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Cosa Provoca l'Occhio di Pavone dell'Olivo ? - Trattamenti, Cure e Prevenzione

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L'Olivo o Ulivo (Olea europaea) è la pianta simbolo del Mediterraneo e, soprattutto nel Sud Italia, è coltivata in ogni angolo.
Sebbene l'Olivo sia una pianta rustica, non è immune alle patologie e, in particolar modo nei luoghi meno vocati, alcune di esse possono compromettere la fruttificazione o la sopravvivenza dell'intero albero.

Oggi vorrei parlare dell'Occhio di Pavone, una malattia crittogamica nota anche come Cicloconio dell'Olivo o Vaiuolo, il cui agente eziologico è Spilocaea oleaginea (o Cycloconium oleaginum), un fungo patogeno.

Foglie Colpite da Occhio Pavone Olivo

Quando Compare e Come Si Riconosce il Cicloconio dell'Olivo ?

Spilocaea oleaginea attacca tutte le parti verde della pianta, comprese le Olive in maturazione; tuttavia gli effetti più gravi si riscontrano sulle foglie, in particolar modo su quelle più vecchie.
Il periodo in cui si hanno i massimi effetti della malattiaè generalmente compreso tra autunno e primavera, sebbene in zone ad inverno freddo si possa avere una stasi durante questa stagione.
In Estate, almeno in Italia, le infezioni sono ridotte o meglio "silenti", in attesa delle piogge autunnali.

I sintomi dell'Occhio di Pavone sono facilmente distinguibili. Sulla pagina superiore delle foglie si presentano delle macchie concentriche, dapprima piccole e brune, poi via via più grosse e grigiastre, fino ad assumere (talvolta) tonalità giallognole.
Queste macchioline sono disposte in ordine sparso, in numero variabile a seconda del tipo di foglia (generalmente le foglie della nuova vegetazione ne hanno poche o niente) e dell'entità dell'infezione. 
La colorazione gialla sfumata, particolarmente evidente con le alte temperature di fine primavera, e la forma dell'alone, ricordano gli Occhi presenti sulla coda del Pavone, da qui il nome "Occhio di Pavone".


Quali Danni Provoca l'Occhio di Pavone ?

Cominciamo col dire che questa malattia fungina è diffusa su tutto l'areale olivicolo italiano ma, attacchi leggeri, non hanno effetti particolarmente deleteri sull'Olivo e non compromettono necessariamente la produzione dell'anno. 

Quindi, se l'infezione riguarda una piccola percentuale delle foglie, non c'è da preoccuparsi, ma se l'attacco fosse intenso ed esteso?

Cicloconio OlivoCome già detto Spilocaea oleaginea è un fungo patogeno che si localizza a livello sub-cuticolare (la cuticola è il primo strato cellulare delle foglie, col compito di proteggerle dalla disidratazione). Il fungo si nutre e sfrutta l'Olivo, riducendo l'attività fotosintetica delle foglie e portando ad una prematura caduta delle stesse.
La defogliazione debilita l'Olivo, rendendolo più soggetto all'attacco di altri patogeni; inoltre la pianta tenterà di riformare la chioma, di conseguenza sarà favorita la formazione di gemme a legno (che produrranno foglie), a discapito delle gemme a fiore; conseguentemente si potrebbe avere, nella stagione successiva, una scarsa fioritura/raccolta. 
Nei casi più gravi si possono avere anche disseccamenti di interi rami.


Come Prevenire i Danni del Vaiuolo ? Quali Condizioni Climatiche Sono Più Sfavorevoli ?

Per prima cosa ci dobbiamo ricordare che le diverse cultivar di Olivo hanno un diverso grado di suscettibilità al Cicloconio, in zone particolarmente a rischio sarà dunque meglio optare per piante più tolleranti.

L'agente eziologico dell'Occhio di Pavone si sviluppa al meglio senza eccessi di temperatura, infatti i picchi massimi si hanno proprio durante le "mezze" stagioni. Temperature molto calde (o fredde) riducono la velocità di duplicazione del fungo ed il tempo che intercorre tra l'inoculo ed i primi sintomi sulle foglie. Inoltre un'eccessiva umidità o piogge continue favoriscono il diffondersi del patogeno.

Una potatura regolare, che permetta di arieggiare le chioma e di far si che non si creino zone di ombra (più umide), aiuta a contenere la malattia; così come la rimozione delle foglie malate cadute, che rappresentano un veicolo di inoculo.

Concimazioni ricche di Azoto sembrano diminuire la resistenza all'Occhio di Pavone, quindi, se nell'annata precedente ci fosse stata una forte infezione, sarà meglio limitare le concentrazioni dei sali d'azoto nei fertilizzanti.

In fine, un po' come per tutte le patologie, piante sane, ben nutrite e rigogliose, si ammalano meno e rispondono meglio alle avversità, sia biotiche che abiotiche. 

Cicloconio dell'Olivo

Come Curare l'Occhio di Pavone dell'Olivo ?

Premesso che, se l'attacco è limitato, si può far fare tutto a "madre natura" e non utilizzare prodotti chimici. 
Se però si ipotizza che la pianta possa essere colpita in maniera diffusa o se l'anno precedente ci sono stati danni ingenti, si possono fare dei trattamenti preventivi con anticrittogamici a base di rame, tra cui è meglio preferire gli Ossicloruri, i quali hanno una minor tossicità rispetto alla Poltiglia Bordolese (Verderame).
Questi prodotti hanno effetti preventivi, inducono una cospicua caduta di foglie (riducendo l'inoculo), ma possono anche ridurre il differenziamento a gemme a fiore ed indurre la cascola dei frutti.

La lotta chimica si effettua anche utilizzando Dodina, la quale, rispetto agli Ossicloruri a base di rame, ha anche effetti curativi ed è più indicata in periodi di carica, quando si vuole combattere l'Occhio di Pavone, senza compromettere la produzione di Olive.

Paulonia (Paulownia tomentosa), l'Albero Ornamentale dai Fiori Viola

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Molti di voi conosceranno la Paulonia (Paulownia tomentosa) come maestosa pianta ornamentale che, nella tarda primavera,  produce vistosi fiori color lilla/viola (o talvolta bianchi); tuttavia la Paulonia non è utilizzata solo per adornare parchi o grossi giardini, maè coltivata anche per il suo prezioso legno, soprattutto le due specie Paulownia elongataPaulownia tomentosa.

Il legno di Pauloniaè di bell'aspetto, di notevole leggerezza, è un ottimo isolante, sia acustico, che termico, che elettrico ed infine è facilmente lavorabile (bassa durezza). Tipico della tradizione Giapponese, è utilizzato per la creazione di strumenti musicali, ma anche per produrre mobili ed infissi.

In questo articolo vorrei fornire qualche informazione e fare un po' di chiarezza sull'Albero della Paulonia.

Fioritura Paulownia tomentosa


Origine e Diffusione :

Il genere Paulownia, appartenente alla famiglia delle Scrophulariaceae (o semplicemente Paulowniaceae, secondo la classificazione APG), è formato da un numero di specie compreso tra 6 e 17, a seconda della classificazione botanica.

Paulownia tomentosaè una specie nativa della Cina meridionale, dove è coltivata da diversi secoli sia per il suo legno, sia a scopo ornamentale o per formare viali alberati.
La Paulonia fu esportata in America intorno alla metà dell'800 e da lì si espanse velocemente. Anche in Europaè molto diffusa e, crescendo in diversi habitat, la si può ritrovare praticamente ovunque, dai margini dei boschi, ai lati delle strade, dalle zone dismesse, agli spazi tra i binari ferroviari.

Il nome del genere (Paulownia) fu dato in onore della regina Russa Anna Pavlovna, mentre l'epiteto della specie "tomentosa", che dal latino si può tradurre con "ricoperta da peli", è da riferirsi alla peluria presente sulle foglie.

La Paulonia, per via della sua grande adattabilità e della crescita vigorosa, si impone su molte altre specie ed, in zone incolte, può diventare infestante.


Com'è Fatta la Pianta della Paulonia ? - Botanica e Fisiologia

Paulownia tomentosa è una specie decidua ad alto fusto, sebbene in zone subtropicali possa comportarsi come una sempreverde. Questa pianta raggiunge un'altezza di 25 m (82 ft), con una chioma tondeggiante e molto espansa, che la fa sembrare ancora più imponente.
La P. elongata ha invece un portamento assurgente, rendendola più adatta agli impianti fitti per l'ottenimento di legno, ma sicuramente meno attraente.

Le foglie della Paulonia sono opposte, di grosse dimensioni, a forma di cuore ed assomigliano molto a quelle del Tamarillo.

I fiori, lunghi circa 5 cm (2 in), sono raggruppati in un'infiorescenza a grappolo che spunta dall'apice dei rami e si protende verso l'alto. I fiori emanano una leggera fragranza, hanno un colore che varia dal bianco, al lilla, al viola tenue ed hanno una forma ad imbuto, che ricorda quella dei fiori di Bignonia.
La fioritura, in Italia, avviene nella tarda primavera, indicativamente nel mese di maggio, mentre le gemme a fiore si differenziano tra inizio autunno ed inverno.
Nel Nord Italia la fioritura potrebbe essere altalenante e non sempre copiosa, anche perché le gemme a fiore potrebbero essere danneggiate da temperature particolarmente rigide.

I frutti sono delle capsule ovali che, a maturazione, sono di color marrone e si aprono lasciando fuoriuscire i semi, i quali sono dotati di "piccole ali", che permettono loro di essere trasportati efficacemente dal vento.

Fiori Paulownia tomentosa

Frutti Immaturi Paulownia tomentosa
Come Crescere la Paulonia ? - Coltivazione, Potature e Cure

La Paulonia è una pianta molto (troppo) facile da coltivare ed, anzi, si può considerare invasiva, crescendo praticamente ovunque. Inoltre è uno degli alberi a crescita più veloce che esista e, in una sola stagione vegetativa, può crescere di diversi metri.
Frutti Maturi Aperti Paulownia tomentosaL'elevata vigoria le permette di imporsi sulle altre specie, per di più la Paulonia è una pianta C4, ovvero, rispetto alla maggior parte delle altre piante, utilizza una via metabolica alternativa per la fissazione del Carbonio durante la fotosintesi clorofilliana.
Il ciclo C4 è più comune nelle erbe (le piante sono di norma C3), ma è più efficiente nel risparmiare acqua, motivo che rende le piante C4 più tolleranti alle carenze idriche.

Paulownia tomentosa può crescere ovunque in Italia, dalla Valle d'Aosta alla Sicilia e mostra un'elevata resistenza al freddo, che le permette di tollerare temperature invernali di circa -20° C (- 4° F). Se le temperature fossero più rigide (cosa rara al piano, sulla nostra penisola) il legno può essere danneggiato, ma solitamente in primavera la pianta rigetta dalle vigorose radici.

La Paulonia cresce bene su tutti i tipi di terreno a patto che la salinità non sia eccessivamente alta. La crescita più veloce si ha però in terreni leggeri, fertili, drenanti, profondi e non eccessivamente rocciosi/compatti.

Questa pianta, da un lato ha un ciclo C4 (che le fa risparmiare acqua), dall'altro ha foglie enormi, dalla cui superficie si ha un'elevata perdita di acqua per evaporazione. Bilanciando le due cose potremmo asserire che la Paulonia, da affrancata, è una pianta piuttosto resistente alla siccità, ma se coltivata in vaso o nei primi anni di vita, potrebbe richiedere qualche innaffiatura.
In ambienti aridi e secchi, se cresciuta con poca acqua, la Paulonia difficilmente la pianta muore, ma riduce drasticamente la velocità di crescita.

Nel scegliere la posizione adatta alla piantumazione, ricordatevi che quest'albero

  • Ha bisogno tanto spazio, data la chioma espansa
  • Ama un'esposizione soleggiata e mal si sviluppa all'ombra
  • E'tollerante nei confronti dell'inquinamento atmosferico
  • Date le foglie molto grandi non è adatta alle zone eccessivamente ventose

La P. tomentosa non è attaccata da molti patogeni e, anche qualora si ammalasse, le malattie non sono mai tali da compromettere lo sviluppo od uccidere la pianta.
Se non ci sono problemi di spazio, la Paulonia si sviluppa armoniosamente anche senza interventi di potatura; ciò nonostante regge potature anche drastiche ed energiche, sebbene la rimozione dell'apice vegetativo comprometta la produzione di fiori durante la successiva stagione.

La Paulonia si può moltiplicare per talea, ma la propagazione per semina è di gran lunga più comune, anche perché le nuove piante si sviluppano velocemente già dal primo anno di età.
Altri metodi di riproduzione sono marginali e non presentano particolari vantaggi.


Dove Cresce la Pianta del Caffè (Coffea arabica o Coffea canephora) ?

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Bersi un buon caffè è uno di quei piaceri a cui pochi rinunciano, ma quanti saprebbero riconoscere la pianta che produce i preziosi chicchi da cui si ricava il caffè ?

Nelle prossime righe vorrei fare una panoramica sulla Pianta del Caffè (Coffea arabica o Coffea canephora), ripercorrendone la storia, ma fornendo anche informazioni utili a chi si volesse cimentare nella sua coltivazione, sia in Italia, che nei luoghi più caldi.

Come vedremo più avanti, la Pianta del Caffè cresce in climi tropicali ma, con qualche accorgimento, si possono ottenere discreti risultati anche in climi temperati, coltivandola in vaso e riparandola durante i mesi più freddi.

Frutti Maturi Coffea arabica


Coffea arabica
Origine, Generalità e Diffusione :

I Caffè, così come le altre bevande con alla base la stessa essenza (caffeina), sono ricavati non dai frutti, bensì dai semi dell'Albero del Caffè che, prima di essere macinati, devono essere essiccati e tostati.

Fino a questo momento ho parlato genericamente di "Pianta del Caffè", ma in realtà, all'interno del genere Coffea, esistono almeno 3 specie coltivate a livello commerciale e molte altre diffuse su scala locale.
Tutte le specie impiegate per la produzione del Caffè sono native dell'Africa, anche se oggi vengono coltivate in tutte le zone tropicali del Mondo, di seguito le principali :

  • Coffea arabica : originaria degli altopiani Etiopi, è naturalizzata anche nello stato dello Yemen. Fu probabilmente la prima specie ad essere addomesticata ed utilizzata per la preparazione di bevande. Le prime testimonianze scritte del Caffè risalgono al 1400 e si collocano proprio nella penisola Arabica. C. arabica è la specie più coltivata (circa 70%) e, diversamente dalla C. canephora, è autofertile, ma meno adattabile come habitat, crescendo rigogliosa solo in montagna, a mezz'ombra e con elevata umidità. In generale è da considerarsi il Caffè dal gusto più buono, delicato e bilanciato.
  • Coffea canephora (sinonimo Coffea robusta) : è autosterile, di conseguenza è essenziale la presenza di più piante "non clonali" affinché avvenga l'impollinazione incrociata. Questa specie è nativa delle zone comprese tra Uganda, Tanzania ed Angola ed, a differenza della C. arabica, può crescere anche al piano, in zone esposte al Sole ed è più rustica, resistendo meglio a patogeni e malattie. Un seme di C. robustacontiene il doppio della caffeina contenuta in uno della C. arabica, questo comporta un sapore più amaro e forte. Un'altra differenza agronomica tra le due specie è che la "Robusta" cresce più vigorosa, raggiunge un'altezza superiore ed ha una produzione di frutti più abbondante.
  • Coffea liberica : come facilmente intuibile, questa specie di Caffè è originaria delle foreste della Liberia (e Costa d'Avorio), ma è molto diffusa e coltivata nelle Filippine ed in Indonesia, dove si è addirittura naturalizzata. Come importanza risulta la terza specie a livello mondiale, sebbene la diffusione e commercializzazione dei suoi semi non possa essere minimamente paragonata alle due specie citate in precedenza (circa il 2%). Rispetto alla C. arabica, la C. liberica è più alta e può raggiungere i 20 m di altezza (65 ft), possiede foglie molto grosse, produce semi allungati ed i frutti, che sono grossi il doppio, richiedono circa 14 mesi per maturare. Infine i fiori sono più profumati ed, essiccati, vengono venduti come aromatizzanti. 

Diversi Semi di Caffè


Specie di minor importanza o curiose del genere Coffea :

  • Coffea charrieriana : piccolo arbusto scoperto negli anni '80 in Camerun, sugli scoscesi pendii della foresta pluviale. C. charrieriana ha la peculiarità di produrre chicchi di caffè naturalmente privi di Caffeina. Nel 2008 fu riconosciuta come una delle specie vegetali più "promettenti", in quanto potrebbe permettere di ottenere una Caffè decaffeinato, senza che i "normali" chicchi (es. di C. arabica) debbano essere sottoposti a processi chimici per rimuovere la caffeina.
  • Coffea magnistipula : nativa del Cameron e Gabon, cresce al piano nelle umide foreste tropicali. Produce delle stipule che trattengono l'acqua e, diversamente da tutte le altre specie di Caffè, produce radici avventizie, con le quali si aggrappa ai fusti delle altre piante.
  • Coffea stenophylla : cresce in Sierra Leone, i suoi frutti (a maturazione) sono di color viola scuro (e non rossi), ha una maggior resistenza alla siccità, ma è poco coltivato.
  • Coffea mauritiana : endemica delle Mauritius (e Reunion), si sviluppa sotto forma di piccolo albero, con foglie lisce che assomigliano a quelle della Camelia invernale, più che a quelle della C. arabica
  • Coffea racemosa : tipica del Mozambico, può perdere le foglie durante la stagione secca, si sviluppa bene anche in ambienti poco piovosi e produce chicchi di Caffè con una concentrazione di Caffeina pari a circa la metà rispetto ai chicchi di C. arabica.

Gemme a Fiore Coffea arabicaOggigiorno il massimo produttore di Caffè al mondo è il Brasile, con una produzione superiore al doppio rispetto a quella del Vietnam, il secondo in classifica ed a seguire Colombia, Indonesia ed Etiopia.
In molte zone subtropicali (es. Florida) la coltivazione del Caffè è possibile, ma la ridotta produttività non renderebbe competitivi eventuali impianti ed è per lo più coltivato a livello amatoriale, negli Orti o per abbellire il giardino.
In Italia la Pianta del Caffè è venduta in molti vivai, ma è utilizzata prevalentemente come pianta d'appartamento, condizione che tollera discretamente bene.

Boccioli Pianta del Caffè


Fiori Coffea arabica


Com'è Fatta la Pianta del Caffè ? - Botanica e Fisiologia

Coffea arabicaè una specie sempreverde di origine tropicale che si sviluppa sotto forma di piccolo arbusto dalla chioma a forma piramidale che, se non potato, raggiunge un'altezza di circa 5-6 m (16-19 ft) o poco più.
Tutte le specie del genere Coffea appartengono alle Rubiaceae, una famiglia di distribuzione prevalentemente tropicale, di cui fanno parte anche le Gardenie.

Il tronco di questa specie cresce eretto e con gli anni tende a sfaldarsi, mentre i rami sono disposti a raggiera intorno ad esso, con quelli alla base che, essendo più vecchi, sono più lunghi rispetto a quelli vicini all'apice.
Se vogliamo, il portamento può ricordare quello delle Conifere (es. Abete), con una scarsa attitudine a formare vere e proprie branche.

Nuove Foglie Pianta del CaffèL'apparato radicale è superficiale, ma piuttosto esteso e ramificato. Si pensa che il 90% dell'assorbimento avvenga nei primi 25 cm (10 in) di suolo ed entro 1 m di distanza (40 in) dal tronco; tuttavia, in ambienti secchi e permeabili, gli apici delle radici possono arrivare anche ad una profondità superiore al metro.
Foglie Coffea arabica
Le foglie della Pianta del Caffè sono lucide, di color verde intenso, a forma ovale appuntita ad un'estremità, dal caratteristico andamento ripiegato (a zig zag) e ricordano molto quelle della Gardenia.
I fiori vengono prodotti a livello dell'ascella fogliare, sbocciano raggruppati e, nelle zone più vocate, possono essere numerosissimi e ricoprire quasi interamente la pianta. Essi sono bianchi, a forma "di stella", dotati di picciolo e possono emanare una piacevole fragranza.
Personalmente trovo che abbiano una vaga somiglianza con i fiori della Carissa.
Nelle zone equatoriali la fioritura può avvenire in qualsiasi periodo dell'anno, spostandoci più verso i tropici, essa tende ad essere più copiosa sul finir dell'inverno. In realtà, più che dal clima, l'induzione a fiore delle gemme è stimolata dalla presenza/assenza di frutti; in altre parole i rami carichi di frutti avranno un scarsa/nulla fioritura, mentre quelli in cui i frutti sono stati raccolti fioriranno, in quanto la formazione delle gemme a fiore non sarà più inibita. Questo fenomeno è osservabile anche all'interno di una stessa pianta, in cui i rami fioriti saranno anche quelli privi (o scarichi) di frutti.

In seguito all'impollinazione, l'ovario inizia a trasformarsi in frutto. Questo processo è lento ed, in un primo momento, si vedrà giusto un puntino verde che rimane sempre delle stesse dimensioni. In seguito la drupa continuerà a crescere, per poi avere una seconda stasi. Infine, dopo circa 9-10 mesi (variabili anche in funzione della temperatura), i frutti verdi (immaturi) vireranno al color rosso, indice dell'avvenuta maturazione. All'interno di ogni singolo frutto possiamo trovare 1-2 semi, che rappresentano il classico chicco di caffè.
La polpa dolce e fresca del frutto del caffè è davvero poca, ma può essere gradevole assaggiarla; la bassa concentrazione di caffeina le fa infatti avere un gusto delicato e non amaro come si potrebbe pensare.

Pianta di Caffè Coltivata in Vaso

Tronco Coffea arabica

Pianta di Caffè alle Canarie

Come Coltivare la Pianta del Caffè ? - Condizioni di Crescita, Esposizione, Clima

C. arabica è una pianta tropicale ma, contrariamente a quanto si creda, non ama il caldo torrido, tipico dell'estate mediterranea.
Nell'areale d'origine cresce in montagna, vicino all'equatore, ma ad una quota superiore ai 1400 m (4590 ft).
In queste zone non ci sono né grosse differenze tra le stagioni, né fluttuazioni di temperatura e le piogge sono più abbondanti e meglio distribuite rispetto alle aree pianeggianti.
In altre parole la Pianta del Caffè si sviluppa al meglio con temperature costanti tutto l'anno, senza eccessi né verso l'alto, né verso il basso; giusto per capirci, la temperatura ideale di crescita è di 24° C (75° F) di giorno (massima) e 14° C (57° F) di notte (minima).
Se le temperature sono costantemente elevate, la pianta entra in sofferenza, ha una crescita stentata ed una produzione limitata.
Ovviamente, più ci si allontana dall'equatore e più la quota di coltivazione si abbassa, ma in pianura la produzione della C. arabica è scarsa ed è preferibile coltivare la C. charrieriana.

A questo punto ci si pone la fatidica domanda : "E' possibile coltivare la Pianta del Caffè in Italia, in pieno campo e senza protezioni ?"

La risposta è più no che sì. Sicuramente data la scarsa resistenza al freddo bisogna trovare una zona esente da gelo, ma anche evitare zone con temperature minime costantemente poco sopra lo zero e con massime invernali inferiori ai 15° C (59° F).
Le coste più riparate di Sicilia e Calabria potrebbero avere queste caratteristiche ed una Pianta di Caffè adulta, magari accostata ad un muro e con qualche protezione, potrebbe sorpassare l'inverno con pochi danni. Purtroppo nelle stesse zone l'estate sarebbe troppo torrida e siccitosa per uno sviluppo ideale.
Detto questo, l'unico modo per saperlo è provare, anche fosse solo per esperimento.

E' risaputo che C. arabica gradisca esposizioni a mezz'ombra, specialmente se coltivata al piano. Questo non vuol dire che possa fruttificare abbondantemente nel mezzo di una fitta foresta pluviale, semplicemente gradisce un ambiente luminoso, ma non il Sole cocente dall'alba al tramonto; tuttavia, nelle zone di alta montagna nelle quali le temperature sono più contenute, cresce e fruttifica meglio se esposta in pieno Sole.
In luoghi più caldi viene invece coltivata alla base di piante ad alto fusto dalla chioma poco densa, oppure circondate da piante da ombra, come l'Avocado. Altri alberi utilizzati a tale scopo sono gli Eucalipti, come ad esempio la specie Eucalyptus grandis.
In condizioni di impossibilità a creare una zona ombreggiata, meglio prediligere C. robusta, sicuramente meno incline a scottature da eccessiva insolazione.

Il terreno ideale per la Pianta del Caffè deve essere soffice, drenante, fertile, a pH sub-acido, ricco di humus e che si mantenga piuttosto umido. Quest'albero ha un fabbisogno idrico medio-elevato ed in posti con una lunga stagione secca (oltre 2 mesi) bisognerà intervenire con frequenti irrigazione, soprattutto durante i primi anni dall'impianto.
In un buon terreno, o rinvasando frequentemente, le concimazioni non sono strettamente necessarie.

Giovane Piantina Coffea arabicaIn Italia C. arabicaè resistente alle patologie e, solitamente, ci possono essere solo dei lievi attacchi di afidi durante i mesi estivi. Nei luoghi d'origine, invece, è soggetta a diverse malattie.

Piantina di Caffè di Pochi MesiLa specie ben si presta ad essere coltivata in vaso, rimanendo di dimensioni contenute e tollerando, qualora fossero necessarie, anche energiche potature; inoltre può svilupparsi bene anche con le condizioni di umidità, luminosità e temperature, tipiche di una casa, dove viene apprezzata come pianta d'appartamento, per le belle foglie brillanti.
Se si tiene la pianta in casa tutto l'anno difficilmente fiorirà, ma se nelle stagioni in cui è possibile la si farà crescere all'aperto, facendole prendere qualche ora di Sole diretto al giorno, non è raro ottenere anche qualche chicco di caffè.

Come Si Semina la Pianta del Caffè ? Riproduzione e Cure

Le Piantine di Caffè sono armai diventate di moda ed è facile trovarle nei vivai, spesso alte come un bicchiere e germinate da poche settimane.
Il metodo di propagazione più semplice e diffuso è la semina. Questa operazione, come facile intuire, non si può fare con i semi tostati che si trovano in commercio, ma si dovrà partire da un seme fresco o comunque non più vecchio di qualche mese.
Ricordatevi di prendere semi provenienti da frutti maturi, che hanno una maggior probabilità di germinare.
Mettete in ammollo i semi per circa 12/24 ore in un bicchiere contenente acqua a temperatura ambiente. Successivamente posizionate i semi in un vaso e riponetelo in un luogo ombroso, con una temperatura di circa 25° C (68° F). In Italia, all'aperto, il periodo migliore per seminare va da Maggio sino a metà Estate (Settentrione)/ fine dell'Estate (Meridione).
La percentuale di germinazione non è elevatissima, conviene quindi interrare più semi nello stesso vaso e, semmai, diradare successivamente; inoltre è un processo tutt'altro che celere e, da quando avrete seminato, possono trascorrere anche oltre due mesi prima che emergano le foglioline (cotiledoni).

La crescita iniziale è piuttosto lenta, ma superato il primo anno di età, la pianta inizierà a crescere discretamente. Per la prima fioritura/fruttificazione bisogna attendere in media 2-4 anni, anche se, negli impianti commerciali, la produttività massima si ha tra il settimo ed il ventesimo anno.
La Pianta del Caffèè mediamente longeva e può arrivare a vivere anche 100 anni, sebbene nella fase senile si abbia una netta riduzione di frutti.
Ricordatevi, se aspirate ad avere dei frutti è meglio far crescere una pianta a tronco singolo per ogni vaso, rinvasando di anno in anno. A livello ornamentale, invece, si possono lasciare anche più piante in un unico vaso, indirizzando la crescita verso un portamento arbustivo.

Tuttavia seminare non garantisce la moltiplicazione di una determinata cultivar, in quanto tutti i semenzali ottenuti saranno eterogenei.
Se si vogliono tutte piante identiche tra di loro si deve necessariamente passare attraverso un metodo di riproduzione vegetativo, come ad esempio la Talea e l'Innesto.

Spero che quest'articolo (e queste foto) vi abbia tolto la curiosità di capire da dove provenga l'essenza che assaporate tutti i giorni, bevendo semplicemente una tazzina di Caffè e che vi stimoli a tentare, senza grosse pretese, la sua coltivazione.

Fioritura Coffea arabica

Frutti Immaturi Coffea arabica

Frutti Maturi Pianta del Caffè

Come Crescere il Ginkgo Biloba (Albero dei Ventagli) - Coltivazione e Cure

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Ai più, il nome scientifico Ginkgo biloba non dirà assolutamente nulla; eppure questa pianta è più diffusa di quanto si pensi e, guardando le prossime fotografie, sono certo che la riconoscerete.

Nell'articolo vorrei fornire qualche informazione su come coltivare la pianta di Ginkgo biloba, o semplicemente Ginko (italianizzato Ginco), illustrando le principali caratteristiche della specie.

Ginkgo Biloba
Origine, Storia e Curiosità :

Ginkgo biloba, talvolta chiamato anche Albero di Capelvenere, è una specie vegetale dal fascino particolare e la si puòtranquillamente considerare un fossile vivente, risalente a circa 260 milioni di anni fa.
Il Ginko, per via del bel fogliame e del portamento elegante, viene coltivato a scopo ornamentale in parchi e grossi giardini, ma è utilizzato anche in erboristeria e per usi terapeutici (ad es. malattia di Alzheimer).
Ma andiamo con ordine e cerchiamo di ripercorrere la storia di questa pianta sin dal principio. 

Siamo nel Permiano (l'epoca antecedente ai Dinosauri), sulla Terra non si sono ancora evolute le Piante a Fiore (Angiosperme) e le foreste sono dominate da Felci e da imponenti Conifere. 
Ed ecco, proprio qui fa la comparsa la nostra Ginkgo biloba, unica rappresentante vivente della famiglia delle Ginkgoaceae che, ai tempi, contava almeno 10 generi e decine di specie.

Tronco Ginkgo bilobaG. biloba è una specie nativa della Cina, ma all'epoca ebbe una notevole espansione, che le permise di colonizzare un po' tutta la Laurasia, l'attuale emisfero Boreale. 
La blanda pressione selettiva le consentì di prosperare per millenni, senza attuare grossi adattamenti; in altre parole mutò poco e rimase molto simile a com'era in partenza.
Quando comparvero le Angiosperme (circa 150 milioni di anni fa), le specie della famiglia delle Ginkgoaceae iniziarono il loro declino. Esse, infatti, non potevano competere con le Piante a Fiore, in grado di evolvere più velocemente e di colonizzare ogni habitat. Ben presto tutte le Ginkgoaceae  si estinsero, ad eccezione della G. biloba, la quale ebbe comunque una notevole riduzione del proprio areale di crescita, sino a confinarsi in angusti appezzamenti di terra, nelle regioni della Cina centro-orientale (es. Zhejiang), dove, a tutt'oggi, se ne trovano esemplari selvatici.
In Italia il primo esemplare venne piantato intorno a metà '700, nell'orto Botanico di Padova, dove, dopo quasi 300 anni, è ancora vivo ed in salute.

Il Ginkgo è la pianta simbolo di Tokyo, in Giappone, e ben sei esemplari tuttora presenti sopravvissero alla bomba atomica che,  durante la seconda guerra mondiale, disintegrò Hiroshima.


Botanica e Fisiologia del Ginkgo biloba :

Il Gingo è una specie arborea decidua che si sviluppa sotto forma di albero ad alto fusto, potendo raggiungere un'altezza massima di circa 40 m (131 ft).
Nella fase giovanile il portamento è tipicamente piramidale e slanciato, mentre dopo molti anni la chioma tende ad infittirsi ed allargarsi anche nella parte superiore, conferendo così una forma più ovale.
Come intuibile dall'introduzione, G. biloba, pur non avendo foglie aghiformi, è una Gimnosperma al pari di tutte le conifere, come Larici, Tassi, Tuie ed Abeti.
Il tronco cresce singolo ed è ricoperto da una corteccia che inizialmente è liscia e di color argenteo, ma invecchiando diventa  grigio-marrone e fessurata, ricordando vagamente quella del Pino Marittimo.

Le foglie sono a forma di ventaglio (da qui il nome "Albero dei Ventagli"), bi-lobate, talvolta multi-lobate. Esse sono di color verde chiaro e dotate di un lungo picciolo, mentre in autunno, prima di cadere, si tingono di giallo.
Sebbene non durino a lungo, le foglie di Ginkgo assumono colori autunnali in maniera abbastanza sincrona, rendendo la specie particolarmente ornamentale durante questa stagione.

Anche la struttura interna è molto diversa da quella tipica delle foglie di piante più evolute. Nelle foglie di Limone (Citrus limon), così come nelle maggior parte delle altre angiosperme, la nervatura fogliare è un intrecciato "labirinto" di vene e capillari via via più piccoli, disposti in maniera concentrica e comunicanti tra loro. Se per qualche ragione una vena principale subisse un danno, la linfa potrebbe bypassare agilmente il "blocco".
Le foglie di Ginkgo biloba, invece, hanno vasi linfatici più primitivi, uniformi, rettilinei e non comunicanti.
Nei video che seguono sono stati fatti due piccoli fori nella parte basale delle foglie di Limone (Video 1) e di Ginkgo (Video 2), successivamente la linfa fu marcata con un fluoroforo per poterne apprezzare il percorso tramite la fluorescenza. L'interruzione artificiale (buco) e rappresentata in verde, le scie gialle indicano il percorso della linfa.
Come si può apprezzare, nel Limone la fluorescenza (linfa = nutrienti) si distribuisce uniformemente su tutta la superficie della foglia, mentre nel Ginkgo è assente in corrispondenza della proiezione del danno.



Come facile intuire, le foglie del Ginkgo sono meno evolute ed inadatte a trasportare nutrienti in maniera efficiente dopo un danneggiamento.

Le radici, un po' come in tutte la piante di grosse dimensioni, sono voluminose e profonde, ma meno espanse ed invasive rispetto a quelle di altre piante della stessa taglia.

G. bilobaè una specie dioica, ovvero a sessi separati, esistono infatti piante maschili e femminili, che portano i corrispettivi organi sessuali.
Essendo una Gimnosperma, questa pianta non possiede veri e propri fiori, con petali, ovario, stigma etc, ma delle strutture riproduttive analoghe.
I coni maschili sono disposti a raggiera attorno alla gemma da cui sputano e producono polline volatile. Le piante femminili non hanno Coni, ma delle strutture che producono un paio di ovuli che, se impollinati, daranno origine ai semi, i quali sono commestibili (dopo tostatura).
La fioritura è tipicamente primaverile e l'impollinazione è anemofila (ad opera del vento).

Foglie Ginkgo bilobaI semi sono ricoperti dal sarcotesta, un involucro carnoso inizialmente verde, che vira a giallo ad avvenuta maturazione. Questa struttura ricorda, sia per forma che per colore, le Albicocche, tuttavia non può essere definito frutto, in quanto non deriva dall'ingrossamento dell'ovario.
Questo "finto" frutto contiene alte quantità di Acido butirrico, che si ottiene tramite fermentazione degli zuccheri, ma è presente anche nel vomito. Non sorprende quindi che i "frutti" di Ginkgo abbiano un odore sgradevole, anzi emanino proprio puzza; per questo motivoè consigliabile la piantagione di esemplari maschi.

Foglie Gialle Ginkgo biloba

Come Coltivare il Ginkgo biloba ? - Clima, Esposizione, Potature

Dai ritrovamenti fossili si ritiene che la specie prosperasse in "ambienti disturbati", laddove qualche calamità (es. incendi, alluvioni) avesse ridotto drasticamente le specie presenti.
G. biloba è molto adattabile ed, in Italia, può vivere praticamente ovunque, resistendo a geli molto intesi, con temperature inferiori ai -30° C (-22° F), ma anche al caldo soffocante.

Questo albero è rustico, non si ammala e difficilmente viene attaccato da parassiti o funghi patogeni; inoltre è tollerante all'inquinamento atmosferico ed, anzi, è in grado di accumulare gli inquinanti, purificando dallo smog l'aria delle città.
Nei primi anni dall'impianto la crescita potrà essere lenta, diventando moderata con l'avanzare dell'età, tuttavia ricordatevi che diventa una pianta alta e grossa e deve essere piantata solo dove vi è spazio per il suo sviluppo.
La varietà "Autumn Gold"è nota per una maggior velocità di crescita iniziale, ideale per chi desiderasse una pianta da ombra, senza aspettare tempi biblici.

Colori Autunnali Ginkgo bilobaGinkgo biloba è una specie eliofila, che vuole un'esposizione in pieno Sole, sviluppandosi in maniera stentata in zone ombrose.
A parte i terreni altamente asfittici, questa pianta prospera su tutti i tipi di terreno, senza grosse differenze nella velocità di crescita; pertanto le concimazioni (per piante NON in vaso) sono generalmente superflue.

Nei primi anni dalla piantumazione si dovrà provvedere con irrigazioni estive, mentre da adulta la specie mostra una buona resistenza alla siccità. Il Ginkgo ha uno sviluppo armonico, che non richiede potature di formazione o di mantenimento, l'ideale è lasciarla crescere libera, senza potare, anche perché soffre le eccessive potature più di altre piante.

Vuoi perché originaria dell'estremo oriente, vuoi per la crescita lenta o perché si sviluppa decentemente anche in vaso, il Ginkgo è una pianta molto utilizzata come Bonsai.

La Pianta del Ginkgo è ideale per esser piantata nei parchi pubblici e lungo le vie delle città, non solo per l'azione "anti-smog" e per il bell'aspetto, ma anche per la longevità. Essa può infatti vivere fino ad un'età di 1000 anni e se ne conoscono esemplari di oltre 2000 anni, rendendo la specie un'ottima candidata per ottenere alberi "monumentali".

Frutti-Semi-Ginkgo biloba

Come Riprodurre la Pianta del Ginkgo ? - Propagazione e Varietà

L'Albero dei Ventagli si può moltiplicare per semina, avendo cura di raccogliere i semi in autunno e, dopo aver fatto sentir loro almeno 2 mesi al freddo (secondo alcuni studi questo aumenterebbe la frequenza di germinazione), seminare in vasi da collocare a mezz'ombra per il primo anno di vita delle piantine.
Partendo da seme dovranno trascorrere circa 25-30 anni per la prima fioritura ed i fiori sono l'unico modo per capire se la pianta è un esemplare maschile o femminile.
Questo potrebbe essere un problema per chi non volesse ritrovarsi il vialetto ricoperto di "frutti" dall'odore nauseabondo, ma fosse ormai affezionato ad una pianta così bella e formata.

L'unico modo per ovviare a questo problema è utilizzare un metodo di propagazione vegetativo, come, ad esempio, fare la talea legnosa (in Dicembre) o semi-legnosa (in Estate), di un esemplare maschio.
Alternativamente si può propagare anche tramite innesto che, oltre a garantire la riproduzione della specifica cultivar (con relativo sesso), permetterebbe di avere su un'unica pianta un nesto maschile ed uno femminile, così da ottenere gli pseudo-frutti (ricordo che il seme tostato è commestibile e di sapore gradevole), pur avendo spazio per un solo esemplare.

Ad inizio articolo abbiamo descritto gli aspetti generali della specie; tuttavia, con gli anni, sono stati selezionati cloni con caratteristiche peculiari come ad es. :

  • Ginkgo bilobaTubifolia" : varietà maschile nana che non supera i 4 metri (13 ft) di altezza e dotata di foglie che, appena spuntate, sono arrotolate a formare una sorta di tubicino, per poi aprirsi a ventaglio a più lobi durante la fase adulta.
  • Ginkgo biloba ‘Tit" : ideale per coloro che hanno spazi stretti, questo clone ha infatti un portamento colonnare, simile a quello di un cipresso.
  • Ginkgo biloba ‘Tinia" : altra cultivar dal portamento atipico, essa si mantiene di dimensioni contenute, avendo un tronco tozzo ed una chioma dalla forma globosa.

Questo fossile vivente è arrivato ai giorni nostri, senza cambiare più di tanto il proprio aspetto e, se ci pensate, averlo in giardino e poterlo ammirare è un po' come fare un bel salto nel passato, in un mondo in cui la maggior parte delle piante odierne non esistevano ancora.
Insomma, un motivo in più per non farcelo scappare.

Fiori Maschili Ginkgo biloba

Ginkgo biloba leaves

L'Albero delle Farfalle (Buddleja davidii), un Arbusto Infestante dai Fiorellini Lilla

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La Cina è collocata nell'Emisfero Boreale ma, data la notevole estensione lungo i meridiani, ha al suo interno climi molto diversificati. Non sorprende quindi che questa nazione sia la terra nativa di innumerevole specie vegetali.
Capitava così che gli esploratori dell'epoca scoprissero piante da fiore od arbusti ornamentali a loro del tutto sconosciuti e decidessero di portarne qualche seme in patria.
Ed è proprio in questo modo che l'Albero delle Farfalle (Buddleja davidii) arrivò in Europa ed, a fine '800, anche in Italia.

Infiorescenza Buddleja davidii

Storia, Origine e Diffusione :

Inizialmente l'Albero delle Farfalle era coltivato nei giardini privati, dove coi suoi bei fiori ornava i vialetti e nutriva gli insetti; tuttavia, dopo pochi anni, la pianta scappò al controllo umano e si diffuse molto velocemente, inselvatichendosi in molte aree d'Italia (soprattutto nel settentrione) e diventando invasiva.

Sebbene originaria della Cina, oggigiorno la Buddleja davidiiè presente su tutto il territorio nazionale, con minor diffusione nelle aree più calde del Sud Italia.
Nelle regioni del Nord Italia (es. Lago Maggiore), dove è ormai naturalizzata, diventa infestante e può soffocare la flora autoctona.
L'Albero delle Farfalle riesce a prosperare e crescere velocemente praticamente ovunque, dalle pianure sino alla bassa montagna, e si ritiene sia una specie pioniera su suoli nudi (es. dopo disboscamento), ma si sviluppa molto bene anche nelle aree dismesse, ai bordi dei binari ferroviari, lungo le strade, nelle scarpate ed ai margini dei boschi, dove cresce in consociazione con la Fitolacca ed il Sambuco.
Il grado d'invasività è accentuato anche dal fatto che la pianta riesce a colonizzare anche habitat proibitivi per altre specie, come muretti a secco o tra le rocce, dove le sue radici si accontentano della pochissima terra presente negli "spazi vuoti".


Le Specie Più Rappresentative del Genere :

Buddleja (italianizzato Buddeleia) è un ampio genere appartenente alla famiglia delle Scrophulariaceae (sin. Buddlejaceae).
Tra le oltre 100 specie del genere, la Buddleja davidiiè quella più comune in Italia, nonché quella che approfondirò in questo articolo, tuttavia esistono altre specie interessanti, provenienti da tutto il mondo come :

  • Buddleja globosa : nativa del Sud America (Cile ed Argentina), è forse la seconda più diffusa in Italia ed è caratterizzata dall'avere un'infiorescenza dalla forma globosa, formata da fiori giallo-arancioni.
  • Buddleja glomerata : pianta adattatasi ai climi semi-desertici del Sud Africa, ha foglie dal peculiare color argento e fiori gialli (che ricordano quelli della Mimosa), raccolti in un corimbo allungato.
  • Buddleja officinalis : specie che, diversamente dalle altre, non ha una fioritura estiva ed, in climi miti, può fiorire anche in Gennaio o persino per Natale. Sensibile ai geli intesi.
  • Buddleja salviifolia : produce infiorescenze con numerosissimi fiorellini, ha foglie che ricordano molto quelle della Salvia che si utilizza in cucina.
  • Buddleja crispa : cresce in quota, sugli altopiani dell'Himalaya e nelle aride vallate del Pakistan e dell'Afganistan. Dotata di portamento elegante, è stata spesso incrociata per ottenere ibridi ornamentali.
  • Buddleja loricata : nativa del Sud Africa, si differenzia per aver fiori color bianco (e non lilla-viola).
  • Buddleja lindleyana : di origine Cinese, può essere sempreverde o decidua a seconda del clima. Produce fiori dalla peculiare forma tubulare, raccolti in lunghe infiorescenze "pendenti".
  • Buddleja colvilei : origine Himalyana, possiede fiori di quasi 2 cm di diametro (0.8 in), i più grossi tra tutte le specie del genere. Questi fiori, inoltre, hanno l'atipico color rosa-rosso.
  • Buddleja alternifolia : portamento ricadente, che può ricordare quello del Salice (seppure sia di dimensioni ben più contenute). E' l'unica specie di Buddelja ad avere le foglie alterne (e non opposte)
  • Buddleja saligna : chiamato anche "falso Olivo" per via del fogliame simile, è una delle poche specie che si sviluppa come albero (e non come arbusto), raggiungendo (e talvolta superando) i 10 metri (33 ft) di altezza.

Foglie Buddleja davidii

Fiori Buddleja davidii

Com'è  l'Albero delle Farfalle (Buddleja davidii) - Botanica e Fisiologia :

B. davidii è una specie decidua che si sviluppa sotto forma di arbusto ramificato sin dalla base e può raggiungere (occasionalmente) un'altezza massima di 5 metri (16 ft), anche se di solito la si trova di dimensioni più esigue.
Il portamento è un tratto peculiare; questa specie, infatti, possiede tronchi basali che crescono eretti, ma alla sommità diventano esili e flessibili, ricadendo verso il basso. Non è raro che l'estremità dei rami tocchi terrà, disegnando un arco di 180°.
Le radici, in terreni drenanti, possono spingersi sino a notevole profondità e sono in grado di farsi strada anche nelle fessure più minute, accontentandosi di poca terra.
Le foglie dell'Albero delle Farfalle sono caduche, lanceolate, opposte, la lamina superiore è liscia e verde, mentre quella inferiore è grigiastra e pubescente. In autunno, prima di cadere, si tingono di giallo.

L'infiorescenza è una grossa pannocchia conica che viene prodotta all'apice dei nuovi rami (quelli prodotti in primavera) e può raggiungere una lunghezza di oltre 30 cm (12 in). Queste infiorescenze sono composte da una miriade di piccoli fiori ermafroditi, che emanano una leggera fragranza di miele ed hanno un colore variabile dal rosa-lilla, sino al viola inteso, a seconda della varietà.
La B. davidii ha una fioritura prolungata e rifiorisce più o meno per tutto il periodo estivo, indicativamente dal mese di Giugno, fino a Settembre ed oltre se il clima lo permette.
C'è però da dire che le infiorescenze prodotte dai tralci del secondo e terzo flusso vegetativo sono tendenzialmente più piccole.
I fiori profumati e ricchi di nettare attirano gli insetti pronubi, che provvedono all'impollinazione. Tra i vari insetti impollinatori, i Lepidotteri (Farfalle e Falene) sembrano essere quelli che più gradiscono i fiori di Buddeleja ed è facile osservare eleganti farfalle che, col loro movimento flemmatico, si posano di fiore in fiore; da qui deriva il nome "Albero delle Farfalle".

I frutti sono delle capsule allungate color marrone legno, al cui interno sono presenti tanti piccoli semi. Si pensa che una singola pianta possa produrre sino a 3 milioni di semi per stagione, che vengono dispersi nell'ambiente tramite vento, acqua ed animali.
L'elevato numero di semi prodotti, la facilità con cui vengono trasportati, oltre al fatto che rimangono vitali a lungo e possono germinare dopo anni, è un altro fattore che rende la B. davidii pericolosamente infestante.
Per chi la coltivasse nel proprio orto o giardino, potrebbe essere utile rimuovere le infiorescenze non appena appassiscono, così da evitare la produzione di frutti/semi, limitandone l'espansione fuori dai "confini domestici".

Infiorescenza Albero delle Farfalle

Infiorescenza Buddleja davidii

Fiori Albero delle Farfalle


Come Piantare e Crescere la Buddleja davidii ? - Coltivazione, Clima e Cure

L'Albero delle Farfalle è venduto come pianta ornamentale, ma può essere utile anche per attrarre insetti nel proprio orto, contribuendo così all'incremento della bio-diversità locale, all'impollinazione di piante ed ortaggi e favorendo gli equilibri ecologici tra preda e predatore.

B. davidii, un po' come tutte le piante invasive, è molto facile da coltivare e non richiede particolari cure. Essa è infatti rustica, resistente all'inquinamento atmosferico e tollerante sia alle avversità abiotiche, che alle malattie; inoltre si sviluppa bene su tutti i terreni, da quelli pesanti ed argillosi, sino a quelli poveri e sabbiosi.
Le concimazioni possono aiutare a formare qualche infiorescenza in più ma, in un normale suolo da giardino, sono del tutto superflue.

La resistenza al freddoè buona, anche se non ottima e può sopportare senza danni temperature minime di circa -20 ° C (-4° F). Se le temperature fossero inferiori per lunghi periodi (cosa improbabile in Italia), la parte aerea secca e muore, ma se qualche gemma radicale sopravvive, nella primavera successiva riformerà la chioma.
Sebbene ami l'acqua, la specie è tollerante agli ambienti Xerofili. In luoghi molto secchi è tuttavia consigliabile qualche irrigazione, in assenza della quale la pianta non morirebbe, ma avrebbe una fioritura decisamente meno copiosa ed una crescita stentata.
L'adattabilità è anche nei confronti della luce, infatti, pur preferendo esposizioni in pieno Sole, si sviluppa bene anche a mezz'ombra e, fiorendo pochissimo, persino all'ombra.

La crescita stagionale è notevole ed i tralci dell'anno possono arrivare a superare il metro (40 in) di lunghezza.
La potatura, che va eseguita durante il periodo di riposo vegetativo, potrà essere anche molto severa. Solitamente si accorciano drasticamente i lunghi rami ricadenti dell'annata, lasciando solo poche gemme alla base. Potare in questo modo permette di contenere la chioma, rendendola più ordinata e meno "arcuata"; inoltre la potatura non pregiudica la fioritura, in quanto le infiorescenze sono situate all'apice dei rami che verranno prodotti nel corso della successiva stagione.
Tagliando in questo modo la chioma si rinnova quasi interamente ogni anno.


Come Si Riproduce l'Albero delle Farfalle ?

La specie si riproduce agevolmente tramite semina (ciò che avviene allo stato selvaggio), tuttavia in commercio sono vendute cultivars selezionate, che devono necessariamente essere moltiplicate per via vegetativa.
Ecco le varietà più note di  Buddleja davidii:

  • Black Knight : clone tra i più venduti, ottenuto in Olanda a metà '900. Si caratterizza per aver fiori color viola scuro.
  • Blue Horizon : recente selezione con fiori blu zaffiro.
  • Camberwell beuty : varietà nana a fiori lilla, che non supera il metro e mezzo d'altezza.
  • Dartmoor : ha un'infiorescenza ramifica e non compatta come tipico della specie.
  • Monite : possiede fiori bianchi.
  • Royal Red : arbusto vigoroso ed espanso, produce fiori color rosso-violaceo.
Per mantenere queste le caratteristiche, i cloni vengono moltiplicati per talea (legnosa o semi-legnosa), per margotta o per propaggine. La specie ha una spiccata attitudine a produrre stoloni sotterranei e la propagazione può avvenire anche prelevandone uno di essi. 

Albero delle Farfalle Naturalizzato

Rami Buddleja davidii

Fioritura i Buddleja davidii

Cosa Sono le Gimnosperme ? Quante Conifere Esistono ?

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Nella scala evolutiva eravamo partiti dalle Briofite (es. Muschi), piante di dimensioni contenute, prive di un vero sistema vascolare e strettamente vincolate all'acqua, per poi passare alle Pteridofite (es. Felci), le prime piante vascolarizzate, in grado di conquistare la posizione eretta.
Fino a questo punto, però, tutte le piante avevano un ciclo vitale in cui si alternava una fase Aploide ad una Diploide e la moltiplicazione avveniva tramite la produzione di Spore, in quanto non erano ancora presenti i semi.

Le Gimnosperme sono le prime piante Spermatofite e con loro fa la comparsa il seme, che si sviluppa dalla fusione di un gamete maschile (polline) con uno femminile (ovulo).
Gimnosperme deriva dal latino e significa "a seme nudo", in quanto, a differenze delle Angiosperme, il seme non è circondato da un involucro carnoso derivante dall'Ovario, in altre parole non è avvolto da un frutto ed i semi sono (nella maggior parte dei casi) a diretto contatto con l'ambiente esterno.

Conifere sulle Alpi Italiane
Pineta

In molti usano indistintamente i termini Conifere o Gimnosperme, pensando che siano sinonimi; tuttavia, sebbene le Conifere (come il classico Pino) siano la divisione che conta il maggior numero di specie, non sono le uniche rappresentanti di questo gruppo di piante vascolari.

Le Gimnosperme apparvero sulla Terra circa 380 milioni di anni fa, in un'epoca dominata dalle Felci giganti.
Da metà Permiano il clima divenne più caldo ed arido e, a cavallo tra Permiano e Mesozoico (circa 250 milioni di anni fa), le Gimnosperme si imposero sulle felci, diversificandosi ed espandendosi ovunque.
Effettivamente questa "nuova tipologia" di Piante era più adatta a prosperare in ambienti secchi, poteva raggiungere dimensioni maggiori e, grazie ai semi, poteva riprodursi aspettando le migliori condizioni ambientali per la germinazione.

Oggigiorno le Gimnosperme contano circa un migliaio di specie, raggruppate in 14 famiglie che, se ci pensate, sono nulla in confronto alle oltre 250.000 specie di Angiosperme (piante a fiore) contemporanee.
Ciononostante, grazie alla loro rusticità e resistenza al freddo, le Conifere ricoprono ancora interi ecosistemi, come la Taiga (Foreste Boreali) e le vette più alte delle montagne, dove le uniche Angiosperme in grado di sopravvivere sono per lo più erbe od arbusti di piccole dimensioni.

Sebbene diverse tra loro, tutte le Gimnosperme condividono dei tratti comuni e distintivi, che elencherò di seguito :

  • Non possiedono veri e propri fiori e non producono frutti.
  • Gli organi riproduttivi vengono detti Coni (o Strobili), hanno sempre sessi separati (non esiste un organo ermafrodita) e sono solitamente entrambi presenti su un'unica pianta.
  • L'impollinazioneè tipicamente anemofila (ad opera del vento), con l'eccezione di poche specie (non conifere) che sono impollinate da insetti primitivi e non dalle Api, le quali comparvero e si evolvettero in parallelo con le piante a fiore (Angiosperme).
  • Il processo di fecondazione-maturazione è lento e, in alcuni casi, può richiedere oltre 3 anni.
  • Il seme è nudo, ovvero non inglobato nel frutto. Nella maggior parte dei casi il seme è associato a squame legnose, che si raggruppano in una struttura volgarmente nota come Pigna. In rare eccezioni (vedi TassoGinkgo biloba) le scaglie legnose si riuniscono avvolgendo il seme e diventano carnose, dando l'illusione di essere frutti. Anche in questo caso, però, il seme è originariamente nudo e solo in seguito viene inglobato in questo "finto frutto".
  • Non esistono Gimnosperme erbacee, ovvero hanno tutte uno sviluppo arboreo/arbustivo e vanno in contro al processo di lignificazione.
  • Sono generalmente longeve e non esistono piante annuali (stagionali) o biennali, come succede con diverse specie di erbe e fiori selvatici.
  • La quasi totalità delle Gimnosperme sono piante sempreverdi.
  • L'embrione può essere policotiledone, dicotiledone, ma mai monocotiledone. (i cotiledoni sono le prime foglioline che spuntano dal seme).
  • Solo poche Gimnosperme si possono riprodurre per via vegetativa e, tendenzialmente, non emettono polloni basali. Fanno eccezione le piante che vivono in aree soggette a frequenti incendi, che hanno evoluto la capacità di emettere nuovi rami dalle radici, in seguito al danneggiamento della parte aerea. 
Cono Conifera

Coni e Nuova Vegetazione

Quanti Tipi di Gimnosperme Esistono ?

Il termine Gimnosperme non ha  reale valore a livello di filogenesi e sistematica, bensì è usato per riferirsi a tutte le Piante a Seme (Spermatophyta o Spermatofite) ad esclusione delle Angiosperme.
Le Gimnosperme si possono raggruppare in 4 divisioni che, di seguito, elencherò in ordine crescente per numero di specie :


Pinophyta (o Conifere) : comprende circa 650 specie, molte delle quali si sviluppano sotto forma di albero a singolo tronco da cui, lateralmente, dipartono i rami, conferendo un portamento tipicamente conico.
Le Conifere sono generalmente piante a crescita medio-lenta, ma longeve e possono raggiungere notevoli altezze; infatti è proprio una Conifera (Sequoia sempervirens) ad esser la Pianta Più Alta al Mondo.
Le foglie sono tipicamente aghiformi e di color verde scuro, ricoperte da resina/cera e particolarmente indicate a sopportare freddi intesi ed a non accumulare neve. Poche specie, come alcune appartenenti alla famiglia delle Podocarpaceae, possiedono foglie larghe.
Tranne poche eccezioni (es. Larice), le Conifere sono piante sempreverdi e non perdono le foglie neppure nelle zone di alta montagna a clima particolarmente rigido.
La distribuzione delle Conifere si concentra nelle zone a clima temperato freddo e, sebbene contino un numero relativamente piccolo di specie, ricoprono vaste aree dell'emisfero boreale (Taiga) ed hanno una notevole importanza economica, sia per il loro legno, sia in ambito vivaistico.
Le Conifere sono rare nelle zone tropicali, dove sono per lo più relegate alle vette, così come nell'emisfero australe, dove crescono meno del 20% delle specie.

Pinophyta è formato dall'unica classe, Pinopsida, che comprende un solo ordine (gli altri si son estinti) Pinales, che a sua volta si divide in 7 famiglie :

1) Araucariaceae : una delle due famiglie di conifere ad avere una distribuzione naturale concentrata nell'emisfero australe.
Molte delle 40 specie si caratterizzano per aver foglie triangolari, per raggiungere notevoli altezze ed avere tronchi imponenti (es. Agathis australis).
La maggior parte delle specie vivono in zone tropicali o subtropicali (altra cosa atipica) e sono sensibili al gelo, ma la Araucaria araucana, originaria del Cile, vive bene anche in posti freddi, tanto da essere coltivata a scopi ornamentali in Italia ed in tutta Europa.
A questa famiglia appartiene anche la Wollemia nobilis, pianta molto rara, scoperta solo nel 1994, in Australia.

Araucaria araucana

Wollemia nobilis
2) Cephalotaxaceae : piccolo gruppo di Conifere strettamente correlato con le Taxaceae (di cui parleremo più avanti), da cui si differenziano per la forma dell'arillo (che ingloba interamente il seme) e per le maggiori dimensioni del seme. Questa famiglia comprende 3 generi, di cui due sono presenti nell'Asia orientale, mentre il terzo, Torreya, conta un paio di specie anche negli Stati Uniti.
Queste piante si sviluppano sotto forma di alberi, talvolta di arbusti, che di norma hanno uno sviluppo modesto. N.B. Secondo alcuni scienziati questa famiglia dovrebbe essere inserita in quella delle Taxaceae.

3) Cupressaceae : comprende circa 130 specie, presenti nelle zone temperate dell'emisfero boreale. Molte di queste piante hanno la peculiarità di avere un tronco dalla corteccia fibrosa di color rosso-marrone. I coni maturi sono solitamente piccoli e possono essere sia legnosi, che carnosi. Le foglie son un altro tratto distintivo, esse sono infatti squamiformi (e non aghiformi, tranne nel Ginepro).
Le specie più rappresentative sono il Cipresso (Cupressus sempervirens), albero molto ramificato, dal tipico portamento assurgente e poco aspanso, nativo dell'Iran ed oggi molto diffuso lungo le strade della Toscana e del Sud Italia; le Sequoie (es. Sequoiadendron giganteum), le piante più grosse e maestose che esistano; il Ginepro (Juniperus communis), pianta officinale che produce coni che assomigliano a delle bacche carnose di color nero-bluastro, molto utilizzate in cucina per aromatizzare arrosti; la Tuia (Thuja occidentalis e Thuja orientalis), coltivata come pianta ornamentale da siepe per separare terreni confinanti.

Thuja

Cipresso

4) Pinaceae : con oltre 220 specie è la famiglia più numerosa di Conifere. A seconda della specie hanno dimensioni variabili, ma foglie sempre aghiformi e crescono prevalentemente nelle zone fredde dell'emisfero boreale. Alcune delle specie più conosciute e rappresentative sono l'Abete Rosso (Picea abies), particolarmente diffuso sulle Alpi e spesso utilizzato per fare l'albero di Natale; il Larice Europeo (Larix decidua), albero a foglia caduca che in autunno si tinge di giallo e prospera in alta montagna, tracciando la "linea degli alberi"; il Cedro del Libano (Cedrus libani), dal portamento espanso, con grosse branche ed un aspetto simile ad un "candelabro", molto utilizzato a scopo ornamentale nelle grosse ville del Lago Maggiore; il Pino Domestico (Pinus pinea), tipico della macchia mediterranea, dalla chioma espansa a forma di ombrello, dal tronco privo di rami nella parte bassa, le cui pigne contengono i Pinoli (semi eduli), utilizzati insieme al basilico per fare il famoso pesto alla Genovese; il Pino Strobo (Pinus strobus), nativo degli USA, ma ormai naturalizzato anche in Italia.

Abeti sulle Alpi

Larice sulle Alpi Piemontesi

Pigna
5) Podocarpaceae : famiglia che conta numerose specie distribuite a Sud dell'equatore, sebbene ve ne siano anche nell'emisfero settentrionale. Una caratteristica tipica della famiglia è la presenza di foglie più grosse a lanceolate, invece che aghiformi.
Podocarpus macrophyllusè una delle specie più rappresentative, è nativa del Giappone ed è spesso utilizzata come Bonsai.

Foglie Podocarpus macrophyllus

6) Sciadopityaceae : famiglia con un'unica specie esistente, Sciadopitys verticillata, che vive esclusivamente in Giappone.
Sciadopitys verticillataQuesta pianta raggiunge dimensioni medie ed ha gli aghi disposti a raggiera attorno ai rami, ricordando la forma di un ombrello.

7) Taxaceae : alberi a crescita lenta, ma molto longevi, che possono svilupparsi anche in condizioni di mezz'ombra, tipiche dei sottoboschi.
Il seme è racchiuso in una struttura carnosa edule, solitamente rosa-rossa, che attira gli uccelli, i quali provvedono a spargere i semi.
Il Tasso Comune (Taxus baccata) è la specie più rappresentativa della famiglia.

Diverse parti del Tasso sono tossiche e, se ingerite, diventano velenose per l'organismo, tanto da far meritare alla pianta l'appellativo di "Albero della Morte"; tuttavia, in pochi sanno che l'Arillo è l'eccezione alla regola, esso è infatti commestibile per l'uomo ed assolutamente innocuo.
Taxus baccata Arillo Frutto


Cycadophyta (o Cicadofite): è la più antica tra le divisioni delle Gimnosperme ed, oggigiorno, conta 305 specie viventi, alcune delle quali a rischio d'estinzione. Queste piante, a differenza delle Conifere, hanno una diffusione prettamente tropicale e subtropicale.

Le Cicadofite hanno un solo fusto, talvolta interrato e non possiedono rami laterali, mentre le grandi foglie pennate "a lisca di pesce" sono collocate esclusivamente all'apice vegetativo, conferendo loro un portamento facilmente confondibile con quello delle Palme.
Molte specie hanno crescita estremamente lenta e non raggiungono grosse dimensioni, per contro sono assai longeve ed esemplari alti un metro potrebbero essere secolari.
Esse sono piante tipicamente Dioiche, ovvero una pianta ha solo gli organi riproduttivi maschili o femminili, mai entrambi. Le loro radici sono spesso colonizzate da cianobatteri, in grado di fissare l'azoto atmosferico.
Grazie al loro bell'aspetto vengono coltivate a scopo ornamentale nei luoghi miti di tutto il mondo, inoltre molte specie riescono a crescere bene anche in vaso, il che le rende ideali anche per chi ha poco spazio.
Cycadophyta è formata dalla sola classe Cycadopsida, a sui volta composta da un unico ordine Cycadales, diviso in 3 famiglie :

1) Zamiaceae : comprende circa 150 specie, di cui la più famosa in Italia è la Zamia furfuracea, una pianta messicana con un fusto sotterraneo e portamento strisciante. E' dotata di foglie leggermente carnose, color verde oliva e talvolta ricoperte da una peluria rossastra. In Italia viene comunemente coltivata come pianta d'appartamento.

Zamia furfuracea

2) Stangeriaceae : è la famiglia più piccola delle Cicadofite, nonché la più primitiva ed è formata solo da 3 specie (Bowenia serrulataBowenia spectabilis, Stangeria eriopus), raggruppate in due generi e presenti in Australia.
Le 3 specie sono prive di fusto aereo, ma ne posseggono uno tuberoso (a forma di carota) sotterraneo. Il loro aspetto è assai simile a quello delle felci, tanto che, quando nel 1829 venne scoperta la S. eriopus, si pensò fosse una nuova specie di felce. Solo 22 anni più tardi, un esemplare custodito in serra a Londra emise un Cono, suggerendo che non si potesse trattare di una Felce, bensì di una Cicade.

Bowenia spectabilis

3) Cycadaceae : formata da oltre 100 specie è la famiglia più conosciuta. L'aspetto da palma, con fusto aereo (talvolta anche alto), le rendono dei fossili viventi molto eleganti.
La distribuzione della maggior parte delle specie è equatoriale, ma la Cycas revolutasi spinge molto più a Nord, nella parte più meridionale del Giappone (circa 32° N).
La C. revolutaè la Cycas più diffusa e famosa e, grazie alla sua discreta resistenza a lievi geli, è molto coltivata in Italia. Se passeggiando in una località di mare troverete una Cycas, al 99,99% sarà una C. revoluta.

Cycas revoluta

Gnetophyta (o Gnetofite ) : questa divisione, chiamata anche Clamidosperme, è la più recente tra le Gimnoperme e quella da cui probabilmente si sono evolute le prime Angiosperme.
Le circa 70 specie sono raggruppate in 3 famiglie, le quali hanno davvero pochi tratti in comune, sia come distribuzione geografica, sia a livello botanico.
Ciò che contraddistingue le piante di questa divisione, differenziandole da tutte le altre piante a seme nudo, è la presenza di un legno con dei vasi conduttori più simili a quelli delle Angiosperme ed organi riproduttivi che sembrano un primo abbozzo rudimentale di fiore.
Di seguito le 3 famiglie :

1) Welwitschiaceae : rappresentata da una sola specie, la Welwitschia mirabilis, che cresce unicamente nel Deserto del Namib, in Africa, tra Angola e Namibia.
La peculiarità della W. mirabilis è che dal seme emergono 2 cotiledoni, i quali saranno le uniche due foglie prodotte dalla pianta. Queste foglie sono opposte e cresceranno per l'intera vita della pianta (centinaia, a volte un migliaio di anni).
A prima vista la specie sembra esser formata da un intreccio di nastri verdastri intrecciati, afflosciati e striscianti sul terreno; in realtà questi sono solo le due foglie, sfilacciate ed intagliate. Sebbene continuino a crescere alla base, esse non superano i 5 metri di lunghezza, poiché l'estremità viene continuamente erosa.
Welwitschia mirabilis possiede un tronco tozzo, è dioica e può avere coni maschili o femminili, che producono nettare per attrarre gli insetti.
I coni maschili hanno all'interno degli ovuli sterili, suggerendo un primo tentativo (fallito) di creare fiori ermafroditi (tipici delle Angiosperme), mentre i coni femminile hanno una struttura simile allo stigma dei veri e propri fiori.

Welwitschia mirabilis

2) Gnetaceae : divisione formata da una trentina di specie a distribuzione tropicale. Queste piante possiedono foglie ovali "classiche", simili a quelle di molte Angiosperme ed hanno i semi racchiusi in "finti" frutti.
Gnetum gnemon, la specie tipo, è originaria delle grandi isole del Pacifico equatoriale (Malesia, Indonesia, etc.) e può raggiungere i 15 metri di altezza.


3) Ephedraceae : sono piante cespugliose, raramente superano il metro di altezza e si possono confondere per erbacce o canne di bambù.
Le Èfedra crescono in climi temperati caldi, come ad esempio il bacino Mediterraneo, e si sviluppano preferibilmente su suoli sabbiosi, lungo le coste, in posizioni assolate. La specie tipo, diffusa nell'Europa meridionale, è la Ephedra fragilis.

Coni Ephedra fragilis

Ephedra fragilis

Ginkgophyte :divisione un tempo composta da numerose specie che ricoprivano vaste aree della Terra, ma ai nostri giorni rappresentata da un unico esemplare, il Ginkgo biloba, molto utilizzato come pianta ornamentale in parchi e giardini.
La G. biloba è una pianta dioica, con foglie "a ventaglio", tipiche della famiglia e, contrariamente alla stragrande maggioranza delle Gimnosperme, è decidua, il che la rende molto bella in autunno, quando le sue foglie, prima di cadere, si tingono di giallo.
Di quest'unica (e del tutto particolare) rappresentante della divisione, nonché della sua coltivazione, ne avevamo già discusso in maniera dettagliata qui.

Foglie Ginkgo biloba

Pianta Femmina di Ginkgo biloba

Insomma, con questo articolo abbiamo capito che le Gimnosperme sono piante antiche, alcune comparvero prima dei Dinosauri, altre ebbero la loro massima espansione proprio nel periodo in cui sul nostro Pianeta regnavano questi "Rettili Giganti" e che non tutte le Gimnosperme sono Conifere.
Sebbene come numero di specie non possano competere con le Angiosperme, le Piante a "seme nudo", rimangono gli essere viventi più grandi (Taxodium mucronatum e Sequoiadendron giganteum), alti (Sequoia sempervirens) e longevi (Pinus longaeva) al Mondo.

Anche nella distribuzione abbiamo notato come le Conifere riescano a spingersi laddove il freddo non permetterebbe a nessun altra pianta ad alto fusto di sopravvivere (Taiga, alta montagna, etc.), dominando questi ambienti ed in generale i climi temperati freddi.

Si può osservare anche come le Cicadofite, la seconda divisione per numero di specie, abbiano un areale completamente diverso e non soprapposto a quello delle Conifere, prosperando solo in zone tropicali o comunque calde.

Nuova Vegetazione Conifere

Paesaggio Montano con Larice in Primo Piano

Pruno e Ciliegio da Fiore (Prunus ssp.) - Come Riconoscerli e Coltivarli ?

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Se pensiamo alla pianta del Ciliegio od a quella del Prugno, non ci possono non venire in mente i loro deliziosi frutti.
Tuttavia solo alcune specie di Ciliegio (es. Prunus avium) e di Prugno (es. Prunus domestica) producono frutti dalle ottime qualità organolettiche; altre sono invece piantate e coltivate a livello ornamentale, per via della copiosa fioritura primaverile

Il genere Prunus appartiene alla famiglia delle Rosaceae ed è formato da oltre 200 diverse specie, prevalentemente distribuite nelle zone temperate e fredde dell'emisfero boreale.
Tra di esse ce ne sono alcune che ricoprono un ruolo primario a livello commerciale, soddisfacendo il fabbisogno di frutta estivo italiano (Albicocco, Pesco, Susino, Ciliegio), mentre altre vengono utilizzate come portainnesto (Mirabolano, Mandorlo); tuttavia esiste una terza categoria, utilizzata per abbellire parchi, strade e giardini, di cui discuteremo in questo post.

Talvolta si parla genericamente di Prunus da Fiore (o Pruno Ornamentale), per indicare tutte quelle specie appartenenti al genere Prunus, usate esclusivamente come piante da fiore e non da frutto.

Fioritura Pruno

Quali Sono le Specie Più Diffuse e Rappresentative :

Sebbene esistano decine e decine di Pruni da Fiore, la maggior parte dei vivai italiani ne vende al massimo 4 o 5 tipi, mentre lungo i viali delle grandi città o sui lungolaghi (ad es. quello di Arona) se ne contano al massimo un paio, probabilmente i più facili da coltivare e con un portamento che minimizzi le potature nella fase adulta.
Purtroppo le mode sono frequenti anche in ambito vivaistico ed il mercato dà al cliente ciò che egli richiede, quindi più una pianta diventa popolare, più è richiesta e più "ruba" spazio alle altre specie, le quali vengono relegate agli orti botanici od a coloro che hanno tempo, soldi e voglia di procurarsele.

Bene, dopo questo breve excursus, cercherò di dare una breve descrizione botanica dei due Prunus da Fiore più comuni in Italia :


Prunus cerasifera - Pruno da Fiore

L'albero, volgarmente noto come Mirabolano (o Amolo), è utilizzato per innestare alcune tra le più comuni piante da frutto. Questa specie a foglia caduca è originaria dell'Europa orientale, ma è oggi naturalizzata in molte parti d'Italia, dove cresce selvatica ai margini dei boschi decidui, soprattutto del settentrione.
Il Mirabolano è una specie rustica, si adatta a quasi tutti i tipi di terreno, ha una buona resistenza alla siccità e non teme né freddo, né parassiti.
P. cerasiferasi sviluppa sotto forma di albero alto non più di 5-6 metri (16-20 ft), possiede foglie ovali di medie dimensioni simili a quelle del Biricoccolo, un singolo tronco dalla corteccia rossastra e produce frutti grandi come una grossa ciliegia, con una polpa che ricorda quella delle Prugne, sebbene di qualità organolettiche inferiori.

Foglie Prunus cerasifera "Nigra"A livello ornamentale è diffusa la cultivar Prunus cerasifera‘Nigra’ (sinonimo di Prunus pissardi nigra), che si caratterizza per la presenza di foglie dal color rosso scuro/porpora, quasi tendente al nero.
Questa pianta, se cresciuta senza potature, tende ad avere una chioma fitta, con rami che partono sin dalla parte bassa del tronco.
Fiori Prunus cerasiferaTuttavia gli alberi piantati a livello urbanistico sono allevati per avere una forma più slanciata ed eretta (come fossero piante ad alto fusto, più che arbusti), rimuovendo i rami basali. Tutto ciò, oltre a renderli più eleganti, permette un minor ingombro nella parte bassa, fondamentale per i passanti o per parcheggiare la macchina sotto l'ombra della chioma.

Sebbene questo Prugno sia ornamentale anche durante l'estate (grazie al bel fogliame), il suo lato migliore lo mostra durante la fioritura.
Con i primi tepori tardo invernali/primaverili, la pianta ancora spoglia inizia a gonfiare le gemme a fiore rimaste silenti per tutta la brutta stagione.
La fioritura avviene ad inizio primavera, indicativamente tra Marzo ed Aprile, anche se l'esatto periodo può variare considerevolmente in funzione dell'esposizione e del clima (anche di 1 mese tra Nord e Sud Italia o tra pianura e montagna).
La fioritura avviene poco prima della fogliazione, è particolarmente copiosa e dura al massimo 2-3 settimane. In questa fase la pianta è interamente ricoperta di fiorellini, i quali hanno la forma tipica dei fiori delle Rosaceae, con 5 petali di color bianco o rosato, molto visitati dalle Api.

E' sicuramente il Prunus ornamentale più comune nelle nostre città, dove viene cresciuto ad alberello per adornare parchi (anche grazie al contrasto tra le sue foglie e quelle "verdi" delle altre piante), nei parcheggi ed ovunque non ci sia abbastanza spazio per piantare gli imponenti alberi ad alto fusto.

Mirabolani Ornamentali

Fiori e Germogli di Prugno Ornamentale

Prunus serrulata - Ciliegio da Fiore (Sakura)

Questa pianta è un'icona della coltura dell'estremo oriente, nonché uno dei simboli del Giappone, dove il periodo di fioritura dei Ciliegi è celebrato come fosse una festività religiosa.
Il Ciliegio da Fiore è comune nei giardini privati e, sebbene lo si ritrovi anche in spazi pubblici, è meno diffuso rispetto al Prunus pissardi nigra.

Prunus serrulataè una specie decidua nativa dell'area geografica compresa tra Cina, Giappone e Corea.
Questo albero possiede un unico tronco abbastanza tozzo, una chioma espansa e può raggiungere un'altezza di circa 8 metri (26 ft), ben inferiore rispetto a quella dei Ciliegi da Frutto (Prunus avium). La corteccia è liscia, marrone/rossastra e con vistose lenticelle biancastre orizzontali. Le foglie sono alterne, lunghe circa 10 cm (4 in) e larghe la metà ed in autunno, prima di cadere, si tingono di giallo/rosso.
I fiori compaiono in primavera, leggermente dopo quelli del P. cerasifera, ed in concomitanza dell'emissione delle nuove foglie (o poco prima).
Nella forma "selvatica" da ogni gemma vengono prodotti più fiori semplici, penduli, bianchi e dotati di 5 petali, ma come leggeremo nelle prossime righe sono state selezionate varietà con caratteristiche particolari.

Prunus serrulata‘Kanzan’ : è probabilmente il clone più comune a livello ornamentale ed è agevolmente propagato tramite innesto su altri Ciliegi.
La fioritura avviene nel periodo primaverile (fine Marzo/Aprile), è relativamente prolungata e molto decorativa. La spettacolarità di questa varietà risiede nel fatto che i fiori sono doppi, grandi e di color rosa inteso, in altre parole ricordano delle piccole Rose, più che ai fiori di un Ciliegio.
La chioma del Kanzan assume una forma a vaso durante la fase giovanile, mentre con l'età tende ad allargarsi ed a ricadere.
Le giovani foglie (appena emesse) sono color bronzeo, mentre da adulte virano al classico verde.

Fioritura Prunus serrulata

Fiori Prunus serrulata 'Kanzan'
Prunus serrulata ‘Royal Burgundy’ : selezionata a partire dalla P. serrulata ‘Kanzan’, differisce da quest'ultima per il fatto di avere foglie scure non solo nella nuova vegetazione, ma anche da vecchie, rendendola ornamentale durante l'estate. La fioritura mantiene le ottime caratteristiche della pianta "madre".

Prunus serrulata ‘Ukon’ : possiede fiori bianchi e singoli, ma con petali ben più grandi dei selvatici.

Prunus serrulat‘Mount Fuji’ : pianta con la peculiarità di avere una chioma che cresce prevalentemente orizzontale. Produce fiori bianchi.

Prunus serrulata Mount Fuji

Prunus subhirtella (o Prunus pendula): questo Ciliegio da Fiore non è un'altra varietà, bensì proprio una specie diversa, anzi, per l'esattezza si pensa sia un ibrido naturale tra P. incisa e P. spachiana.
Di questa specie esistono numerose varietà che differiscono per portamento e colore dei fiori (da bianchi a rosa), tra di esse la più famosa è probabilmente laP. subhirtella'Autumnalis'.
Le diverse Cultivars hanno una chioma espansa e rami che, in alcuni casi, sono decisamente arcuati e ricadenti, tuttavia ciò che contraddistingue tutte le varietà di P. subhirtella rispetto ad ogni altro Ciliegio è il periodo di fioritura.
Questo Prunus, infatti, fiorisce in pieno inverno, non curante del freddo e della neve; inoltre, forse anche per via delle basse temperature, ha un periodo di fioritura prolungato di ben oltre un mese, in cui l'apertura dei fiori non è contemporanea, ma piuttosto scalare e, a seconda del clone, si può trovare in fiore da Novembre a Marzo. Non a caso è conosciuto anche con il nome di Ciliegio Invernale.

Ciliegio Invernale Prunus subhirtella

Come Crescere i Pruni da Fiore ? - Coltivazione, Potature e Cure

In generale i Prunus sono piante da climi temperati e le specie fin qui descritte sono perfettamente adattate al clima europeo, non temono il gelo e possono essere piantate in tutta Italia.
Tuttavia, sebbene siano piuttosto resistenti alla siccità, una prolungata carenza idrica durante il periodo estivo, peggio ancora se unita ad elevate temperature, può limitare la crescita e portare la pianta ad una parziale defogliazione; inoltre un inverno troppo mite, come quello tipico delle località costiere più riparate del meridione, potrebbe non soddisfare il fabbisogno di freddo della pianta e, dunque, compromettere la fioritura.
Per questo motivo la coltivazione dei Pruni Ornamentali da Fiore è più indicata per il Nord Italia, ricordandosi comunque di irrigare i giovani esemplari appena messi a dimora.
Detto questo, con qualche accorgimento è possibile coltivarli anche nel Sud Italia, dove forse richiederanno qualche annaffiatura in più ed avranno una netta stasi vegetativa estiva.

Il Mirabolano (Pruno da Fiore) non ha particolari esigenze di terreno e può crescere sia su terreni poveri e sassosi, che su quelli argillosi e pesanti; per di più è resistente al calcare attivo, motivo che l'ha reso il portainnesto ideale per molte specie fruttifere meno tolleranti a quel tipo di suoli.
Ciò nonostante, un terreno fertile e con buona sostanza organica gli permette un miglior (e rapido) sviluppo, mentre un suolo drenante e che non formi ristagni idrici previene le malattie radicali e migliora l'assorbimento dei nutrienti.
Il Ciliegio da Fiore, pur essendo adattabile,è leggermente più esigente in quanto a terreno e sarebbe meglio evitare di coltivarlo in quelli troppo asfittici e pesanti (es. Argilla).

Le concimazioni aiutano, ma non sono essenziali, non a caso vengono piantati anche nei giardinetti pubblici od ai bordi dei marciapiedi, dove mai nessuno andrà a concimarli.

Tutti i Prunus da Fiore preferiscono un'esposizione piuttosto soleggiata e richiedono almeno 5-6 ore di Sole diretto per garantire generose fioriture. Si possono sviluppare discretamente bene anche a mezz'ombra, ma all'aumentare dell'ombreggiatura la fioritura diverrà meno abbondante e gli internodi (spazio tra le foglie) più lunghi, conferendo ai rami un aspetto più "filamentoso".

Le piante vanno piantate durante il riposo vegetativo invernale, quando sono prive di foglie, scegliendo una posizione abbastanza aperta (soprattutto per i Ciliegi da Fiore), che permetta loro di crescere liberamente.
Il Ciliegio, con gli anni, forma una chioma globosa ed espansa, ma al contempo molto ordinata, perciò, se non avete problemi di spazio, potrete anche evitare di potare.
Il Prugno Ornamentale ha invece la tendenza ad esser un po' più disordinato e, soprattutto in giovane età, richiederà qualche potatura. Ciò è particolarmente vero se vorrete una pianta alta, slanciata ed a crescita assurgente, ideale per viale alberati.
Se invece preferite una forma più naturale (cespugliosa), potrete limitarvi a tagliare i rami maldisposti, malati o che si incrociano, senza potare quelli basali. In questo modo prevarrà la forma a cespuglio, piuttosto scomoda nel tagliare l'erba.

I Prunus ornamentali sono mediamente più resistenti alle malattie rispetto ai "cugini" da frutto, o forse ce ne accorgiamo meno perché non notiamo la riduzione/perdita di frutti.
Tra i patogeni più comuni ricordiamo la Monilia (più sul Ciliegio) e gli Afidi che, nutrendosi della linfa, indeboliscono le piante, anche se raramente le portano alla morte.

Il classico metodo di moltiplicazione è tramite innesto che, essendo un metodo di propagazione vegetativo, permette di riprodurre la pianta, mantenendo le medesime caratteristiche della pianta madre (si ottiene un clone).

La prossima primavera, quando i primi caldi vi invoglieranno a fare delle belle passeggiate, osservate le aiuole e gli spazi verdi delle vostre città.
Se in Marzo vedrete una pianta di medie dimensioni, interamente ricoperta da fiorellini bianco-rosati, è quasi certo che sia il Pruno da Fiore di cui ho parlato profusamente in questo articolo.

Strada con Prunus in Fiore
Fioritura Prunus pissardi nigra

Ciliegio da Fiore

Giardini Botanici Hanbury - Quali Piante Sono Presenti ? In Quale Periodo Visitarli ?

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I Giardini Botanici di Hanbury sono una delle tante meraviglie note e molto apprezzate all'estero, ma che in Italia, ahimè, stentano a decollare, pur avendo rarità botaniche e piante provenienti da ogni parte del Mondo.
Prima di raccontare la storia che ha portato alla realizzazione del parco, vorrei soffermarmi sulla sua posizione geografica, responsabile di un microclima davvero unico, che permette la coltivazione di specie esotiche sensibili al gelo.

Villa Hanbury

Dove Sono i Giardini di Hanbury ?

Per via della mitezza della Liguria, molti nobili inglesi costruirono le loro lussuosissime ville proprio in riviera.
Il Giardino di Villa Hanbury occupa circa 18 ettari ed è situato sul promontorio di Capo Mortola, nel comune di Ventimiglia, sul confine tra Italia e Francia.

La Liguria ha una configurazione particolare, i suoi circa 330 km (205 mi) di coste sono disposti ad arco e formano un enorme golfo, completamente esposto a Sud.
Le località costiere si trovano così "intrappolate" tra le vette dell'Appenino Ligure (a Nord) ed il tiepido mar ligure (a Sud).
In inverno l'Appenino Ligure blocca l'aria gelida che staziona in Val Padana, mentre l'acqua del mare, che di solito non scende sotto i 15° C (59° F), rilascia calore, come fosse un immenso termosifone.
Tra le varie aree costiere, la Liguria di Ponente gode di un clima ancor più dolce, grazie ad una miglior esposizione ed alla presenza di montagne più alte alle proprie spalle.

Capo Mortola è un promontorio prospiciente al mare, qui il clima è mite tutto l'anno, in inverno le temperature non scendono praticamente mai sotto 0°C (32°F) e la media delle minime si aggira attorno ai 7° C (44° F), mentre quella delle massime sfiora i 13° C (55° F).
Le estati sono calde, ma le brezze marine mantengono le temperature diurne raramente superiori ai 30°C (86° F).
Il clima dei Giardini di Hanbury è di tipo Mediterraneo caldo con bassa umidità atmosferica, in cui le precipitazioni si concentrano prevalentemente in autunno/inverno.

Per tentare di rispondere alla domanda :
"Qual è il periodo migliore dell'anno per visitare i Giardini Botanici Hanbury?", dobbiamo considerare che le specie presenti provengono da ogni parte della Terra e che in ognuno dei 12 mesi ci sarà qualche pianta in fiore (per i dettagli sulle fioriture clicca qui).

Quindi non pensiate che le fioriture siano soltanto primaverili ed estive, un po' come succede  invece nei Giardini di Villa Taranto ma, anzi, sono forse più abbondanti nel semestre "freddo".
Se dovessi consigliare un periodo per visitarlo direi da Ottobre ad Aprile infatti, anche in pieno inverno, il Sole scalda e si sta più che volentieri all'aperto.
Personalmente mi è capitato di visitarli ad inizio gennaio e, con Sole addosso, si poteva stare tranquillamente in maniche corte.
Per informazioni su prezzi ed orari di apertura vedi qui.

Liguria di Ponente

Storia della Villa Hanbury :

Thomas Hanbury (1832-1907), un facoltoso commerciante di spezie (tè, seta) che fece fortuna in estremo oriente (Cina), acquistò questo podere con la Villa ormai in rovina.
A partire dal 1867 iniziarono i lavori di restauro della Villa e la realizzazione dei giardini che la circondano.
Thomas si fece aiutare da Daniel Hanbury (suo fratello) e da diversi botanici.
Nel 1907, dopo la morte di Thomas, i giardini furono ereditati dal figlio che, insieme alla moglie, li mantennero sino all'avvento della seconda guerra mondiale, periodo in cui dovettero abbandonare il podere.
Nel 1960 i Giardini di Hanbury vennero ceduti allo stato e, dal 1987, sono in gestione all'Università degli Studi di Genova.

Facciata Anteriore Villa Hanbury

Torre Villa Hanbury

La Vegetazione dei Giardini di Hanbury ed il Percorso :

La biglietteria (e l'ingresso) è nella parte alta, da lì si accede al parco. Per coprire la maggior superficie, il tragitto di andata e di ritorno sono differenti ed indicati con frecce blu o rosse.
Sebbene le piante ospitate siano provenienti da luoghi molto differenti, buona parte di esse sono xerofile ed, in natura, crescono in zone piuttosto aride.

Subito dopo l'ingresso, prima della scalinata, si può notare un enorme esemplare di Ficus rubiginosa, nativo della costa orientale dell'Australia. Questo albero dal fusto mastodontico possiede foglie eleganti, che ricordano vagamente quelle della più comune Magnolia.
Nella stessa zona è possibile osservare un esemplare di Beaucarnea longifolia (sin. Nolina longifolia), una pianta messicana che siamo soliti vedere in vaso ed in appartamento, piuttosto che in piena terra.

Ficus rubiginosa

Tronco Ficus rubiginosa

Beaucarnea longifolia

Yucca australisProseguendo troveremo una grossa collezione di piante grasse, in particolar modo Agavi(dall'America) ed Aloe (dall'Africa), ma anche molti Cactus.
Ricordatevi, la maggior parte delle Agavi fiorisce un'unica volta nella vita, mentre le Aloe fioriscono tutti gli anni, generalmente durante la stagione più fresca e meno siccitosa (Autunno-Inverno).

Altre piante che non passano inosservate sono la Dracaena draco, originaria delle Isole Canarie, e la Yucca australis, che si erge su un tronco da cui dipartono poche branche non ramificate, al cui apice sono presenti le nuove foglie, mentre quelle vecchie, ormai secche, rimangono attaccate per lungo tempo.

Yucca australis vista dal basso

Dracaena draco

Si arriva così in una zona più aperta in cui è collocato il Tempietto "Quattro Stagioni", un sorta di pergola con un tetto a forma di cupola, sorretto da sei pilastri, sotto la quale sono conservate le ceneri della nuora dell'ideatore dei Giardini di Hanbury.
Da questa zona, deviando dal percorso principale, si può da un lato risalire una scalinata incastonata tra terrazzamenti e rocce, in cui sono coltivate numerose piante succulente, ricreando un ambiente semi-desertico, dall'altro percorrere il Viale delle Cycas che, come suggerisce il nome, è una strada adornata da Cycas, ma anche da Palme e più specie di Strelitzia.

Tempietto "Quattro Stagioni"

Viale delle Cycas

Palme e Strelitzia Hanbury

La prossima tappa dell'itinerario è la Topia, un lunghissimo pergolato composto da pilatri fatti in pietra e grossi travi di legno.
Nella parte alta della pergola vengono fatte crescere diverse piante rampicanti, tra cui rare specie di Bignoniaceae (es. Pandorea jasminoides), la Tetrastigma voinierianum, la Rosa banksiae, sino alle più comuni Rose e Clematis.

Sotto questa struttura si ha un nano-clima più fresco, ombreggiato ed umido, in cui trovano spazio le piante che non amano esposizioni troppo assolate o quelle poco resistenti alla siccità, come la Murraya paniculata, una pianta fiorifera da bordura nativa dell'India o la Salvia miniata, una pianta aromatica originaria del Belize, che produce vistosi fiori rossi.

Topia

Pandorea jasminoides

Salvia miniata

Murraya paniculata

Fontana del DragoDopo una scalinata ed una sezione dedicata alle Cactaceae ed alle piante da clima desertico, ci troveremo dinanzi alla Fontana del Drago.
Ai margini della fontana cresce il Papiro (Cyperus papyrus), tipica pianta palustre da cui gli antichi Egizi ricavavano le pergamene su cui scrivere.
Nell'acqua stagnante della fontana si possono osservare le Tartarughe d'acqua.
Quest'angolo di giardino era anticamente considerato come l'area "Giapponese", troviamo ancor oggi Bambù, Glicini e, poco più in là, i Ciliegi da Fiore.

Tartaruga d'Acqua

Cyperus papyrus

Bambù

Altra struttura caratteristica è il Mausoleo Moresco, in stile tipicamente medio-orientaleggiante, in cui sono conservate le ceneri di Thomas Hanbury e della moglie.
Sulla parete che porta a questo "tempietto" si possono ammirare degli esemplari di Monstera deliciosa(Filodendro), una pianta tropicale dotata di enormi foglie frastagliate e, sebbene in pochi lo sappiano, capace di produrre frutti eduli.

Mausoleo Moresco

Monstera deliciosa

Il Viale del Cipressi, ovvero una scalinata non troppo ripida fiancheggiata da queste alte e longilinee conifere, termina nell'area di ingresso dell'Agrumeto, il quale contiene una ricca collezione di Agrumi, dai comuni Aranci Dolci (Citrus sinensis) e Mandarini (Citrus reticulata), sino ai più ricercati Cedri (Citrus medica) e Pomeli (Citrus maxima).
Non mancano però altre specie frutticole, perlopiù antiche, come il Sorbo (Sorbus domestica), il Nespolo Comune (Mespilus germanica), l'Azzeruolo (Crataegus azarolus), il Nespolo Giapponese (Eriobotrya japonica) o il Giuggiolo (Ziziphus jujuba).

Viale del Cipressi

Agrumeto Hanbury

Scendendo, al termine del Viale dei Cipressi, sulla sinistra, cresce un vecchio esemplare di White Zapote (Casimiroa edulis), piantato nel lontano 1867.
Questo albero, nativo degli altopiani dell'America centrale, è conosciuto per i suoi gustosi frutti e può crescere bene nell'areale del Limone.

Poco più in là troviamo anche il frutteto esotico anche se, a mio avviso, si potrebbe osare un po' di più. Troviamo comunque un gigantesco Avocado (Persea americana), una grande Feijoa (Acca sellowiana), Guava Fragola (Psidium cattleianum), Cotogno Cinese (Pseudocydonia sinensis).

Pseudocydonia sinensis
Avocado

Il percorso, dopo aver attraversato una piana coltivata ad Olivi ed Agrumi, giunge ad un piazzale quasi in riva al mare, dove è presente un Bar.
Circondati da Pini Marittimi (Pinus pinaster)Aloe arborescens e Limoni (Citrus limon), con la salsedine nell'aria e con il rumore delle onde che si infrangono sulla costiera, potrete sedervi e rilassarvi, sorseggiando un buon Caffè.

Nel percorso di ritorno ci si imbatte in una zona piuttosto sgombra, con solo poche Palme ed Eucalipti, per il resto prato che, in estate, è riarso dal Sole.
Ancora molte le piante, tra cui l'Hovenia dulcis, che produce dei "finti" frutti dal sapore simile all'uva passa.

Aloe arborescens

Scorcio sul Mare Hanbury Bar

La Villa Hanbury non è visitabile all'interno, ma si può osservare da vicino. Sul retro vi è una grossa fontana e, all'ombra delle mura, crescono (a dir la verità un po' a stento, anche perché il clima non è loro troppo congegnale) delle Camelie (Camelia japonica).
Davanti alla facciata anteriore vi è un piazzale ricoperto di ghiaia, in cui sono presenti Melograni (Punica granatum), aiuole con diverse piante succulente, oltre ad un bel esemplare di Carissa macrocarpa.

Laghetto

Piante Grasse

Cactus

Sulla risalita troviamo altre piante, tra cui diverse specie di Passiflora, un campo di Banani e più specie di Acacia, tra cui l'Acacia podalyriifoliacon fiori assai simili a quelli della Mimosa, sebbene sboccino precedentemente, verso Dicembre-Gennaio.

Passiflora

Fiore Passiflora

Bananeto

Acacia podalyriifolia

Vorrei concludere questo articolo con qualche foto di specie inusuali, prese un po' qua e là all'interno del Giardino di Hanbury.

Cyphostemma juttae: pianta succulenta a crescita lenta, nativa della Namibia. E' coltivata a scopo ornamentale e nei luoghi d'origine perde le foglie durante la stagione secca.

Cyphostemma juttae

Melaleuca cuticularis : arbusto australiano appartenente alla famiglia delle Mirtaceae. Vecchi esemplari possono avere un portamento contorto.

Melaleuca cuticularis

Chamaedorea elegans : palma usata spesso in appartamento, di cui avevamo già discusso qui.

Chamaedorea elegans

Opuntia microdasys : Cactus simile al Fico d'India, ma più compatto e privo di spine sulle pale.

Opuntia microdasys

Aeonium arboreum : Pianta succulenta originaria del Marocco e delle Isole Canarie, le foglie carnose sono piccole e disposte a rosetta all'apice dei rami. In primavera produce una pannocchia fiorale di color giallo intenso.

Aeonium arboreum

Pachypodium lamerei: nota anche come Palma del Madagascar, si sviluppa su un lungo tronco dotato di spine affilate. Le foglie sono relegate all'apice vegetativo e la pianta si presta anche per essere coltivata in casa.

Pachypodium lamerei

Acacia x hanburyana : ibrido tra Acacia podalyriifolia e Acacia dealbata. Le foglie possono essere di due tipi: singole, simili a quelle dell'Olivo, oppure composte e sono entrambe presenti sulla pianta.

Acacia x hanburyana

Vi allego le ultime foto del Panorama dei Giardini di Hanbury (Hanbury's Landscapes), sperando di avervi convinto a visitarli, qualora vi trovaste in zona.

Hanbury's Landscapes

Villa Hanbury Vista dal Basso

Agavi di Hanbury

Mare Visto dal Cancello

Pianta di Ricino (Ricinus communis) - Coltivazione e Diffusione

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Chi ha ormai una certa età si ricorderà di certo la minaccia : "Se non fai il bravo ti faccio mangiare un bel cucchiaio di Olio di Ricino".
Quest'olio di origine vegetale, in passato, era utilizzato al naturale come potente lassativo, ma il suo sapore molto forte induceva spesso vomito.

Oggigiorno solo l'1% della produzione viene impiegato in ambito farmacologico, per la produzione di medicinali contro la stitichezza.
Il restante è utilizzato come lubrificante (per motori etc.), fluido per freni od in campo manifatturiero, per produrre saponi, coloranti e profumi.

Ricinus communis

Da Quale Pianta si Ricava l'Olio di Ricino ? - Storia e Diffusione

Quest'olio poco infiammabile ad alta viscosità si ottiene dalla spremitura dei semi del Ricino (Ricinus communis o Ricinus vulgaris), una pianta officinale di origine tropicale, nativa dell'Africa, ma introdotta in Europa già ai tempi dei Romani.
A livello mondiale, il maggior produttore di Olio di Ricino è l'India, tuttavia il Ricino può essere coltivato anche in zone subtropicali e persino temperate calde, non a caso cresce selvatico in molte zone costiere del Centro-Sud Italia.

In Calabria, Sicilia e Sardegna è naturalizzato e si sviluppa sui cigli delle strade, ai margini dei boschi e nei luoghi incolti, diventando quasi infestante.
In Italia, nella maggior parte dei casi, le piante di Ricino non vengono curate e sono abbandonate al loro destino.


Com'è Fatto l'Albero del Ricino ? - Botanica e Fisiologia 

Il genere Ricinus, che tradotto dal latino significa "zecca" (per via della somiglianza tra i frutti ed il noto invertebrato), appartiene alla famiglia delle Euphorbiaceae ed è formato da un'unica specie, Ricinus communis.
Il Ricino è una pianta esotica che, in Italia, si sviluppa sotto forma di piccolo arbusto, solitamente non più alto di 3 metri (10 ft); mentre nei luoghi d'origine, può addirittura superare i 10 metri (33 ft).
Questa pianta ha inizialmente uno sviluppo erbaceo, ma con gli anni tende a lignificare.

Legno e Gemma RicinoIl tronco ed i rami crescono eretti, con internodi ben visibili, che ricordano molto quelli del Fico (Ficus carica). La corteccia è di color verde nei giovani rami, mentre si inscurisce con l'età, evidenziando anche vistose striature longitudinali.
Le foglie sono alterne, grandi e multilobate, assai simili a quelle della Papaya. Esse son di color verde chiaro o rossiccio/viola, a seconda dell'età, hanno una profonda nervatura e sono dotate di un lungo picciolo.
L'apparato radicale inizialmente si sviluppa sotto forma di fittone che, col tempo, tende a ramificarsi lateralmente, fin poco sotto il suolo.

Ricinus communis è una specie monoica, ovvero un'unica pianta produce due distinti  tipi di fiori (maschili o femminili).
Il Ricino produce un'infiorescenza a forma di pannocchia, che contiene i fiori di entrambi i sessi. I fiori maschili, di color giallo chiaro, sono collocati nella parte inferiore dell'infiorescenza, mentre i fiori femminili, di color rossastro, sono presenti nella parte alta.
Il periodo di fioritura varia a seconda del clima, ma in Italia avviene generalmente nella primavera inoltrata.

I frutti, che maturano in maniera scalare, sono delle capsule spinose che possono ricordare vagamente i frutti del Rambutan. Essi sono verdi da immaturi, mentre diventano bruno-rossastri ad avvenuta maturazione.
All'interno di ogni frutto sono contenuti 3 semi lucenti, della forma (e dimensione) di un fagiolo.

Foglie Ricinus communis

Fiori Ricino

Come Coltivare la Pianta di Ricino ? - Crescita, Esposizione e Potatura

Il Ricino è una pianta molto rustica, resistente ai principali patogeni e tollerante a diversi tipi di terreno. In Italia raramente è coltivata da privati, ma se la si volesse crescere come pianta ornamentale bisogna sapere in quale clima è possibile farlo.

Ricinus vulgaris ha una scarsa resistenza al freddo. In ambienti tropicali, dove le temperature sono alte durante tutto l'anno, il Ricino è una pianta perenne, che lignifica e riesce a diventare un vero e proprio albero.
Nelle zone fredde del Nord Italia si può coltivare esclusivamente come pianta annuale, mentre nelle aree più miti, in cui si verificano solo lievi gelate, poche volte l'anno, il Ricino perde la parte aerea per il freddo ma in primavera, dalle gemme situate sulle radici, spunterà la nuova vegetazione, che riformerà l'intera chioma. 
Le foglie rimangono tutto l'anno solo nelle zone più calde del Sud Italia, dove le temperature non scendono mai sotto gli 0° C (32° F).

Il terreno idealeè sabbioso, drenante, ricco di sostanza organica ed azoto; inoltre la specie tollera una discreta salinità del suolo.
Il Ricino ha una buona resistenza alla siccità, tuttavia in zone in cui vi siano meno di 600 mm di pioggia annui, in assenza di irrigazioni, la produzione potrebbe essere scarsa.

Le potature possono esser anche drastiche (laddove non ci pensi il gelo ad azzerare la chioma), mentre le concimazioni sono a base di letame. 
La specie cresce bene sia con esposizioni in pieno sole, che a mezz'ombra e si riproduce agevolmente per semina, avendo cura di innaffiare ed eliminando le erbe infestanti durante i primi stadi di sviluppo.

N.B. 

La Ricina, contenuta nei semi da cui si ricava quest'Olio,è tossica e se ingerita può diventare un potente veleno per l'organismo. Nel processo di lavorazione che porta alla formazione dell'Olio di Ricino, viene rimossa ed impiegata per la produzione di concimi.

Ricino alle Canarie

Chioma Ricinus communis

Coltivazione del Nespolo Giapponese (Eriobotrya japonica) Come Pianta da Frutto

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Il Nespolo Giapponese (Eriobotrya japonica), da non confondere con il Nespolo Comune, è una pianta elegante, utilizzata più come ornamentale che come fruttifera.
Nelle prossime righe descriverò il Nespolo Giapponese, fornendo utili informazioni sulla sua biologia, così da poterlo coltivare al meglio al fine di ottenere un'abbondante fruttificazione.

frutti maturi Eriobotrya japonica

Storia, Origine e Diffusione :

Il Nespolo del Giappone, contrariamente a quanto possa suggerire il nome, è nativo della Cina orientale, dove a tutt'oggi cresce alla stato selvatico. 
Il suffisso "Giapponese" fu probabilmente dato in funzione del fatto che, già molti secoli fa, i giapponesi selezionarono innumerevoli varietà a frutto grosso e succoso, partendo dalle piante selvatiche cinesi.
Eriobotrya japonica fu introdotta in Europa a partire da fine '700 e da lì si diffuse in tutto il bacino Mediterraneo.
Questa specie è molto diffusa anche nelle zone più miti degli Stati Uniti (Florida, California, Texas), nel Sud America ed in alcune aree dell'Australia, dove si è addirittura naturalizzata.
Il Nespolo Giapponese è presente dal Nord al Sud Italia ed è molto comune sia in città (a Milano, ad esempio, è piantato in moltissimi giardini condominiali e nei parchi pubblici), che in campagna, dove è di norma cresciuto negli Orti privati.
A livello commerciale è coltivato nel Sud della Spagna ed in Sicilia, nelle principali località agrumicole.
Sebbene la raccolta dei frutti (e quindi i costi di manodopera) non sia molto vantaggiosa, nelle zone più calde riesce a coprire quella fetta di mercato che precede la maturazione delle primizie di albicocche (Aprile).


Com'è Fatta la Pianta del Nespolo del Giappone ? - Botanica e Fisiologia 

Eriobotrya japonica è una specie sempreverde che si sviluppa sotto forma di albero di medie dimensioni che, se non potato, raggiunge un'altezza media di 8 metri (26 ft).
Il Nespolo appartiene alle Rosaceae, un'ampia famiglia che annovera al proprio interno le più comuni piante da frutto decidue, adatte a climi continentali freddi.
Sebbene all'apparenza possa sembrare molto diverso, il Nespolo è una pomacea, ovvero una pianta che produce come frutto un pomo, esattamente come Melo e Pero.

Eriobotrya deflexa, chiamato anche Nespolo di Bronzo, è la seconda specie più diffusa del genere Eriobotrya; tuttavia quest'ultima è utilizzata esclusivamente a scopo ornamentale, per via della copiosa fioritura e delle foglie che, nella prima fase di sviluppo, sono di un vistoso color rosso-marroncino, un po' come il bronzo.

Il Nespolo Giapponese ha una chioma tondeggiante, piuttosto fitta ed espansa quasi quanto l'altezza della pianta.
Le foglie sono coriacee, color verde scuro, dalla superficie "ondulata". Esse sono ovali e di notevoli dimensioni, raggiungendo anche i 30 cm (12 in) di lunghezza.
I giovani rami sono esili e piuttosto lunghi, mentre le foglie (ma anche fiori e frutti) tendono a disporsi concentricamente sulla parte terminale del ramo, lasciando "nudo" buona parte del legno.
Come detto in precedenza, la specie non è decidua ed il ricambio fogliare non è simultaneo, sebbene ci possa esser una cospicua perdita di foglie durante e dopo la ripresa vegetativa (Aprile-Maggio).

L'apparato radicale si espande su un'area superiore a quella della proiezione della chioma sul suolo, tuttavia non è invasivo e rimane piuttosto superficiale.
Le radici non rappresentano dunque un problema per tubi, marciapiedi o vialetti piastrellati.

Fogliolina Eriobotrya japonicaI fiori del Nespolo Giapponese sono bianchi, di piccole dimensioni e raggruppati in un'infiorescenza a forma di grappolo che emerge eretta dalle gemme apicali dei giovani rami prodotti durante l'estate.
La presenza di un Nespolo in fiore si avverte, poiché i numerosi fiorellini emanano una forte fragranza alla vaniglia e questo odore (profumo) si percepisce sin da lontano.

Boccioli Nespolo GiapponeseLa fioritura del Nespolo è "fuori stagione"; proprio quando le altre piante iniziano a perdere le foglie, lui si prepara a fiorire. Se da un lato questo potrebbe esser un suo punto a favore, rallegrandoci in una stagione avara di fiori, dall'altro espone i suoi fiori a possibili danni da freddo.
I boccioli fiorali emergono dopo la stasi vegetativa di Agosto ed iniziano ad esser visibili da settembre inoltrato. I primi fiori si aprono, a seconda del clima e della varietà, a partire da Ottobre, tuttavia la fioritura è scalare e si protrae fino a Dicembre-Gennaio. Nelle zone fredde del Nord Italia non è raro che fiorisca in Novembre, si blocchi per il freddo in Dicembre e Gennaio, per ricominciare a fiorire con i primi tepori di Febbraio/Marzo.
I fiori del Nespolo del Giappone sono generalmente autofertili e molto visitati dagli insetti pronubi, in particolar modo dai Bombi, che volano anche quando le temperature sono troppo rigide per le freddolose Api.

Dopo l'impollinazione, inizia l'allegagione, quel lento processo (anche per via delle basse temperature) che porterà alla produzione dei frutti.
L'infiorescenza, così come i piccoli frutticini, sono ricoperti da una leggera peluria, un adattamento evolutivo volto a proteggere dal freddo i giovani organi.

I frutti del Nespolo Giapponese sono dei "pomi" ricoperti da una sottile buccia liscia, raggiungono le dimensioni di una piccola albicocca e, nelle varietà a frutto grande, possono pesare fino a 60 gr (2 Once).
Le Nespole del Giappone, a maturazione, diventano di color giallo-arancione, più o meno intenso a seconda della varietà e dell'esposizione al Sole.
La polpa del frutto è acquosa, con un buon compromesso tra acidità e dolcezza. Purtroppo, per esigenze di mercato, le Nespole che si trovano nei supermercati vengono spesso raccolte leggermente acerbe, risultando acide; ma vi assicuro che un frutto maturato correttamente al Sole ha un elevato contenuto di zucchero ed il sapore è davvero dolce.

Ogni frutto contiene da 1 a 5 grossi semi. Essi sono lucidi, marroni, appiattiti su una faccia e, nel complesso, ricordano molto (per forma, colore e dimensione) una piccola castagna.

Il periodo di maturazione dipende essenzialmente dalla mitezza dell'inverno ed è compreso tra inizio Aprile (es. pianure della Sicilia) e fine Giugno (Nord Italia). Un Nespolo adulto coltivato in un impianto intensivo può produrre al massimo 50 kg (100 lb) di frutta a stagione, mentre uno selvatico cresciuto liberamente anche di più.

Eriobotrya japonicaè una specie a crescita rapida, ma di longevità medio bassa. Sebbene ci possano essere esemplari di oltre 50-60 anni, dopo i 25-30 anni di età, la pianta perde in salute, si ammala più facilmente ed ha una crescita più stentata.

Fiori Eriobotrya japonica

Fioritura Nespolo Giapponese



Qual è la Differenza tra Nespolo Giapponese e Nespolo Comune (sin. Nespolo Germanico) ?

Il Nespolo del Giappone (Eriobotrya japonica o Mespilus japonicus) ed il Nespolo di Germania (Mespilus germanica), pur appartenendo alla stessa famiglia (Rosacee), sono piante ben diverse, ma che fin troppo spesso vengono confuse.
Quando si parla genericamente di Nespolo, il 90% delle persone si riferisce a quello trattato in questo articolo, in quanto è ben più diffuso rispetto al Nespolo della Germania.
Di seguito troverete una tabella riassuntiva in cui sono elencate le differenze tra le due specie di Nespolo.

Caratteristica
Nespolo Giapponese
Nespolo Germanico
Altezza m (ft)
8 (26)
4 (13)
Foglie
Grosse e Coriacee
Medie
Vegetazione
Sempreverde
Decidua
Fiori
Raggruppati
Singoli
Periodo Fioritura
Autunno-Inverno
Primavera
Maturazione Frutti
Primavera
Autunno
Frutti
Arancioni
Marroni
Diffusione
Comune
Raro
Utilizzi
Ornamentale e Pianta da Frutto
Pianta da Frutto Antica
Resistenza al Freddo
Buona
Ottima


Come Coltivare il Nespolo Giapponese ? - Crescita, Clima, Esposizione e Potatura

Eriobotrya japonica è un albero che sopravvive all'inverno di una zona USDA 7 e può essere piantato in tutta Italia, dalla Sicilia (fino alla bassa montagna) al Piemonte (in pianura).
Il Nespolo del Giappone regge temperature minime nell'ordine dei -15° C (5° F) e, con qualche danno alle foglie, persino inferiori.
Ciò nonostante l'habitat ideale per la sua crescita rimane quello del centro-sud Italia, con il suo clima mediterraneo.

Purtroppo il fatto di sopravvivere non coincide necessariamente con il fruttificare. Come già detto, il Nespolo Giapponese fiorisce in inverno ed il gelo può danneggiare seriamente i fiori e, dunque, la produzione di frutti.
Per una costante produzione di frutti se ne consiglia la coltivazione nell'areale degli Agrumi ed in generale in zone esenti da gelo; tuttavia, per esperienza diretta, posso affermare che produce anche in località ben più fredde.

Una soglia di temperatura critica per il danneggiamento dei fiori/frutticini potrebbe essere -5° C (23° F). In zone in cui, di norma, nelle notti invernali a cielo sereno si registrano temperature minime uguali o inferiori ai -3° C, la fruttificazione sarà scarsa/nulla ed altalenante a seconda degli anni.
Dove ci sono gelate leggere (e non costanti per 3 mesi di fila), la produzione è discreta anche se si verificano degli occasionali episodi con temperature inferiori alla soglia critica.
Personalmente ho visto Nespoli carichi di frutti maturi sulle rive del Lago Maggiore (anche quelle meno riparate) o nell'hinterland milanese, mentre nelle zone limitrofe, meno protette, magari si salvano solo una ventina di frutti per pianta. Nelle aree più fredde del Nord Italia (es. aperte campagne della pianura Padana occidentale), di norma, i frutti marciscono prima di ingrandirsi.

Nelle zone più miti d'Italia, invece, ci saranno così tanti frutticini che occorrerà  diradarli se si vuole avere una buona pezzatura. Il periodo migliore per diradare i frutti è quando essi hanno le dimensioni di una nocciola, lasciandone non più di 5-6 per ogni infiorescenza.
Senza il diradamento si rischia di avere pannocchie con anche oltre 15/20 frutti che, però, rimarranno più piccoli e meno saporiti.
Un ultimo consiglio è quello di lasciare i frutti meglio sviluppati, ma anche quelli ben distanziati, affinché ci sia un buon circolo di aria, si eviti l'umidità ed il contatto tra i frutti, limitando così lo sviluppo di muffe, marciumi e patologie.

post fioritura Eriobotrya japonica

Il Nespolo Giapponese, pur preferendo quelli mediamente ricchi, drenanti ed a pH neutro, è adatto ad una vasta gamma di terreni, da quelli sabbiosi, sino a quelli argillosi, passando per quelli poveri e sassosi, tipici di molte zone Olivicole.
Le concimazioni a base di azoto, importanti solo nei terreni poveri di materia organica, devono essere fatte ad inizio primavera. Un'eccessiva concimazione rende la pianta più soggetta agli attacchi del batterio  Erwinia amylovora, che provoca la malattia nota come fuoco batterico.

L'irrigazioneè importante soprattutto durante i primi 2-3 anni dalla piantumazione, mentre una pianta adulta si può ritenere abbastanza resistente alla siccità. Inoltre non dimentichiamoci che  questa pianta fruttifica tra tarda primavera ed inizio estate e, dunque, nei mesi più torridi dell'anno non ha né fiori, né frutti, potendo dunque reggere meglio degli eventuali stress.
Durante estati particolarmente siccitose, di regioni aride come Puglia o Sardegna, anche piante affrancate si avvantaggiano delle innaffiature, in assenza delle quali si potrebbe avere una fioritura meno abbondante.

La fertilità del terreno e la disponibilità idrica giocano un ruolo nella fisiologia della pianta. Nel Nord Italia, mediamente più piovoso e con suolo più ricco, il Nespolo è molto vigoroso e produce frutti succosi; nel Sud Italia (senza irrigazioni/concimazioni) tende invece ad avere un portamento più compatto, con una crescita annua inferiore, oltre a fare frutti più piccoli, meno acquosi, ma più saporiti.

Il Nespolo del Giappone cresce molto bene in pieno Sole, ma non lo definirei una specie spiccatamente eliofila, in quanto si sviluppa e produce discretamente anche con esposizioni a mezz'ombra. Ne ho visti fruttificare anche in zone ombrose, sotto dei grossi pini, ma i frutti maturi  erano scialbi, con un basso contenuto zuccherino.

Le potature servono a contenere le dimensioni della pianta ed ad arieggiare la chioma. Durante questa operazione si devono rimuovere i rami che si incrociano, quelli mal disposti, secchi o troppo vigorosi (ad esempio che puntano in alto). Contrariamente alle comuni piante da frutto, il periodo migliore per potare il Nespolo Giapponese è l'inizio dell'estate, appena dopo la raccolta dei frutti.

Frutticini Nespolo del GiapponeLa specie è abbastanza soggetta alle malattie e può essere attaccata da diversi patogeni, come ad esempio gli afidi che si nutrono della linfa, attaccando le giovani foglie. L'avversità più grave è però causata dal fungo Fusicladium eriobotryae, l'agente eziologico della Ticchiolatura del Nespolo Giapponese.
Questa malattia si manifesta con macchie brunastre circolari e colpisce sia foglie, che frutti, compromettendo (od azzerando) la fruttificazione.
Fusicladium eriobotryae rimane latente durante l'estate, mentre cresce per il resto dell'anno. La Ticchiolatura provoca maggiori danni nel Sud Italia (ed in generale nelle regioni miti), poiché il freddo invernale inibisce lo sviluppo e la diffusione del fungo.
Un trattamento a base di rame durante la stagione fredda aiuterà a prevenire ed a contenere la Ticchiolatura.

Frutti Immaturi Nespolo Giapponese
Frutti Maturi Nespolo Giapponese

Come Riprodurre il Nespolo del Giappone ? - Varietà e Metodi di Propagazione

Buona parte delle piante che troviamo nei giardini o lungo le strade non sono cultivars selezionate, ma semenzali; infatti i Nespoli Giapponesi si moltiplicano agevolmente tramite semina.
L'operazione è molto semplice, basta piantare dei semi freschi, verso maggio, in un vaso con buon terriccio, innaffiare e posizionare a mezz'ombra. Nel giro di qualche settimana i semi germoglieranno e, nella primavera successiva, si potranno già piantare a dimora.
Un Nespolo fatto da seme impiegherà circa 6-8 anni prima di fiorire/fruttificare e, con buona probabilità, i frutti saranno più piccoli delle varietà selezionate.

Il secondo metodo di riproduzione è tramite innesto, che può avvenire su franco (cioè sulla stessa specie) o su Cotogno; in quest'ultimo caso la vigoria e le dimensioni della pianta adulta saranno più contenute, ma la resistenza alla siccità un po' inferiore.

In commercio esistono innumerevoli varietà di Nespolo Giapponese, tuttavia buona parte dei Vivai non specificano quale sia (ed è probabile che vi stiano vendendo dei semenzali).
In Italia sono reperibili il Nespolo "Trabia", pianta a frutto grosso tipica del Palermitano, ed il Nespolo "Tanaka", una delle varietà storiche.

Piantina di 2 mesi Eriobotrya japonica

Pianta Adulta Nespolo del Giappone

Come Coltivare l'Annona cherimola in Italia ? Dove Può Crescere ?

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Nel periodo che va indicativamente da Ottobre a Gennaio, dai fruttivendoli più forniti d'Italia è possibile trovare in vendita la Cirimoia (Annona cherimola), un frutto (sub)tropicale di origine americana.
Nelle prossime righe parlerò di questo frutto, ma ancor di più della pianta che lo produce, fornendo informazioni utili a chi si volesse cimentare nella sua coltivazione.

Frutto

Com'è Fatto il Frutto dell'Annona cherimola ?

Frutto Cherimoya ApertoLa Cirimoia (Cherimoya in inglese) è un frutto che può raggiungere (e spesso superare) le dimensioni di un Pompelmo. Esternamente si presenta con una buccia liscia, color verde e con "squame" ben evidenti, che possono ricordare quelle del carapace (guscio) delle tartarughe.
All'interno troviamo una polpa biancastra che, a maturazione, è soffice, leggermente granulosa e con una consistenza simile a quella del budino. Il sapore della Cherimoya è complesso, ma con un giusto bilanciamento tra acidità e dolcezza e può richiamare un gusto mix tra banana e pera, con in più un tocco esotico.


Storia, Origine e Diffusione :

Il genere Annona (o Anona) comprende diverse specie da frutto, il cui originale areale di coltivazione si estende dalle zone strettamente tropicali, sino a quelle subtropicali dell'America, sebbene esistano specie native di altri continenti, come la Annona senegalensis, di origine Africana.
Qualche tempo fa avevamo parlato della Graviola (Annona muricata), una pianta da frutto ultra-tropicale, non coltivabile all'aperto in Italia. Oggi vorrei invece parlare della sua "cugina" subtropicale, ovvero l'A. cherimola, una pianta decisamente più resistente al freddo ed adatta ad essere coltivata nelle zone più miti d'Italia.

Frutti AppesiTutte le Annone, tra cui appunto l'A. cherimola, appartengono alle Annonaceae, una famiglia che annovera numerose piante da frutto, per lo più da climi caldi, ma con qualche eccezione, come la sempre più diffusa Asimina triloba, perfettamente evolutasi per le zone temperate fredde.

Si ritiene che l'Annona cherimola sia nativa delle Ande equatoriali, comprese tra Ecuador e Perù, dove cresce sino ad un'altitudine di 2400 metri (7900 feet); tuttavia è molto diffusa anche nell'America centrale ed in alcune nazioni, come ad esempio nel Nicaragua e Costa Rica, si è addirittura naturalizzata.
L'A. cherimolaè molto comune anche in Messico e nel Sud degli Stati Uniti (California, Florida). Essendosi evoluta per prosperare in zone di montagna, seppure tropicali, è in grado di adattarsi e crescere bene anche nelle pianure di zone subtropicali o persino temperate calde.
In Europa ci sono impianti commerciali nel Sud della Spagna (Andalusia) e nel Sud Italia (Reggio Calabria, Sicilia), ma sta diventando sempre più apprezzata anche a livello amatoriale, dove viene cresciuta negli orti privati.

Rami e Frutto Annona cherimola

Com'è la Pianta della Cherimoya ? - Botanica e Fisiologia

L'A. cherimola è un albero di medie dimensioni, che raramente supera di 8 metri di altezza (26 ft), tuttavia possiede uno sviluppo notevole e la chioma può diventare davvero espansa e voluminosa.
La specie tende a crescere su un unico tronco ed ad avere rami densi, lunghi ed a tratti ricadenti. La vigoria è elevata e la crescita annua può essere sorprendente, con i nuovi getti che possono tranquillamente superare il metro (3.3 ft) di lunghezza in un unica stagione.
Le foglie sono color verde scuro, dalla forma ovale, allungata ad un'estremità.
La nuova vegetazione è ricurva, un po' come le nuove foglie delle felci.

In luoghi freddi l'Annona cherimola si può comportare come pianta decidua e perdere molte foglie (se non tutte), durante l'inverno; tuttavia anche in zone subtropicali non si comporta totalmente come una specie sempreverde e, in concomitanza della ripresa vegetativa, può defogliarsi completamente per un breve periodo.

Bocciolo Annona cherimolaI fiori dell'A. cherimola sono ermafroditi, ma la parte femminile matura prima di quella maschile, di conseguenza un singolo fiore non può auto-impollinarsi.
Il fiore di questa specie è inusuale, esso è di color verde-giallastro, rivolto verso il basso, dotato di 3 grossi petali ravvicinati. Questi fiori hanno un leggero profumo, emanando una fragranza alla vaniglia e possono essere sia solitari, che disposti in gruppi da 2-3.

Fiore Aperto Annona cherimolaIn primavera, subito dopo aver perso tutte le foglie, dalle gemme del vecchio legno vengono prodotti sia i nuovi rami, sia i boccioli fiorali. Questa fioritura è la più copiosa, nonché quella che darà origine al maggior numero di frutti; tuttavia la fioritura è decisamente scalare e prolungata, i fiori possono infatti originarsi anche all'apice della nuova vegetazione, protraendosi per tutta l'estate.
La conformazione dei fiori rende molto difficile l'impollinazione da parte degli insetti pronubi e, per una sicura allegagione, si consiglia l'impollinazione manuale, da effettuarsi prelevando il polline con un pennellino.
Dalla comparsa del bocciolo fiorale, all'apertura del fiore passano in media 20/30 giorni, mentre per la maturazione dei frutti ci vogliono circa 4-5 mesi, tempo che si può notevolmente allungare con le basse temperature.
In Italia la piena fioritura avviene tra fine primavera ed inizio estate, per poi aver fiori per lo più isolati, sino all'autunno. I frutti maturano a partire da ottobre, ma quelli originati dagli ultimi fiori possono rimanere sulla pianta anche sino a marzo.
La Cirimoiaè un frutto di dimensioni molto diverse a seconda della varietà e può arrivare a superare il chilogrammo di peso. Nella soffice polpa sono immersi numerosi semi neri ed appiattiti.

Le radici sono espanse, ma piuttosto deboli e superficiali, essendo localizzate per oltre il 95% nei primi 50 cm (20 in) di suolo.

Annona cherimola in Fiore alle Canarie

Fioritura Annona cherimola

Come Crescere l'Annona cherimola ? - Coltivazione, Esposizione, Clima, Potature e Cure

Questa Anona, crescendo in natura in montagna, la si potrebbe considerare di fatto una pianta subtropicale ed anzi, si dimostra poco produttiva nelle calde pianure tropicali.
Tra le varie piante da frutto del genere Annona, la Cherimoya è quella coltivabile alle latitudini più settentrionali, anche fin al 35° parallelo Nord.

Ma quindi qual è la sua reale resistenza al freddo ?

Premesso che una zona frost-free (priva di gelate) sarebbe la scelta più sicura, in quanto anche lievi gelate fanno perdere le foglie e potrebbero danneggiare i rami più esili, si ritiene che piante adulte ed affrancate (non giovani semenzali) possano sopportare brevi episodi di gelo sino a temperature di -3° C (26.5° F).
Tra le varietà ci potrebbe essere una leggera differenza di rusticità, ma con temperature inferiori ai -4° (25° F) i danni potrebbe riguardare anche i legni più grossi e persino uccidere l'intera pianta.
Diciamo che l'A. cherimolasi può piantare con ragionevole sicurezza in tutte le zone costiere di Sicilia e Calabria, ma anche nel litorale ligure e campano e, con qualche rischio in più, anche in Puglia, magari accostandola ad un muro esposto a Sud.
Altrove rimane una pianta da coltivare in vaso, proteggendola durante l'inverno. Purtroppo non è una specie che ben si presta alla coltivazione in vaso ed ottenere frutti diventerà un'impresa.

Chioma Annona cherimolaL'A. cherimola cresce su un'ampia gamma di terreni, da quelli leggeri, sino a quelli pesanti, preferendo un pH neutro; inoltre, dato che l'apparato radicale rimane superficiale, non necessita di suoli particolarmente profondi.
L'unica cosa importante è che il terreno sia ben drenante. Il ristagno idrico è una delle più comuni cause di cascola dei frutticini durante la bella stagione, mentre se unito al freddo può far marcire le radici, con conseguente morte della pianta. In suoli particolarmente poveri si consiglia una concimazione bilanciata (8-8-8 NPK), da effettuarsi ogni 4 mesi, partendo qualche settimane prima della ripresa vegetativa.

Se coltivata in Italia è meglio scegliere una posizione quanto più assolata, più che altro durante i mesi invernali, per avere temperature massime più elevate. In effetti l'A. cherimola tollera meglio di altre specie da frutto esposizioni a mezz'ombra e, soprattutto in estate, si potrebbe avvantaggiare di qualche ora di ombra.

Durante la crescita vegetava la Cirimoia è abbastanza avida di acqua e gradisce frequenti irrigazioni, mentre in inverno sarebbe meglio evitare le innaffiature.
Questo non vuol dire che non sia una pianta resistente alla siccità, anzi se affrancata supera agevolmente le torride estati mediterranee; tuttavia ci sarà una sorta di stasi vegetativa estiva, relegando la crescita alla primavera ed all'autunno.

Se lasciata crescere liberamente, i rami della Cirimoia diventeranno troppo fitti, ombreggiando la parte interna della chioma, inoltre saranno ricadenti e, dato che il legno di questa pianta è particolarmente fragile, si potranno spezzare sotto il peso dei frutti.
Le operazioni di potatura saranno volte al diradamento ed all'accorciamento dei rami, al fine di irrobustirli.

Quest'Annona si può potare durante l'arresto vegetativo invernale, sia rimuovendo i rami mal disposti, secchi, troppo vigorosi o che si incrociano, sia tagliando a metà i rami più lunghi ed esili.

A livello di malattie la specie risulta piuttosto rustica ed, in Italia, la si può tranquillamente coltivare in agricoltura biologica. Anche senza alcun trattamento anticrittogamico l'A. cherimola non è attaccata né da funghi, né da altri patogeni e se si verificassero lievi infezioni, esse non sono mai tali da compromettere la crescita e la fruttificazione.

Foglie Annona cherimola

Nuova Vegetazione Annona cherimola

Come Si Riproduce l'Annona cherimola ? - Metodi di Propagazione

La Cherimoya si riproduce molto facilmente tramite semina. I semi hanno un'ottima longevità e se tenuti in un luogo fresco ed asciutto possono germinare anche dopo svariati anni.
Seminare è molto semplice, basterà posizionare i semi in un vaso contenente del buon terriccio, posizionarlo in una zona luminosa, ma senza sole diretto, tenere umida la terra ed aspettare. Ad una temperatura media di 20° C (70°F) le prime foglioline inizieranno a spuntare nel giro di tre settimane e la percentuale di germogliamento sarà elevata.
Diversamente da molte altre piante da frutto, la messa a frutto di questa specie è precoce e già dopo 3-4 anni potreste avere la prima fioritura e dopo un altro paio la prima fruttificazione.

Molto diffuso, soprattutto in zone tropicale, è l'ibrido noto come Atemoya, ottenuto dall'incrocio dell'Annona squamosa con l'Annona cherimola.
L'Atemoya ha caratteristiche intermedie tra le due specie ed è più sensibile al gelo di quanto non lo sia la Cherimoya. La coltivazione dell'Atemoya in Italia è piuttosto rischiosa e, senza protezioni invernali, è possibile solo nei microclimi più miti della Sicilia/Calabria.

Ovviamente la riproduzione da seme non garantisce il propagazione clonale. Il metodo di moltiplicazione per via vegetativa più diffuso è senza dubbio l'innesto, che solitamente viene effettuato su semenzali di A. cherimola, sebbene in zone tropicali si usi anche l'Annona reticulata come portainnesto.

In giro per il mondo esistono innumerevoli varietà di A. cherimola, ciò nonostante in Italia ne sono reperibili poche. La cultivar più diffusa è senza dubbio la Fino de Jete, di origine spagnola, che si caratterizza per la produzione costante ed abbondante, ma anche per i frutti grossi e di ottimo sapore; inoltre è autofertile, il che non rende strettamente indispensabile l'impollinazione manuale. Altre varietà son la El Bumpo, con frutti dalla buccia sottile e commestibile, ma poco adatti ad esser trasportati, la White, di origine californiana, di buon sapore ma poco produttiva o ancora la Campas, diffusa nel Sud della Calabria.

In conclusione, se vivete in una zona calda e volete un frutto molto buono, prodotto da una pianta dall'aspetto tropicale, rustica e di facile gestione, allora l'Annona cherimola potrebbe di diritto occupare un angolo del vostro giardino.

Annona cherimola alle Canarie

Annona cherimola a Tropea

Stella di Natale (Euphorbia pulcherrima) - Crescita e Sviluppo

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Chi tra di voi non ha mai comprato una Stella di Natale (Euphorbia pulcherrima), nota anche come Poinsettia ?

Credo nessuno; infatti questa pianta, sotto il periodo natalizio, è venduta in tutti i supermercati d'Italia e le sue foglie (non fiori) color rosso intenso non possono che ricordare questa festività.

Il più delle volte la coltiviamo in piccoli vasi tenuti all'interno di casa, vedendola deperire da lì a poco. Ma in natura come e dove cresce la Stella di Natale ? Qual è la sua resistenza al freddo ? Si può coltivare all'aperto in Italia ?

Piantina di Stella di Natale

Euphorbia pulcherrima
Origine e Storia

La Euphorbia pulcherrima, meglio conosciuta con il nome volgare di Stella di Natale,è una pianta ornamentale nativadelTaxco de Alarcón, una regione del Messico meridionale, dove a tutt'oggi cresce spontanea.
La Stella di Natale fu coltivata sin dall'epoca degli Aztechi, i quali la utilizzavano a scopi decorativi, ma anche come pianta officiale; dalle sue brattee si può infatti ricavare un colorante utilizzato in ambito cosmetico e tessile, mentre il lattice contenuto nei rami era impiegato per la produzione di medicinali per abbassare la febbre.

Questa pianta rimase confinata in Messico per centinaia di anni, sin quando, nel 1825, l'ambasciatore statunitense in Messico, Joel Roberts Poinsett (1779-1851), la importò negli Stati Uniti.
Oggi la Stella di Natale si chiama anche Poinsettia, proprio in onore di Joel Roberts Poinsett e, negli USA, è consuetudine regalarsela il 12 Dicembre (Poinsettia Day), l'anniversario della morte di questo ambasciatore.

Negli Stati Uniti la coltivazione prese piede dalla California, mentre in Europa la diffusione della Stella Natale partì dalla Germania, ma solo dagli anni '50 in poi la pianta divenne simbolo inequivocabile del Natale.


Com'è Fatta la Stella di Natale ? - Botanica e Fisiologia 

Foglie Euphorbia pulcherrimaEuphorbia pulcherrima è una pianta appartenente alle Euphorbiaceae, una famiglia che conta oltre 6000 specie diffuse in tutto il mondo ad esclusione delle zone artiche.
Sebbene si pensi che la Stella di Natale sia esclusivamente sempreverde, nelle zone native, così come in seguito a stress da freddo o siccità, può perdere parte delle foglie (o persino tutte), comportandosi come pianta semi-decidua o a foglia caduca.
Quindi, se a fine inverno, la vostra pianta in vaso avrà perso tutte le foglie, non disperate, c'è la possibilità che non sia morta e, fornendole le condizioni di crescita ideali, potrebbe riprendersi.

Noi italiani siamo soliti vedere la Poinsettia di giovane età, coltivata in vaso ed in serra, condizioni che ne limitano lo sviluppo.
Allo stato naturale, o se cresciuta in piena terra nelle migliori condizioni, la Stella di Natale si sviluppa sotto forma di arbuto o piccolo albero e può raggiungere un'altezza massima di circa 4 metri (13 feet).
Le foglie della specie presentano una leggera peluria superficiale, sono medio-grosse, dalla forma tendenzialmente ovale-conica e di un bel colore verde scuro, talvolta con riflessi violacei.

Il tratto distintivo e peculiare della Stella di Natale è senz'ombra di dubbio il suo color rosso acceso; tuttavia, contrariamente a quel che si pensi, non sono i fiori ad essere rossi, ma le delle foglie modificate (Brattee) che lo avvolgono.
I fiori della Euphorbia pulcherrima non emanano profumo, sono di piccole dimensioni, gialli, raggruppati all'apice dei rami ed "avvolti" dalle preziose brattee solitamente rosse, sebbene esistano anche varietà con brattee rosa o bianche.

Germogli Stella di Natale

Fiori Euphorbia pulcherrima

Come Crescere la Stella di Natale in Italia ? - Coltivazione, Clima, Esposizioni, Moltiplicazione e Cure

Premetto che questa pianta, per via della sua scarsa resistenza al freddo, può essere coltivata in piena terra in poche zone d'Italia, ovvero laddove le temperature non scendano mai sotto gli 0° C (32° F). Altrove potrà essere coltivata esclusivamente in vaso e riparata in un  luogo caldo durante l'inverno.
Quindi è vero che è sensibile al freddo, ma è una cavolata (che si trova diffusamente on line) dire che muore a temperature di 15° C (59°F) anzi, se acclimatata, resiste tranquillamente a temperature minime ben inferiori.

La coltivazione all'aperto è possibile nelle zone costiere di Sicilia e Calabria, ma personalmente ho visto più esemplari crescere nei Giardini di Hanbury, nell'estremo ponente Ligure.
La Stella di Natale, a parte la scarsa resistenza alle basse temperature, è una pianta rustica e non soggetta a malattie od attacchi di parassiti.

Se coltivata in piena terra non avrà bisogno di grosse cure, se non innaffiarla nei primi anni dall'impianto.
Se coltivata in vaso, invece, bisognerà rinvasarla ogni 2 anni utilizzando terriccio leggero (leggermente acido) e torba, concimarla con fertilizzanti bilanciati e bagnarla ogni qualvolta la terra superficiale risulti secca al tatto, ricordandosi che esagerando con l'irrigazione potrebbero marcire le radici, con conseguente morte della pianta.
Chi avesse un giardino in una zona fredda, potrebbe provare a piantarla appena siano finite le gelate, per poi estirparla (e rimetterla in vaso) verso Ottobre-Novembre, prima del ritorno della brina.

La fioritura (e quindi anche la produzione delle rosse brattee ornamentali) avviene in inverno, la specie è infatti brevidiurna, ovvero per indurre la fiorituraè richiesto un certo periodo in cui le ore di luce siano inferiori a quelle di buio (es. 10 h luce, 14 h buio).
In casa, per via dell'illuminazione artificiale (anche serale/notturna) e delle condizioni poco favorevoli (es. scarsa umidità), potrebbe non rifiorire.

Se dovete piantarla in piena terra, l'esposizione ideale è il pieno Sole, che garantisce abbondanti fioriture e fornirà tepore nei freddi mesi invernali (ricordiamo che la Stella di Natale è pur sempre una pianta tropicale).
Se la si coltiva in vaso ed in casa è meglio scegliere una posizione molto luminosa.

La potatura si effettua a fine inverno ed è volta a rimuovere i fiori ed i rami danneggiati dal freddo. Inoltre potare aiuta ad aumentare il vigore e lo sviluppo di nuove foglie/rami.

La riproduzione della Stella di Natale avviene tipicamente per Talea, da effettuarsi preferibilmente in primavera. Il ramo reciso si può far radicare sia in acqua, sia direttamente nel terriccio mantenuto costantemente umido.

Euphorbia pulcherrima in Estate

Fioritura Stella di Natale

Trachycarpus fortunei, la Palma Cinese Che Non Teme il Gelo - Coltivazione e Cure

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Le Palme sono da sempre simbolo di Sole, spiagge e caldo; tuttavia esistono centinaia di specie, alcune delle quali si sono adattate a vivere in un ambiente ben diverso.

Se vivete in una zona molto fredda, ma non volete rinunciare ad avere una bella palma in giardino, vi sarete sicuramente domandati : "Qual è la Palma più resistente al gelo?"

La risposta è semplice, la Palma della Cina (Trachycarpus fortunei) ed altre specie di questo genere. 

Infatti, come discuteremo in questo articolo, le diverse specie del genere Trachycarpus si sono evolute per prosperare in quota, sulle montagne dell'Asia e sono a proprio agio sotto la neve, senza subire danni da gelo, neppure nelle zone più fredde della Pianura Padana.

Nelle prossime righe capiremo come coltivare la Trachycarpus fortunei, qual è la sua reale resistenza al freddo, dove è diffusa in Italia e  come riconoscerla rispetto alle altre piante.

Palme Cinesi sotto la Neve

Storia ed Origine :

Tutte le Palme appartengono alla famiglia delle Arecaceae (Palmaceae), formata da oltre 200 generi, per un totale di oltre 2600 specie, con diffusione prevalentemente tropicale e subtropicale.
Il genere Trachycarpusè uno di questi 200 e conta al proprio interno 11 specie, tra cui appunto la diffusissima T. fortunei.

Le Trachycarpus sono Palme native di una vasta area compresa tra le montagne dell'Himalaya e la Cina, hanno tronco esile e foglie "a ventaglio".
Di seguito troverete l'elenco (in ordine alfabetico) di tutte le specie :
  • Trachycarpus excelsa: secondo alcuni non sarebbe una specie a sé, ma una varietà di T. fortunei.
  • Trachycarpus fortunei : la più comune e diffusa, che verrà approfondita in questo articolo.
  • Trachycarpus geminisectus : palma nativa del Vietnam, dove prospera ad una quota media di circa 1500 m (49200 feet). La T. geminisectus è una palma di piccole dimensioni che cresce solitaria, sui ripidi pendii delle umide foreste di conifere, competendo con Cipressi e Tassi, ma anche con i bellissimi Rododendri.
  • Trachycarpus latisectus (sin. Trachycarpus sikkimensis) : originaria dell'India, si caratterizza per aver foglie di un verde più chiaro e meno frastagliate. Questa palma ha una scarsa tolleranza al gelo.
  • Trachycarpus martianus : palma dal portamento snello e slanciato, con un tronco spoglio. Cresce tra il Nord dell'India ed il Nepal.
  • Trachycarpus nanus : come suggerisce il nome scientifico, questa Trachycarpus  "nana" ha un portamento estremamente compatto ed uno sviluppo limitato. 
  • Trachycarpus oreophilus : cresce ad alta quota, nel Nord della Thailandia.
  • Trachycarpus princeps : nativa della Cina meridionale, si caratterizza per le foglie a geometria quasi perfettamente circolare, finemente frastagliate sino in profondità.
  • Trachycarpus ravenii : specie scoperta solo di recente, in Laos, strettamente imparentata con T. oreophilus e T. princeps.
  • Trachycarpus takil : cresce sull'Himalaya, sino ad una quota di 2700 m (8900 ft), dove il gelo e la neve sono comuni. Ha un'ottima resistenza al gelo, paragonabile (se non superiore) a quella della T. fortunei. Le vecchie foglie tendono a seccare, senza distaccarsi, coprendo di fatto la parte superiore del tronco.
  • Trachycarpus ukhrulensis : endemica della regione del Manipur, nella zona nord-orientale dell'India. Scoperta recentemente, è dotata di ottima resistenza al gelo e foglie grosse, ma con lobi molto ravvicinati.

Palma Nord ItaliaLa T. fortunei è sicuramente la specie più comune e diffusa di questo genere. Sebbene si creda sia nativa delle montagne della Cina Meridionale e della Birmania (Myanmar), la reale origine non è certa, dato che la specie viene coltivata da centinaia di anni in buona parte della Cina ed in Giappone e possibili ritrovamenti allo stato selvatico potrebbero essere dovuti ad una disseminazione casuale a partire da piante importate.

Nell'antichità, in oriente, era usata per ricavare fibre tessili, impiegate nella produzione di abiti, sacchi, ma anche corde degli strumenti musicali.

La Palma della Cina venne importata per la prima volta in Europa nel 1844, dall'esploratore britannico Robert Fortune. In suo onore alla palma venne dato il suffisso "fotunei", nonché il nome generico di Palma di Fortune.

Oggigiorno questa palma è diffusa in tutto il mondo, in particolar modo nelle zone più fredde, dove altre palme patirebbero il gelo. Oltre al Nord Italia cresce anche in Scozia, Germania e nelle zone più miti del Canada.

Giovani Esemaplari di Trachycarpus fortunei

Foglie Trachycarpus fortunei

Come Riconoscere la Palma della Cina ? - Botanica e Fisiologia

T. fortunei, nota anche come Palma del Giappone o Palma Cinese, è una Palma ornamentale che può essere coltivata alle maggiori latitudini, sino oltre il 50° N; tuttavia il suo areale d'origine non è quello più settentrionale in assoluto tra le palme, primato che spetta di diritto alla meno rustica Chamaerops humilis, nativa delle zone più miti del Mediterraneo.

Infiorescenze Trachycarpus fortuneiLa Palma di Fortune cresce solitaria, raggiungendo dopo molti anni un'altezza massima di circa 20 metri (66 ft), sebbene si mantenga spesso di dimensioni più contenute.
Nonostante la notevole altezza, il tronco è relativamente sottile e flessibile, superando di rado i 30 cm (12 in) di diametro.
Importante notare che il tronco ha un diametro abbastanza costante tra parte alta e bassa e, mancando di un vero accrescimento secondario, raggiunge la larghezza definitiva in giovane età, mentre continua ad allungarsi per tutta la vita. Viene da sé che giovani esemplari sembrano più tozzi, mentre quelli vecchi slanciati.
I resti dei piccioli fibrosi delle vecchie foglie ormai cadute rimangono attaccati al tronco, conferendogli un colore grigiastro ed un aspetto lanuginoso.

La Palma Cinese produce foglie palmate (a "ventaglio"), color verde scuro, con un diametro massimo di circa 1 metro (40 in), sorrette da un rachide (picciolo) altrettanto lungo.
Come in tutte le palme, le foglie sono sempreverdi e relegate all'apice vegetativo, dove formano una chioma arrotondata, piuttosto disordinata. Ogni foglia, se non danneggiata dal vento o dalle intemperie, ha una vita media di circa 3 anni.

T. fortunei è una specie dioica, vale a dire che esistono piante "maschio", che producono unicamente fiori maschili, e piante "femmina", che producono fiori femminili.
Le lunghe infiorescenze, composte da numerosissimi fiorellini gialli, emergono dalla parte alta della pianta e rimangono penduli.
In Italia la fioritura avviene in primavera, tipicamente tra Marzo ed Aprile.

Fiori Palma CineseI fiori di questa palma richiamano diverse specie di insetti pronubi, che provvedono all'impollinazione.
I fiori femminili, se fecondati, si trasformano in frutti, ovvero delle drupe violacee, di piccole dimensioni, riunite in un grappolo pendulo, che ricorda molto l'Uva.

La radici sono poco espanse, ma particolarmente compatte, dense e non arrecano danni a marciapiedi e vialetti.

Fioritura Trachycarpus fortunei
Tronco Palma di Fortune

Come Coltivare la Trachycarpus fortunei ? - Crescita, Terreno, Esposizione e Cure.

La Palma di Fortune è una pianta rustica, di facile coltivazione ed in Italia la si può piantare da Nord a Sud, senza particolari accorgimenti.

Ok, ma fino a dove si può coltivare ?

Il fatto che sia tra le palme più resistenti al freddo, non vuol dire che possa sopportare le stesse temperature minime di una Betulla. Sicuramente non la troverete mai in Siberia od in alta montagna sulle Alpi; tuttavia, da adulta, non subisce danni da freddo almeno fino a -15°C (5° F) e, con danni minori, potrebbe tranquillamente sopravvivere anche con punte di -20°C (-4° F).
Detto questo, durante il primo anno di vita potrebbe essere un po' meno resistente, quindi potrebbe essere utile crescerla in vaso fino all'età di almeno 3-4 anni.

Tra le palme, la T. fortunei ha una discreta (non ottima) resistenza alla siccità, ma in Italia non richiede irrigazioni e le innaffiature si limitano ai primi anni dall'impianto, in luoghi molto aridi.
Questa palma si sviluppa male solo nelle zone aride e strettamente tropicali, aree in cui vi è comunque una vastissima scelta di altre specie di palma.


Frutti Immaturi Trachycarpus fortuneiLa Palma Cinese è molto adattabile anche in quanto a terreno e, pur preferendo quelli drenanti e fertili in superficie, prospera in tutti i suoli purché non abbiano elevate quantità di sale.
La concimazione, in terreni molto poveri, può velocizzare la crescita, ma in generale la Palma del Giappone si sviluppa bene anche senza concimare.

Frutti Maturi Palma della CinaL'esposizione solare non è un parametro di rilievo, la T. fortunei  ama posizioni a mezz'ombra, ma in Italia si sviluppa bene sia in pieno Sole, sia in zone ombrose, come sotto la chioma di grossi alberi ad alto fusto.
Forse anche la capacità di adattarsi all'ombra del sottobosco, dove molte specie non potrebbero competere per assenza di sole diretto, ha reso la Palma del Giappone quasi infestante. In molte zone del Nord Italia (vedi Piemonte) la si ritrova nelle zone marginali o dismesse, così come agli argini dei boschi.

La T. fortunei ha una crescita iniziale piuttosto lenta, quasi stentata, che le permette di essere coltivata in vaso per molti anni (rinvasando in vasi via via più grandi); tuttavia con l'età aumenta la velocità di crescita ed avendo una notevole longevità, preferisce essere piantata in piena terra, dove può vivere per oltre 80-100 anni.

Elevata è anche la tolleranza alle avversità alle malattie e, normalmente, non è attaccata in maniera significativa da funghi od altri patogeni.

La Palma di Fortune non ha ramificazioni e non deve essere potata. Se venisse rimosso completamente l'apice vegetativo la pianta morirebbe. Gli unici interventi di potatura si potrebbero considerare di pulitura, volti esclusivamente alla rimozione delle foglie più vecchie ed esterne.

La specie non ha attitudine ad emettere polloni e, dato che la propagazione tramite innesto nelle palme è praticamente inesistente, l'unico metodo di riproduzione vegetativo rimane la micro-propagazione, tecnica complessa, difficilmente effettuabile a livello amatoriale.

La moltiplicazione tramite semina rimane di gran lunga il metodo di riproduzione più comune e facile, data l'elevata percentuale di germinazione di questi semi.

Insomma, se avete un giardino in una zona molto fredda, ma non volete rinunciare a donargli un tocco esotico, la Palma Cinese potrebbe esser la scelta migliore (se non l'unica possibile).

Palme Giapponesi adulte
Trachycarpus fortunei In Riva al Lago Maggiore

Fioritura Trachycarpus fortunei

Quali Frutti si Trovano in Thailandia e nel Sud-Est Asiatico ?

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Fare un viaggio inThailandia è sicuramente un'idea presente nella testa di molti. I prezzi relativamente contenuti, il clima tropicale e la ricchezza di templi buddisti la rende una meta ambita e migliaia di italiani la scelgono per le proprie vacanze.

Se siete in procinto di partire per la Thailandia o per un'altra nazione del Sud-Est Asiatico (Laos, Vietnam, Cambogia, Birmania, Malesia), vi starete sicuramente chiedendo cosa mangerete.

Premetto che la cucina Thai è speziata, ma molto sana ed equilibrata, con un perfetto equilibrio tra dolce/acido/salato/piccante; tuttavia in questo articolo vorrei parlare dei frutti tipici dell'Asia tropicale, facendone una breve descrizione, sia dell'aspetto, sia del sapore.

Tipica Bancarella Frutta Thailandese

Quali Frutti Vale la Pena Comprare ? Quali Frutti Thailandesi Sono Realmente Buoni da Mangiare?

Se dovessi fare una classifica (senza alcun criterio d'ordine, anzi il frutto più tipico è proprio l'ultimo), la farei più o meno così :

1) Banana (Musa sp.) : questo frutto non ha certo bisogno di presentazioni, né tanto meno lo si può considerare tipico del Sud-Est Asiatico (o meglio, non più delle restanti zone tropicali). Tuttavia in Thailandia, diversamente dall'Italia, si trovano in commercio oltre 20 varietà di banane, con forme, dimensioni e gusti diversi. Alcune son buone cotte, altre sono particolarmente dolci, insomma troverete un'infinità di "sfumature" di Banana.

2) Papaia (Carica papaya) : anche qui nulla di nuovo, ormai la si trova anche nei supermercati italiani. Piante di Papaya sono molto diffuse lungo le strade, i frutti si trovano durante tutto l'anno e vengono solitamente tagliati e serviti per colazioni. Personalmente adoro mangiarli immersi nello Yogurt bianco. Il gusto intenso non ha nulla a che spartire con le Papaie semi-acerbe che troviamo spesso in Europa.

Papaya

3) Mango (Mangifera indica) : discorso simile a quanto già fatto per la Papaya. Il frutto del Mango è diffusissimo in tutti i tropici, dove è presente di forme e colori differenti.
In Thailandia si trova la varietà "Mango Thai", il cui frutto maturo è di color giallo spento, con una polpa squisita e non fibrosa.
Nelle bancarelle si trova spesso in vendita già affettato. Il prezzo medio di un frutto è l'equivalente di 50 centesimi di Euro. Talvolta vengono venduti anche Mango verdi (acerbi) da usare in insalata.

Mango

4) Lici (Litchi chinensis) : specie subtropicale, che richiede un minimo di stagionalità. Viene coltivato nel Nord della Thailandia e raggiunge maturazione tra Aprile ed Agosto. Ormai lo troviamo anche in Italia (sotto Natale, di solito proveniente dal Madagascar), ma la dolcezza di quelli maturati sul posto difficilmente la si riscontra in Italia.
Il Litchi ha buccia esterna rosa, dimensioni di una ciliegia, polpa bianca che racchiude un unico seme. Al giusto punto di maturazione può ricordare il sapore dell'Uva, sebbene con una nota d'acidità in più.

Litchi

5) Rambutan (Nephelium lappaceum) : cugino del Litchi, ma decisamente più tropicale e raro in Italia. Nel Sud Est Asiatico è comune, si trova tutto l'anno, sebbene in Thailandia abbia il picco di produzione verso Aprile. Frutto che ricorda il Litchi, sebbene la buccia rossa esterna abbia delle estroflessioni che lo fanno assomigliare ad un riccio di mare. Il sapore del frutto è, a mio avviso, migliore di quello del Litchi, privo di acidità e più delicato.

6) Mangostano (Garcinia mangostana) : sebbene questo frutto lo si possa trovare anche in Italia (verso Natale), è decisamente più tipico del Sud Est Asiatico.
Esternamente si presenta viola/marrone con un gambo corto, ma spesso, in cui son ben evidenti i sepali (ormai turgidi) del fiore. A maturazione è leggermente cedevole alla pressione. La forma è sferica e, per aprirlo, si può applicare una pressione "ai poli" (con l'indice ed il pollice). All'interno troverete una polpa bianca divisa in spicchi, contenenti i semi. Il gusto è eccellente, dissetante e si scioglie letteralmente in bocca, lasciando un senso di freschezza. 
Piccola nota : in molti Hotel è vietato introdurlo, poiché il suo succo violaceo potrebbe macchiare asciugamani e lenzuola.

Mangostano e Rambutan

7) Salak (Salacca zalacca) : frutto Indonesiano, prodotto da una palma. Esternamente è marroncino/rossastro con evidenti estroflessioni della buccia. La polpa interna è biancastra. Credo esistano diverse varietà e "stadi" di maturazione; io ho avuto modo di assaggiare 6 frutti (in un unico pacchetto, quindi di simile provenienza).
A seconda della maturazione potevano essere più o meno gradevoli, ma nel complesso la polpa l'ho trovata amarognola/aspra e mi lasciava in bocca il senso di "acqua salmastra". Sicuramente non lo consiglierei come prima scelta, ma avendone la possibilità provatelo, chissà magari a voi capiterà un frutto maturo, della giusta varietà o semplicemente avrete un palato che lo apprezzerà più del mio.

Salak

8) Atemoya (A. squamosa x A. cherimola) : frutto esternamente verde, con marcate protuberanze (come fossero scaglie di un coccodrillo).
A maturazione è morbido al tatto. La polpa interna è cremosa e soffice ed in essa sono presenti numerosi semi neri. Il sapore è meno forte di quello della Cherimoya, ma è anche più delicato e bilanciato, ricordandomi il gusto di un buon yogurt alla vaniglia.
Frutto un meno ubiquitario rispetto agli altri, ma con un po' di ricerche lo troverete.

Atemoya



9) Syzygium malaccense : frutto introvabile in Italia, ma comune in Thailandia. Esternamente è rosso ed a forma conica, mentre la polpa interna è bianca-giallina. La consistenza è croccante e per molti versi può ricordare una mela, tuttavia è molto più dissetante e, se dovessi fare un paragone, direi che ricorda il Nashi (Pero Asiatico).

Syzygium malaccense

10) Pomelo (Citrus maxima) : gli agrumi non sono certo il punto forte di questa parte del mondo: le Arance sono rare, i Mandarini (a mio avviso poco buoni) solo durante i mesi invernali.
Il Pomelo, che ormai si trova anche da noi, è l'eccezione ed è molto comune. Viene servito sbucciato (rimuovono anche la peluria bianca che avvolge lo spicchio) ed ha un sapore simile a quello di un pompelmo dolce e senza acidità.

Pomelo

11) Pitaya (Hylocereus undatus) : questa cactacea produce un frutto noto anche come Dragon Fruit. Esternamente possiede una buccia di color rosa/viola, con lunghe brattee verdastre.
La polpa interna è bianca, acquosa e contiene numerosi semini, che vengono mangiati senza alcun problema (un po' come fossero quelli del Kiwi).
Il sapore della Pitaya è abbastanza neutro e delicato, ma più dolce rispetto a quanto si possa trovare nei supermercati italiani. La consistenza potrebbe ricordare un mix tra anguria e melone.
Esistono anche varietà a polpa rossa.

Dragon Fruit

12) Longan (Dimocarpus longan) : terzo cugino (insieme a Litchi e Rambutan). Frutto a forma sferica, racchiuso da una buccia beige/marroncina. La polpa bianca racchiude un unico seme ed ha un sapore forte, intenso, non acido; personalmente lo trovo squisito.
In Thailandia viene venduto "a grappoli", ma è assai utilizzato anche per l'inscatolamento o per la produzione di succhi.
Piccola nota, la specie è subtropicale e potrebbe esser coltivata con successo lungo le coste di Sicilia, Calabria e Liguria.

Longan

13) Guava (Psidium guajava) : in Thailandia è diffusa la varietà a frutto verde. Solitamente viene servito acerbo ed a fette, in queste condizioni ha la consistenza (ed il gusto) di una mela acidula.
Personalmente preferisco farlo maturare completamente, la polpa si ammorbidisce, il sapore diventa più dolce ed il profumo più deciso.
Il gusto del Guava è unico e spiccatamente tropicale, per farvi un'idea o lo assaggiate o vi bevete uno dei tanti succhi a base di (solo) Guava.
I semi sono piccoli, ma molto duri e possono essere fastidiosi durante la masticazione.

Guava Verde

14) Cocco (Cocos nucifera) : la noce di cocco che siamo soliti consumare in occidente è totalmente diversa. Nel Sud Est asiatico il cocco maturo viene grattugiato, ma è abitudine raccoglierlo immaturo. Una volta aperto si beve il latte, di ottimo sapore zuccherino e la polpa (ancora morbida) si raccoglie con un cucchiaio e la si mangia come fosse gelato.

Noce di Cocco

15) Jackfruit (Artocarpus heterophyllus) : questo è il frutto più grande al mondo (per i record clicca qui), ma difficilmente lo troverete intero; è invece comune trovarlo "a spicchi".
La polpa è gialla, ha una consistenza gommosa ed un sapore agrodolce, accostabile all'Ananas. E' un gusto a cui ci si deve abituare ed unito ad un odore intenso, può non essere sempre apprezzato. Ricordo che la prima volta che lo assaggiai rimasi deluso ma, ad ogni nuovo assaggio, saliva nella mia classifica. Anche i semi cotti si possono mangiare ed hanno un vago sapore di castagna.


16) lansium domesticum : pur essendo appassionato di frutti, questo non l'avevo mai sentito. A prima vista non sembra molto invitante, tanto che non lo comprai direttamente, ma me ne feci aggiungere un paio (in regalo) ad una spesa massiccia.
Bene, rimasi stupito, la polpa interna, semi-trasparente aveva un consistenza quasi gelatinosa, con elevato contenuto acquoso; il sapore mi ha subito ricordato quello del pompelmo, sebbene mancasse l'amarezza tipica di questo agrume.
Uno di quei frutti che, durante un pomeriggio afoso, si lasciano mangiare uno dopo l'altro.

lansium domesticum

17) Sapodilla (Manilkara zapota) : frutto presente, ma ben meno di altri. Forma ovale e buccia marrone. La polpa interna ha la consistenza, ed anche il sapore, di una Pera, con una nota di amaro di fondo.

Sapodilla

18) Durian (Durio zibethinus) : ed ecco il Ré dei Frutti, nonché uno dei frutti più amati e caratteristici del Sud-Est Asiatico. Il Durian è conosciuto per il suo odore (puzza secondo alcuni) ed in molti hotel è vietato introdurlo.
Devo dire che è un odore penetrante, ma se il frutto non è marcio non è così insopportabile, bisogna solo abituarsi.
Esternamente si presenta con una buccia che è una sorta di corazza, con lunghe spine appuntite, ma all'interno è contenuta una polpa soffice e cremosa. Il prezzo è mediamente elevato ed uno spicchio può costare anche l'equivalente di 5 euro. E' fondamentale sceglierlo maturo al punto giusto, se acerbo non sa di nulla e vi sembrerà di mangiar plastica, se quasi marcio, oltre a puzzare davvero tanto, ha un sapore pessimo.
Quando è maturo al punto giusto emana un odore (non un fetore), la polpa è bianca/gialla con consistenza cremosa e morbida (non liquescente).
Io ho assaggiato gli estremi (acerbo e quasi marcio), se vi capiterà questa condizione sarà bocciatura sicura. Fortunatamente l'ho mangiato anche a giusta maturità; in questo caso la polpa si scioglie in bocca e, sia per sapore che per consistenza, la paragonerei ad una crema di formaggio fuso, che dev'essere gustata a lungo prima di essere deglutita.

Durian Thailand

Quando Piantare i Tulipani ? - Coltivazione e Cure

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Tra i vari bulbi a fioritura primaverile, i Tulipani meritano un'attenzione particolare; essi sono infatti tra i più diffusi e conosciuti e sono variano per forma, dimensione, colore e periodo di fioritura.

In questo articolo, oltre a presentare una selezione di foto, vorrei cercare di dar risposta alle domande di chi si accingesse a coltivare Tulipani nel proprio giardino, o semplicemente in vaso; ma andiamo con ordine e facciamo un po' di chiarezza.

Tulipano Rosso a Petali Frastagliati

Origine e Diffusione :

Con il termine "Tulipano", indichiamo genericamente una tra le decine di specie del genere Tulipa, appartenente alle Liliaceae, una grande famiglia di piante da fiore.
Si pensa che i primi Tulipani fossero nativi delle regioni montagnose dell'Asia centrale, a cavallo tra Turchia, Iran, Afganistan e Pakistan, tuttavia oggi sono naturalizzati in molti altri paesi, tra cui l'Italia.

I primi bulbi di Tulipano arrivarono in Europa a metà '500. Fu il botanico Carolus Clusius, direttore dei giardini reali d'Olanda, che, tra fine '500 ed inizio '600, iniziò a studiarli, coltivarli ed ibridarli, ottenendo nuovi colori e sfumature.

A quell'epoca i Tulipani divennero un bene di lusso tra i nobili ed il loro prezzo crebbe enormemente, tanto che i bulbi di alcune varietà potevano costare quanto una casa. In molti lucrarono sulla loro compravendita, tale fenomeno ebbe un enorme impatto, tanto che oggi viene studiato in economia come la prima vera bolla speculativa del Capitalismo (la Bolla dei Tulipani).

Sebbene l'origine non sia Olandese, l'associazione Tulipani-Olanda è tutt'oggi nella mente di tutti ed in effetti questo piccolo Paese è tra i maggiori produttori ed esporta a livello mondiale.

Tulipani Rossi-Gialli

Coltivazione e Cure :


Quando Piantare i Tulipani ?

I Bulbi di Tulipano devono essere piantati nel periodo autunnale, indicativamente tra Ottobre e Novembre, prima che il terreno geli. Un periodo freddo è necessario per indurre una buona fioritura.
Essi resistono al gelo intenso, quindi (in Italia) non moriranno di freddo durante l'inverno ed, ai primi tepori primaverili, emetteranno nuove foglie.


Dove Si Devono Piantare i Tulipani ?

Sebbene siano notoriamente amanti del Sole, si possono coltivare bene anche con esposizioni a mezz'ombra e solitamente si accontentano della luce filtrata dalle foglie degli alberi.
Un'ottima soluzione, per chi non avesse del terreno in pieno Sole, è piantarli sotto alberi decidui, in quanto la fioritura dei Tulipani coinciderà con l'emissione delle nuove foglie delle piante.
I Tulipani potranno dunque godere di più Sole, essendo le foglie solo dei germogli.
I Tulipani crescono bene in tutta Italia, e possono essere coltivati dal Nord fino all'estremo Sud, sebbene sarebbe meglio evitare posizioni eccessivamente ventose.


Come Interrare i Bulbi di Tulipano ?

I bulbi vanno interrati ad una profondità di circa 15 cm (6 in), con piccole variazioni a seconda della grandezza del bulbo stesso e della lunghezza dello stelo fiorale. Mantenere almeno 5 cm (2 in) di distanza tra un bulbo e l'altro.


Quando Fioriscono i Tulipani ?

Le foglie iniziano ad emergere dal terreno già ad inizio marzo, ma la fioritura è successiva a quella dei Narcisi, e nel Nord Italia, avviene nel mese di Aprile. Tuttavia ci possono essere differenze di più settimane tra le varietà precoci e quelle tardive.

Foglie Tulipano
Bocciolo Tulipano

Fiori del Tulipano Classico

Si Possono Coltivare in Vaso ?

I Tulipani si possono agevolmente coltivare in vasi anche relativamente piccoli, usando terriccio fertile e drenante, ricordandosi di innaffiare ben più frequentemente rispetto a se si coltivassero in piena terra, nel giardino.
Ricordatevi di lasciare il vaso sul balcone o all'aperto, così da essere esposti al "prezioso" freddo invernale.


I Tulipani Vanno Espiantati e Ripiantati ?

Sebbene non soffrano il freddo, conviene rimuovere i bulbi ad inizio estate, quando le foglie saranno ingiallite (poco prima che secchino) e deporli in un luogo fresco, buio ed asciutto; per poi ripiantarli durante l'autunno.
I bulbi dei Tulipani si possono lasciare anche nel terreno, ma la maggior parte delle specie (e degli ibridi) non sono adatte all'inselvatichimento e, di anno in anno, fioriranno sempre meno, sino a produrre solo ed esclusivamente foglie.
In un terreno ricco (es. parzialmente argilloso) e ben concimato (con letame maturo), trascorreranno più stagioni prima che non vi sia più fioritura e, sporadici fiori, potranno spuntare anche dopo molti anni.

Alcune specie, come Tulipa clusiana o Tulipa silvestris, sono addirittura naturalizzate in Italia, ma in linea di principio, se si vogliono dei bulbi perenni, che fioriscano copiosamente ogni anno senza alcuna cura, è meglio orientarsi su Narcisi, BucanevePrimule o Papaveri.


Quali Sono le Malattie dei Tulipani ?

Questa specie è abbastanza rustica e resistente ai patogeni che, nella maggior parte dei casi, fanno solo danni minori; tuttavia la muffa Botrytis Tulipae può addirittura uccidere l'intera pianta.
Danni più o meno intesi possono essere anche causati da lumache, chiocciole, miriapodi (millepiedi) e le larve di diversi insetti, che attaccano il bulbo da sottoterra.

Si possono fare trattamenti con insetticidi od antifungini, ma nel complesso io non userei pesticidi, al più avrò un paio di fiori in meno, ma difficilmente verranno attaccati tutti i Tulipani piantati.

Interno Tulipano

Quali Sono le Principali Specie ?

Tulipa tarda, tulipano nano con fiore di color verdastro-giallo, alto solo 15 cm (6 in) .

Tulipa gesneriana, producono fiori di forma triangolare, di svariate sfumature di colori.

Tulipa × tschimganica, chiamato anche Tulipano Giglio, per via dei petali a forma snella ed allungata, ben distanziati tra loro, che ricordano appunto quelli del Giglio.

Tulipa agenensis : specie tipica del medio oriente, ma naturalizzata anche nel Mediterraneo. Produce fiori di color rosso intenso, con venature gialle e parte centrale nera.

Poi, nella realtà dei fatti, la grossa varietà presente sul mercato è stata fatta tramite incrocio e selezione.
Ibridando solo una ventina di specie si è ottenuto un numero praticamente infinito di varietà di Tulipano, con stelli lunghi o corti, con molti o pochi petali, a fioritura precoce o tardiva e di più o meno tutti i colori.

Tulipano Bianco

Tulipano Giallo

Tulipano Bianco a Petali Frastagliati

Tulipano Rosso-Arancione a Petali Frastagliati

Cedro del Libano (Cedrus libani) ed Atlantico (Cedrus atlantica) - Coltivazione e Riconoscimento

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Tra le Gimnosperme, la divisione delle Conifere è quella che conta il maggior numero di specie, nonché quella a noi più famigliare, dato che è tipica dei climi temperati.

Oggi vorrei parlarvi del Cedro del Libano (Cedrus libani) e del Cedro Atlantico (Cedrus atlantica), due piante mastodontiche, adatte ad essere cresciute solo in grandi giardini o parchi.
Il genere Cedro, da non confondere con l'agrume Cedro, appartiene alla famiglia delle Pinaceae (Pini) e si ritiene sia formato da 4 specie, sebbene vi sia ancora un certo dibattito tra gli scienziati, con alcune correnti di pensiero che suggeriscono vi siano solo 4 sottospecie di un'unica specie, il C. libani.

Tutte le specie di Cedro diventano alberi imponenti, alti e voluminosi, con un apparato radicale profondo ed espanso, in grado di esplorare il terreno su un'area talvolta superiore alla proiezione della chioma al suolo. Se state pensando di piantare un Cedro del Libano in giardino, ricordatevi di dargli il dovuto spazio.
Giusto per aver dei numeri, il Cedro può raggiungere i 45 metri (148 ft) di altezza, tuttavia, se cresciuti isolati, solitamente non superano i 30 metri (98 ft), dato che non devono competere per raggiungere la luce; quello che più "spaventa"è però il diametro che può raggiungere la chioma.
L'esemplare più grande della Toscana possiede un tronco con una circonferenza massima di 9 metri (30 ft) ed una chioma dal diametro di circa 45 metri, il che vuol dire che, ammettendo che sia di forma circolare, equivarrebbe ad una superficie rispetto al suolo di 140 metri quadrati (1500 fts).
Se non avete abbastanza spazio evitate di piantare Cedri, altrimenti, dopo 2-3 decenni, potreste essere costretti a spendere qualche migliaio di euro per farli abbattere.

Cedro del Libano

Chioma Cedro del Libano

Le diverse specie di cedro, che elencherò a breve, hanno piccole differenze nel portamento o nella forma/colore degli aghi, ma nel complesso sono difficili da distinguere, anche per via dell'elevato numero di ibridi interspecifici.


Le Specie di Cedro e La Loro Origine :

Cedro del Libano (Cedrus libani) : come facile intuire dal nome, questa conifera è nativa delle zone montagnose sparse tra Libano, Siria e Turchia ed è rappresentato sulla bandiera del Libano. Il clima è umido d'inverno e, sulle cime più elevate, vi sono copiose nevicate, mentre d'estate è caldo e molto arido. 
Il Cedro del Libano ha un portamento caratteristico, che lo fa distinguere facilmente dagli altri pini; in altre parole non ha la classica forma conica, tipica di un Abete per intenderci, bensì una chioma espanda, con diverse branche principali che, con l'età, possono raggiungere dimensioni ragguardevoli e, crescendo erette, danno a questo Cedro un portamento che ricorda molto quello di un candelabro
Pianta stupenda e davvero ornamentale, diffusa un po' ovunque, ma in particolar modo nelle zone miti ed umide del Nord Italia, come le rive del Lago Verbano. Gli aghi sono di color verde scuro e la parte alta della chioma tende ad appiattirsi con l'età.

Cedro Atlantico (Cedrus atlantica) : originario delle montagne presenti tra Marocco ed Algeria, ha solitamente uno sviluppo più contenuto rispetto al Cedrus libani, ma rimane comunque un albero molto grosso. Il portamento è tendenzialmente più conico, espanso in vecchi esemplari, ma con una forma generalmente piramidale. Le foglie (aghi) sono verde glauco, in alcune selezione sembrano quasi azzurrine; la specie è infatti nota anche come Cedro Argentato. Il Cedro Atlantico è tra i cedri più diffusi e, resistendo a temperature minime inferiori ai -20° C (-4° C), è più rustico del Cedro del Libano.

Cedro dell'Himalaya (Cedrus deodara) : nativo degli altopiani compresi tra Nord dell'India e Nepal, è più esigente (e forse per questo meno comune) rispetto alle due specie precedenti, oltre a crescere a latitudini inferiori a quelle del Mediterraneo. Il portamento è spiccatamente conico, con rami che formano un angolo di 90° rispetto al tronco principale. I rami laterali più grandi (alla base) possono essere leggermente piegati verso il basso, mentre i ramoscelli più esili sono leggermente penduli.
Il Cedro dell'Himalaya ha aghi che possono raggiungere i 5 cm (2 in) di lunghezza, circa il doppio rispetto a quelli del C. libani e C. atlantica, oltre ad essere anche più flessibili e "morbidi".
E' forse il Cedro più elegante e raffinato, ma probabilmente anche quello meno a suo agio nel clima italiano, dato che il suo habitat è influenzato dai monsoni e la stagione più calda coincide con quella delle piogge.

Cedro di Cipro (Cedrus brevifolia) : possiede le foglie più corte tra tutti i Cedri, ha una crescita più lenta ed uno sviluppo leggermente più contenuto. Presente sull'Isola di Cipro, forma boschi misti sino ad una quota di 1700 metri (5580 ft).

Fioritura Cedro

Pigna del Cedro
Botanica e Fisiologia :

Le foglie (aghi) sono di color e dimensione variabile a seconda della specie, mentre la vegetazione è piuttosto rada (in confronto ad altri Pini). Gli aghi possono essere solitari o più frequentemente raggruppati in ciuffi  con circa 20-30 aghi disposti concentricamente.
Il Cedro del Libano, ed in generale tutti i Cedri, sono piante molto longeve e possono vivere per più secoli, probabilmente anche 1000 anni. La maturità sessuale è tardiva e difficilmente si hanno buone "fioriture", prima di 40-50 anni.
In realtà, essendo i Cedri delle Gimnosperme, non si può parlare di veri fiori, ma di coni. Sia il Cedro del Libano che il Cedro Atlantico sono specie monoiche, ovvero un'unica pianta produce sia coni maschili, che coni femminili.
In Italia la fioritura avviene fuori stagione, ovvero in autunno, indicativamente tra Settembre ed Ottobre. I fiori (coni o strobili) sono solitari, color giallo-verdastro e con l'estremità piatta/incavata (tranne nel C. deodara, in cui è arrotondata). I coni maschili maturano leggermente prima di quelli femminili, sebbene vi sia solitamente una finestra temporale di sovrapposizione, quantomeno tra alberi diversi.
I frutti (che in realtà non sono frutti) sono delle Pigne ovali marroni, che richiedono sino a 2 anni per maturare (dall'impollinazione all'apertura/sfaldamento e dispersione dei semi).


Dove Può Crescere il Cedro del Libano ? - Coltivazione, Clima, Esposizione

Sia C. libani che C. atlantica sono specie che vivono in montagna, ma in zone relativamente miti, con estati calde e secche ed inverni freschi ed umidi.
Entrambe le specie hanno una buona resistenza al freddo (maggiore nel Cedro Atlantico), ma sicuramente inferiore rispetto ad altre conifere (vedi Larice).
Il Cedro dell'Himalaya è invece un po' più sensibile al gelo, ma non dovrebbe riportare grossi danni almeno sino a temperature di -15° C (5° F).

I Cedri si possono piantare più o meno in tutta Italia, escludendo le zone di alta montagna. Il Cedro del Libano e quello Atlantico sopportano bene la siccità estiva, ma per uno sviluppo ottimale sarebbe meglio non coltivarli laddove vi siano meno di 600 mm di pioggia all'anno.
Si ritiene che il Cedro del Libano sia leggermente più tollerante alla siccità, rispetto al Cedro Atlantico e più adatto alla coltivazione in pianura. Il Cedro dell'Himalaya è invece quello più sensibile alla carenza idrica (ricordo che è nativo di zone con estati piovose).

I Cedri sono tra le conifere che meglio sopportano l'inquinamento atmosferico, ma hanno una scarsa resistenza nei confronti della salsedine nell'aria, motivo che potrebbe limitarne la diffusione in zone particolarmente esposte ai venti provenienti dal mare.

Il Cedro è un albero adattabile a molti tipi di terreno, anche se sembra gradire maggiormente quelli drenanti e calcarei; inoltre è una specie eliofila ed è preferibile fornirgli un'esposizione in pieno Sole.

Un'ultima cosa, i Cedri (ed in generale i Pini) non devono essere potati, se si pensa che le dimensioni di una pianta adulta siano troppo grandi, evitate di piantarli.
Potature severe, oltre a facilitare l'insorgere di malattie, possono compromettere definitivamente la naturale forma di un Cedro.

Cedrus libani

Cedro Atlantico

Come Coltivare il Mango (Mangifera indica) in Italia ? - Crescita e Cure

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Il Mango (Mangifera indica) è, dopo la Banana, il frutto tropicale più coltivato al mondo. Esistono centinaia di cultivars di Mango, alcune locali, altre diffuse su scala mondiale, garantendo un'enorme varietà, sia in termini di sapore, sia per quanto riguarda il periodo di maturazione.

Ciò che in pochi sanno è che il Mango è una pianta subtropicale, non strettamente tropicale come il Durian, il Rambutan o il Mangostano.
Questa differenza non è irrilevante ed, a qualcuno di voi, potrebbe suggerire una bella domanda :

"E' possibile coltivare l'albero del Mango in Italia ?".

Fino agli anni '60 si riteneva che la coltivazione del Mango fosse impraticabile in Italia ed, in generale, in un po' tutto il bacino Mediterraneo; tuttavia negli anni a venire si iniziò a testare la reale resistenza al freddo di questa specie, piantando i primi esemplari in Sicilia. Ovviamente si scelsero le zone costiere più miti ed esenti da gelo.
I risultati furono incoraggianti e, sotto certi versi, sorprendenti: Mangifera indica, diversamente da specie come la Papaya, tollerava bene l'arresto vegetativo e sopportava sporadici abbassamenti di temperatura sino a 0° C (32° F).
Insomma, le zone costiere della Sicilia risultarono idonee alla crescita del Mango; ciò nonostante oggigiorno vi sono solo pochi impianti produttivi, prevalentemente concentrati sulla costa settentrionale, da Messina a Palermo.
Forse qualche imprenditore agricolo siciliano dovrebbe aver coraggio e piantare Mango, otterrebbe frutti dalle ottime qualità organolettiche, invece di essere costretto a lasciar marcire sugli alberi tonnellate di Arance, per non abbassare troppo il prezzo di vendita.

Frutti Mango
Origine e Diffusione :

Il Mango (Mangifera indica) è una specie arborea sempreverde appartenente alla famiglia delle Anacardiaceae ed è nativo dell'India, dove è coltivato da millenni e tutt'oggi viene considerato il "Re dei Frutti".
Questo albero venne importato in Jamaica a fine '700 e, nel 1800, si diffuse anche in diversi stati del Sud America (tra cui il Brasile, attualmente uno dei maggiori produttori di Mango al mondo) e nelle zone più miti degli Stati Uniti, come in Florida e nel Sud della California.

Del genere Mangifera, il Mango non è l'unica specie ad essere commestibile, ma è indubbiamente l'unica a vantare elevate qualità gustative, tanto da essere presente in tutte le zone tropicali e subtropicali del Mondo, dall'Australia, all'Africa, sino all'Asia ed all'America Latina.

Nel Bacino Mediterraneo i maggiori produttori sono la Spagna ed Israele e, da Agosto a Dicembre, si possono trovare in vendita (raramente) frutti "quasi" nostrani.

Mango alle Canarie

Com'è Fatta la Pianta del Mango ? - Botanica e Fisiologia :

Il Mango è una pianta che cresce su un unico tronco eretto e, nel suo habitat naturale, supera agevolmente i 30 m (98 feet) di altezza; tuttavia, nelle zone temperate calde od ai limiti delle zone subtropicali, le piante adulte hanno dimensioni più contenute. Il legno è duro, di color rossastro e talvolta utilizzato per fare mobili.

La chioma è solitamente espansa, "globosa" ed arrotondata, ma alberi cresciuti in foreste in cui vi è una fitta vegetazione tendono a spingersi in alto, limitando lo sviluppo dei rami nella parte bassa del tronco ed assumendo una chioma a "forma di ombrello".

Nuove Foglie Mangifera indicaLe foglie del Mango hanno una forma oblunga, sono lunghe sino a 35 cm e larghe in media 8 cm (14 & 3 inch). Da mature sono coriacee, verde intenso, con venature più chiare, mentre nella fase giovanile sono tenere, di color variabile tra viola, marroncino e rosso.
I nuovi flussi vegetativi sono davvero ornamentali e, per chi è abituato ad una flora temperata, inusuali.

Giovani Foglie MangoI piccoli fiori verdi-giallastri sono raggruppati in un'infiorescenza a forma di pannocchia, che emerge dalle gemme situate all'apice dei rami. Ogni infiorescenza, lunga sino a 60 cm (24 in), può contare oltre un migliaio di fiori, alcuni dei quali ermafroditi (in grado di dare frutti), mentre altri staminiferi, ovvero maschili (privi di pistillo), con l'unico compito di produrre polline.
Il rapporto tra fiori ermafroditi e fiori maschili dipende dalla cultivar, così come dalla temperatura durante il periodo di fioritura. Comunque sia, solo una piccola percentuale dei fiori si trasforma in frutto e raramente una pannocchia fiorale origina più di 3-4 frutti.
Il Mango è una pianta autofertile, il che permette la produzione anche con piante isolate od impianti mono-cultivar (tutte piante cloni tra loro). L'impollinazione avviene ad opera degli insetti pronubi e non costituisce un problema.

Ma quando fiorisce il Mango in Italia ?

La produzione di gemme a fiore, e la conseguente induzione della fioritura, è stimolata da uno stress di tipo abiotico.
Nelle zone temperate è il freddo (fresco) a stimolare la fioritura ed un periodo di almeno 4-6 settimane, con temperature notturne inferiori ai 15° C (59° F), permette un'abbondante fioritura. Questa è la condizione che si verifica in Italia, dove la fioritura avviene, indicativamente, ad inizio primavera.
Fioriture fuori stagione non sono affatto rare, il "fresco" di novembre e dicembre potrebbe già esser sufficiente e, se ci fosse un gennaio particolarmente soleggiato e mite, il Mango potrebbe esser tratto in inganno.

Nelle zone più tropicali, con poche escursioni termiche stagionali, lo stress è rappresentato dalla siccità. Qui la fioritura non è indotta dalla temperatura, bensì dall'assenza di acqua.

Nel suo habitat ideale, zone subtropicali (es. Nord India), le due cose si potrebbero sommare, in quanto il periodo secco coincide con quello più "fresco".

In zone tropicali senza periodi siccitosi, la fioritura potrebbe essere scarsa ed altalenante.

Infiorescenza Fioritura Mango
Il frutto del Mangoè una drupa contenente un unico seme. Generalmente ha una forma ovale (a fagiolo), con un andamento ad "S" più o meno pronunciato (molto evidente nel clone Nam dok mai), sebbene ci possano essere sostanziali differenze tra le varietà.
Il peso varia da 50 gr (0,35 lb) sino a 2 kg (4,4 lb), anche se commercialmente sono mediamente di 400 gr (0,9 lb).
I frutti immaturi sono color verde, mentre quelli maturi spaziano dal giallo/verde, al rosso, con sfumature di diverse tonalità di viola/arancione, anche in funzione della diretta esposizione ai raggi solari.
Il profumo può essere molto intenso, lieve o assente. La polpa interna è gialla, dal sapore dolce, con una consistenza che può essere fibrosa o meno, a seconda della pianta.
In Italia (Sicilia) le cultivars più precoci iniziano a maturare i frutti da Agosto, mentre le ultime tra Novembre e Dicembre.

I grossi frutti sono anche molto ornamentali, sia per i colori sgargianti, sia perché rimangono a lungo appesi a ciò che rimane della lunga infiorescenza, facendoli sembrare quasi "impiccati".

Frutticini Mangifera indicaIl semeè a forma appiattita ed, a seconda della cultivar, possono appartenere a due categorie distinte. Esistono infatti semi mono-embrionici o poli-embrionici. I primi sono semi con un unico embrione, derivante dalla fusione di un gamete maschile ed uno femminile (riproduzione sessuata), mentre i secondi contengono molti embrioni, la maggior parte dei quali nucellari, ovvero derivanti esclusivamente da cellule somatiche della pianta madre (riproduzione asessuata). Tradotto in parole povere, i semi monoembrionici sono come i classici semi che troviamo nella maggior parte delle angiosperme e, se piantati, daranno origine ad una pianta diversa rispetto alla pianta madre.
I semi poliembrionici contengono un embrione simile a quello dei monoembrionici, ma anche molti altri (embrioni nucellari) che sono dei cloni identici della pianta che li ha generati. Seminandoli si avrà un'alta probabilità che germogli un embrione nucellare e che quindi si riproduca l'esatta cultivar (clone), senza dover passare dall'innesto.
Questa peculiarità è tipica del Mango e di molti Agrumi, ma è pressoché assente nelle altre piante da frutto.

Nuove Foglie Mangifera indicaL'apparato radicale del Mango ha uno sviluppo iniziale a fittone, per espandersi successivamente. Per questo motivo piantine coltivate in vaso, specie se ottenute da semina, devono crescere in un vaso più alto che largo.
Nel complesso possiede radici possenti, profonde ed espanse oltre la proiezione della chioma sul suolo. La crescita delle radici è massima durante il periodo delle piogge e rallenta quando vi è un importante flusso vegetativo : il picco di produzione delle foglie coincide con il picco negativo di crescita radicale. La pianta concentra le proprie energie alternando fasi di crescita aerea a fasi di crescita sotterranea.

Mangifera indica


Come Crescere la Pianta del Mango ? - Coltivazione, Esposizione, Potatura e Cure

Il Mango si può piantare in aree "frost free" (esenti da gelo), in cui la media delle temperature minime del mese più freddo siano di almeno 8° C (46° F) e quella delle massime di 15° C (59° F).
In Italia, oltre alle coste Siciliane e Calabresi, se ne potrebbe tentare la coltivazione nei punti più riparati del ponente Ligure e della Campania, mentre sarebbe molto a rischio anche nell'estremo Sud della Puglia.
In Italia il periodo migliore per la piantumazione di un Mango in piena terra è l'inizio della primavera, in modo che abbia un'intera estate per crescere e rafforzarsi, prima dell'arrivo del freddo.
Sebbene il Mango non sia tra le piante più adatte ad essere cresciute in vaso, è consigliabile coltivarlo in vaso per i primi 2-3 anni di vita, riparandolo dal freddo (in serra calda, non in casa) durante la brutta stagione, così da poterlo piantare solo quando sarà sufficiente grande per trascorrere l'inverno all'aperto (sempre in zone in cui non geli).

Sebbene in letteratura si trovi scritto che il Mango possa resistere al freddo sino pochi gradi sotto zero, e c'è chi suggerisce addirittura -4°C (25° F)  per piante adulte, si dovrebbe prendere 0° C (32° F) come temperatura limite, già a -1° C (30° F) i danni da freddo possono essere ingenti, con vistose bruciature alle foglie.
A temperature inferiori, se di brevissima durata, si potrebbe avere una totale defogliazione, ma in linea di massima un'intera notte a -3° C (26,5° F) comporta la morte di una pianta adulta.
Anche temperature costantemente basse, seppure sopra lo zero, potrebbero far deperire la pianta e renderla più soggetta all'attacco di funghi patogeni.
Per contro il Mango resiste molto bene al caldo e può tollerare temperature massime che superano i 40° C (104° F).

Il Mango ama esposizioni assolate ed, in Italia, conviene piantarlo nella zona più calda che si ha a disposizione (es. muro esposto a Sud). Posizioni in ombra sono assolutamente da evitare.

Nel suo habitat naturale Mangifera indica fiorisce sul finir della stagione secca (che è anche la più fresca). Per questo motivo i suoi fiori sono piuttosto delicati e sensibili all'eccessiva umidità atmosferica, la quale provoca malattie fungine, con prematura cascola dei fiori/frutticini.
E' dunque fondamentale che durante il periodo di fioritura (in Italia la primavera) non vi siano eccessive piogge; è inoltre utile sapere che se le temperature sono inferiori ai 10° C (50° F) i fiori producono polline sterile, incapace di fecondare l'ovulo.

Il frutto del Mango, a seconda della varietà e delle condizioni climatiche,  impiega dai 3 ai 6 mesi per maturare, con una raccolta leggermente scalare.
Nelle zone subtropicali la maturazione avviene nei mesi più caldi dell'anno, mentre in Italia avviene tra fine estate (da metà Agosto) e fine autunno (Novembre).
Nelle zone equatoriali, dove si possono avere più fioriture l'anno, ci sono più periodi di maturazione.

In zone tropicali, un grosso albero di Mango può produrre sino a 330 kg (660 lb) di frutta durante la stagione di "carica", ma solo pochi frutti durante quella di "scarica".
La specie è infatti soggetta all'alternanza di produzione, soprattutto se abbandonata a sé.

Il Mango è nativo di zone in cui vi sono anche 6 mesi consecutivi di siccità all'anno, per questo motivo, una volta affrancato, avrà bisogno di minime innaffiature, resistendo tranquillamente al secco estivo.
Durante i primi anni d'impianto, invece, una buona irrigazione favorirà una rapida crescita.

Questa fruttifera tropicale è adattabile in quanto a composizione chimica del terreno, potendo crescere su un'ampia gamma. Le produzioni migliori si hanno in suoli leggermente sabbiosi e ben drenanti. La maggior parte dei portainnesti per il mango hanno una scarsa tolleranza alla salinità del terreno.

Il Mango è una pianta abbastanza resistente ai patogeni e, nelle zone vocate, sono poche le malattie a cui va incontro.
In Italia, durante la stasi vegetativa invernale, il freddo, unito all'umidità, potrebbe facilitare l'insorgere di malattie, per tanto si consiglia un trattamento antifungino.
Durante i mesi caldi, sulle foglie della nuova vegetazione (più tenere e delicate) possono verificarsi attacchi di Oidio (Mal Bianco).
I frutti quasi maturi possono essere colpiti dalla nota mosca della frutta, una strategia per combattere questo insetto è "incappucciare" i frutti prossimi alla maturazione.

Il Mango, in terreni fertili, non ha bisogno di grandi concimazioni, un eccessivo uso di fertilizzanti (specie se ricchi di Azoto) favorirà la produzione di foglie, a discapito di frutti/fiori.

M. indicaè una specie che tollera anche drastiche potature, ritornando a produrre nel giro di un paio di stagioni. Nei primi anni dall'impianto si attua una potatura di formazione, favorendo la crescita di 3 branche principali, disposte a circa 120° tra di loro.
Nella fase adulta, la potatura del Mango si effettua ogni 1-2 anni ed è volta a rimuovere i rami più interni (o morti), per arieggiare la chioma (riduce l'umidità e quindi le malattie fungine) ed a contenere le dimensioni (Manghi coltivati raramente vengono fatti crescere oltre 4-5 metri di altezza).

La potatura si può effettuare durante il periodo di arresto vegetativo, ed è utile ricordarsi che il Mango produce i fiori/frutti da gemme situate all'apice della nuova vegetazione.
Infine sappiate che i rami del mango si sviluppano in nodi (corona di gemme), ovvero porzioni di legno in cui le foglie sono ravvicinate e disposte circolarmente. Tra un nodo e l'altro è presente un'unità inter-nodale, in cui le foglie sono ben distanziate.
Tagli sopra il nodo risveglieranno le numerose (e ravvicinate) gemme del nodo, determinando lo sviluppo di 8-10 nuovi germogli. Tagli appena sotto un nodo, invece, favoriranno l'emissione di solo 3-4 germogli.

Piantina di Mango in Vaso

Come Si Riproduce il Mango ? - Moltiplicazione e Varietà

Il Mango viene propagato per semina (soprattutto nelle cultivars poli-embrioniche) o tramite innesto.
Il seme deve esser prelevato da frutti maturi, meglio se grossi, sani e che non siano stati refrigerati, ricordandosi che i semi del Mango si conservano per breve tempo e sono soggetti all'attacco di funghi.
Per una più alta probabilità di germinazione si consiglia di rimuovere la parte interna del seme dall'endocarpo, facendo molta attenzione a non danneggiarla.

I semi vanno piantatati in vaso e ricoperti con terra per circa 2-3 cm (1 in). La semina all'aperto, in Italia, non dovrà esser fatta prima di maggio ed il vaso andrà tenuto a mezz'ombra, con terreno umido. Ricordatevi che dai semi mono-embrionici avrete un solo germoglio, corrispondente ad una pianta diversa rispetto alla madre, mentre dai semi poli-embrionici avrete molti germogli, di cui tutti cloni della pianta madre tranne uno.
Scegliete 3-4 germogli tra i più vigorosi (solitamente lo zigote ha meno vigore) e trapiantateli in vasi singoli.

La riproduzione per via vegetativa è l'unica che permette di ottenere cloni da varietà mono-embrioniche.
Il Mango viene propagato tramite innesto su franco (= portainnesto è Mangifera indica) durante i mesi più miti dell'anno, in cui vi sia crescita vegetativa.
Si può optare per il classico innesto a "V", avendo cura di rimuovere le foglie dal nesto (aiuta a non disidratarlo) e facendo combaciare il cambio di entrambe le parti (nesto-portainnesto) affinché si possano saldare.

La prima fioritura avviene dopo un paio d'anni dall'innesto (talvolta meno), ma è meglio togliere i frutti per far irrobustire la pianta.
Il Mango è una pianta longeva e può avere un'ottima produzione anche a 100 anni di età.

Esistono centinaia di varietà di Mango, qui elencherò solo quelle più comuni, che si possono (potrebbero) trovare in Italia :

Mango "Kensington Pride" : selezionato in Australia, intorno agli anni '60. E' probabilmente la varietà più diffusa al mondo, nonché la prima ad essere introdotta in via sperimentale in Italia (Sicilia). Frutto medio-grande, color giallo pallido, con lievi arrossamenti. Polpa mediamente fibrosa, dal buon sapore leggermente speziato. Maturazione medio-precoce (tra fine Agosto e Settembre, in Sicilia).

Mango "Glenn" : originario della Florida, questo albero ha un portamento compatto ed una chioma tondeggiante. Il frutto è giallo, ma ben colorato (rosso, arancione) nella parte rivolta verso il sole. Il sapore è ottimo e l'assenza di fibra, unita al bell'aspetto del frutto maturo, lo rende di gran valore commerciale. Matura precocemente, già ad inizio Agosto in Sicilia.

Mango "Tommy Atkins" : sebbene non sia tra i Manghi più saporiti, è uno dei più venduti a livello mondiale. Questo perché resiste molto bene al trasporto, è conservabile a lungo ed ha una buccia viola, molto attraente per il consumatore. Epoca di maturazione medio-precoce.

Mango "Keitt" : pianta dal portamento aperto (poco compatto), ma molto produttiva. Produce frutti poco colorati (verdi), ma molto grandi e dal profumo inteso. La polpa è dolce, leggermente pungente e priva di fibre. Maturazione tardiva, in Sicilia, tra Ottobre e Novembre.

Mango "Osteen" : pianta vigorosa, espansa. Produce un frutto di medie dimensioni, ottimo sapore, quasi privo di fibre. Matura tra Settembre ed Ottobre.

Mango "Kent" : albero a portamento assurgente. Produce frutti medio-grossi, giallo-verdi con leggere sfumature rosse. La polpa è dolce, con un gusto complesso. Ideale per l'hobbista, ma poco indicato per l'imprenditore, dato che i frutti maturi sono poco conservabili. Maturazione tardiva.

Mango in Thailandia


Allegagione Mango

Manghi Gialli Thailandesi
Frutti e Legno

Cosa Sono le Angiosperme (Piante a Fiore) ? - Classificazione ed Evoluzione

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Il nostro percorso evolutivo era iniziato parlando delle Briofite (es. Muschi), le prime piante a conquistare la terraferma, passando poi alle Pteridofite (es. Felci), le prime ad aver tessuti vascolarizzati, che permisero loro di elevarsi, sviluppandosi in altezza.

Ma le piante che in assoluto raggiungono le maggiori dimensioni appartengono alle Gimnosperme (piante a seme nudo) o alle Angiosperme (piante a fiore), di cui parlerò in questo articolo.

Le Angiosperme, come del resto le Gimnosperme, sono piante Spermatofite, ovvero in grado di produrre il Seme; tuttavia, le due divisioni hanno differenze abissali.

Nelle Gimnosperme, pensate per esempio ai pinoli nella pigna di una Conifera, il seme è "nudo", a contatto con l'ambiente esterno, mentre  nelle Angiosperme è avvolto (e protetto) dal frutto.
L'altra grossa differenza è la comparsa del Fiore, in grado di attirare gli insetti pronubi, responsabili di un'efficiente impollinazione. Ricordo che nelle Gimnosperme l'impollinazione è anemofila (ad opera del vento).

Le Angiosperme hanno almeno due grossi vantaggi rispetto alle altre specie vegetali : il primo è che il frutto attrae gli animali che, mangiandolo, disperdono i semi, anche lontano dalla pianta madre; il secondo è il fiore, che assegna il suo polline a postini estremamente affidabili (le Api).

Le Angiosperme, chiamate anche Magnoliofite, fecero la loro comparsa circa 200 milioni di anni fa ed il vantaggio evolutivo permise loro di prendere il sopravvento, tanto che oggi esistono oltre 250.000 specie di Angiosperme, giusto per intenderci per ogni specie di Gimnosperma ci sono 250 specie di Angiosperme.

Le piante a fiore sono diversissime tra loro, alcune possono essere alte pochi centimetri, altre sfiorare i 100 metri di altezza (Eucalyptus regnans); alcune vivono un'unica stagione, altre per migliaia di anni (Olea europaea). Insomma, si intuisce che studiarne la filogenesi e la sistematica è un compito arduo, ma cerchiamo di dare un'infarinatura, più che altro illustrando le principali famiglie.

Angiosperme in Fiore

Le Magnoliofite (Angiosperme) di suddividono in due classi : 

Liliopsida (Monocotiledoni) 

Sono piante il cui germoglio è costituito da un'unica foglia. Tutte le sue specie sono erbacee e non formano legno. Producono radici fascicolate, hanno per lo più vita breve e raggiungono dimensioni contenute, sebbene esistano specie alte e longeve.

Nonostante sia seconda per numero di specie, la famiglia delle Gramineae (Graminacee) è quella più diffusa, nonché quella che probabilmente produce la maggior quantità di biomassa.
Buona parte delle specie vegetali che crescono nel vostro prato erboso sono Graminacee, la loro comparsa sulla Terra permise la formazione di un nuovo bioma (le praterie), spianando la strada all'evoluzione dei grandi mammiferi erbivori. 
Le Graminacee sono per lo più piante stagionali, che raggruppano i fiori in un'unica lunga infiorescenza. Esse ricoprono un ruolo primario anche nella nostra alimentazione, basti pensare che tutti i Cereali, come il Riso (Oryza sativa) od il Grano (Triticum aestivum), appartengono a questa famiglia. Esistono però anche Graminacee perenni, dalla crescita estremamente rapida, come il Bambù.

Spiga di Grano

Bambù

La famiglia che conta il maggior numero di specie (circa 25.000, secondo alcuni molte di più) è però quella delle Orchidaceae.
Le Orchidee sono dei fiori bellissimi, talvolta coltivati anche in appartamento, ma le diverse specie hanno differenze sostanziali. Buona parte delle Orchidee sono dotate di radici aeree e vivono come epifite arrampicandosi sul tronco degli alberi, catturando acqua e nutrienti dall'ambiente esterno e non dal suolo. Sebbene le Orchidee abbiano una distribuzione prevalentemente tropicale, circa il 15% delle specie vive in zone temperate, dove tendono a sviluppare radici sotterranee, più che aeree.
In Italia esistono diverse specie di Orchidee selvatiche, tra cui : Orchis purpureaAnacamptis collinaSerapias linguaCephalanthera damasoniumCypripedium calceolusEpipactis helleborineOphrys apifera.

Orchidee Tropicali

Ophrys apifera

Tre famiglie, Liliaceae, Amaryllidaceae ed Iridaceae, comprendono invece molte bulbose a fiore, di notevole interesse ornamentale (e commerciale).
Tra di esse ci sono innumerevoli specie di Giglio, Fritillaria, nonché di Tulipano (famiglia Liliaceae), Amaryllis belladonna, Nerine, Aglio (a fiore o commestibile), Narcisi e Bucaneve (famiglia Amaryllidaceae) ed infine, Crocus, Gladioli, Iris Freesie (famiglia Iridaceae).

Narcisi

Tulipani
Sebbene all'apparenza possano trarre in inganno, tutte le Palme (famiglia Palmaceae, sin. Arecaceae) sono monocotiledoni.
Le oltre 2500 specie di palme crescono prevalentemente in zone tropicali, ma alcune si spingono sino alle medie latitudini, in zone temperate.
Sebbene coltivate di norma a scopo ornamentale, alcune specie producono frutti commestibili, come la Palma da Cocco (Cocos nucifera) e la Palma da Dattero (Phoenix dactylifera).

Alla categoria delle monocotiledoni appartengono anche molte piante officinale od ornamentali, come le Aloe, le Agavi e le Strelitzie.

Palme

Agavi

Sebbene la maggior parte dei frutti che mangiamo provengano da piante dicotiledoni, un paio di famiglie (MusaceaeBromeliaceae) hanno al proprio interno specie dall'alto valore commerciale, sto parlando delle Banane e dell'Ananas, rispettivamente.

Tra le due classi, Liliopsida è quella che conta il minor numero di specie ("solo" 60.000), ma probabilmente il maggior numero di individui.

Campo di Ananas

Magnoliopsida (Dicotiledoni) :

Comprende la maggior parte degli alberi, le diverse specie possono esser sia erbacee, sia legnose e, di norma, sviluppano radici inizialmente a fittone, che possono diventare fascicolate con l'età.
Dai semi germogliano 2 foglioline (2 cotiledoni = dicotiledoni). Esistono circa 190.000 specie di Magnoliopsida.

La famiglia delle Asteraceae (sin. Compositae), con circa 30.000 specie, è quella più grande tra i Dicotiledoni e, a seconda delle correnti di pensiero, si contende il primato con le Orchidee, come famiglia col maggior numero di specie tra le Angiosperme.
Le Asteraceae hanno un'ampia distribuzione geografica e sono presenti in tutto il mondo ad eccezione dell'Antartide.
Le diverse specie crescono dalla Tundra, sino alle zone Tropicali. Ad esempio, l'Artemisia glacialis, dalla quale si ricava un ottimo liquore, cresce sulle Alpi ad oltre 2.000 metri di quota (6560 ft), così come la famosa Stella Alpina (Leontopodium alpinum), mentre la Carlina corymbosaè tipica dei prati aridi del Sud Italia.
Altre specie sono invece tropicali, come la Bidens campylotheca, endemica delle isole Hawaii o la Chrysactinia mexicana, nativa del Messico.

Sebbene siano tendenzialmente piante a portamento compatto ed erbacee, alcune possono essere arboree, come la Wunderlichia mirabilis, di origine brasiliana, o la Brachylaena discolor dall'Africa, che diventano veri e propri alberi, alti anche oltre 5 metri (16 ft).

Le Asteraceae ricoprono enorme importanza anche a livello alimentare, a questa famiglia appartengono infatti molto ortaggi a foglia, come Lattuga (Lactuca sativa) e Radicchio (Cichorium intybus) o specie dai cui semi è possibile ricavare l'Olio di Girasole (Helianthus annuus).

I fiori di altre Asteraceae sono usati in erboristeria, Camomilla (Matricaria chamomilla), o in cucina, Carciofo (Cynara cardunculus), od infine a scopo ornamentale, come le Dahlie.

Stella Alpina

Brachylaena discolor

Fiore Dalia
L'immensa famiglia delle Fabaceae, volgarmente nota come Leguminose, comprende quasi 20.000 specie, alcune delle quali di grande valore per l'uomo.

Di norma le foglie sono alternate, palmate o più frequentemente composte, ovvero ogni foglia è formata da più foglioline disposte lungo l'asse principale.
Il frutto è un altro elemento che accomuna tutte le Fabaceae; questo è infatti un baccello, che può presentare strozzature più o meno evidenti,  in cui sono racchiusi i semi.
Altra caratteristica tipica di molte Leguminose è la simbiosi che si instaura tra le loro radici ed il batterio Rhizobium leguminosarum, il quale permette la fissazione dell'azoto atmosferico. Questo rende molte specie particolarmente indicate per il sovescio e per l'arricchimento di un terreno povero di Azoto.

La distribuzione è ampia e le diverse specie crescono in tutti i continenti, ad esclusione dell'Antartide. Con un così alto numero di specie, si ha un'elevata variabilità, si passa dalla Oxytropis lambertii, un'erba perenne nativa della gelida pianura canadese, sino al Tamarindo (Tamarindus indica), un imponente albero originario dell'Africa tropicale, i cui frutti sono impiegati nella cucina asiatica, ma anche mangiati tal quali.

Tutti i Legumi, così ricchi di ferro ed importanti per la nostra dieta, sono Fabaceae. Giusto per citare i più comuni, facili da coltivare anche nell'orto domestico, direi : Piselli (Pisum sativum), Fagioli (Phaseolus vulgaris), Fave (Vicia faba).

Alcune delle piante più rappresentative della nostra Macchia Mediterranea sono Fabacee, mi riferisco in particolar modo al Carrubo (Ceratonia siliqua), pianta ornamentale dalla chioma espansa che produce baccelli eduli, utilizzati anche l'alimentazione equina ed alla Ginestra di Spagna (Spartium junceum), arbusto che produce vistosi fiori gialli, usati nell'industria dei profumi.
La Robinia (Robinia pseudoacacia), una Fabaceae importata dagli USA sta diventano una pianta infestante, soprattutto nel Nord Italia dove, grazie alla rapida crescita, sta soffocando diverse specie autoctone.

Infine non dimentichiamoci che fanno parte di questa famiglia anche piante ornamentali diffuse in tutta Italia. Pensate al fiore simbolo della Festa della Donna, prodotto dalla Mimosa (Acacia dealbata) od ai bellissimi fiori estivi dell'Acacia di Costantinopoli (Albizia julibrissin) od ancora ai profumati fiori color viola del Glicine (Wisteria floribunda), un vigoroso rampicante.

Fagioli

Frutti Carrubbo

Ginestra

Glicine

La famiglia delle Rosaceae, sebbene diffusa in tutto il mondo, ha la sua massima concentrazione nelle zone temperate dell'emisfero boreale. I fiori, di norma, sono composti da 5 petali (tipicamente bianchi), disposti simmetricamente ad angolo giro (a "stella"); tuttavia esistono delle eccezioni, come moltissime selezioni di Rose, dotate di innumerevoli petali, di più o meno tutti i colori.

Le Rosaceae contano oltre 3000 specie ed alcune ricoprono un ruolo economico rilevante, infatti appartengono a questa famiglia buona parte delle piante da frutto decidue, tipiche dei climi temperati e freddi, come il Ciliegio (Prunus avium), l'Albicocco (Prunus armeniaca), Pero (Pyrus communis) od il Mandorlo (Prunus dulcis).
Esistono altre fruttifere, apparentemente molto lontane dalle Rosaceae sin qui discusse; alcune a portamento erbaceo e prive di fusto (es. Fragole), altre biennali, come i Lamponi (Rubus idaeus), altre ancora piante sempreverdi, come il Nespolo Giapponese (Eriobotrya japonica).

Fiori di Fragola

Fiore Rosaceae

La famiglia delle Rutaceae comprende circa 1600 specie distribuite prevalentemente in zone tropicali e subtropicali. Ciò nonostante molte specie si sono perfettamente adattate al clima mediterraneo ed, ormai da secoli, prosperano nel mezzogiorno. Mi sto ovviamente riferendo agli Agrumi, come ad esempio l'Arancio Dolce (Citrus sinensis), il Limone (Citrus limon) ed il Cedro (Citrus medica).
Sebbene la maggior parte degli Agrumi siano piante sempreverdi che amano un clima mite, esiste anche il Poncirus trifoliata, un agrume deciduo che resiste tranquillamente al gelo intenso del Nord Italia.

La Ruta Comune (Ruta graveolens) è un'erba aromatica che cresce spontanea in Italia, ma è anche facilmente coltivabile grazie alla sua ottima resistenza alla siccità ed al caldo.
Viene usata per aromatizzare la grappa e la selvaggina.

Un'altra specie, Skimmia japonica, è invece un arbusto molto diffuso, sia per l'elevato valore ornamentale, sia per la copiosa fioritura che emana una delicata fragranza.

Cedro

Arancio Dolce

Ruta graveolens

Le Myrtaceae comprendono quasi 6000 specie diffuse prevalentemente nelle zone tropicali o subtropicali.
Sebbene molto diverse tra loro, sia per dimensioni che per portamento, le diverse Mirtacee hanno dei tratti in comune; esse sono infatti piante legnose, sempreverdi e fiori caratterizzati da un elevatissimo numero di stami (parte maschile), inoltre dal legno di molte specie è possibile estrarre Oli essenziali.

All'interno di questa famiglia, il genere Eucalyptus conta circa 600 specie, che compongono quella che è la flora dell'Oceania.
Gli Eucalipti sono piante arboree, di grandi dimensioni, che crescono su un unico tronco, più raramente sono arbustivi e multi-tronco (es. E. platypus ed E. brachycalyx)
In molte specie la corteccia morta si sfalda, ma rimane attaccata al tronco liscio, conferendo un aspetto quasi "mimetico" e cromatico. Ne son un esempio le specie E. radiata ed E. diversicolor, ma il tronco più spettacolare è sicuramente quello dell'Eucalipto Arcobaleno (E. deglupta), una specie tropicale dotata di una corteccia multicolore, con scaglie che possono esser rosse, gialle, verdi o marroni, ma anche di colori decisamente più inusuali, come blu, viola ed arancione.

Gli Eucalipti detengono un record : la specie Eucalyptus regnans, nativa della Tasmania, è in assoluto l'Angiosperma che raggiunge le maggiori dimensioni, il record mondiale di altezza è infatti detenuto da un esemplare alto ben 99.6 m (327 ft); per altri Record nel Regno Vegetale, clicca qui.

Eucalyptus deglupta

Una Myrtaceae a noi molto comune è il Mirto (Myrtus communis), da non confondere con il Mirtillo. Questo arbusto è tipico della Macchia Mediterranea e, oltre ad essere ornamentale per la splendida fioritura, produce anche bacche blu-nerastre dalle quali si ricava il famoso liquore "Mirto".

Un'altra pianta molto ornamentale è la Feijoa (Acca sellowiana), che produce splendidi fiori, oltre ad un frutto edule, molto apprezzato in Nuova Zelanda.

Fiori di Mirto

Molte specie del genere Psidium producono ottimi frutti, come il Guava (Psidium guajava), coltivato in tutte le zone tropicali del mondo. Altri frutti sono diffusi a livello locale, come quelli dell'Eugenia uniflora, anche chiamata Ciliegia del Brasile o ancora quelli della Jabuticapa (Plinia cauliflora), che crescono sul tronco principale, talvolta talmente fitti da coprire buona parte della corteccia.

Plinia cauliflora

Psidium guajava
Le Ericaceae sono un'altra immensa famiglia, con oltre 4500 specie. Le differenze tra le specie sono notevoli, esistono infatti Ericaceae sempreverdi o decidue, erbacee od arboree, arbusti od alberi; tuttavia un tratto accomuna molte di esse, ovvero il fiore dalla tipica forma a "campanella".

Talvolta parliamo generica di piante Acidofile, per indicare quel tipo di piante in grado di prosperare in ambienti semi-ombrosi, umidi e soprattutto con suolo acido. Buona parte di queste specie sono in realtà Ericaceae. Alcuni esempi sono l'Erica carnea, una pianta a sviluppo limitato e portamento quasi tappezzante che, sul finir dell'inverno, si ricopre di centinaia di minuscoli fiorellini bianchi o rosa, oppure Pieris japonica, che può superare il metro (3.33 ft) di altezza e produce lunghe infiorescenze sulle quali, durante la primavera, sbocciano numero fiori, o la Kalmia angustifolia, piccolo arbusto che produce fiori rosa, con il "foro della campana" rivolto verso l'alto ed infine le Azalee ed i fantastici Rododendri.

Altre specie, invece, non sono strettamente acidofile e si possono sviluppare anche su terreni calcarei e poveri. Un esempio è il Corbezzolo (Arbutus unedo), pianta sempreverde, tipica della macchia Mediterranea che fiorisce in autunno.

Di gran valore economico ed alimentare sono le diverse specie di Mirtillo (Rosso, Blu, Gigante Americano) che, da brave Ericaceae, si sviluppano al meglio su terreni acidi, tipici dei boschi di montagna.

Rododendro

Corbezzolo

Se pensiamo ai deserti od agli ambienti molto aridi non ci può che venir in mente il Cactus. In realtà Cactus è un nome molto generico e si riferisce, solitamente, ad una delle oltre 3000 specie della famiglia delle Cactaceae, per lo più originarie dell'America.

Queste piante, di norma, accumulano acqua nei tessuti, inoltre le foglie si son trasformate in spine, un adattamento evolutivo ad ambienti xerici; tuttavia alcune specie, come Pereskia aculeata, sviluppano anche foglie.
Molti Cactus producono fiori dai colori sgargianti, sproporzionatamente grandi rispetto alle dimensioni della pianta stessa.

Sebbene buona parte delle specie prosperino in ambienti caldi, alcune Cactaceae si son evolute per sopravvivere a periodi di gelo, come Rebutia minuscula, nativa delle Ande.
Le dimensioni sono molto variabili, dai giganti Pachycereus pringlei  e Carnegiea gigantea, che possono superare i 18 metri (59 ft) di altezza, sino alla Blossfeldia liliputana, che non cresce oltre 15 mm (0.2 in).

Molti specie del genere Opuntia fanno frutti commestibili, ma l'unico che merita di esser coltivato per i suoi frutti è il Fico d'India (Opuntia ficus-indica).
Più specie del genere Cereus sono diffuse nel Sud Italia come piante ornamentale, come il Cereus repandus ed il Cereus peruvianus, che produce anche frutti eduli.

Un'altra cactaceae coltivata come pianta da frutto è la Pitaya (Hylocereus undatus), tuttavia è una specie subtropicale ed, in Italia, si può coltivare solo negli angoli più miti, dove le gelate siano rare e lievissime.

Esistono anche specie epifite, come la Rhipsalis paradoxa, pianta rampicante che cresce sui tronchi degli alberi della foresta brasiliana.

Carnegiea gigantea

Rebutia minuscula

Hylocereus undatus

La famiglia delle Solanaceaeè composta da circa 3000 specie, alcune delle quali sono i più comuni ortaggi, come Pomodori, Melanzane, Peperoni e Patate.
Altre specie, invece, producono droghe (Tabacco), sostanze tossiche, od addirittura allucinogene (Atropa belladonna o Mandragora autumnalis).

Buona parte delle Solanaceae sono native del nuovo mondo, come il Tamarillo (Cyphomandra betacea), pianta poco longeva che produce frutti simili a pomodori o l'Alchechengio (Physalis alkekengi), ortaggio che produce frutti arancioni, racchiusi in un involucro molto ornamentale, a forma di lanterna. Esistono anche Solanaceae non americane, come il Goji (Lycium barbarum), le cui bacche essiccate sono ormai diventate comuni in tutti i negozi di alimentari ed erboristerie.

Non mancano neppure bellissime piante ornamentali, come la Brugmansia suaveolens, arbusto brasiliano che produce grossi fiori dai colori sgargianti.

Pianta di Pomodoro

Physalis alkekengi

Brugmansia suaveolens

Le Moraceae, che nulla ha a che vedere con le More (che sono Rosaceae) è un famiglia con circa 1100 specie, distribuite nelle zone calde del Mondo.
All'interno di questa famiglia, il genere Ficus è quello più grande, con ben 750 specie. Tra di esse possiamo citare il Fico (Ficus carica), nota pianta da frutto mediterranea e molte altre più tropicali, come il Ficus macrophylla, albero enorme, che sviluppa impressionanti radici aeree.

Alle Moraceae appartengono tutte le specie di Gelso (Morus alba, Morus nigra, etc.), la pianta che produce il frutto più grande al mondo, ovvero il Jackfruit (Artocarpus heterophyllus).

In linea di massima molte piante di questa famiglia tendono ad aver uno sviluppo notevole, con radici espanse e profonde, a produrre frutti molto dolci e lattice (ad es. se il legno viene danneggiato o se si rimuove una foglia).

More di Gelso
Jackfruit

Radici Ficus

L'ultima famiglia di cui vorrei parlare, anche se in realtà ce ne sarebbero molte altre non meno importanti, è quella delle Annonaceae.

Le Annonaceae contano circa 2400 specie, distribuite prevalentemente nelle zone tropicali. Esse sono tra le Angiosperme più primitive ed hanno fiori attraenti più le mosche, rispetto alle Api, con possibili problemi di scarsa impollinazione.

Molte Annonaceae sono producono frutti commestibili, tra cui l'Annona cherimola, pianta che cresce sulle Ande, adatta alla coltivazione in zone subtropicali o la più tropicale Graviola (Annona muricata).
L'Asimina trilobaè invece l'eccezione che conferma la regola, essa è infatti una pianta da frutto da climi temperati freddi, che resiste (anzi ha bisogno) del gelo invernale per fruttificare.
I frutti delle Annonaceae hanno solitamente una polpa soffice (cremosa), in cui sono immersi numerosi semi.

Non mancano specie ornamentali, come l'Artabotrys hexapetalus, un rampicante tropicale che produce profumatissimi fiori gialli.

Frutticino Graviola

Fiori Asimina Triloba

Atemoya

Fiori Artabotrys hexapetalus

Ovviamente era impensabile parlare delle oltre 400 famiglie di Angiosperme, quindi la maggior parte non sono state citate.
Ho solo ricercato quelle più comuni, ampie e diffuse, in modo tale che, osservando un giardino in fiore, facendo il vostro primo orto o visitando un parco botanico, possiate notare similitudini e differenze tra le varie piante.

Come Coltivare l'Acero Giapponese ? - Specie e Varietà a Confronto

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Chi tra di voi è un amante dei Giardini Giapponesi, non può non adorare l'Acero, forse la pianta più rappresentativa di questo stile.

Tuttavia il nome Acero è molto generico e fa riferimento ad una delle circa 200 specie del genere Acer, che a loro volta possono esser suddivise in più cultivars.
Per questo, chi volesse comprare un Acero si potrebbe trovare in difficoltà, dato che tra pianta e pianta esistono differenze abissali, sia per dimensioni e portamento, sia per colore e forma delle foglie.

Nelle prossime righe vorrei fornire qualche utile informazione sulla coltivazione dell'Acero Giapponese, aiutandovi a riconoscere la specie (o varietà) più adatta a voi.

Aceri Giapponesi

Storia ed Origine :

Tutte le specie di Acero appartengono alla famiglia delle Sapindaceae, la stessa dell'Ippocastano (Aesculus hippocastanum), ma anche di alcuni frutti tropicali come Litchi (Litchi chinensis) e Rambutan (Nephelium lappaceum).
Alcuni scienziati credono che gli Aceri siano Aceraceae, un ramo filogenetico delle Sapindaceae, che tuttavia forma una famiglia a sé.

Gli Aceri di norma sono piante decidue, con foglie penta-lobate, native delle zone temperate dell'Emisfero Boreale. La distribuzione geografica delle varie specie è molto ampia, e va dall'estremo oriente (Giappone e Cina), sino all'Europa ed al Nord America.

L'Acero, a seconda della specie, può crescere dalla pianura, sino alla medio-bassa montagna, preferendo un ambiente fresco ed umido di collina, avendo come habitat ideale i boschi misti decidui.
In linea di massima la zona fitoclimatica più rappresentativa è quella del Castanetum, tipica del Nord Italia.

Le Diverse Specie di Acero :

Premesso che la maggior parte degli Aceri che troverete in vendita nei vivai sono varietà appartenenti alle specie Acer japonicum e, soprattutto, Acer palmatum, vorrei comunque fare un elenco delle principali specie di Acero, non solo "Giapponesi".

Quella che segue non è una lista tediosa, bensì una panoramica sulle specie più rappresentative, peculiari o diffuse.

Acer laurinum
Acer laevigatum : chiamato anche Acero del Nepal, cresce nelle zone subtropicali dell'Asia. Foglie prive di lobi e, solitamente, persistenti. Si può considerare una specie semi-sempreverde, dato che forti gelate possono portare alla fisiologica perdita delle foglie.

Acer negundoAcer laurinum : questa specie non è adatta ad esser cresciuta in Italia. Stiamo infatti parlando di uno dei pochi Aceri tropicali. A. laurinum si sviluppa sotto forma di grosso albero alto sino a 40 metri (131 ft), dal fogliame sempreverde, con foglie prive di lobi. Questo Acero è diffuso nel Sud-Est Asiatico (Thailandia, Laos, Malesia, Indonesia, etc.) ed è l'unica specie a crescere spontanea anche nell'emisfero Australe.

Acer negundo : Acero americano a crescita rapida, ma poco longevo, che si sviluppa sotto forma di albero di medie dimensioni. A. negundoè ormai diffuso anche nel centro-nord Italia, dove lo si ritrova ai margini dei fiumi e torrenti. Si distingue dall'Acero "tipo" per via delle foglie, le quali sono imparipennate, ognuna composta da 3 o 5 foglioline, con lobi più o meno accentuati.

Acer macrophyllum : chiamato anche Acero dell'Oregon, per via delle sue origini. Questa è la specie di Acero con le foglie più grandi, nonché probabilmente l'Acero più alto, potendo occasionalmente sfiorare i 50 metri (164 ft).

Acer argutum : specie a sviluppo assurgente, che può raggiungere un'altezza di circa 10 metri (33 ft). Acero molto apprezzato per la veste autunnale, periodo in cui le grosse foglie, simili a quelle della Vite (Vitis spp.), si tingono di uno splendido color giallo/arancione.

Acer ginnala : nativo della Mongolia e dell'estremo oriente della Russia, questo acero presenta un tronco grigio, inizialmente liscio, che tende a fessurarsi invecchiando. A. ginnala si sviluppa sotto forma di piccolo albero ed ha foglie tri-lobate che ricordano quelle del Fico, sebbene abbiano il margine lievemente seghettato.

Acer pseudoplatanus : conosciuto anche come Acero di Monte o Sicomoro, fu introdotto nelle isole britanniche intorno al 1500 e da lì si diffuse in un po' tutto il vecchio continente. In Italia cresce spontaneo sulle colline delle Prealpi e sulle montagne delle Alpi, sino a circa 1800 m (5900 ft) di quota. La peculiarità è la corteccia che, nella fase adulta, tende a sfaldarsi, ricordando molto il tronco "mimetico" del Platano (Platanus acerifolia), da qui l'epiteto "pseudoplatanus".

Acer campestre: si presenta come pianta di medie dimensioni e cresce nei boschi decidui, insieme a Querce e Faggi. In Italia la distribuzione dell'Acero Campestreè parzialmente sovrapposta a quella dell'A.pseudoplatanus, sostituendo quest'ultimo nella Pianura Padana.

Acer monspessulanumAcer monspessulanum: tipico delle regioni che si affacciano sul mar Mediterraneo (Marocco, Portogallo, Siria, Libano etc.). Noto anche come Acero minore, ha uno sviluppo limitato e presenta foglie con lamina Tri-lobata (invece che Penta-lobata).

Acer saccharum : specie nativa del Nord America, dove cresce molto bene nella zona dei grandi laghi, sul confine tra Stati Uniti e Canada. L'Acero da Zucchero è una pianta di grosse dimensioni, adatto ad un clima rigido, con forti escursioni termiche stagionali. La sua foglia è il simbolo della bandiera del Canada. Dalla sua linfa, che può contenere sino al 4% di Saccarosio, si produce il famoso Sciroppo d'Acero.

Acer rubrum : diffuso nella parte orientale degli USA, viene chiamato anche Acero Rosso Americano, per via del color rosso scarlatto che assumono le sue foglie durante il periodo autunnale. Acero di medio-grosse dimensioni, con fiori anch'essi rossi.

Acer davidiiAcer davidii : nativo della Cina, è chiamato anche Acero di Padre Davidii, in onore del missionario che lo scoprì, insieme ad altre piante allora sconosciute, come l'Albero dei Fazzoletti (Davidia involucrata). Questo Acero ha foglie enormi, senza lobi, ovali/cuoriformi e con il margine seghettato, ma poco appariscenti in Autunno.

Acer griseumAcer griseum : noto come Acero Grigio, si contraddistingue per il tronco color grigio-rossastro, la cui corteccia si sfalda in lamine sottilissime, tanto da ricordare un foglio di giornale appena bruciato. La corteccia/tronco dell'A. griseum assomiglia molto a quella della Betulla Nera (Betula nigra).

Acer japonicum : pianta di medio-piccole dimensioni, apprezzata per i colori autunnali del suo fogliame. Le foglie hanno tra 9 e 13 lobi, incisi fino a circa metà foglia. Molto diffusa a livello ornamentale e seconda, per numero di varietà, solo all'Acer palmatum. Il tronco è liscio da giovane e leggermente più ruvido nella fase adulta/senile.

Acer palmatum : Acero Palmato, nativo dell'Oriente, è la specie più venduta come Acero ornamentale ed in commercio sono presenti decine e decine di sue Cultivars. Le foglie hanno da 5 a 9 lobi, lunghi e sottili, talvolta dal margine frastagliato.

In linea di massima l'Acero Palmato ha dimensioni più contenute, foglie più piccole, con meno lobi, ma incisi più in profondità ed una resistenza al freddo leggermente inferiore rispetto all'Acero del Giappone; tuttavia le maggiori differenze sono più evidenti tra le varietà, che tra le due specie.
Giusto per capirci, l'Acero Palmato può essere nano od alto 10 metri (33 ft), avere foglie rosse o verdi a diverso numero di lobi, avere un portamento eretto, ricadente od arrotondato.

Acer shirasawanum : specie giapponese simile all'Acer japonicum, dal quale si differenzia per l'assenza di peli sui nuovi germogli e sulle foglie. Viene chiamato anche Acero Luna Piena, poiché il suo fogliame verde-giallognolo risplende durante le notti di Luna Piena.

Acer sieboldianum : affine all'A. palmatum, si differenzia per la presenza di una peluria sulle giovani foglie e sul picciolo, inoltre possiede fiori giallognoli, invece che color porpora.

Le ultime 4 specie, A. japonicumA. palmatumA. shirasawanum  ed A. sieboldianum, appartengono al gruppo degli "Aceri Giapponesi", di cui parleremo in maniera più dettagliata di seguito, in special modo dell'Acero Palmato, indubbiamente la specie più rappresentativa del gruppo.

Acer ginnala

Acer shirasawanum

Com'è Fatto l'Acero Giapponese ? - Botanica e Fisiologia

L'Acero Palmato (A. palmatum) è indubbiamente il rappresentante più diffuso (e con il maggior numero di cultivars) tra tutte le specie che formano la categoria degli Aceri Giapponesi.

Questa specie si presenta come arbusto, od al limite come albero, di medio-piccole dimensioni, raggiungendo un'altezza media di circa 4-5 metri (13-16 ft), tuttavia esiste un'enorme variabilità tra le cultivars. Ci sono gli Aceri Giapponese "Nani", che superano a stento il metro di altezza (3,3 ft), altri invece hanno un portamento prostrato, con una chioma larga 3-4 volte l'altezza della pianta stessa, altri invece possono esser alti e slanciati.
Le varietà più alte di Acero Giapponese (ad esempio della specie A. japonicum), raramente raggiungono i 10 metri (33 ft) di altezza, a differenza degli imponenti Aceri Americani (es. A. saccharum) alti anche il triplo.

Queste dimensioni sono da intendersi per esemplari adulti e, dato che la crescita nei primi anni d'impianto è lenta, potrebbero trascorrere anche 15-20 anni, prima del raggiungimento di tali altezze.

Le radici dell'Acero sono sottili, tendenzialmente fascicolate e non invasive. Esse si estendono più in orizzontale, che in profondità e di solito non arrecano danni a muretto o tubature.

L'Acero Palmato ha foglie caduche, con 5, 7 o 9 lobi divisi da solchi profondi, che spesso arrivano quasi a toccare il picciolo della foglia. Tolto ciò, le foglie possono esser diversissime da varietà a varietà e, anche su una stessa pianta, possono cambiare colore più volte all'anno.

Per quanto concerne il colore delle foglie si potrebbe grossolanamente parlare di Aceri a foglia verde o rossa, in riferito al colore che esse assumono in estate.
Un Acero a foglia verde, avrà foglie primaverili di un color verde chiaro, talvolta quasi giallognolo, verde intenso durante l'estate, per virare a giallo/rosso durante l'autunno. In alcune varietà (es. A. palmatum ´Osakazuki´) il contrasto tra il color estivo ed autunnale è davvero spettacolare.
Sebbene molti Aceri abbiano foglie dalle tonalità rossastre in primavera ed autunno, gli Aceri Rossi  (es. A. palmatum´Bloodgood´) hanno sempre foglie che variano dal rosso scarlatto, al rosso scuro/violaceo, anche in piena estate.
A. palmatum"Katsura" produce foglie giallognole, con margine rossastro, che poi diventano giallo-verde ed infine, prima di cadere, giallo-arancione.
A. palmatum "Butterfly" possiede foglie grigio-verdastri, dal margine variegato bianco-rosa.

Tronco Acero PalmatoUna menzione a parte la meritano tutti quegli Aceri Giapponesi (sia A. palmatum, che A. japonicum) che appartengono al gruppo "dissectum"(es. Acer palmatum var. dissectum'Atropurpureum Garnet').
Gli Aceri di questo gruppo hanno portamento pendulo, quasi contorto, sono dotati di crescita lentissima ed uno spiccato sviluppo orizzontale della chioma; inoltre ogni lobo della foglia è a sua volta diviso in molti "mini-lobi", ricordando la forma delle foglie delle Cupressaceae (es. Thuja). Con l'età, il tronco di questi Aceri può avere un aspetto "a spirale", quasi fosse avvitato su se stesso.

I fiori dell'Acero Giapponese sono minuscoli (mezzo centimetro) ed abbastanza insignificanti. Essi hanno 5 setali color porpora, 5 petali biancastri e sono riuniti in piccole infiorescenze a corimbo ("piatte") che sporgono dall'estremità dei rami.
La fioritura avviene in primavera, tra fine Marzo ed Aprile e, nel complesso, passa piuttosto inosservata, soprattutto nell'Acero Rosso; tuttavia in alcune varietà di Acero Verde ci può essere un buon contrasto tra il rosso dei fiori ed il verde pallido delle foglie appena emesse.

Il frutto è formato da due samare divergenti, strutture "secche" e sottili, che fungono da "ali" ed al cui interno è contenuto il seme. I frutti dell'Acero maturano tra fine estate ed inizio autunno (Agosto-Ottobre).

Fiori Acero Giapponese

Acero Nano "dissectum"

Come Crescere l'Acero Giapponese ? - Coltivazione, Esposizione, Potature e Riproduzione

Gli Aceri vengono coltivati in Giappone (ed in generale in Asia) da molti secoli, tanto da esser diventati uno dei simboli di questo popolo. Oggigiorno però, grazie all'alto valore ornamentale, sono divenuti diffusi anche nei giardini privati dell'Occidente, anche perché non richiedono particolari cure.
Gli Aceri si fanno apprezzare per il loro portamento elegante, talvolta contorto, per la corteccia liscia e levigata, nonché per le splendide foglie che, in special modo prima di cadere, assumono tinte tipicamente autunnali per un periodo insolitamente lungo.
Acer palmatumè una specie rustica e facile da coltivare che, di norma, può dare grosse soddisfazioni anche a chi non avesse tempo/voglia per stargli dietro.


Gli Aceri Temono il Gelo ?

Gli Aceri Giapponesi vivono perfettamente nel clima del Nord Italia e resistono molto bene al freddo, potendo tranquillamente sopravvivere a gelate nell'ordine dei -20 ° C (-4° F); tuttavia, con queste temperature, piante coltivate in vaso potrebbero subire danni da freddo alle radici, consiglio dunque di coprire l'esterno del vaso con paglia, foglie o, se ce ne fosse la possibilità, di interrare il vaso (sottoterra le temperature son più stabili i miti, rispetto all'aria sovrastante).


Quando Piantare un Acero in Giardino ?

Premesso che un Acero coltivato in vaso potrebbe esser trapiantato in qualsiasi periodo dell'anno, sarebbe meglio evitare i mesi più caldi e quelli in cui il terreno geli.
Il periodo migliore per piantare un Acero nel vostro giardino potrebbe esser metà Autunno (Ottobre inoltrato), in questo modo le radici avranno tempo di assestarsi durante l'inverno ed avere anche una minima crescita, almeno fin quando il terreno non sarà gelato.


Dove Piantare gli Aceri in Italia ?

Gli Aceri Giapponese si possono piantare in tutta Italia, tuttavia il clima del settentrione è più idoneo alla sua coltivazione.
Buona parte delle varietà si sviluppano molto bene con esposizioni a mezz'ombra o persino con ombra luminosa. Avendo la possibilità di scegliere, come linea di massima consiglierei di posizionare gli Aceri in unaposizione in cui ricevano Sole al mattino ed ombra nel pomeriggio, ad esempio esposizioni Est o Nord-Est rispetto a piante ad alto fusto od edifici.
Se si ha a disposizione solo una parte di terreno soleggiata per l'intero giorno conviene scegliere varietà resistenti al Sole, poiché le più delicate, specie se coltivate nel Sud Italia, potrebbero avere scottature fogliari ed una stentata crescita estiva.


Qual è il Terreno Ideale ?

Gli Aceri richiedono un terreno leggero e drenante poiché le loro radici soffrono i ristagni idrici. Tutte le specie sono acidofile, gradiscono quindi un suolo a pH acido (inferiore a 7), ricco di sostanza organica, mentre soffrono, talvolta sino alla morte, in quelli alcalini e calcarei.
Questi arbusti amano particolarmente la pacciamatura, la quale protegge le radici sia dal caldo estivo, sia dal gelo invernale. Lo strato di pacciamatura dovrà essere sufficientemente spesso ed esteso su un'area equivalente alla proiezione della chioma sul terreno, lasciando uno spazio libero in prossimità del tronco. Per la copertura del suolo si utilizzano cortecce, foglie di faggio e aghi di Pini, materiale organico che manterrà il terreno acido e, decomponendosi, fornirà una naturale concimazione.


Come Concimare ed Irrigare ?

Fertilizzare può velocizzare la crescita durante i primi anni dall'impianto, tuttavia gli Aceri non amano le concimazioni e, se non si ha fretta, si potrebbero evitare. Comunque sia, se volete utilizzare dei concimi, usate concimi a lenta cessione ed andateci piano, un eccesso potrebbe esser deleterio e portare la pianta al deperimento.
Gli Aceri Giapponesi, avendo un apparato radicale superficiale, non sono troppo resistenti alla siccità, amano terreni umidi (non zuppi) e richiedono, specie nei primi anni, un'adeguata dose d'acqua durante l'estate.
Una buona pacciamatura potrebbe aiutare a trattenere l'evaporazione, riducendo la richiesta idrica. In terreni secchi e poveri di sostanza organica, si dovrà innaffiare non troppo abbondantemente, ma frequentemente.
Ovviamente piante cresciute in vaso avranno bisogno di maggiori attenzioni, dato che sono ben più soggette alla disidratazione, rispetto ad Aceri in piena terra.


Come e Quando Potare gli Aceri Giapponesi ?

Di norma queste piante non richiedono interventi di potatura e si "auto-potano", inibendo lo sviluppo dei rami più interni. La potatura ha come scopo quello di contenere le dimensioni, di eliminare i rami morti o che si intrecciano, nonché selezionare i miglior rami di un giovane esemplare, che diventeranno le future branche.
Le ferite indotte dai tagli possono far fuoriuscire linfa, che crea un ambiente ideale per la proliferazione dei patogeni. Contrariamente a gran parte delle piante decidue, un buon periodo per la potatura, soprattutto di grossi rami, è quello che va da Agosto a Settembre, mesi durante i quali le perdite di linfa dovrebbero esser più contenute. Ovviamente potrete potare anche in inverno, evitando i periodi di gelo intenso, mentre sarebbe meglio non potare poco prima la ripresa vegetativa.


Frutti Acero in AutunnoCome Moltiplicare l'Acero ?

Premettendo che Acer palmatum mostra una spiccata differenza varietale, è ragionevole aspettarsi che riproducendolo tramite seme potremmo avere una pianta-figlia ben diversa dalla pianta-madre, più di quanto non accada con altre specie.
Detto questo, la riproduzione per semina potrebbe esser anche più affascinante rispetto ad altri metodi, data l'alta probabilità di scoprire nuove varietà ed ottenere piante con caratteristiche inaspettate. Se volete optare per la semina dovrete raccogliere i semi in autunno e piantarli in un vaso con del buon terriccio. Ricordatevi che i semi devono esser stratificati ed il metodo più naturale è lasciare il vaso all'aperto per l'intero inverno, in modo che senta lo sbalzo termico. In primavera, con l'aumento delle temperature, tenete il vaso in una zona ombrosa, mantenendo umido il terriccio ed aspettate il germogliamento.
Chi vivesse in una zona tropicale, o comunque molto mite, potrebbe stratificare i semi in frigorifero per un paio di mesi. In altre parole, i semi di Acero devono "sentire" il freddo per poter germinare correttamente.

Per garantire la cultivars si deve necessariamente propagare per via vegetativa. Sebbene si possa moltiplicare anche tramite innesto, l'Acero si riproduce agevolmente (e con maggior successo) per talea. Consiglio di fare talee legnose, prelevando legni sottili. Dopo aver tagliato i rametti desiderati, interrarli in terriccio umido e soffice, con almeno 1-2 gemme sottoterra, successivamente rimuovete eventuali foglie, lasciandone circa 2-3 all'apice. E' facile che vi sia emissione di nuovi germogli, ma se non avrà radicato appassiranno nel giro di qualche settimana, al più un paio di mesi. Il periodo migliore per eseguire talee è tra Febbraio ed inizio Aprile.

Acero Nano Verde e Rosso
Diversità Varietale tra Aceri Giapponesi

Butia capitata, una Palma dai Frutti Commestibili - Coltivazione e Clima

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Se abitate in un luogo non troppo mite e cercate una palma a foglia pennata (a "lisca di pesce") che possa crescere nel vostro clima, la Butia capitata(sin. Cocos capitata) potrebbe far al caso vostro, dato che è tra le palme più resistenti al freddo di questa categoria, insieme alla Palma del Cile.

La B. capitataè ormai da tempo piantata a scopo ornamentale nei luoghi miti, ma il suo areale di coltivazione potrebbe esser ben più esteso di quel che si creda. In questo articolo vorrei fornire qualche utile informazione su come e dove coltivare la Butia capitata.

Esemplari adulti Butia capitata

Origine e Distribuzione delle Palme Butia :

Il genere Butia, appartenente alla famiglia delle Arecaceae (sin. Palmaceae), è originario del Sud America e conta circa una ventina di specie e molte di esse producono frutti commestibili, dai quali si può ricavare una sorta di vino.

Tutte le specie del genere Butia posseggono foglie pennate e tronco largo, ma differiscono più o meno marcatamente per dimensione e rusticità : le specie Butia campicola e Butia microspadixe si possono considerare palme nane, poiché non superano il metro (3.3 ft) di altezza e gran parte del loro tronco ha sviluppo sotterraneo; Butia yatayè invece la specie più alta, potendo superare i 12 metri (29 ft). Le altre specie di Butia raggiungono dimensioni intermedie tra questi due estremi.

Foglie Jelly PalmButia capitata Butia odorata sono due specie native delle zone a confine tra Sud Brasile, Nord Argentina ed Uruguay e sono le specie più resistenti al freddo, nonché le più comuni nei climi temperati, dove vengono cresciute per lo più a scopo ornamentale.

Il genere Butia è filogeneticamente vicino a quello Syagrus, tanto da rendere possibile l'incrocio tra le specie dei due generi. Esiste infatti l'ibrido Butyagrus nabonnandii, ottenuto dall'incrocio tra Butia capitata e Syagrus romanzoffiana, che unisce resistenza al freddo (tipica della B. capitata) e velocità di crescita (tipica della S. romanzoffiana). Come la maggior parte degli ibridi, Butyagrus nabonnandii è sterile e si può riprodurre solo con accurate tecniche di impollinazione incrociata, usando il polline della Syagrus ed i fiori femminili di Butia, avendo cura di rimuovere quelli maschili.

Gli ibridi Butia/Syagrus sono la soluzione migliore per chi, pur vivendo in un clima freddo, volesse a tutti i costi una palma che assomigli alla Palma da Cocco (Cocos nucifera).


Com'è Fatta la Butia capitata ? - Botanica e Fisiologia

C'è abbastanza confusione riguardo a due specie, le quali hanno piccole differenze e vengono spesso scambiate (e vendute) l'una per l'altra. Sto parlando della Butia capitata e della Butia odorata; quest'ultima, secondo alcuni, non sarebbe altro che una variante della prima, ovvero Butia capitata var. odorata, forse una popolazione isolata di B. capitata che cresce più a Sud, rispetto alla classica.
Entrambe le palme sono conosciute anche con il nome di "Jelly Palm" e, da ora in poi, ne parlerò come fossero un'unica specie, soffermandomi sui molti tratti in comune, piuttosto che sulle piccole differenze.

La B. capitataè una palma nativa del Sud America, che si sviluppa su un unico fusto, raggiungendo un'altezza di circa 8 metri (26 ft). Il tronco grigio, dal diametro di circa 50 cm (1.6 ft) e può arrivare a tale dimensione ben prima di allungarsi, dando alla Jelly Palm un aspetto piuttosto tozzo, quantomeno nella fase giovanile.

Le foglie, lunghe quasi 2 metri (6.6 ft), sono pennate, color verde-glauco, disposte a spirale, arcuate, e danno l'impressione che si "avvitino"; quest'ultima caratteristica permette di distinguere la B. capitata (e le specie del genere) dalla maggior parte delle altre Palme.

Le infiorescenze emergono dallo spazio tra le foglie, possono sfiorare il metro di lunghezza (3.3 ft) e sono formate da fiori gialliunisessuali, disposti a triade, con un fiore femminile centrale e due fiori maschili laterali. I fiori della B. capitatasono molto visitati da Api ed altri insetti pronubi.
Sebbene i fiori maschili maturino prima di quelli femminili, la fioritura è scalare, con una parziale sovrapposizione temporale tra la maturazione dei due tipi di fiore, così da poter esserci l'impollinazione.

Frutti Immaturi Butia odorataLe pannocchie fiorali possono emergere anche in autunno/inverno, ma in questa stagione la crescita è lenta e non si aprono prima di Marzo/Aprile; inoltre la pianta produce più infiorescenze, ma non sincrone e, solitamente, la fioritura di una inizia quando è quasi finita quella della precedente.
Per questo motivo il periodo di fioritura è prolungato e può durare anche sino ad inizio estate (giugno).

Invaiatura Frutti Jelly PalmLa Butia capitataè autofertile e può fruttificare anche se piantata isolata, tuttavia la prima fioritura non avverrà prima di 10-12 anni dalla semina.

I frutti della Jelly Palm maturano tra fine estate ed autunno, sono color giallo-arancione ed hanno in media le dimensioni di una grossa Noce. In molti ignorano il fatto che i frutti della B. capitata siano commestibili, con una polpa leggermente fibrosa ma ricca di antiossidanti, leggermente acidula, che può ricordare il sapore dell'Albicocca. Dimensione, consistenza e gusto dei frutti può variare notevolmente tra le diverse piante e varietà; una delle migliori in quanto a qualità organolettiche del frutto, nonché a quantità di polpa, sembrerebbe la Butia capitata var. pulposa.

Le radici, come in tutte le palme, sono fascicolate, tendenzialmente superficiali, ma non più espanse della proiezione della chioma al suolo. Nel complesso garantiscono un buon ancoraggio, senza esser più di tanto dannose per tubature o muri.

Fiori di Butia capitata

Come Crescere la Butia capitata ? - Coltivazione, Esposizione, Clima e Propagazione

Questa specie di palma cresce, allo stato selvatico, nelle zone temperate calde del Sud America ed il suo habitat naturale è rappresentato dalle pianure semi-aride, soggette a piogge stagionali (inverno secco ed estate umida). In questi luoghi il suolo è sabbioso, povero e le piante, solitamente di taglia media, crescono ben distanziate e tra di loro vi si sviluppano erbe insolitamente alte.

B. capitataB. odorata hanno un'inaspettata resistenza al freddo e tollerano gelate con temperature nell'ordine di -10° C (14° F) ed, in ambiente secco, potrebbero sopravvivere anche ad isolati picchi di -12° C (10.4° F), magari con lievi danni fogliari.
Jelly Palmnon è una specie adatta ad esser coltivata ai tropici e si sviluppa perfettamente nei climi Mediterranei ed, anzi, può essere piantata anche in luoghi ben più freddi. Purtroppo non è molto conosciuta e nei vivai si trova difficilmente (ed a prezzi alti), tuttavia è bene sapere che diversi esemplari crescono da decenni sulle sponde del Lago Maggiore ed ho motivo di credere che possa esser piantata con successo anche in molte zone collinari pedemontane  del Nord Italia (meno umide e più miti della Pianura Padana).
Questa palma, una volta affrancata, è in grado di sopravvivere a lunghi periodi di siccità ed in Italia (da adulta) non richiederà innaffiature; inoltre non soffre neppure con temperature di 40° C (104° F) ed anzi, una calda e lunga estate è ottimale per la maturazione dei frutti.

Come detto in precedenza, la crescita iniziale della Jelly Palmè piuttosto lenta e ci vorranno anni prima che raggiunga la fase adulta. Sebbene resistente alla carenza idrica, un'adeguata irrigazione nella fase giovanile garantirà una maggior velocità di crescita (od anzi, una minor lentezza).

Un po' tutte le palme del genere Butia crescono su terreni poveri di nutrienti, senza preferenze di pH, purché siano ben drenanti; inoltre tollerano una leggera salinità del suolo.
Le concimazioni, di norma, non sono necessarie, anche se nei suoli poveri potrebbero velocizzare leggermente la crescita iniziale.
Nelle zone d'origine il periodo più freddo è anche quello più secco, mentre l'estate è più umida. Per questo motivo un buon drenaggio del terreno è fondamentale per la sopravvivenza invernale ed incrementa molto la resistenza al gelo. Per la piantumazione si consiglia di scavare una buca di almeno 3/4 il volume del vaso in cui è contenuta la pianta e di colmare la differenza con terra ad alta percentuale di sabbia.

La B. capitatagradisce esposizioni in pieno sole, ma anche da questo punto di vista si dimostra adattabile, riuscendosi a sviluppare anche a mezz'ombra e, fiorendo a stento, persino in ombra luminosa.
Palme cresciute in posizioni ombreggiate sviluppano fronde più lunghe rispetto a quelle cresciute in zone soleggiate.

Se si evitano terreni asfittici, che possono causare marciume radicale, la B. capitataè resistente alle malattie e non è attaccata in maniera significativa dai comuni patogeni.
Un po' come in tutte le palme, la potatura non è essenziale e serve solo ad eliminare le vecchie foglie, che potrebbero rimanere attaccate al tronco per lungo tempo, anche se morte. In linea di massima, ricordatevi che una potatura eccessiva (di foglie ancora vive) potrebbe indebolire la vostra palma e ridurne vigore e rusticità.

Dopo tutte queste lodi non potevano non arrivare i difetti, il principale è la difficoltà di riproduzione. La B. capitata si moltiplica essenzialmente per semina, ma purtroppo i semi hanno una scarsa percentuale di germinazione ed il processo è piuttosto lungo e delicato.
Per poter germinare i semi devono essere presi da frutti maturi ed essiccati accuratamente, prima di essere interrati; tuttavia con questo metodo la germinazione può avvenire anche dopo due anni. E' stato suggerito che la rottura (o meglio ancora la rimozione) dell'endocarpo del seme potrebbe facilitare il germogliamento. Insomma serve un periodo secco, alte temperature ed una buona dose di fortuna.

Un'ultima curiosità, la B. capitata, forse anche grazie alla sua crescita lenta, è molto longeva e può raggiungere, e talvolta superare, i 200 anni di età.

Butia capitata a Locarno

Frutti Maturi Butia Odorata
Butia capitata chioma
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