con temperature quasi estive, e la linea di demarcazione tra le diverse stagioni non sarà così marcata. Più ci si avvicina ai Poli, più le estati saranno fresche e "corte".

Sebbene nessuno ci faccia caso, l'estate astronomica inizia proprio nel giorno in cui vi è il massimo numero di ore di luce, quindi durante l'estate, le giornate incominciano ad accorciarsi.
L'inclinazione dei raggi solari e le ore di luce sono le stesse della primavera, ad esempio il 21 Aprile ed il 21 Agosto sono reciprocamente 2 mesi prima e dopo il Solstizio d'estate, avranno quindi le stesse ore di luce e la stessa altezza del sole allo Zenit.
Perché in estate fa più caldo che in primavera? Come avevamo già spiegato qua, le stagioni risentono di un'inerzia termica, le masse d'aria e ancor di più le masse d'acqua, richiedono tempo per essere scaldate e/o raffreddate. L'estate viene dopo la primavera, una stagione in cui si ha già un'ottima insolazione che permette il riscaldamento dei mari e lo scioglimento delle nevi; ciò influenzerà le correnti che vi saranno in estate. e, dunque, il Clima estivo.


Ore di Luce Estive :

Nel periodo tra l'equinozio di Marzo e quello di Settembre, ovvero in primavera ed in estate, le ore di luce sono maggiori più ci si sposta verso il Nord. Questo divario è massimo durante il Solstizio d'estate e va via via riducendosi con l'avanzare dell'estate.
Se si andasse al limite nord della fascia temperata boreale (67°N), durante il Solstizio, si avrebbero 24 ore di luce al giorno, con il sole appena sotto l'orizzonte a mezzanotte.
Se oltrepassassimo questo limite (67° N = Circolo Polare Artico) potremmo osservare il Sole di Mezzanotte per un periodo tanto più lungo quanto più ci avviciniamo al Polo Nord (90°N), zona in cui il Sole sarebbe sopra l'orizzonte per 6 mesi all'anno.
Anche in Italia, in estate, le giornate saranno più lunghe al Nord, rispetto al Sud e ci potranno essere anche 16 h di luce al giorno.


Prati estivi secchi



Clima dell'Estate Italiana :

L'estate italiana è la stagione in cui vi sono le temperature più elevate, i cieli sereni e, di norma, scarse precipitazioni.
In Italia vi è la tipica estate mediterranea, caratterizzata dall'elevata aridità. In alcune zone della Sardegna, della Sicilia e della Puglia potrebbero non esserci precipitazioni anche per 3-4 mesi e, anche qualora ce ne fossero, sarebbero di lieve intensità.
Conseguentemente, i verdi prati primaverili si trasformano in prati secchi che conferiscono il classico color marrone-bruciato al paesaggio di queste regioni.
Non in tutto il mondo l'estate è la stagione più secca, ad esempio nel Sud-Est degli stati uniti (ad es. Florida), la stagione più calda è anche quella in cui si registrano maggiori precipitazioni.
Anche stando in Italia l'estate può essere molto piovosa, ad esempio sulle Alpi, in estate, si sviluppano temporali assai frequentemente (in alcune zone quasi giornalmente) e questi riversano grandi quantità di pioggia, facendo diventare l'estate la stagione più umida dell'anno.

Come letto sopra, sebbene l'estate sia la stagione mediamente più secca, vi sono enormi differenze nella distribuzione delle piogge.
Tutto l'arco Alpino, in particolar modo quello più orientale, è molto piovoso. Anche le pianure adiacenti risentono, sebbene con minori effetti, dei temporali generatisi sulle Alpi. Le zone del Lago Maggiore e del Lago di Como, specie nelle parti settentrionali, registrano notevoli accumuli anche in estate.
Più ci si sposta verso il centro della pianura padana, più le precipitazioni si riducono. In molte zone della Pianura Padana, durante tutta l'estate, non si raggiungono neppure i 150 mm di acqua.
Il centro-sud è particolarmente secco, le precipitazioni diventano più abbondanti solo in alcune zone appenniniche favorite dall'orografia.

Le temperature massime sopra i 30° C (86° F) sono frequenti e, specie nelle zone interne del Sud Italia, è facile avvicinarsi ai 40° C (104° F); le temperature minime sono superiori ai 20°C (68° F) nelle zone costiere, mentre inferiori ai 20° C nelle zone a clima continentale del Nord Italia.
Nelle zone costiere, le temperature massime possono esser mitigate dal mare e dalle relative brezze, in particolar modo una regione, la Liguria, è nota per superare raramente i 30° C, con minime escursioni termiche giornaliere.

Per le piante la stagione estiva può essere addirittura quella più stressante, molte specie che prosperano nella macchia mediterranea crescono poco durante questa stagione, altre perdono addirittura le foglie ed entrano in uno stato di dormienza simile a quello che le piante decidue hanno in inverno.

Non sottovalutate l'estate pensando che, sicuramente, una pianta non morirà mai in questa stagione, la siccità, unità alle alte temperature e al Sole, possono fare danni più gravi di quanto non faccia il freddo.

I vasi, specie se neri, diventano dei veri e propri forni che cuociono letteralmente le radici delle piante, non lasciando alcuno scampo. E' consigliabile usare vasi non neri, scegliere la mezz'ombra, oppure interrare i vasi affinché non ci batta il sole.

Qui sotto allego una tabella riassuntiva di alcuni capoluoghi italiani


Città
Mese
Temp. Min. Media
Temp. Max. Media
Pioggia (mm)

Torino
Giugno
14,0°C (57,2°F)
24,8°C (76,6°F)
104,3
Luglio
16,9°C (62,4°F)
27,9°C (82,2°F)
70,5
Agosto
16,5°C (61,7°F)
27,1°C (80,8°F)
76,1

       Genova
Giugno
17,6°C (63,7°F)
23,9°C (75,0°F)
58,2
Luglio
20,9°C (69,6°F)
27,3°C (81,1°F)
24,2
Agosto
21,0°C (69,8°F)
27,7°C (81,9°F)
69,3

Bologna
Giugno
15,8°C (60,4°F)
27,1°C (80,8°F)
57,3
Luglio
18,5°C (65,3°F)
30,4°C (86,7°F)
40,5
Agosto
18,4°C (65,1°F)
29,8°C (85,6°F)
52,5

Roma
Giugno
15,3°C (59,5°F)
26,9°C (80,4°F)
57,8
Luglio
18,0°C (64,4°F)
30,3°C (86,5°F)
80,5
Agosto
18,3°C (64,9°F)
30,6°C (87,1°F)
52,8

Palermo
Giugno
19,2°C (66,6°F)
27,2°C (81,0°F)
17,9
Luglio
21,7°C (71,1°F)
29,8°C (85,6°F)
6,7
Agosto
22,7°C (72,9°F)
30,5°C (86,9°F)
31,8

Ancona
Giugno
14,5°C (58,1°F)
25,6°C (78,1°F)
60,4
Luglio
16,9°C (62,4°F)
28,2°C (82,8°F)
47,1
Agosto
17,2°C (63,0°F)
28,1°C (82,6°F)
76,4

L’aquila
Giugno
12,2°C (54,0°F)
25,3°C (77,5°F)
46,1
Luglio
14,2°C (57,6°F)
29,0°C (84,2°F)
34,7
Agosto
14,1°C (57,4°F)
29,1°C (84,4°F)
37,7

Firenze
Giugno
15,0°C (59,0°F)
27,7°C (81,9°F)
57,1
Luglio
17,7°C (63,9°F)
31,4°C (88,5°F)
36,7
Agosto
17,7°C (63,9°F)
31,5°C (88,7°F)
56,0

Tamarillo o Albero del Pomodoro (Cyphomandra betacea), coltivarlo partendo da seme

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Il Tamarillo (Cyphomandra betacea), detto anche Albero del Pomodoro, è una pianta da frutto tropicale imparentata con il ben noto pomodoro che tutti noi conosciamo. I frutti del Tamarillo assomigliano a dei pomodori a forma ovale e sono reperibili nei mercati etnici ma, soprattutto sotto Natale, anche nei supermercati più forniti. 

Come si deve coltivare il Tamarillo? Come piantare i suoi semi? Dopo quanto tempo inizierà la fruttificazione dell'Albero dei Pomodori? In che clima è possibile coltivarlo? Come si mangia il Tamarillo?


Fiori tamarillo



Origine e Diffusione :

Il Tamarillo è nativo delle zone tropicali del Sud America, dove cresce sulle Andedell'Ecuador, Perù, Colombia, Bolivia, Cile, fino a spingersi al limite settentrionale dell'Argentina.
Oggi, oltre ad essere diffuso nelle sue zone di origine, è comune anche in molte zone tropicali (o anche subtropicali) di Africa ed Asia. Ovviamente più ci si allontana dall'equatore, più l'altitudine a cui viene coltivato si abbassa, fino ad arrivare alle pianure nelle zone subtropicali.
Questa specie è coltivata anche in Nuova Zelanda, un'isola che, sebbene non tropicale, gode di un clima oceanico che, sotto certi aspetti, ha temperature simili a zone di montagna tropicali.
L'Albero del Pomodoro, in Italia, è ancora poco diffuso, sebbene potrebbe crescere agevolmente sulle coste Siciliane e Calabresi o laddove le gelate siano eventi molto rari.
La coltivazione del Tamarillo si è dimostrata praticabile anche sulla mite fascia costiera della Liguria, regione in cui la specie cresce e fruttifica abbondantemente.


Com'è e che gusto ha il frutto del Tamarillo? :

Frutto Tamarillo Aperto
Il frutto dell'Albero del Pomodoro pesa circa 40-50 gr, è di forma ovale ed, esternamente, è ricoperto da una buccia liscia. A maturazione il suo colore è, solitamente, rosso intenso, quasi amaranto, la consistenza è simile a quella di un pomodoro. La polpa del frutto è morbida e contiene numerosi semi di piccole dimensioni, che non danno troppo fastidio durante la masticazione. Il sapore è particolare, asprigno ed intenso, e può ricordare quello di un pomodoro parzialmente acerbo, sebbene sia molto più aromatico. Il tamarillo si può mangiare come ortaggio, oppure utilizzarlo per preparare confetture, tuttavia c'è a chi piace così tal quale. Un modo pratico per mangiarlo è quello di tagliarlo a metà e, con un cucchiaino, estrarre la delicata polpa.


Botanica e Fisiologia :

Cyphomandra betaceaIl Tamarillo (Cyphomandra betacea) appartiene alla famiglia delle Solanaceae, la stessa dei Pomodori e delle Melanzane. Per questo motivo, oltre che per la somiglianza del frutto, è anche chiamato Albero del Pomodoro. La specie si sviluppa sotto forma di piccolo albero, che in media raggiunge un'altezza di 2-3 metri (6,5-9 ft), il tronco adulto è di colore grigio e di consistenza semi-legnosa.
Foglie di TamarilloCyphomandra betacea è una pianta assai poco longeva; vive, infatti, solo 10 anni o poco più. Di conseguenza, la sua fioritura (e fruttificazione) è molto precoce e, nelle condizioni di crescita ideali, può avvenire già al secondo anno di vita. Le foglie del Tamarillo sono alterne, di grosse dimensioni, a forma di cuore e dotate di un picciolo particolarmente robusto. Il loro colore è verde inteso, anche se, nella fase giovanile, possono avere diverse sfumature di rosso ed una peluria nella zona superficiale. Un'altra peculiarità di queste foglie è l'odore che emanano, basta strofinarle leggermente per aver le mani impregnate di quest'essenza molto (forse troppo) aromatica. I fiorisbocciano all'apice, o all'ascella fogliare, dei nuovi rami e sono raggruppati in corimbi, ognuno dei quali può contenerne fino a dieci; il singolo fiore è ermafrodita, di colore bianco rosato ed ha un diametro di circa1,5 cm (0,6 inch). L'albero del pomodoro è una pianta generalmente autofertile, si può dunque avere una buona produzione anche con un unico esemplare. La fioritura è leggermente scalare, così come la maturazione dei frutti che avviene circa 6-8 mesi dopo l'impollinazione.
Il frutto del Tamarillo, lungo circa 6-8 cm (2,4-3 inch) e largo la metà, è ricco di Vitamine, tra cui la Vitamina C ed E, oltre al beta-carotene, un precursore della Vitamina A.


Coltivazione, Clima e Cure :

Fiori Albero del PomodoroIl Tamarillo (Cyphomandra betacea) è una pianta tropicale, tuttavia, crescendo sulle Ande a quote superiori ai 1000 m, si è evoluto per adattarsi a questo clima, di conseguenza ha una buona tolleranza al freddo.
Quindi per la coltivazione, a livello pratico, l'Albero del Pomodoro è da considerarsi più una pianta sub-tropicale, che una strettamente tropicale come Rambutan e Durian.
L'Albero del Pomodoro si propaga molto bene tramite seminao, più raramente, tramite talea. I semi, come tipico delle Solanaceae, germinano piuttosto velocemente, basta solo tenere il terreno umido ed avere temperature medie superiori ai 20°C (32°F). La crescita della pianta è rapidissima e, dopo un anno, può già abbondantemente superare il metro di altezza. La potatura del Tamarillo è consigliabile effettuarla nel periodo meno caldo dell'anno e può essere anche piuttosto severa, infatti, l'elevata vigoria e la produzione di fiori all'apice dei nuovi rami, non pregiudica la produzione dei frutti.

Il Tamarillo si può coltivare anche in zone temperate calde, come lo sono le coste più riparate dell'Italia, la pianta adulta, infatti, può reggere effimere gelate nell'ordine di -2/-3°C (28-26°F), ciò nonostante le giovani piante soffrono già a temperature prossime agli zero gradi centigradi (32°F) e possono morire interamente anche con brevi esposizioni al gelo. Quindi, per chi volesse coltivarlo in Italia, suggerirei di mettere in piena terra il Tamarillo, solo dopo averlo coltivato per i primi due anni in vaso, al riparo dalla intemperie invernali.
Cyphomandra betacea flowersNella scelta della dimora è bene considerare che la specie sviluppa numerose foglie di grosse dimensioni, ed è dunque sensibile al vento. In zone ventose e non riparate, questo può diventare un grosso problema e portare alla rottura di interi rami o, in casi estremi, addirittura allo sradicamento della pianta. In zone prettamente tropicali e pianeggianti, il Tamarillo potrebbe avere una produzione scarsa (o nulla), l'induzione a fiore sembra infatti essere stimolata da temperature (specie notturne) fresche che, ai tropici, si possono avere solo in montagna. In Italia, ed in generale nelle zone subtropicali, la fioritura è tardo primaverile ed estiva, mentre la maturazione dei frutti avviene nel tardo autunno ed inverno; a livello organolettico i migliori frutti sono prodotti in zone subtropicali con giornate calde e nottate fresche. Nelle zone tropicali più vicine all'equatore non si ha una vera stagionalità, si possono avere fiori contemporaneamente a frutti maturi e, dunque, si hanno produzioni in più periodi dell'anno.
Il Tamarillo, essendo una pianta di Montagna, non ama temperature troppo elevate, infatti, prolungati periodi con oltre 30°C (86°F) possono causare la cascola dei frutti e, oltre i 35°C (95°F), il deperimento della pianta. L'Albero del Pomodoro ha un apparato radicale superficiale e foglie molto grandi da cui "perde" acqua, questo, oltre a renderlo più soggetto ai danni da vento, lo rende particolarmente avido di acqua. Le irrigazioni devono essere molto frequenti, ma mai troppo abbondanti, la specie è assai sensibile ai ristagni d'acqua; per ovviare a questo problema potrebbe essere utile scegliere un'esposizione su un declivio o utilizzare una buona pacciamatura.
Per quanto detto sopra si intuisce che, con l'estate Mediterranea, è consigliabile un'esposizione a mezz'ombra, magari fatta da alberi decidui, così da poter godere del Sole nei freddi mesi invernali.
Il terreno idealeè ricco di sostanza organica e ben drenante, meglio evitare quelli eccessivamente pesanti ed argillosi. Il Tamarillo è una specie abbastanza rustica, talvolta può essere attaccata dagli Afidi, ma raramente compromette seriamente la salute dalla pianta.


Varietà :

Esistono numerose Cultivars di Tamarillo tra cui le più famose sono:


  • Ruby Red : Diffusa in Nuova Zelanda, ha un frutto largo, di colore rosso scuro ed è ottima per preparazioni culinarie, l'acidità viene ridotta se lasciato maturare 2-3 settimane dopo la raccolta.
  • Oratia Red : Frutto di grosse dimensioni dal sapore particolarmente acido
  • Ecuadorian Orange : Frutto delle dimensioni di un uovo, il colore esterno è arancione e il sapore è meno acido di Oratia e Ruby Red
  • Goldmine : Nuova selezione di origine Neozelandese, di color oro ed dalle ottime qualità organolettiche
  • Rothamer : Varietà di origine Californiana caratterizzata dall'elevata pezzatura dei frutti, che sono di colore rosso con polpa giallo oro e dal sapore dolce. La pianta è molto vigorosa e la produzione più abbondante delle altre varietà


Young Cyphomandra betacea

Frutticino Tamarillo

























Frutti Immaturi Tamarillo

Frutti Maturi Tamarillo

Coltivazione Tamarillo


Aloe saponaria, come distinguerla da altre specie di Aloe?

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L'Aloe saponaria, nota anche come Aloe maculata, è una delle innumerevoli specie di Aloe.
Ma quali sono i suoi tratti distintivi? Come è possibile distinguere l'Aloe saponaria dalle altre specie Aloe? Dove può crescere? Come si coltiva?


Fioritura Aloe Saponaria



L'Aloe saponara, come del resto tutte le altre specie del genere, appartiene alla famiglia delle Xanthorrhoeaceae (o, secondo altre classificazioni, Aloaceae) ed è originaria dell'Africa meridionale, dove vive nelle zone aride di Sud Africa, Zimbabwe e Botswana.


Botanica :

Foglie Aloe maculataLa specie è molto eterogenea e piante diverse possono avere foglie di colori che variano dal verde chiaro al rosso tendente al viola. Le foglie dell'Aloe maculata sono succulente, lunghe circa 25-30 cm (10-12 inch) e, diversamente da molte altre Aloe, hanno innumerevoli macchie biancastre, che formano delle striature assai caratteristiche, inoltre presentano un margine seghettato. Le infiorescenze sono raggruppate all'apice degli steli fiorali (a volte anche ramificati a forma di candelabro), che emergono dalla parte centrale dell'Aloe e, potendo raggiungere 70-90 cm (27-35 inch), sono più alti della pianta stessa. Uno dei tratti distintivi dell'Aloe saponariaè la pannocchia fiorale, essa è, infatti, compatta e dalla forma appiattita e non slanciata come di solito avviene in altre Aloe. Il singolo fioreè di colore arancione con, all'estremità, sfumature violacee, ha la classica forma a calice che perfettamente si è evoluta per l'impollinazione da parte dei colibrì. 
L'Aloe maculataè una specie praticamente priva di fusto, raggiunge un'altezza di circa 30 cm (12 inch) ed è dotata di radici vigorose che possono dare origine a nuove piantine, sia nelle immediate vicinanze della piante madre, sia fino ad oltre 1 metro (40 inch) di distanza.


Coltivazione e Cure :

In Italia l'Aloe saponariaè coltivata principalmente a scopo ornamentale e la sua fioritura si protrae dalla primavera, sino all'inizio dell'estate. Essa sembra essere indotta da un periodo fresco, in cui vi siano temperature non superiori ai 15° C (59° F). La specie resiste senza danni fino a circa -2° C (28° F) ma, anche con temperature inferiori, recupera abbastanza bene ed è quindi coltivabile in molte zone del Sud Italia, e nelle zone costiere più riparate del centro-nord, tra cui anche alcune sponde dei grandi laghi del Nord Italia con un microclima molto mite.
Sebbene riesca a crescere tranquillamente in pieno sole, l'esposizione a mezz'ombra, almeno in zone con estati torride, è quella ideale. La specie è molto resistente alla siccità, le foglie succulenti, infatti, non sono altro che foglie modificate per "trattenere" acqua. Le innaffiature devono essere ridotte e, possibilmente, effettuate bagnando solo la terra e non le foglie che, altrimenti, potrebbero andare incontro a marciumi. L'Aloe maculataè poco esigente in quanto a terreno, si accontenta anche di quelli poveri e sassosi, tuttavia predilige quelli sabbiosi, in cui non vi sono ristagni idrici, i quali sono poco tollerati dalla specie. La potaturaè un'operazione facoltativa e si limita alla rimozione delle foglie basali più vecchie.
Il metodo di riproduzione più utilizzato è tramite rimozione dei polloni che, dalle radici della pianta madre, generano le piante figlie. Un altro metodo di moltiplicazione è la talea, le foglie prelevate devono essere interrate in un vaso con all'interno terra e sabbia, affinché possa radicare è consigliabile tenere il substrato umido e il vaso in posizione ombreggiata.



Foglie Aloe saponaria

Steli ed infiorescenze Aloe saponaria

Fiori Aloe maculata

Fiori  Aloe saponaria

Come si coltiva il Timo (Thymus sp.)?

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Con il nome generico "Timo" ci riferiamo a diverse specie di piante aromatiche con cui è possibile fare tisane ed insaporire le pietanze.

Quante specie di Timo esistono? Dove si può coltivare il Timo? Quali cure necessita?


Foglie di Thymus vulgaris


Il Thymus (Timo, in italiano) è un genere di piante appartenente alla famiglia delle Lamiaceae che, al suo interno, comprende decine di specie.
Le caratteristiche di cui parlerò sono comuni a molte di queste specie, dettagli sulla singola specie saranno discussi successivamente.

Le origini del Timo sono da ricercarsi nelle zone temperate d'Europa, dai Balcani al Caucaso, passando per il bacino Mediterraneo. Il suo habitat naturale è rappresentato dalle zone aride, rocciose ed assolate, dal livello del mare sino a quote di oltre 1.500 metri (4.900 ft).
Le proprietà di questa pianta erano note già in tempi remoti, infatti, estratti di questa pianta, erano comunemente utilizzati per l'imbalsamazione dei corpi, sin dall'epoca degli antichi Egizi, mentre i Greci, considerandolo una fonte di coraggio, lo bruciavano come incenso in onore dei loro Dei.


Botanica:

Infiorescenze Timo
Il Timo, diversamente da altre piante aromatiche come il Basilico, è una pianta sempreverde perenne a portamento arbustivo che, di solito, non supera un'altezza di 40-50 cm (15-20 inch). La parte inferiore è lignificata, mentre quella superiore è formata da numerose ramificazioni che conferiscono al Timo un aspetto molto compatto.
Nella quasi totalità delle specie, le foglie sono di piccolissime dimensioni, ricoperte da una peluria e con tonalità che variano dal verde, al grigio-argenteo. I fiori del timo, anch'essi molto piccoli, sono di colore bianco, rosa o lilla, sono riuniti in una sorta di spiga che emerge dall'ascella fiorale e sono particolarmente amati dagli insetti pronubi, tra cui le api, le quali producono il prezioso miele di Timo. La fioritura del Timo inizia nella tarda primavera e può durare tutta l'estate. I frutti sono degli acheni non particolarmente appariscenti, ognuno dei quali contiene 4 semini.


Specie di Timo :

Come accennato poco sopra, esistono centinaia di specie di Timo con differenze più o meno significative, di seguito un elenco, con una breve descrizione, delle specie più diffuse di Timo.


  • Timo Comune (Thymus vulgaris) : Probabilmente il Timo più utilizzato a scopo ornamentale ed officinale e il classico Timo che si trova nei giardini, di esso esistono innumerevoli varietà, con differenze nelle foglie e nel portamento
  • Timo Erba Barona (Thymus herba barona) : Diffuso allo stato selvatico sulle montagne di Corsica e Sardegna, la specie è molto usata in cucina, con un aroma che ricorda il cumino
  • Timo Spagnolo (Thymys zygis) : Specie di origine spagnola, sebbene non sia così ricco di olii essenziali, è comunque diffuso ed utilizzato a scopo ornamentale
  • Timo Strisciante (Thymus praecox) : Specie dal portamento particolarmente strisciante e tappezzante, cresce a quote leggermente più elevate di altre specie e molte varietà sono state selezionate per la copiosa ed appariscente fioritura
  • Timo Limone (Thymus x citriodorus) : Caratterizzato da foglie variegate, spesso di color giallo con una fragranza simile a quella del Limone
  • Timo Serpillo o Cedrato (Thymus serpyllum) : Facilmente confondibile con il Timo Comune, si differenza però per l'assenza di peluria fogliare e per gli steli maggiormente lunghi con foglie più distanziate tra loro


Coltivazione, Clima e Cure :


Timo LimoneIl Timo è una pianta Mediterranea, che ama posizioni assolate tipiche dei declivi rocciosi della nostra penisola. La specie è resistente al siccità e, una volta affrancata, non necessita di innaffiature, se non dopo prolungati periodi torridi ed aridi di molte settimane. Nonostante ami il clima Mediterraneo, il Timo resiste al gelo e può sopportare abbassamenti di temperatura fino a -10°/-15°C (14-5° F). La specie gradisce climi con piccole escursioni termiche giornaliere, condizioni molto comuni sui pendii esposti al mare. Il Timo si adatta a diversi terreni, pur preferendo quelli leggermente basici e calcarei. Si accontenta anche di terreni poveri, mentre rifugge da quelli troppo compatti che creano ristagni idrici che, specie in inverno, possono essere letali. La riproduzione del Timo avviene a tramite talea o, più semplicemente, seminando.


Raccolta ed Utilizzi :

Le foglie di Timo si possono raccogliere tutto l'anno anche se, solitamente, si rimuovono sia le foglie che l'infiorescenze, prima che i fiori si aprano e dunque, nel periodo primaverile ed estivo. Le foglie possono essere poi consumate così come raccolte o fatte essiccare per successivi utilizzi.
Il Timo viene utilizzato in cucina per aromatizzare piatti a base di pesce, carne e verdura, ma è anche utilizzato per preparare infusi.
Il Timo è anche una pianta officinale, ha elevate proprietà antisettiche e, i suoi infusi, vengono utilizzati sia come calmanti, sia per alleviare la tosse e le principali patologie dell'apparato digerente. In cosmeticaè utilizzato per la preparazione di deodoranti, sciampi ed è particolarmente indicato per le pelli grassi.
Tutti questi benefici sono dovuti essenzialmente a due principi attivi: il Timolo (fino al 70%), il Carvacloro (fino al 15%) e, in quantità minore, altri fenoli. La concentrazione relativa di Timolo è più alta se le foglie vengono raccolte in inverno, mentre in estate si ha una maggior produzione degli altri fenoli.


Fiori Thymus vulgaris

Foglie variegate di Timo

Fiori di Timo



Come coltivare l'Arancio Dolce (Citrus sinensis)?

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Le Arance sono da sempre il simbolo della Sicilia e, da lì, vengono esportate in tutto il resto d'Italia ed Europa. Ma è solo un fattore tradizionale? 
L'Arancio Dolce (Citrus sinensis) può crescere e fruttificare anche in altre parti d'Italia? E' realmente così sensibile al freddo? Può essere piantato anche nel Nord Italia?

Arance mature


Origine e Diffusione :

L'Arancio Dolce è l'Agrume più coltivato al mondo, ma in pochi sanno che questa specie (Citrus x sinensis) è, probabilmente, un ibrido naturale ottenuto dall'incrocio tra Pomelo (Citrus maxima) e Mandarino (Citrus reticulata), che risale a circa 4000 anni fa. Tuttavia c'è chi sostiene che questa ibridazione abbia dato origine solo all'Arancio Amaro (Citrus × aurantium) e che, in seguito, una mutazione di quest'ultimo abbia generato l'Arancio Dolce.
Comunque sia questo antico ibrido (chiamiamolo Arancio "generico"), ebbe origine nella Cina Meridionale, successivamente giunse, tramite gli scambi commerciali tra Impero Cinese ed Impero Romano, sino all'Asia Minore e al Bacino Mediterraneo.
Inizialmente l'Arancio non vide una grossa diffusione e se ne persero le tracce. Fu "riscoperto", diversi secoli più tardi, dai marinai portoghesi e solo allora conquistò la notorietà che questo agrume merita. Oggigiorno, a livello mondiale, le Arance sono il secondo frutto per volume di produzione, essendo precedute solo dalle Banane.


Botanica e Fisiologia :

Fiori di ArancioL'Arancio Dolce  (Citrus sinensis) appartiene, come tutti gli Agrumi, alla famiglia delle Rutaceae. E' una pianta sempreverde che spesso assume una forma arbustiva, raggiungendo un'altezza di circa 6-8 metri (20-26 ft). La chioma, se lasciata crescere liberamente, mostra una forma tondeggiante e, in alcune cultivars, i rami possono contenere delle spine pungenti all'ascella fogliare. Le foglie dell'Arancio sono di medie dimensioni, ovali, lisce e di colore verde scuro; se strofinate emanano un buon odore. Il Fiore dell'Arancio, chiamato anche "Zagara", è bianco, con 5 petali carnosi e con un profumo che si diffonde velocemente nell'aria. I Fiori possono essere singoli o raggruppati in piccole infiorescenze, contenenti fino ad un massimo di 5-6 fiori. In molte varietà di Arancio Dolce, l'impollinazione non è necessaria ed, anzi, può essere dannosa; questo perché può ostacolare la produzione di frutti per partenocarpia; ovvero frutti che, sviluppandosi in assenza di fecondazione, sono privi di semi.
Foglie di ArancioLa fioritura dell'Arancio, a differenza di quella di altri agrumi come il Cedro, non è continuativa, ma relegata alla stagione primaverile; essa avviene, a seconda del clima, da inizio Marzo a fine Aprile. Le arance sono frutti che, a maturazione, hanno un colore arancione più o meno carico a seconda della clima e della varietà. Le arance richiedono dai 9 ai 12 mesi di tempo per maturare, ciò, data la fioritura primaverile, ne fa un frutto tipicamente invernale. La loro spessa buccia svolge un ruolo difensivo proteggendole dal freddo e dall'umidità, per questo motivo le arance possono rimanere sull'albero per mesi, senza marcire e l'arco di tempo in cui possono essere raccolte e consumate è molto più ampio della maggioranza dei frutti.


Coltivazione, Clima e Cure:

Arance immatureL'Arancio Dolce è una pianta di origine subtropicale, ma perfettamente adattata al clima Mediterraneo Caldo. Citrus sinensisè una specie che predilige una certa stagionalità, l'abbassamento delle temperature che, in Italia, iniziano a verificarsi da Ottobre, sono responsabili dell'invaiatura, ovvero il cambio di colore della buccia (da verde ad arancione) e la conseguente maturazione.
Nelle zone tropicali, come in alcune parti dell'Africa, il frutto rimane verde e deve essere trattato con Etilene al fine di poter maturare. L'Arancio Dolce, contrariamente a quanto si pensi, resiste al freddo meglio del Limone, tuttavia, rispetto a quest'ultimo, richiede una maggiore quantità di calore per poter maturare ed addolcire i suoi frutti, questo fattore ha confinato la produzione commerciale alle zone costiere Mezzogiorno, dove l'autunno molto mite permette la corretta maturazione.
L'Arancio, a livello amatoriale, si può coltivare molto più a Nord, persino nei microclimi più favorevoli dei grandi laghi del Nord Italia, dove però la polpa rimane leggermente acidula.
Invaiatura aranceLa resistenza al freddo di una pianta adulta di Arancio Dolce si aggira attorno ai -6/-7 °C (21-19 °F); ovviamente queste temperature sono da riferirsi come picco sporadico e non continuative per tutte le notti invernali. Un problema comune a molti agrumi è la maturazione invernale dei frutti; nell'Arancio, infatti, il frutto è danneggiabile a temperature meno rigide di quelle che potrebbe reggere la pianta.
Questo vuol dire che gelate di qualche grado sotto zero, pur non danneggiando la pianta, potrebbero far marcire i frutti prima che giungano a maturazione. Temperature estive troppo elevate possono limitare le proprietà organolettiche delle Arance, rendendole poco gustose.
L'Arancio gradisce un'esposizione in pieno sole, condizione che permette di aver un maggior numero di frutti e migliori qualità gustative, tuttavia, in ambiente luminoso, si possono ottenere buoni risultati anche con solo mezza giornata di sole diretto.
Citrus sinensisè una specie abbastanza resistente alla siccità, però le Arance sono composte prevalentemente da acqua e zuccheri, dunque, l'assenza prolungata di acqua, pur non portando necessariamente al deperimento della pianta, può arrecare gravi danni alla produzione.
La maggior parte degli aranceti sono concentrati nel Mezzogiorno, una parte d'Italia in cui l'estate è particolarmente siccitosa, di conseguenza, la maggior parte degli impianti sono irrigui.
L'Arancio, come del resto molti altri agrumi, è una pianta piuttosto esigente in quanto a terreno che, idealmente, dovrebbe essere sciolto, ricco di sostanza organica, drenante, profondo e neutro (pH tra 6 e 8); sono da evitare terreni pesanti, alcalini e poveri.
La potatura dell'Arancio, in assenza di gelate, si svolge nel tardo inverno (dopo la raccolta e prima della ripresa vegetativa), accorciando e diradando i rami che si incrociano, arieggiando la chioma e controllandone l'eccessivo vigore.


Varietà di Arance:

L'arancio è una specie molto diffusa, anche in zone molto diverse tra loro, questo ha permesso la selezione di oltre duemila varietà (c'è chi sostiene ben di più), tuttavia quelle coltivate su larga scala sono solo un centinaio ed, in Italia, solo poche si trovano comunemente nei supermercati.
La diverse varietà di Arancio differiscono per colore, epoca di maturazione, ma anche per gusto, succosità, aromi e spessore della buccia.
Tutte le varietà possono essere raggruppate in tre grandi categorie:


  • Arance Rosse (Arance Sanguigne) : ne sono un esempio le cultivars Tarocco, Moro, Sanguinello.  L'elevate presenza di Antociani conferisce loro un aspetto scuro, la polpa è leggermente acidula e succosa, la loro coltivazione è assai diffusa in Sicilia.
  • Arance Bionde"Ombelicate" (Navel) : ad esempio  Washington Navel, Navelina, Brasiliano. La loro maturazione può essere più precoce di altre, sono caratterizzate da una polpa chiara, dolce e dalla presenza di una protuberanza (ombelico) apicale, questa è dovuta ad un secondo frutto (in via di formazione) all'interno dell'Arancia stessa. Questa arance, di solito, sono apirene e con una buccia spessa.
  • Arance Bionde "Non Ombelicate": ad esempio Biondo Comune, Belladonna, Valencia, Ovale Calabrese. Come le precedenti, hanno polpa chiara, ma sono prive della protuberanza che contraddistingue le Navel. Sono particolarmente indicate per la produzione di spremute. All'interno di questo gruppo ci sono alcune tra le varietà più tardive, che possono maturare anche verso Aprile/Maggio.

Germogli di Arancio



Malattie e Parassiti:

L'arancio è una specie soggetta all'attacco di diversi patogeni, i quali coprono un grosso spettro di danni, da piccoli danneggiamenti fogliari, fino alla morte della pianta. Alcuni dei principali responsabili di malattie nell'arancio sono elencati sotto:


  • Cocciniglia: un parassita che si nutre della pianta, frequentemente si insidia a livello del picciolo, al riparo dal sole, provocando la cascola del frutto; inoltre producono una melassa che aumenta il rischio di fumaggine.
  • Gommosi: causata da un fungo, si denota per la presenza di un essudato gommoso che fuoriesce da fessurazioni della corteccia. E' causa di scarsa fioritura e vigoria, nonché di clorosi.
  • Afide degli Agrumi: parassita le nuove foglie ed i rami in allungamento, succhiando la linfa, riduce i nutrienti disponibili per la pianta. Le foglie colpite hanno un aspetto "accartocciato" e ridotta attività fotosintetica.
  • Mosca della Frutta: particolarmente attiva negli ambienti caldi, utilizza le arance per ovideporre e causa la cascola dei frutti.
  • Mal secco degli agrumi: questo fungo è responsabile degli ingiallimenti fogliari, spesso a livello delle nervature. Questo patogeno provoca la caduta delle foglie e il disseccamento dei rami, mentre se sono le radici ad essere colpite, la pianta muore.

Riproduzione e portainnesti:

L'Arancio Dolce (Citrus sinensis) si riproduce tipicamente tramite innesto. Come portainnesto vengono utilizzati altri agrumi, ognuno dei quali conferisce caratteristiche peculiari. Nelle zone più miti si utilizza l'Arancio Amaro che sviluppa radici profonde e conferisce longevità alla pianta; in zone più fredde è utile innestare l'Arancio sul Poncirus trifoliata, questo è l'unico agrume deciduo che aumenta la resistenza all'umidità e al freddo di ciò che su di esso viene innestato. Più raramente si riproduce tramite Talea o Margotta, se invece lo si vuole coltivare partendo da Seme è bene sapere che ci vorranno parecchi anni prima che entri in produzione ed i frutti che si otterranno potranno essere anche molto diversi rispetto alla pianta madre.

Citrus sinensis flowers

Allegagione arance

Citrus sinensis



Qual è il ruolo della Fotosintesi Clorofilliana ? Autotrofi ed Eterotrofi a confronto

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Tutti noi sappiamo che i vegetali fanno una reazione essenziale, sia per loro, che per tutti gli altri esseri viventi. 

Ma come funziona la Fotosintesi Clorofilliana? A che cosa serve? Perché è così importante? Cosa produce e cosa consuma?

Se guardassimo all'evoluzione della Terra, noteremmo che i primi organismi a comparire furono dei Batteri Fotosintetici.
All'epoca, infatti, non vi era ossigeno "libero" (O= ossigeno molecolare) e l'atmosfera era molto ricca di anidride carbonica (CO2). Quindi i primi esseri viventi, non potendo utilizzare l'ossigeno per svolgere le proprie attività metaboliche, dovettero necessariamente utilizzare l'anidride carbonica.































La Fotosintesi Clorofilliana, allora, come adesso, assorbe anidride carbonica (CO2) dall'atmosfera e rilascia ossigeno (O2). Pare ovvio che, dopo la comparsa di questi primi esseri viventi, la composizione atmosferica si modificò, arricchendosi di ossigeno a discapito di anidride carbonica. Tutto ciò creò l'ambiente ideale per la comparsa degli organismi eterotrofi (tra cui noi mammiferi) che, respirando, consumano ossigeno e producono anidride carbonica.

Sembra evidente che, Fotosintesi e Respirazione, siano due processi complementari in cui, uno dei due, produce ciò che l'altro consuma.



Ma come si può ricavare energia tramite la Fotosintesi Clorofilliana?


Gli organismi autotrofi (es. Piante), diversamente da quelli eterotrofi (es. Animali), possono ricavare l'energia necessaria per il loro sostentamento, partendo da materia inorganica, senza utilizzare altri esseri viventi.

Gli organismi autotrofi, tramite la fotosintesi, riescono ad utilizzare il carbonio (C), presente nella molecola di anidride carbonica (CO2), per formare il Glucosio, uno degli zuccheri fondamentali. 
Questa reazione biochimica non è spontanea ed è resa possibile solo tramite l'energia fornita dalla luce solare. 
Gli organismi eterotrofi ricavano energia consumando il Glucosio presente nei vegetali (gli erbivori) o mangiando altri organismi eterotrofi (i carnivori). 



La reazione della Fotosintesi Clorofilliana? (non bilanciata)



CO2     +     H2O      +    Energia Solare ---------------------> O2      +      C6H12O6 (Glucosio)



Gli organismi eterotrofi, non potendo utilizzare l'energia solare per far avvenire una reazione "controcorrente", fanno la reazione esattamente opposta (la Respirazione)



 O2    +      C6H12O6 (Glucosio)--------------------------------> CO2     +     H2O      +    Energia



La produzione di Glucosio richiede energia (gli autotrofi usano quella solare), il consumo di Glucosio produce energia.

Fotosintesi e Sole


Come e dove avviene la Fotosintesi?


Le cellule che compongono le foglie delle piante hanno un'elevata concentrazione di particolari organelli cellulari chiamati Cloroplasti ed è proprio al loro interno che si svolge la fotosintesi.
All'interno dei Cloroplasti c'è la Clorofilla, una molecola in grado di eccitarsi quando viene "colpita" dai fotoni (le particelle che compongono la luce).

E' importante ricordare che la luce solare è formata da più luci, con diversa lunghezza d'onda (l'arcobaleno null'altro è che la scomposizione della luce solare nelle sue componenti base) e che un tipo di clorofilla può assorbire solo quelle entro un determinato range. Nei cloroplasti vi sono diversi tipi di clorofilla, oltre ad altri pigmenti fotosintetici, ognuno dei quali "capta" solo uno spettro limitato di luci. 

Tanto più "forte" sarà il Sole, tanto più efficacie sarà la fotosintesi ma, in alcune specie (ad es, quelle da sottobosco come l'Edera), esposizioni troppo assolate possono essere dannose, portando a saturazione il sistema. La luce solare viene riflessa quindi, anche piante all'ombra, ricevono una certa quantità di radiazione luminosa con cui fare la fotosintesi; ovviamente, specie molto esigenti di luce, cresciute in zone ombrose, fanno una ridotta fotosintesi, conseguentemente hanno una ridotta produzione di Glucosio, motivo per cui, le piante da frutto, per aver frutti con un alto contenuto zuccherino, richiedono esposizioni in cui vi sia Sole diretto. 

La Clorofilla eccitata ossida l'ossigeno dell'acqua ad ossigeno molecolare e, tramite una serie di passaggi, trasferisce questi elettroni al NADP+, riducendolo a NADPH; inoltre sfruttando un gradiente di pH, innescato da questa reazione, all'interno dei Cloroplasti, la cellula può formare ATP, partendo da ADP.


Senza addentrarci in ulteriori dettagli, basti sapere che la Fotosintesi può essere suddivisa in più fasi:



  • Una prima reazione (Fase Luminosa), che richiede energiasolare per avvenire, ossida ("trasforma") H2O in  O2 ed immagazzina l'energia sotto forma di due molecole: ATP e NADPH.
  • Una seconda fase (Ciclo di Calvin o Fase Oscura), che non richiede energia luminosa, sfrutta l'ATP e il NADPH, prodotti nella fase luminosa, per convertire la CO2 (composto inorganico) in Glucosio (composto organico).


Gli scambi gassosi (es. Anidride carbonica, Ossigeno) avvengono attraverso, particolari aperture fogliari, dette Stomi.



A che cosa serve il Glucosio alle piante?


Il Glucosio è una "moneta energetica" anche per le piante, infatti, anche loro, respirano ed utilizzano gli zuccheri per produrre energia.
In pratica è come se l'energia del Sole (sfruttabile solo dai Cloroplasti contenuti nelle foglie), fosse convertita in un'altra forma di energia (zuccheri), utilizzabile da tutte le cellule della pianta. 
Ovviamente solo una parte di Glucosio viene "consumata" dalla respirazione, il resto è utilizzato come fonte di riserva e per produrre Cellulosa, un polimero del Glucosio con cui sono costruire le pareti cellulari delle cellule vegetali.
Dalla Cellulosa, presente nelle pareti cellulari delle cellule dell'erba, gli erbivori ricavano il Glucosio che utilizzano come fonte di energia.

Di fatto, il Sole, fornisce, direttamente (Autotrofi) o indirettamente (Eterotrofi), tutta l'energia che serve agli organismi viventi per rimanere tali, in un ciclo che parte dalla più piccola pianta (che produce Oe Glucosio) ed arriva fino ai grossi carnivori (che producono COed H2O ).



Raggio di Sole

Rosa rugosa, la Rosa che non si Ammala

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Le Rose sono piante affascinanti, ma spesso delicate, soggette a diverse malattie e colpite da innumerevoli parassiti. Tra tutte, la Rosa rugosa, è sicuramente la specie più rustica e che richiede meno cure, donando sempre copiose fioriture.

Ma come si coltiva la Rosa rugosa? Qual è il suo clima ed habitat di crescita ideale? Dove si può coltivare in Italia? Quali differenze ha rispetto alle "classiche" Rose?

Rosa rugosa


Di Rose, in maniera generica, avevamo già discusso in questo post; ora approfondiremo la conoscenza di questa specifica specie.


Origine e Diffusione :

La Rosa rugosa è di origine Asiatica, è infatti nativa dell'estremo oriente, in stati quali Corea, Giappone, Nord-Est della Cina e persino la parte meridionale della Siberia.
Oggigiorno è diffusa, ad uso prettamente ornamentale, sia in Europa che in America, è comune nei giardini privati, ma anche nelle aiuole dei parchi o nelle rotonde stradali.


Botanica :

Foglia rosa rugosa
Rosa rugosaè una specie decidua appartenente alla famiglia delle Rosaceae, ha un portamento arbustivo ed un'elevata tendenza ad emettere polloni (rami che si producono dalle radici) che, in alcune zone, la rende una pianta quasi infestante.
La Rosa rugosa raggiunge un'altezza di circa 1-1,5 metri (3-4 inch), i suoi rami sono ricoperti da spine, corte, ma particolarmente folte. Le foglie della Rosa rugosasono pennate, formate da 8-9 foglioline di forma ovale e con venature pronunciate, tanto da dare il nome "rugosa" alla specie; il loro colore è verde acceso in estate, mentre, in autunno, vira ad un bel giallo-marroncino, con sfumature rosse.
I fiori possono essere singoli o multipli, piuttosto grandi ed aperti, emanano un profumo intenso e piacevole. I fiori hanno petali di colore diverso a seconda della cultivar, generalmente o bianchi (es. Alba, Gufo della Neve) o con diverse gradazioni di rosa-violetto (es. Pierette), sono inoltre presenti innumerevoli ibridi tra Rosa rugosa ed altre specie di Rose. La fioritura della Rosa rugosa inizia in primavera, con un apice verso Maggio-Giugno, tuttavia la specie è rifiorente ed è possibile trovare fiori fino all'arrivo dei primi geli.
In pochi sanno che la Rosa rugosa fa dei frutti commestibili, essi sono di color rosso, lucidi e contengono una discreta quantità di polpa; a maturazione tendono a raggrinzirsi. Se mangiati freschi sono tutt'altro che prelibati, ciò nonostante si possono ottenere delle ottime marmellate.


Differenze Rispetto le altre Rose :

Premesso che esistono moltissime specie di Rose, se prendessimo la classica Rosa da recidere, la Rosa rugosa si differenzierebbe sotto diversi aspetti, che elencherò di seguito:


  • Profonde venature sulle foglie, che le fanno sembrare "rugose"
  • Fiori con pochi petali separati tra di loro, che lasciano ben visibili le antere 
  • Portamento arbustivo ed altamente pollonante
  • Ramificazioni dense
  • Frutti commestibili di dimensioni ragguardevoli
  • Spine più abbondanti, ma meno lunghe
  • Elevata resistenza alle malattie
  • Elevata vigoria, pianta quasi tappezzante 
  • Colori autunnali duraturi ed eleganti


Coltivazione, Clima, Potature e Riproduzione :

Frutti rosa rugosa
La Rosa rugosa è una pianta evolutasi per climi freddi ed in natura prospera in un areale leggermente più a Sud rispetto a quello del Mirtillo Siberiano; è quindi del tutto normale che abbia sviluppato un'elevata resistenza al freddo, che le permette di essere coltivata ovunque in Italia, anche in montagna.
La Rosa rugosa preferisce un'esposizione a mezz'ombra ma, in ambiente luminoso, si sviluppa piuttosto bene anche in zone più ombreggiate.
Questa Rosa è adattabile e, pur prediligendo terreni ricchi di sostanza organica ed acidi, può crescere anche in terreni poveri ed aridi. La specie ha una discreta resistenza alla siccità anche se, con esposizioni in pieno Sole, in zone molto aride, potrebbe essere utile eseguire una buona pacciamatura.
Questa specie di Rosa sopporta potature anche drastiche che, di norma, non compromettono più di tanto la fioritura, dato che questa avviene all'apice dei nuovi getti; infatti, la Rosa rugosa, è anche utilizzata per formare siepi basse e fitte. La potatura consiste nell'eliminazione (sfoltimento) dei polloni emessi l'anno precedente e nell'accorciamento, a circa metà lunghezza, di quelli rimasti.
La riproduzione avviene, generalmente, tramite Talea, ma è anche possibile prelevare uno dei tanti polloni con relative radici e rinvasarlo opportunamente.
Come accennato all'inizio, la Rosa rugosa è particolarmente rustica e resistente alle più comuni patologie fungine, talvolta può essere attaccata dagli Afidi, ma solitamente non comporta mai gravi conseguenze né alla pianta, né alla sua fioritura.

Rosa rugosa a fiore bianco

Rami rosa rugosa

Fiore viola rosa rugosa

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