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Evoluzione nel Regno Vegetale, le Tappe Fondamentali.

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Come abbiamo visto qui, l'evoluzione è quell'insieme di piccoli cambiamenti che, nel corso di migliaia e migliaia di anni, modificano gli esseri viventi, adattandoli all'ambiente in cui vivono.
Oggigiorno la biodiversità vegetale è enorme, eppure tutte le centinaia di migliaia di specie esistenti ai nostri giorni si sono differenziate partendo da un antenato comune.

In questo articolo vorrei ripercorrere la storia evoluzionistica del regno vegetale, partendo dalle prime piante comparse sulla Terra, sino ad arrivare alle piante più recenti e complesse. Cercherò anche di evidenziare le "conquiste" fondamentali di questo percorso evolutivo e quali sono le specie che fungono da anello di congiunzione tra le diverse tipologie di piante.

L'atmosfera primordiale era ricca di CO2  (Anidride Carbonica) e povera di ossigeno, un ambiente ideale per la proliferazione di organismi autotrofi, cioè in grado di svolgere la fotosintesi. I primi esseri viventi furono probabilmente dei Cianobatteri, cellule procariote in grado di vivere ricavando energia dal Sole.
Evoluzione nel Regno Vegetale


Circa 850 milioni di anni fa le Alghe fecero la loro comparsa sulla Terra. Le Alghe Verdi, semplici organismi a vita acquatica e, probabilmente, rappresentano le prime piante.
Le Alghe Verdi, note anche come Clorofite, possono esser unicellulari coloniali o pluricellulari, vivere in acqua dolce, così come in quella salata, popolano le acque basse (e luminose) ricche di nutrienti e di norma hanno dimensioni contenute.
Il Lievito di Mare (Chlamydomonas reinhardtii) è tra le Alghe Verdi più elementari e vive sotto forma di unica cellula aploide che, all'occorrenza (es. carenza di azoto), può produrre gameti (di due tipi di sesso) che, fondendosi, generano una cellula diploide.
La Lattuga di Mare (Ulva lactuca) è invece un'alga verde più evoluta, è formata da più cellule e può raggiungere un'altezza di circa 30 cm (12 in). Cresce sulle rocce, lungo i litorali ed è molto comune nel Mediterraneo, ma anche nelle acque più fredde dell'Atlantico settentrionale.

Ulva lactuca

Le Alghe Rosse (Rhodophyta) comparvero più o meno in concomitanza delle Clorofite, alcuni suggeriscono addirittura prima e, tranne rare eccezioni, sono organismi pluricellulari. Le Alghe Rosse, a differenza delle Alghe Verdi, possono vivere anche in profondità, dove la i raggi solari arrivano filtrati; il loro colore rosso è dovuto alla presenza di particolari pigmenti fotosintetici, adatti a captare i fotoni (della luce) anche in un ambiente poco luminoso. La maggior parte delle 4000 specie di Alga Rossa vive in mari caldi, ad una profondità che può superare i 100 metri (3280 ft).
Alcune specie sono : Palmaria palmata, Mastocarpus stellatusPeyssonnelia squamaria.

Le Alghe Brune (Phaeophyceae) sono esclusivamente pluricellulari e si sviluppano preferibilmente in acque fredde e ricche di nutrienti. Le alghe più lunghe e grosse sono specie appartenenti a questa classe, come la Macrocystis pyrifera, alga bruna tipica del Pacifico, che può raggiungere una lunghezza di circa 50 metri (1640 ft). L'Ascophyllum nodosum, tipica della Norvegia viene utilizzata per ricavare una farina da dare in pasto al bestiame.

Peyssonnelia squamaria

Macrocystis pyrifera

Ma qual è la differenza tra una pianta acquatica ed una terrestre ?

Non è un caso che le prime piante fossero alghe acquatiche, questo tipo di piante infatti può permettersi di non aver tessuti specializzati e più o meno tutte le parti dell'alga sono in grado di svolgere le stesse funzioni.
Le "finte" radici sono semplicemente delle rudimentali strutture in grado di ancorare l'alga al substrato, ma non si sono specializzate nell'assorbire sali minerali e nutrienti.
La maggior parte delle Alghe assume i nutrienti disciolti nell'acqua (non nel terreno), per questo motivo sono prive di vasi linfatici. Infatti essi non servirebbero, dato che l'acqua bagna l'intera alga ed i nutrienti non devono esser trasportati dal sito d'assorbimento a quello di utilizzo.
Esser totalmente immersi nell'acqua evita anche il problema della disidratazione, nonché il doversi sorreggersi, motivo per cui le alghe non hanno strutture legnose-rigide.

Insomma le Alghe sono piante davvero semplici, prive di foglie, fusto, radici e vasi conduttori.

Circa 500 milioni di anni fa ci fu la comparsa delle Briofite, le prime piante a conquistare la terra ferma, anche se ancora strettamente vincolate all'acqua. Tutte le circa 25.000 specie di questa divisione vivono in ambienti ombrosi, umidi, almeno per una parte dell'anno, ed hanno bisogno dell'acqua per la riproduzione. Queste piante pluricellulari sono ancora prive di tessuti vascolarizzati ed il trasporto di nutrienti avviene per capillarità da una cellula all'altra; ciò impedisce lo sviluppo in verticale, motivo per cui i muschi crescono prevalentemente in orizzontale.

Le Briofite si suddividono in 3 categorie : i Muschi (Bryophyta), le Antocerote (Anthocerotophyta) e le Epatiche (Marchantiophyta).

Le Epatiche sono le più antiche tra le piante terrestri ed oggi ne esistono circa 8.000 specie. Esse hanno una forma molto appiattita, sono di dimensioni assai contenute ed, esteticamente, si possono confondere con alcune alghe verdi. Molte epatiche producono molecole in grado di inibire la proliferazione batterica e sono studiate per lo sviluppo di antitumorali. Plagiochila porelloidesMarchantia polymorpha sono tra le specie più rappresentative.

I Muschi sono indubbiamente le Briofite più comuni e diffuse, nonché con il maggior numero di specie. Gran parte delle specie crescono nel sottobosco, in un ambiente umido e fresco ed hanno un portamento tappezzante, tuttavia la Dawsonia superba, l'esemplare più alto di muschio al Mondo, può raggiungere i 50 cm (20 in) di altezza. Leucobryum juniperoideumè una specie di muschio a forma di cuscino esteso e rigonfio, colonizza la base degli alberi, mentre Polytrichum formosum sviluppa foglioline che possono ricordare (vagamente ed in miniatura) gli aghi di un Abete ed è diffuso nei castagneti.

Le Antocerote assomigliano (visivamente e morfologicamente) ad alcune Epatiche, sebbene siano più evolute. Esistono solo un centinaio di specie, che in molti casi si riconoscono, in quanto sembrano delle corna che spuntano da un tappeto erboso, come ad esempio nella specie Anthoceros agrestis. Le Antocerote sono possono vivere in simbiosi con batteri fotosintetici (Cianobatteri) e sono le prime piante ad avere gli Stomi dotati di Cellule Guardia. Gli Stomi sono dei fori che permettono il passaggio dell'aria (ma anche la perdita di acqua per disidratazione), le Cellule Guardia regolano l'apertura di questi fori in funzione della disponibilità idrica, dell'umidità etc.

Le Briofite, rispetto alle Alghe, non vivono immerse nell'acqua; per questo motivo le loro "foglie" (in realtà una forma primitiva) sono ricoperte da Cuticola, una sostanza grassa che limita la disidratazione, la comparsa degli Stomi (vedi sopra) e delle Spore, strutture riproduttive in grado di tollerare un ambiente secco.

Plagiochila porelloides

Anthoceros agrestis

Il passaggio successivo, avvenuto circa 400 milioni di anni fa, fu l'evoluzione di piante dotate di un sistema vascolarizzato (Tracheofite), ovvero le strutture differenziate in vasi linfatici specializzati per il trasporto di sostanze nutritive a lunga distanza.
Le prime piante vascolarizzate sono le Pteridofite, a loro volta suddivise in : Psilotofita (Psilotophyta), Equiseti (Equisetophyta), Felci (Pterophyta) e Licopodi (Lycophyta).

Le Psilotofita sono le più primitive contano poche specie (es. Psilotum nudum), prive di radici. Gli Equiseti (es. Equisetum arvense) sono piante a sviluppo eretto, con internodi tra le foglie molto corti; possono esser sempreverdi oppure perdere la parte aerea in inverno e vivono prevalentemente in luoghi umidi od addirittura paludosi. I Licopodi, pur appartenendo alle Pteridofite, possono ricordare grandi muschi, alcune specie sono : Lycopodium annotinumLycopodium squarrosum e Lycopodium clavatum.

Le Pteridofite alternano una fase Aploide (N) ad una Diploide (2N) ma, a differenza delle Briofite, quella Diploide è la dominante. Compaiono anche tessuti specializzati, che andranno a formare radici, fusto e foglie, così da permettere una minor dipendenza dall'acqua; infine si formano i tessuti vascolarizzati (Xilema e Floema), in grado di trasportare linfa grezza (acqua e sali minerali) dalle radici alle foglie e linfa elaborata (linfa ricca di zuccheri) dalle foglie al resto della pianta.
Proprio quest'ultima caratteristica ha permesso la "conquista della posizione eretta", ovvero lo sviluppo verticale.

Tra i vari gruppi di Pteridofite sono le Felci ad aver le maggiori dimensioni, alcune di esse hanno foglie lisce (Phyllitis scolopendrium), altre frastagliate (Polysticum aculeatum), ma in Italia al massimo raggiungono, occasionalmente, 2 metri (6.5 ft) di altezza (Pteridium aquilinum).
Tuttavia alcune felci ormai estinte raggiungevano i 40 metri (131 ft) di altezza ed ai tropici, tutt'oggi, crescono felci arboree alte 20 metri (Alsophila crinita). Nei climi temperati le Felci solitamente seccano la parte aerea in inverno, tuttavia poche specie possono esser arboree ed aver un aspetto simile ad un Palma, come ad esempio la Dicksonia antarctica, in Italia presente negli stupendi Giardini di Villa Taranto, sul Lago Maggiore.

Equisetum arvense

Alsophila crinita

Le Gimnosperme, ovvero piante dotate di seme, si evolvettero a partire dai Licopodi, circa 380 milioni di anni fa. Le prime specie di questa nuova divisione ebbero origine nelle umide foreste tropicali e ricordavano più le Felci, che le attuali conifere.
Tra le Gimnosperme più primitive potremmo ricordare alcune specie di Cicadi, come Bowenia spectabilisZamia furfuracea. che, se non avessero i Coni (maschili e femminili), potrebbero tranquillamente essere scambiate per Felci.
Tuttavia le Gimnosperme sono le prime Spermatofite, ovvero piante in grado di produrre il seme, ottenuto dalla fusione di una cellula maschile (polline) e di una femminile (ovulo). Questa nuova struttura in grado di resistere ad ambienti estremi e germogliare, generando un nuovo individuo, quando messa nelle condizioni ideali.
Bowenia spectabilisLe Gimnosperme sono piante solitamente sempreverdi, sebbene ci siano delle eccezioni come il Larice, hanno portamento di norma arboreo e possono raggiungere dimensioni notevoli. Le Cicadofite, a distribuzione prevalentemente tropicale, e son tutt'oggi ben rappresentate con circa 300 specie; a differenza delle Ginkgoaceae, le cui innumerevoli specie un tempo dominavano vaste aree del nostro pianeta ed oggi ridotte ad un'unica specie, Ginkgo biloba, a tutti gli effetti un fossile vivente. Le Conifere, oggigiorno il gruppo col maggior numero di specie tra le Gimnosperme, hanno maggior diffusione nelle zone temperate della Terra. Tra le varie Conifere la più primitiva, tra quelle non estinte, potrebbe esser la Araucaria araucana, con foglie non aghiformi, ma triangolari.
Le Gnetofite sono le Gimnosperme più evolute e potrebbero rappresentare l'anello di congiunzione tra le Angiosperme e le piante fin qui discusse e sono le prime piante ad essere impollinate dagli insetti e non solo dal vento, una delle più rappresentative è la Gnetum gnemon, tipica del Sud-Est Asiatico.
Tra le Gnetofite, la Welwitschia mirabilis merita una menzione particolare. Questa specie, che vive esclusivamente nel Deserto della Namibia, produce coni (come tutte le Gimnosperme), tuttavia nei Coni maschili sono stati ritrovati anche ovuli sterili e nettare, un primo tentativo di formazione di fiori ermafroditi, tipici delle Angiosperme.

Conifere

Gnetum gnemon

Welwitschia mirabilis


Tra 150 e 200 milioni di anni fa comparvero le Angiosperme, chiamate anche piante a fiore, che si imposero sulle specie esistenti, sottraendo loro vaste aree di territorio.
La loro adattabilità era dovuta a diversi fattori: producevano un fiore in grado di attrarre insetti impollinatori, un unico fiore (se ermafrodita) poteva aver sia organi riproduttori femminili (Pistillo) sia maschili (Stami), il seme non era "nudo", ma si sviluppava all'interno di un frutto che, oltre a proteggerlo, attirava animali che aiutavano a disperderlo nell'ambiente ed infine avevano cicli riproduttivi diversificati, da specie annuali, a specie che potevano vivere oltre 1000 anni.
Oggi si contano oltre 250.000 specie di Angiosperme, che per intenderci vuol dire che per ogni specie di Gimnosperma ne esistono circa 250 di Angiosperma e circa l'80% delle specie dell'intero regno vegetale sono Angiosperme.

Amborella trichopodaAmborella trichopoda, endemica delle foreste pluviali della Nuova Caledonia, è un fossile vivente ritenuta la specie più antica di Angiosperma. Altre specie molto primitive sono Nymphaea alba, una ninfea dai fiori bianchi, ed Illicium verum, pianta da cui si ricava l'anice stellato.

Alcune delle piante a noi più comuni sono in realtà solo leggermente più evolute di quelle sopramenzionate, tra di esse troviamo le Lauracee (es. Alloro, CannellaCanfora ed Avocado), le Magnolie (es. Magnolia virginiana), ma anche le Annonaceae (es. GraviolaAnnona cherimola ed Asimina triloba) e molte altre, tutte dotate di un fiore tra i più primitivi che, sovente, ricorda (come forma) i coni delle gimnosperme.

Uno degli stravolgimenti più importanti dovuti alla comparsa delle Angiosperme furono le praterie. La maggior parte delle erbe sono infatti Angiosperme e nutrono milioni di erbivori in tutto il mondo. Un tempo, per terra crescevano solo Muschi e Felci, ma in un ambiente di sottobosco, dove si potesse mantenere l'umidità. Ora provate a pensare ad un qualsiasi ambiente e toglieteci tutte le Angiosperme...bhè, senza né fiori, né erba, sarebbe assai diverso da come lo vediamo oggi.

Insomma, l'evoluzione vegetale è partita da lontano e, tassello dopo tassello, ha portato alla luce le attuali piante, ognuna delle quali perfettamente adattata a vivere nel proprio ambiente naturale.

Fiore Magnolia

Fiori Prunus

Come Coltivare il Chinotto (Citrus myrtifolia), un Agrume dall'Alto Valore Ornamentale.

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Gli Agrumi, conosciuti ed apprezzati in tutto il Mondo, sono uno dei simboli della nostra Sicilia ed, in generale, di tutto il Sud Italia.
Esistono decine e decine di Agrumi differenti, ma in pochi sanno che tutti discendono dagli incroci di 3 sole specie : il Pomelo (Citrus maxima), il Mandarino (Citrus reticulata) ed il Cedro (Citrus medica).

Oggi vorrei parlare del Chinotto (Citrus myrtifolia), un Agrume forse un po' meno conosciuto dell'Arancio, ma di grande importanza commerciale, dato che dai suoi frutti si ricava la bevanda omonima. 

Nelle prossime righe fornirò utili informazioni sulla coltivazione e le cure del Chinotto, volte sia all'ottenimento di una buona crescita della pianta, sia alla produzione di frutti.
Il Chinotto, se sano e cresciuto nel clima giusto, ha davvero un bell'aspetto e può esser tranquillamente utilizzato come pianta ornamentale; inoltre, date le dimensioni contenute, si possono aver ottimi risultati anche nel Nord Italia, coltivandolo in vaso e riparandolo dal freddo invernale.

Fiori e Frutti Chinotto

Da Dove Arriva il Chinotto ? - Origine e Storia

L'origine del Citrus myrtifoliaè tutt'oggi incerta, secondo alcuni sarebbe stato importato dalla Cina intorno al '600, secondo altri la specie sarebbe nativa del Mediterraneo.
Si suppone che il Chinotto attuale derivi da una mutazione gemmaria dell'Arancio Amaro (Citrus aurantium).

La coltivazione del Chinotto è prevalentemente concentrata in Italia e, oltre a Sicilia e Calabria, notoriamente vocate alla coltivazione degli Agrumi, è diffuso anche in Liguria e nelle zone più miti della Toscana.

Proprio la provincia di Savona, nella Riviera Ligure, era il simbolo del Chinotto. Qui, sin alla prima metà del '900, la specie era comune e diffusa ovunque e l'omonima bevanda era venduta e servita in tutti i bar/ristoranti locali.
Purtroppo la complessa lavorazione dei frutti per la produzione artigianale del "Chinotto"è troppo lunga e commercialmente non competitiva. Per queste ragioni, oggi la pianta del Chinotto "Ligure"è relegata a giardini privati od orti botanici, sebbene negli ultimi anni sia diventata presidio della fondazione Slow Food.

All'infuori dell'Italia il Chinotto è semi-sconosciuto e viene coltivato marginalmente solo in Francia, lungo la Costa Azzurra ed in Corsica.


Com'è La Pianta del Chinotto ? - Botanica e Fisiologia

Il Chinotto, il cui nome scientifico è Citrus myrtifolia, è un Agrume e come tale appartiene alla famiglia delle Rutaceae.
Questa specie si sviluppa sotto forma di arbusto di piccole dimensioni, raggiungendo un'altezza massima di circa 3 metri (10 ft). Il portamento è elegante e compatto, con ramificazioni corte ed una chioma piuttosto densa.
Le foglie, diversamente da molti altri Agrumi, sono di piccole dimensioni, appuntite, coriacee e di color verde scuro. Il loro aspetto, come suggerisce l'epiteto "myrtifolia", ricorda molto quello del Mirto.
La maggior parte degli Agrumi sviluppa spine più o meno grosse, e più o meno abbondanti; il Chinotto è l'unico Agrume i cui rami sono totalmente privi delle fastidiose spine.
Il tronco è piuttosto snello ed esile e da esso dipartono numerosi rami, con internodi (spazio tra foglia e foglia) decisamente corti. Talvolta i rami di oltre un anno sono parzialmente nudi, con presenza di foglie concentrate all'apice vegetativo (l'estremità).

Frutto in Maturazione Citrus myrtifoliaI fiori del Chinotto sono bianchi, piccoli e raggruppati all'estremità dei rami o, più raramente, solitari lungo i rami. Il fiore di questa specie è una classica zagara (termine usato per definire i fiori degli Agrumi), con petali carnosi e spessi ed emano un intenso (e gradevole) profumo.
Frutto Maturo ChinottoIl Chinotto ha una prima fioritura, che è anche quella più abbondante, tra Aprile e Giugno, in funzione delle condizioni climatiche; tuttavia la specie è rifiorente e può fiorire a più riprese, talvolta anche con solo pochi fiori, sin a metà autunno (anche Novembre in zone calde della Sicilia).

I fruttidel Chinotto son tra i più piccoli della categoria degli Agrumi e non son più grandi di un'Albicocca. La loro forma è tondeggiante, ma schiacciata ai poli ed, a maturità, virano a color arancione. I Chinotti impiegano anche oltre un anno per maturare e, data la fioritura scalare, si possono trovare sulla stessa pianta frutti a diversi stadi fenologici; inoltre i frutti possono rimanere attaccati a lungo (fino a 2 anni dal fiore) sulla pianta senza marcire.
Per tutte queste ragioni non è difficile trovare su un'unica pianta : fiori, frutticini appena allegati, frutti verdi ed immaturi insieme ad altri arancioni e maturi, rendendo il tutto molto ornamentale.

Questi frutti hanno un sapore amaro/aspro, contengono più semi e son tutto fuorché indicati per il consumo fresco; ciò nonostante, in ambito culinario, trovano impiego nella preparazione di confetture e marmellate, nonché nella produzione dell'omonima bevanda, ottenuta con estratto di chinotto aggiunto ad una ben più una lunga lista di ingredienti (tra cui zuccheri, correttori di acidità, acqua ed aromi non meglio specificati).

Boccioli Chinotto

Dove Può Crescere il Chinotto ? - Coltivazione, Esposizione, Clima, Potatura, Riproduzione e Cure

Citrus myrtifoliaè un Agrume e, come la maggior parte di essi, ha una scarsa resistenza al freddo invernale. In letteratura (ed in generale su internet) si trovano pareri discordanti in merito all'effettiva rusticità del Chinotto, c'è chi sostiene sia sensibile al gelo al pari di un Limone e chi lo annovera addirittura tra di "Cold-Hardy Citrus".
Probabilmente la verità è a metà strada tra queste due ipotesi e, anche sapendo che la specie è parente dell'Arancio Amaro, notoriamente resistente al freddo, sarebbe ragionevole pensare che il Chinotto possa resistere a sporadici abbassamenti di temperatura sino a -6° C (21° F), forse un grado in meno, con danni fogliari; insomma una Agrume di "media" resistenza.
Ovviamente i danni da freddo non dipendono esclusivamente dalla temperatura minima toccata, ma anche dalla durata del gelo, dalle temperature massime; un intero inverno con minime a -5° C (23° F) fa molti più danni di un'occasionale punta di -7° C (19.5° F) di un paio d'ore.

Il Chinotto è una pianta a crescita decisamente lenta, direi quasi un "Agrume-nano", dato che impiegherà molti anni a raggiungere le modeste dimensioni "adulte" e, con opportune potature, si può tenere davvero piccolo. Giusto per intenderci, la crescita annua di rado supera i 10 cm (4 inch) e, in vaso, è ancora inferiore.

Dato lo sviluppo limitato, il Chinotto ben si presta ad esser coltivato in vaso ed è dunque un'ottima scelta per chi volesse un Agrume pur vivendo in zone fredde del Nord Italia.

Il terreno ideale è ben drenante, ricco di sostanza organica e fertile. Se innestato su Poncirus trifoliata, aumenta la resistenza all'umidità del suolo; tuttavia sono sconsigliabili quelli eccessivamente argillosi e pesanti.
Il Chinotto è abbastanza esigente in quanto al terreno e la crescita, soprattutto in suoli poveri o se coltivato in vaso,è avvantaggiata da una buona concimazione con uno dei tanti concimi specifici per Agrumi che si trovano in vendita.

Chioma con Frutti ChinottoCome detto in precedenza, il Chinotto possiede foglie molto piccole e ravvicinate, il che limita la perdita d'acqua per evaporazione. E' dunque ipotizzabile che questa specie abbia una resistenza alla siccità superiore agli altri Agrumi; tuttavia, in zone aride ed assolate, è buona norma irrigarli come tutti gli altri Agrumi, soprattutto durante i primi anni dall'impianto.

Le potature non ricoprono particolare importanza, anche perché la crescita non particolarmente vigorosa non dà problemi di spazio. Se si volesse comunque potare conviene farlo a fine inverno, quando sia passato il rischio gelate, ma le temperature siano ancora basse per il risveglio vegetativo.
La potatura sarà limitata alla rimozione del rami morti e di quelli che si incrociano, ricordandosi di utilizzare attrezzi puliti e sterilizzati (ad esempio con alcool o fuoco).

Il Chinotto gradisce esposizioni in pieno Sole, ma può aver un discreto sviluppo anche a mezz'ombra, mentre all'ombra la crescita risulterà stentata, i rami lunghi ed esili e la fioritura/fruttificazione assente.

La malattia più temibile è il Mal Secco, causato dal fungo patogeno Phoma tracheiphyla. La comparsa può essere fulminea e, se parte dalle radici, porta la pianta a morte certa. Alcuni portainnesti (es. P. trifoliata) sono più resistenti e di conseguenza il Mal Secco si può manifestare solo sul nesto, con effetti meno letali rispetto all'attacco radicale. Altri patogeni sono le cocciniglie ed il ragnetto rosso, ma di solito son meno impattanti rispetto al Mal Secco e si possono efficacemente eliminare trattando con agenti chimici o prevenire utilizzando il Verderame.

Il Chinotto ha una scarsa longevità e, di norma, non vive può di 50-60 anni.

Il Chinotto viene essenzialmente propagato tramite innesto, utilizzando l'Arancio Amaro o l'Arancio Trifogliato; quest'ultimo portainnesto è sicuramente preferibile per la coltivazione in vaso (ha effetto nanizzante), oltre ad esser ben più rustico, resistendo meglio ai patogeni, al gelo ed all'umidità del suolo.

Insomma, un Agrume un po' particolare e decisamente più bello di molti suoi parenti, che saprà ricompensarvi se avrà un posticino nel vostro giardino.

Fiore Citrus myrtifolia

Pianta Adulta Citrus myrtifolia

Albero dei Tulipani (Liriodendron tulipifera) - Fioritura e Coltivazione

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Capita talvolta che una pianta arborea prenda parte del proprio nome da una specie ben diversa; avevamo già visto il Corbezzolo che, per via dei suoi frutti rossi simili a fragole, è conosciuto anche come Albero delle Fragole.

Oggi vorrei parlare del Liriodendro (Liriodendron tulipifera), comunemente chiamato Albero dei Tulipani, utilizzato a scopo ornamentale, per abbellire parchi, ma anche per la creazione di viali alberati. 

Nelle prossime righe impareremo a riconoscere questa pianta, a capire quale sia il periodo migliore per poter osservare i suoi fiori e come coltivarla al meglio.

Liriodendron tulipifera

Fiore Albero dei Tulipani

Storia, Origine e Generalità 

Albero dei Tulipani è il nome volgare del Liriodendro (sinomimo Tulipifero), questo perché i suoi fiori, di cui parleremo a breve, ricordano i più famosi Tulipani.

Liriodendron tulipiferaè una specie arborea nativa dell'America Nord Orientale ed appartiene alla famiglia delle Magnoliaceae, una delle più primitive tra le Angiosperme.
Il genere Liriodendron è formato anche da un'altra specie, Liriodendron chinense, nativa dell'Asia ed assai più rara, ma piuttosto simile al L. tulipifera, sebbene differisca per aver foglie più grandi, fiori leggermente diversi (privi delle tonalità arancioni) ed una rusticità inferiore.

Il "classico" Albero dei Tulipani è una delle specie più belle che cresce nelle foreste di latifoglie degli Stati Uniti orientali, come quelle presenti, ad esempio, sui monti Appalachi.
La prima testimonianza scritta della sua presenza in Europa risale al 1688, ma è verosimile che la specie fosse presente sul vecchio continente già da molti anni.
Oggigiorno, oltre al suoi habitat originario, il Liriodendro è diffuso in tutta Europa, dal Mediterraneo, sino alla Scandinavia e nel resto del Nord America

La coltivazione del Liriodendro, oltre che a fini ornamentali o per alberature stradali, è comune anche ricavare legno dalle ottime caratteristiche. Esso, infatti, è molto lavorabile, resistente alle verniciature e particolarmente indicato per costruire strumenti musicali (es .pianoforte) o per fini lavori di falegnameria.
Gli indiani d'America utilizzavano il legno di Liriodendro per costruire canoe capienti e resistenti.


Com'è Fatto l'Albero dei Tulipani ? - Botanica e Fisiologia

Liriodendron tulipifera è una specie decidua che si sviluppa sotto forma di albero ad alto fusto di medie grandezze, raggiungendo un'altezza massima di circa 30 metri (98 ft), sebbene esemplari cresciuti indisturbati nel loro habitat ideale possano sfiorare, e talvolta superare, i 40 metri (131 ft).

Bocciolo LiriodendroIl tronco è slanciato, lungo e diritto e da esso dipartono numerosi rami :  quelli più verso l'alto (i più giovani) crescono meno orizzontali, mentre quelli più bassi/vecchi (e lunghi) tendono ad "arcuarsi", fino a diventar quasi penduli, con l'estremità più esile che quasi tocca terra (in assenza di potature).
La corteccia è color bianco-grigio, liscia da giovane, più fessurata con l'avanzare dell'età.

Fioritura Albero dei TulipaniIl portamento del Liriodendro potrebbe ricordare quello del Platano, sebbene abbia di norma uno sviluppo leggermente più limitato.

L'apparato radicale è fittonante e profondo, ciò nonostante dal fittone principale si sviluppano anche radici laterali e sarebbe meglio non piantarlo in prossimità di tubature o piastrelle da giardino.

Le foglie, delle dimensioni di una mano, sono semplici e provviste di un lungo picciolo (in media 12 cm, 5 inch). Esse hanno una peculiare forma tetra-lobata (4 lobi), che le rende distinguibili dalla maggior parte delle altre specie.
Nel tardo autunno queste foglie caduche assumono tinte tipicamente autunnali (giallo-oro), molto decorative, sebbene questa veste non duri così a lungo come in molte specie di Acero Giapponese.

In esemplari piantati isolati la chioma è espansa e tondeggiante, mentre laddove non vi sia spazio per uno sviluppo laterale, tende ad assumere una forma colonnare.

Ma arriviamo all'organo che ha dato il nome a questa pianta: il fiore. Esso è ermafrodita ed ha un diametro sino ad 8 cm (3 in). Il fiore del Liriodendro presenta molti caratteri primitivi, possiede 3 sepali verdi; 6 petali color crema, punteggiati di verdi e con sfumature di arancione alla base, che quasi "racchiudono" gli organi sessuali. La parte centrale del fiore è formata da numerosi stami (parte maschile), che avvolgono numerosi ovari (parte femminili) disposti a spirale.
I fiori emanano una leggera(issima) fragranza, sono solitari e sbocciano da gemme situate all'apice della nuova vegetazione.
Questi fiori, dall'aspetto di Tulipano (ed anche di Ninfea), sono stupendi, ma non troppo appariscenti, poiché le loro sfumature verdognole li mimetizzano col fogliame della pianta stessa.

L'Albero dei Tulipani, nel Nord Italia, fiorisce nel periodo tardo primaverile (nei mesi di Maggio e Giugno), con una fioritura scalare (circa due mesi), ma mai particolarmente abbondante.

Sul finir dell'estate maturano i frutti, a forma di pigna e contenenti numerosi semi "alati".

Foglie e Fiori Liriodendron tulipifera
Come Coltivare il Liriodendro ? - Crescita, Clima, Esposizione, Potature, Riproduzione

Il Tulipifero è una specie rustica e particolarmente resistente al freddo. In Italia può essere piantato con successo (e poche cure) praticamente ovunque, tuttavia è forse più adatto al clima del settentrione.
Questa piantaè resistente a quasi tutte le malattie e non ha bisogno di trattamenti. Può capitare che si manifestino attacchi di afidi, ma in un ambiente equilibrato non arrecano mai danni rilevanti.

L'esposizione ideale è in pieno Sole, ma si può sviluppare anche con qualche ora di ombreggiatura al giorno; in questo caso la vegetazione (e la fioritura) sarà più fitta in corrispondenza del lato "assolato". All'ombra totale la crescita risulta stentata e la fioritura altamente compromessa.

In natura il Liriodendro cresce ai margini di fiumi e ruscelli, gradisce perciò un terreno umido, leggero, fresco e fertile, tendenzialmente a pH acido
Sebbene queste caratteristiche siano molto lontane da quelle presenti nella maggior parte del Sud Italia, la sua coltivazione è comunque possibile anche lì. Basterà prendere qualche accorgimento, in special modo si dovrà prestare attenzione all'irrigazione estiva, dato che fin quando non avrà radici bene sviluppate la specie sarà abbastanza sensibile alla siccità.
Una volta adulta, la pianta troverà l'umidità in profondità e, crescendo magari più lentamente, potrà svilupparsi anche nel Salento o nel Sud della Sicilia, accontentandosi delle sporadiche piogge.
Il primo sintomo di carenza idrica è l'ingiallimento estivo delle foglie. Per prevenire dare acqua almeno una volta alla settimana per i primi anni dall'impianto, successivamente non sarà più necessario.

Tronco e Rami LiriodendroLe concimazioni con stallatico possono velocizzare la crescita iniziale, ma non ricoprono particolare importanza nelle piante adulte ed affrancate.

L'Albero dei Tulipani si sviluppa perfettamente senza interventi di potatura, i quali hanno scopo esclusivamente contenitivo e son evitabili qualora la pianta avesse spazio a disposizione. Ricordatevi comunque che questa pianta è vigorosa ed imponente e non è sicuramente adatta per esser piantata in piccoli giardinetti, ne tanto meno può esser coltivata a lungo in vaso, poiché anche grandi vasi sarebbero troppo piccoli per permettere uno sviluppo armonico delle sue possenti radici, che quindi non potrebbero nutrire in modo adeguato la voluminosa parte aerea.

Il Liriodendro si propaga essenzialmente tramite semina. I semi, prelevati in autunno, devono "sentire" un periodo freddo (vernalizzazione) ed è quindi consigliabile piantarli in un vaso con terriccio per acidofile, da tenere all'aperto per tutto l'inverno.
In primavera bisognerà posizionare il vaso in un luogo luminoso, ma non esposto ai raggi diretti del Sole e mantenere umido il terreno, condizioni che devono esser mantenute per il primo anno dal germogliamento.
Dopo un paio d'anni si potrà piantare la nuova piantina in pieno campo. La crescita iniziale (2-3 anni) potrà esser limitata, ma non appena la pianta si sarà assestata inizierà a crescere anche di 1 metro (3.3 ft) a stagione. Purtroppo si dovrà attendere una quindicina d'anni per aver la prima fioritura, in compenso la pianta fiorirà per secoli, dato che la sua longevità è stimata in circa 500 anni.

La riproduzione per via vegetativa è più rara, anche perché sono poche le cultivars selezionate. Tra di esse la moltiplicazione per taleaè quella più comune e va effettuata prelevando giovani rametti, da interrare in un mix di sabbia/torba, con ormoni radicanti.

Ora provate, tra Aprile e Giugno, ad osservare gli alberi stradali o quelli presenti nei parchi delle vostre città, sicuramente troverete qualche esemplare di Albero dei Tulipani con i suoi inconfondibili fiori.

Alberi dei Tulipani Adulti

Chioma Liriodendro Affacciata sul Lago Maggiore

Come Coltivare la Palma delle Canarie (Phoenix canariensis) ? - Crescita e Cure

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Se vi steste chiedendo quale sia la Palma più diffusa in Italia, fino a qualche anno fa non avrei esitato a rispondervi : nelle zone fredde del Nord Italia la Trachycarpus fortunei, mentre nelle zone più miti o costiere del Centro-Sud la Palma delle Canarie (Phoenix canariensis).

Purtroppo, negli ultimi anni le P. canariensis sono state decimate dal Punteruolo Rosso (Rhynchophorus ferrugineus), un coleottero di origine asiatica, le cui larve si nutrono scavando  profonde gallerie all'interno del tronco delle Palme, portandole al disseccamento e successiva morte.

Sebbene è verosimile che ancora oggi la Palma delle Canarie sia la più comune nelle zone costiere d'Italia, molti esemplari morti sono stati sostituiti da Palme più resistenti a questa malattia, come ad esempio la Washingtonia filifera.

Oggi vorrei descrivere la Palma delle Canarie, fornendo utili informazioni sulla sua cura, coltivazione e resistenza all'ambiente.

Palme delle Canarie Nel Loro Habitat

Cos'è e Come si Combatte il Punteruolo Rosso delle Palme ?

Rhynchophorus ferrugineus è un insetto patogeno che attacca preferibilmente le palme, portandole ad un lento, ma inesorabile declino.
Sebbene siano molte le specie di palma colpite, la P. canariensis è particolarmente suscettibile e la percentuale di sopravvivenza è decisamente inferiore rispetto a quella di altre specie; si stima infatti che oltre il 90% delle Palme uccise dal Punteruolo Rosso, siano Palme delle Canarie.
Nonostante siano stati riscontrati danni anche sulle Palme da Cocco (Cocos nucifera) e Palme da Olio (Elaeis guineensis), le palme più sensibili al Punteruolo sono le specie appartenenti al genere Phoenix.

L'insetto "killer"giunse in Europa dalla Malesia e fu rinvenuto per la prima volta in Spagna a metà degli anni '90, mentre in Italia fu osservato per la prima volta in Sicilia, nel 2004. 
Questo Artropode cresce veloce, è prolifico (ogni femmina depone in media 2-300 uova) e l'adulto ha elevata motilità, spostandosi agevolmente anche tra palme lontane oltre 1 km (0.6 miles) l'una dall'altra.
L'adulto depone le uova all'interno delle ferite sulle foglie, o comunque nella parte superiore del tronco; le larve entrano così all'interno della palma, cibandosi dei tessuti interni della stessa e producendo lunghe gallerie, un po' come farebbe una talpa nel terreno.

Purtroppo è difficile individuare l'infezione durante gli stadi iniziali, anche perché l'alta chioma non è facilmente accessibile ed ispezionabile, e quando si manifestano i primi sintomi è spesso troppo tardi per salvarla.

Palma Uccisa dal Punteruolo RossoAd oggi non esiste un rimedio efficace al 100% contro il Punteruolo Rosso e la prevenzione rimane l'arma migliore. Ad esempio è importante rimuovere solo foglie secche (morte), con attrezzi che facciano un taglio netto e, qualora si dovessero tagliare foglie ancora verdi, farlo esclusivamente nel periodo invernale (non oltre Marzo), in modo da permettere la cicatrizzazione (cioè l'ostruzione dei "fori d'ingresso"), prima che il Punteruolo ritorni attivo. Un altro consiglio è di non potare le foglie alla base, ma di lasciare il picciolo, rimuovendolo solo quando secco (più il taglio è vicino al tronco, più il tragitto che devono compier le larve per arrivar al tronco sarà breve).
In fine disinfettare con insetticidi dopo aver potato e, qualora ci fossero tagli grossolani o buchi, utilizzare del mastice sulle ferite.

I comuni insetticidi hanno efficienza limitata, inoltre difficilmente riescono a penetrare nelle contorte gallerie ed è più utile rimuovere le larve manualmente (usando fumi, fil di ferro, etc.) o disorientare i maschi con particolari feromoni.
Per la lotta biologica si trovano in commercio esemplari modificati di Steinernema carpocapsae, un nematode (verme) che solitamente vive sottoterra, ma che in questo caso è in grado di sopravvivere per alcune settimane anche all'aperto, divorando le larve del Punteruolo.

Purtroppo in Italia non esistono predatori naturali del R. ferrugineus, ma lo studio sugli antagonisti naturali nell'areale d'origine potrebbe in un futuro portare all'introduzione degli stessi sul nostro territorio, permettendo (forse) l'instaurarsi di quell'equilibrio preda/predatore ormai consolidato nei paesi d'origine.


Storia, Origine, Curiosità ed Utilizzi :

Come facile intuire dal nome, la Phoenix canariensisè nativa delle Isole Canarie, dove cresce tutt'oggi allo stato selvatico in tutte le sette isole maggiori dell'arcipelago, sebbene la popolazione più numerosa si trovi a La Gomera, una delle isole meno turistiche (e più belle).

La sua presenza si riscontra dal livello del mare sino a circa 600 metri (1968 ft) di altitudine. La Palma delle Canarie prospera nelle zone umide, situate appena al di sotto della foresta di nuvole, un'area in cui i venti dominanti (Alisei) generano la costante  presenza di nebbia.
La specie cresce anche in un habitat ben diverso, arido e semi-desertico, tipico di molte aree costiere o pianeggianti. In questo caso la loro crescita è spesso indice della presenza di falde acquifere sotterranee. 

Le diverse popolazioni di P. canariensis sono sparpagliate qua e là sulle varie isole, anche in funzione della disponibilità idrica sotterranea e gli esemplari di una stessa popolazione crescono ben distanziati tra di loro, non formando mai fitte foreste.
In linea di massima il numero di esemplari per popolazione è direttamente proporzionale alla presenza d'acqua. In isole piatte e desertiche, come Fuerteventura, è comune trovare esemplari che crescono totalmente isolati.

Nelle zone d'origine queste palme vengono anche utilizzate per produrre il prelibato Miele di Palma. Per produrlo si esegue un foro nel tronco di una palma (adulta), prelevando circa 10 litri di linfa, la quale viene bollita e concentrata, ottenendo un volume finale di miele pari al 10% di quello iniziale. Questa procedura debilita la pianta e, di norma, si lasciano trascorrere anche 5 anni prima di ripetere l'operazione sulla stessa palma.

Ancorché nativa di una zona sub-tropicale, la Palma delle Canarie si è dimostrata resistente al freddo e si è perfettamente adattata al clima Mediterraneo.
Oggigiorno è infatti diffusa a livello ornamentale in tutto il bacino Mediterraneo, dalla Spagna, sino alla Grecia ed al Nord Africa, ma anche in California, Arizona, Texas e nel Sud dell'Australia.

Palme delle Canarie in Calabria

Come Riconoscere la Palma delle Canarie ? - Botanica e Fisiologia

Phoenix canariensisè il nome scientifico della Palma delle Canarie che, come tutte le altre palme, appartiene alla famiglia delle Arecaceae (ex Palmaceae).
Il genere Phoenix comprende circa 15 specie, distribuite tra Nord Africa ed Asia, a parte la Phoenix theophrasti, nativa dell'isola di Creta.

FiorituraLe due palme più conosciute (e comuni) del genere Phoenix sono senz'ombra di dubbio la Palma delle Canarie (P. canariensis ) e la Palma da Dattero (P. dactylifera).
Sebbene le due palme abbiano notevoli somiglianze, all'occhio esperto non passano inosservate le pur piccole differenze.
La Palma delle Canarie si riconosce, rispetto alla Palma da Dattero, poiché possiede un tronco più massiccio e largo, foglie più larghe, appiattite e di un color verde più scuro, nonché una chioma ben più densa, con circa 70-100 foglie, contro le 30-50 foglie della P. dactylifera.

La Phoenix canariensis cresce come palma solitaria, su un unico tronco (altra differenza rispetto alla P. dactylifera, che all'occorrenza può emettere polloni basali) dal diametro che può sfiorare il metro (3.3 ft) e raggiungere un'altezza di circa 20 metri (66 ft), anche se esemplari molto vecchi e cresciuti nelle condizioni ideali possono superare i 30 metri (98 ft).
La crescita del tronco in larghezza precede quella in altezza, per questo motivo giovani esemplari hanno un aspetto decisamente tozzo, avendo già un fusto del diametro di una palma adulta, ma un'altezza che a stento raggiunge quella di un'automobile. Purtroppo questo aspetto della fase giovanile, che ad alcuni potrà sembrar un difetto, è tipico di molte palme a fusto largo.

FioriLe foglie sono pennate, lunghe sino a 6 metri (20 ft) e composte da un centinaio di coppie di foglioline disposte a 90° rispetto al rachide centrale.
Partendo da seme, in condizioni di crescita ideali, ci vuole circa un anno affinché le foglie assumano la classica forma "pennata" ed almeno 5 anni prima che esse possano aver le dimensioni delle foglie di una pianta "adulta". 

Frutti Maturi Phoenix canariensisLa chioma è densa, espansa e dalla forma tondeggiante. In zone pedonali, giovani piante ancora troppo basse, hanno spesso le foglie raccolte tra loro (legate con una corda) per indirizzarle verticalmente, in modo da non ingombrare il passaggio.

L'apparato radicale, come tipico delle monocotiledoni,è fascicolato, ma estremamente robusto ed espanso, in grado di spingersi in profondità per attingere le riserve d'acqua sotterranee. In piante coltivate in vaso, anche di giovane età, l'apparato radicale si presenta come un groviglio di molte radici tutte più o meno dello stesso diametro (manca un fittone).
Insomma radici espanse, profonde e più robuste della maggior parte delle altre specie di palma.

La Palma delle Canarie è una specie dioica, esistono perciò piante "maschio" e piante "femmina", ognuna delle quali produrrà fiori esclusivamente del sesso di appartenenza. Le infiorescenze (di entrambi i sessi) spuntano tra le foglie, son lunghe circa 1 metro (3.3 ft) e, diversamente da quelle della Brahea armata, non sono troppo appariscenti.
I fiori sono piccoli, color giallo crema-bianchi e quelli femminili, se fecondati, danno origine a drupe di color marrone, contenenti un unico seme.
Questi frutti, raccolti in grappoli, sono ben visibili e ricordano molto i datteri, benché siano più piccoli, con minor quantità di polpa. Sebbene abbiano scarse qualità organolettiche, i frutti della Phoenix canariensis sono commestibili.

Nei luoghi d'origine la fioritura può avvenire più o meno tutto l'anno, con un picco durante i mesi più caldi. In Italia, la P. canariensis fiorisce prevalentemente durante la bella stagione, in maniera molto scalare e con differenze sostanziali da pianta a pianta, mentre i frutti maturano da Agosto in poi.

Grappolo di Frutti Palma delle Canarie

Foglie e Chioma Phoenix canariensis

Come Crescere la Palma delle Canarie ? - Coltivazione, Clima, Esposizione, Potatura

P. canariensis è una palma rustica e molto adattabile, può essere perciò coltivata in ambienti molto diversi tra di loro, sia come tipo di suolo, sia come temperatura e quantità di pioggia.
Forse è proprio questa facilità di coltivazione che l'ha resa così diffusa e, prima dell'avvento del Punteruolo Rosso, prosperava senza la benché minima cura.

La Palma delle Canarie ha una buona resistenza al freddo e, da adulta, può sopportare la neve ed il gelo, sino a temperature minime di circa -10° C (14° F), forse un paio di gradi in meno con danni. Tuttavia, in zone in cui le gelate invernali siano frequenti e moderate, conviene coprirla per i primi anni dall'impianto.
Tra le Palme a foglie pennate è una delle meglio tolleranti alle basse temperature ed è battuta solo dalla Butia capitata e dalla Jubaea chilensis.

Quando sceglierete dove piantare la vostra Canariensis ricordatevi che è una palma di grosse dimensioni, che ha bisogno di molto spazio per svilupparsi e, considerando una lunghezza media delle foglie di 5 metri (16 ft), avrà bisogno circa 30 metri quadrati (325 feet square) di terreno e, se non si vuole che le foglie si tocchino, una distanza di almeno 10 metri (33 ft) tra una palma e l'altra.

La crescita è lenta e, nei primi anni, può essere quasi estenuante. Questa sua innata lentezza permette di coltivarla in vaso per anni, rinvasando ad ogni primavera. Detto questo, se cresciuta in vaso non si svilupperà mai al meglio e, anche se coltivata in vasi molto grandi, avrà una velocità di crescita inferiore rispetto ad una palma piantata in piena terra.
Giusto per aver dei numeri sulla velocità di crescita, si può affermare che una palma ormai affrancata cresca di circa 20-30 cm (8-12 inch) ogni anno ed una palma alta 10 metri (33 ft) avrà in media un'età di circa 60 anni.

Tronco Giovane Piantina Phoenix canariensisQuesta palma mostra grande versatilità anche in merito all'esposizione alla luce; essa infatti, pur crescendo al meglio (e senza bruciature) in pieno Sole, si adatta anche alla mezz'ombra e persino a posizioni ombreggiate, purché luminose. 

Phoenix canariensispuò crescere su praticamente tutti i tipi di terreno, da quelli poveri e sabbiosi, sino a quelli compatti ed argillosi. Di solito le specie di palme che tollerano terreni aridi, soffrono i ristagni idrici e l'umidità del suolo, mentre quelle che vivono in suoli perennemente bagnati non resistono alla siccità; la Palma delle Canarie, invece, può vivere sia in suoli riarsi dal Sole, sia in terreni zuppi d'acqua

Le concimazioni sono per lo più superflue e, di norma, anche i suoli poveri son più che sufficienti per il loro sostentamento. Basta osservare queste palme lungo i viali alberati od allo stato naturale dove, pur non ricevendo alcuna fertilizzazione, crescono sanissime.
Ricordatevi che è meglio non concimare, rispetto a concimare troppo

Le potature non sono necessarie, servono semmai a rimuovere le vecchie foglie ormai seccate. Se si volesse un aspetto più ordinato si potrebbero potare quelle foglie che scendono sotto la teorica linea parallela all'orizzonte, in tal modo la chioma vista davanti avrebbe un angolo di 180° (semicerchio), simile ad un ventaglio aperto.
Detto questo personalmente adoro anche il portamento "naturale", come quello che potete notare nelle Phoenix canariensis selvatiche che crescono a La Gomera (prima foto dell'articolo).

Grazie anche all'imponente apparato radicale, la Palma delle Canarie ha un'ottima resistenza alla carenza idrica e prospera senza irrigazioni anche nelle zone meno piovose d'Italia.
Innaffiare può essere utile a velocizzare la crescita durante i primi anni, ma nel complesso è una pianta che richiede davvero poca acqua.

Una palma che cresce al Sole, come all'ombra, in un terreno arido, così come in uno saturo d'acqua, in un clima tropicale (es. Hawaii), come nel Nord Italia (es. Lago Maggiore); insomma, fin qua sembrerebbe una pianta indistruttibile, ma purtroppo non è esente da malattie, tra cui le più pericolose sono la Fusariosi, causata dal fungo Fusarium oxysporum canariensis ed il già discusso Punteruolo Rosso.


Come Riprodurre la Phoenix canariensis ?

Non esistono metodi di propagazione vegetativa, in quanto la specie non emette polloni e le palme (come tutte le monocotiledoni) non si possono innestare.
L'unico metodo di moltiplicazione avviene tramite semina, che genera individui diversi rispetto alla pianta-madre, non permettendo la riproduzione di cloni con caratteristiche peculiari e scoraggiando di fatto la selezione di cultivars di pregio (leggi qua per dettagli).

I semi non hanno bisogno di un periodo freddo e possono esser piantati appena raccolti da frutti maturi; se le temperature saranno alte, le piante germoglieranno nel giro di 2-3 mesi. Per facilitare il germogliamento può esser utile lasciar i semi immersi in acqua a temperatura ambiente per una notte, nonché mantenere umido il terriccio.
Purtroppo la crescita iniziale vi farà venir il latte alle ginocchia, ma la soddisfazione di aver una Palma fatta da seme vi ripagherà del tempo aspettato. 
Alternativamente potete comprare una Palma delle Canarie coltivata in vaso già da qualche anno, ma se vorrete una palma grande subito dovrete esser disposti a spendere un po' di soldi.

Giusto a titolo esemplificativo, nelle foto che seguono sono mostrate Palme delle Canarie con un'età rispettivamente di 1-2 anni, di 6-8 anni, di 20-22 anni e di oltre 50-60 anni.

Palma delle Canarie di 1 Anno
Palma delle Canarie di 7 Anni

Palma delle Canarie di 20 Anni

Palma delle Canarie di Oltre 50 Anni

Alla prossima vacanza, mentre passeggiate sul lungomare, alzate la testa; senz'altro noterete la palma di cui abbiamo profusamente discusso sin qua.
Se abitate nel Centro-Sud Italia probabilmente avrete già una certa famigliarità con questa palma, ma sappiate che si può coltivare con successo anche nei microclimi più favorevoli del Nord Italia ed, anzi, spero che questo articolo vi invogli a tentar la sua coltivazione anche nei giardini riparati, sopra la linea del fiume Po.

Vi lascio con paio di foto del tipico paesaggio che troverete nell'entroterra delle isole più occidentali delle Canarie.
Qui siamo a La Gomera, l'isola che vanta le popolazioni più numerose di questa specie, potete infatti osservare le Phoenix canariensis che crescono sane ed indisturbate sugli aridi e scoscesi declivi, insieme a splendidi esemplari di Agave americana, ormai naturalizzata, ed ad altre specie xerofile.

Wild Phoenix canariensis

Palme delle Canarie a La Gomera

Come Coltivare il Falso Gelsomino (Trachelospermum jasminoides)

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Il Rincospermo (Trachelospermum jasminoides, sin. Rhyncospermum jasminoides), chiamato anche con il nome di Falso Gelsomino, è un rampicante ornamentale assai diffuso e coltivato in special modo per i suoi profumatissimi fiori, che fanno avvertire la sua presenza già da lontano.

Nelle prossime righe troverete una breve descrizione della pianta, le informazioni più importanti per la sua coltivazione, nonché qualche curiosità.

Trachelospermum jasminoides

Origine, Diffusione e Storia :

Il Rincospermo appartiene alla famiglia delle Apocynaceae, che comprende prevalentemente piante succulente di origine tropicale, sebbene appunto con qualche eccezione.
T. jasminoides è nativo dell'Asia orientale, nelle zone temperate calde comprese tra Giappone, Korea e Cina Meridionale, ma è ormai naturalizzato anche nel medio oriente (Pakistan, Iran) e nel Nord America.
Nel suo habitat naturale il Gelsomino Cinese (sì, si chiama anche così) cresce ai margini assolati delle foreste o nelle zone più aride in cui vi crescono prevalentemente piante arbustive.

Grazie alla sua stupenda fioritura e rusticità, il Rincospermo è oggi assai diffuso in buona parte d'Europa, negli Stati Uniti e persino nelle zone non tropicali dell'Australia.


Qual è la Differenza Tra il "Falso" ed il "Vero" Gelsomino ?

Falso Gelsomino (Trachelospermum jasminoides) è il nome dato al Rincospermo per la sua somiglianza al "Vero" Gelsomino o Gelsomino Comune (Jasminum officinale), sebbene le due specie appartengano addirittura a famiglie diverse.

Fiore Falso Gelsomino (Trachelospermum jasminoides)In realtà tutte le circa 200 specie del genere Jasminum potrebbero esser i "Veri" Gelsomini; nel meridione, ad esempio, è molto comune il Jasminum grandiflorum, noto anche come Gelsomino di Sicilia.
Fiore Vero Gelsomino (Jasminum sp.)Tutti i "Veri" Gelsomini appartengono alla famiglia delle Oleaceae, proprio la stessa del più famoso Olivo (Olea europaea), hanno solitamente portamento rampicante o ricadente, producono fiori bianchi e sono sempreverdi; tuttavia non mancano le eccezioni, il Jasminum nudiflorum (Gelsomino d'Inverno o di San Pietro), per esempio, produce fiori gialli sul finir dell'inverno ed è deciduo.

Premetto che ad un occhio poco esperto non è sempre facile riconoscere il "Vero" dal "Falso"; ciononostante esistono differenze sostanziali.
In primisla rusticità, il T. jasminoides è una pianta che può resistere a forti gelate, mentre il J. officinale resiste a lievi gelate ed il J. grandiflorum è ancora più sensibile al freddo e deve esser coltivato dove le temperature non scendano praticamente mai sotto gli 0° C (32° F).
Quindi nel Nord Italia, se noterete un Gelsomino, sarà al 99% il "Falso", poiché il "Vero" potrebbe sopravvivere solo in luoghi molto riparati.

Un'altra differenza sono le foglie, il Gelsomino Cinese le ha opposte, scure e coriacee, mentre il Gelsomino Comune ha foglie composte; ma la differenza più grande è nei fioriT. jasminoides è una Apocynaceae e, come tutte le altre specie della famiglia (es. Plumeria), produce tipici fiori a 5 petali bianchi disposti circolarmente, che ricordano molto la forma di un'elica di un motoscafo. I fiori del J. officinale sono anch'essi a 5 petali bianchi (altre specie di Jasminum possono averne di più), ma non hanno questa peculiarità.

Boccioli Falso Gelsomino
Fioritura Rincospermo

Com'è Fatto il Rincospermo ? - Botanica e Fisiologia

Il Falso Gelsomino è un arbusto rampicante sempreverde che, con gli anni, può allungarsi molto, raggiungendo un'altezza di anche 10 metri (33 ft).
Esso viene piantato in giardino per creare siepi fiorite, adatte a ricoprire ringhiere, pergolati, muri o qualsiasi cosa che abbia qualche appiglio a cui aggrapparsi; inoltre la sua elevata vigoria lo rende perfetto per creare uno spazio divisorio tra due giardini/abitazioni, dato che il fitto fogliame garantirà la dovuta privacy.

Sebbene i migliori risultati si abbiano nella coltivazione in pieno campo, la specie ben si presta ad esser coltivata anche in vaso, per abbellire terrazzi o balconi. In quest'ultimo caso si dovrà rinvasare in vasi via via più grandi, sapendo che non è una specie coltivabile a lungo in vasi di piccole dimensioni.

Frutto Immaturo Falso GelsominoIl Rincospermo non forma quasi mai un vero e proprio tronco, ma è formato da più tronchi, molto ramificati sin dalla base. I nuovi gettisono color bruno-rossastro, lunghi ed estremamente flessibili, tanto che si attorcigliano a spirale attorno a qualsiasi cosa incontrino, formando il più delle volte un groviglio di rami.
Con il passare degli anni la corteccia tende ad assumere un colore grigio ed a fessurarsi.

Frutto Maturo ed Aperto RincospermoLe radici vanno in profondità per raggiungere l'acqua e sono assai ramificate, ma nel complesso, pur espandendosi molto, non si può considerare un apparato radicale invasivo.

Le foglie sono opposte, di forma lanceolata-ovale, lunghe una decina di centimetri (4 in) ed unite al ramo tramite un corto picciolo. Le foglie "adulte" hanno un aspetto coriaceo e color verde scuro, sebbene con inverni particolarmente freddi possano assumere tonalità rossastre.

I fiori del Trachelospermum jasminoides sono raggruppati in un'infiorescenza che di norma emerge dall'apice dei nuovi rami, sebbene qualcuna possa svilupparsi anche dalle gemme ascellari delle foglie più terminali. Questi fiori superano di poco di 2 cm (0.8 in) di diametro, sono bianchi e, come detto in precedenza, hanno i petali disposti ad elica ed emanano un inteso profumo.

La fioritura è abbastanza scalare e dura indicativamente da Maggio a Luglio, sebbene il picco massimo sia in Giugno; in questo mese una siepe di Falso Gelsomino è ricoperta da una miriade di fiorellini bianchi, che ne permette il riconoscimento da notevole distanza.
Può capitare che qualche fiore sbocci anche all'infuori del periodo sopracitato, ma rimangono isolati, passando inosservati.

Il frutto è una sorta di baccello rigido ed allungato e solitamente ne viene prodotta una coppia saldata alla base. I due "baccelli" sono disposti in modo divergente ed ognuno di essi contiene numerosi semi "alati", ovvero dotati di una sorta di peluria, che permette loro una miglior dispersione ad opera del vento. A maturazione (tra Autunno ed inizio Primavera) i frutti si aprono, permettendo ai semi di "volare", alla conquista di "nuove terre".

Un'ultima curiosità, se si stacca una foglia od un rametto, dalla pianta fuoriesce una linfa biancastra simile a quella del Fico (Ficus carica); questo essudato può irritare la pelle, macchiare i vestiti ed è tossico se ingerito.


Dove Crescere il Falso Gelsomino ? - Coltivazione, Clima, Potature e Riproduzione

Il Rincospermo è una pianta rustica e di facile coltivazione che, una volta affrancata, cresce bene e prospera senza particolari cure od attenzioni; inoltre non richiede trattamenti di alcun genere, dato che è resistente alla maggior parte delle malattie.
Il Falso Gelsomino si può piantare più o meno in tutta Italia, forse ad esclusione delle zone di montagna a clima particolarmente rigido.
Trachelospermum jasminoides ha una buona resistenza al freddo, superiore a quella del Jasminum officinale, ma di certo non paragonabile a quella di alcune piante decidue, come la Betulla o l'Albero dei Tulipani.

Giovane Esemplare in Estate Trachelospermum jasminoidesGiusto per aver dei numeri (indicativi), fino a temperature di circa -5° C (23° F) le foglie del Rincospermo rimangono perfettamente verdi; con temperature comprese tra -5° C e -10° C (23-14° F) un po' di foglie potrebbero diventare rossastre; mentre tra -10° C e -15° C (14-5° F) alcune foglie potrebbero seccare (diventano bronzee) e si può aver una parziale defogliazione.
Fin qua la pianta si riprenderà tranquillamente in primavera e, anche nell'ultimo caso, non si avranno grosse conseguenze sulle future fioriture. Se la temperatura scende sotto la soglia di -15° C (5° F) si possono manifestare danni da freddo ai legni più sottili e, se il gelo diventa ancora più inteso, può seccare l'intera pianta. In linea di massima il Falso Gelsomino è coltivabile senza grossi rischi, sino ad una zona USDA 7.

T. jasminoides si adatta a molteplici esposizioni, può infatti essere cresciuta in pieno Sole, così come a mezz'ombra, fiorendo comunque copiosamente. Può svilupparsi con discreto successo anche in posizioni ombrose, ma qui la fioritura risulterà limitata rispetto alle altre esposizioni.

La specie, anche grazie alle radici che scendono in profondità, ha una spiccata resistenza alla siccità ed una volta adulta non avrà bisogno di grosse innaffiature. Nel Nord Italia non vengono mai innaffiate e la pioggia dei temporali estivi è più che sufficiente per farle vegetare al meglio; nelle zone più aride del mezzogiorno irrigare un paio di volte al mese potrebbe aumentare la vigoria durante l'estate, ma una volta affrancata sopravviverebbe anche senza esser bagnata.
Ovviamente quanto appena detto vale per piante coltivate in piena terra, il fabbisogno idrico di piante coltivate in vaso è decisamente superiore e si dovrà bagnare, aspettando che la terra si asciughi tra un'innaffiatura e l'altra.

Sebbene il periodo migliore sia l'autunno, piante coltivate in vaso possono esser piantate tutti i mesi dell'anno, a patto che il terreno non sia gelato.
Per la messa a dimora scegliete una posizione che riceva almeno qualche ora di Sole diretto al giorno e che abbia nei paraggi una struttura su cui arrampicarsi. Ricordatevi che il Falso Gelsomino, a differenza ad esempio della Vite (Vitis vinifera), non possiede viticci con cui aggrapparsi, ma sono proprio i nuovi getti che si attorcigliano al supporto.

Se volete formare una siepe, piantate più esemplari ad una distanza di circa 1 metro (3.3 ft) e piegate i primi rami in maniera orizzontale, partendo dal basso. In questo modo i rami di un esemplare punteranno verso quelli di un altro (e non verso il cielo) e dalle gemme poste su questi rami emergeranno nuovi getti che punteranno verso l'altro, crescendo in verticale. Così facendo colmerete prima lo spazio tra i diversi esemplari.
La crescita iniziale non è eccezionale, ma dopo un paio d'anni la situazione si ribalta e vi troverete a tagliar i nuovi getti più volte all'anno.

Giovane Ramo Attorcigliato a Spirale Trachelospermum jasminoidesIl terreno ideale è profondo, leggermente acido, fertile e ricco di sostanza organica, tuttavia si può coltivare al meglio su un'ampia gamma di suoli, tranne quelli eccessivamente compatti e pesanti, poiché se vi fosse ristagno idrico e bassa ossigenazione del terreno la pianta potrebbe manifestare i sintomi della Clorosi, con conseguente ingiallimento (e nei casi più gravi caduta) delle foglie. Sebbene nei vari siti si legga "Si deve concimare ogni 2 settimane", ciò non è affatto vero, quanto meno se stiamo parlando di piante coltivate in pieno campo.
Le concimazioni potrebbero velocizzare la crescita, ma nel complesso direi che, in un suolo mediamente fertile, sono abbastanza superflue. Personalmente ho visto esemplari molto grandi che, senza l'aggiunta di alcun fertilizzante, fiorivano abbondantemente ogni anno.

La potatura è indispensabile per dar una forma alla pianta, dato che per ogni ramo cresciuto nella stagione precedente vi sono decine di gemme pronte ad emettere nuove ramificazioni.
Il Falso Gelsomino può esser potato anche da mani inesperte, basta utilizzare strumenti sterili e rimuovere la vegetazione disordinata od eccessivamente attorcigliata.
Se si volesse coltivare il T. jasminoides a siepe sarà necessario potare almeno un paio di volte l'anno (una sul finir dell'inverno ed una nel periodo appena successivo alla fioritura), eliminando i getti che puntano troppo verso l'esterno. Nel complesso il Rincospermo, come un po' tutte le specie adatte ad esser coltivate a siepe, resiste bene ai tagli.

Il Falso Gelsomino si propaga essenzialmente in due modi : tramite talea o tramite margotta. Nel primo caso si dovrà tagliare un ramo semi-legnoso di una decina di centimetri ed interrarlo in un vaso con buon terriccio, sino ad avvenuta radicazione; nel secondo caso, invece, il ramo non verrà reciso, ma semplicemente piegato ed interrato o ricoperto di terra per stimolare l'emissione di nuove radici; il taglio del ramo dalla pianta madre avverrà solo successivamente. Entrambi i metodi di moltiplicazione sono efficienti, motivo per cui non si eseguono innesti.
La riproduzione per semina è più lenta ed utilizzata per lo più a livello amatoriale.

Insomma, se state cercando una siepe fiorita profumata, ma avete poco tempo/voglia da dedicarle, forse avrete finalmente trovato la pianta che fa per voi.

Infiorescenze Trachelospermum jasminoides

Falso Gelsomino ad Inizio Autunno
Fioritura di Giugno Falso Gelsomino
Semi Trachelospermum jasminoides

Cos'è la Popillia japonica ? Quali Danni Provoca e Come si Combatte ?

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Popillia japonicaè il nome scientifico del Coleottero Giapponese che, da qualche anno a questa parte, si è diffuso nel Nord Italia, arrecando ingenti danni agli agricoltori.

Origine e Diffusione :

La Popillia japonica è un insetto nativo del Giappone, ma presente da secoli anche in Cina e Russia Orientale. Questo patogeno approdò nello stato del New Jersey, intorno al 1915 e da lì si diffuse in tutti gli Stati Uniti orientali. In Europa fece la prima comparsa negli anni '70, ma fu limitata alle remote Isole Azzorre. Purtroppo nell'estate del 2014 fu accertata la presenza di un focolaio all'interno del Parco del Ticino e più Comuni, affacciati sia sulla sponda piemontese, che su quella lombarda del fiume, ebbero i primi danni.
Negli anni successivi il Coleottero si espanse sul territorio, tanto che alcuni esemplari furono segnalati addirittura in Svizzera.
Per chi non fosse della zona ricordo che il Ticino è l'emissario del Lago Maggiore e, nel suo primo tratto, segna il confine tra Piemonte e Lombardia, immettendosi nel Po, poco a Sud di Pavia.
Le zone più interessate (per ora) sono quelle della Valle del Ticino, indicativamente nelle province di Novara e Varese.

Popillia japonica

Come Riconoscere il Coleottero Giapponese ?

La P. japonica è di forma ovoidale, con una lunghezza media di 10 mm e larghezza di 6 mm, il capo è color verde metallico, mentre il dorso è color bronzo. Purtroppo molti Coleotteri hanno colori, forme e dimensioni simili ed è facile confondere la Popillia japonica con altre specie comuni meno voraci (es. Anomala vitis) o decisamente innocue, come Cetonia aurataMimela junii.

Per riconoscere con certezza la P. japonica dovrete guardare la parte posteriore e l'addome, qui sono presenti dei ciuffi di peli bianchi, 5 per ogni lato e due all'estremità (12 in totale). Questa caratteristica rende la P. japonica distinguibile rispetto ad ogni altra specie coleottero nostrano. Le larve, invece, son ben più difficili da identificare e bisogna osservare la presenza di una doppia fila di spine disposte a "V", assente nelle altre specie.


Qual è il Ciclo Vitale della Popillia japonica ?

Popillia japonica primo pianoLe femmine di Coleottero Giapponese depongono a più riprese, producendo sino a 60 uova a stagione. Le uova vengono deposte nel terreno, prediligendo quelli umidi e ricchi di malto erboso.
Il periodo di Ovideposizioneè contemporaneo a quello in cui gli adulti volano alla ricerca di cibo ed è indicativamente compreso tra Giungo e Settembre. Le Uova si schiudono dopo 10-12 giorni e le larve iniziano a svilupparsi, muovendosi nel terreno in cerca di cibo e scendendo più o meno in profondità a seconda dell'umidità del suolo. La maggior parte delle larve passa l'inverno al terzo stadio larvale, stando ad una profondità media di circa 15-20 cm. In primavera, con l'innalzarsi delle temperature, le larve ritornano attive, risalgono in superficie, si cibano, diventano Pupe e si apprestano alla metamorfosi. Tra metà Maggio e Luglio, a seconda del clima, si ha lo sfarfallamento ed i "nuovi nati" volano alla ricerca di cibo (foglie e frutti) e di accoppiamento.


Quali Danni Provoca ? 

I Coleotteri Giapponesi adulti si cibano di foglie, frutti e fiori e possono agevolmente volare da una pianta all'altra. Giovani piante possono esser totalmente defogliate ed uccise, arrecando un enorme danno economico ai vivaisti. La lamina fogliare viene morsa, fino a che non rimangono solo le nervature principali, rendendo l'aspetto della foglia simile a quello di una ragnatela. La maggior parte delle piante adulte può tollerare una parziale defogliazione, tuttavia vi sarà un danno estetico e, se l'infezione fosse massiccia, si potrebbe compromettere la fruttificazione dell'anno corrente e di quello successivo. La Popillia japonica si nutre anche di frutti in via di maturazione, compromettendo la produzione, soprattutto di quei frutti che maturano in piena estate.
Un altro problema è il loro comportamento gregario, infatti l'arrivo dei primi esemplari ne richiama altri, in una reazione a catena esponenziale che, nei casi più gravi, fa si che vi sia una concentrazione locale elevatissima, con decine di Coleotteri su un unica foglia. Inoltre anche le sostanze volatili rilasciate dalle foglie in seguito a lesione fungono da richiamo, aumentando ancor di più il danno locale. Può succedere che una pianta sia completamente infestata, mentre un'altra identica a pochi metri rimanga indenne

Le Larve di P. japonica sono anch'esse voraci e si cibano delle radici, soprattutto di piante erbacee. Un improvviso disseccamento di vaste aree di prato potrebbe esser dovuto a questo patogeno e ciò rappresenta un problema per chi volesse un giardino "all'inglese", ma anche per i campi da Golf o di calcio.

Danni Popillia japonica su Foglie di Nocciolo

Danni Popillia japonica su Foglie di Ciliegio

Danni Popillia japonica su Foglie di Vite

Quali Sono i Periodi Più Critici dell'Anno ?

Le Larve sono attive tutto l'anno a parte l'Estate (cioè da Settembre ad inizio Maggio), tuttavia nelle zone in cui gela rimangono inattive durante i mesi più freddi ed, in linea di massima, i danni maggiori ai manti erbosi si riscontrano in Primavera ed Autunno.


Gli Insetti adulti vivono in media 40 giorni, con enormi differenze a seconda della temperatura esterna; infatti se il caldo è eccessivo possono vivere anche solo 10 giorni, mentre con il freddo persino a 90-100 giorni. Le femmine sono leggermente più longeve dei maschi.
La P. japonica provoca danni alle piante arboree da Giugno ad inizio Agosto, ma il picco massimo è di solito ad inizio Luglio (variabile anche tra le annate) e già da fine Luglio si ha un drastico calo delle popolazioni.
Questi Coleotteri sono particolarmente attivi nelle ore calde della giornata ed amano il Sole; infatti se piove o le temperature scendono sotto i 21-22° C la loro motilità diminuisce e non scappano neppure quando li si cattura.


Quali Piante Attacca ?

Purtroppo la Popillia japonicaè polifaga e son state descritte almeno 300 specie vegetali da essa colpite. Le Larve amano nutrirsi delle radici delle graminacee, ma non disdegnano neppure quelle di Mais e Soia. Gli Adulti invece mangiano le foglie di specie forestali (Tiglio, Acero Americano, Ontano, Betulla, etc.), di piante da frutto, tra cui Nocciolo, Ciliegio, Susino, Kiwi e soprattutto Vite Europea (Vitis vinifera). Danni si sono verificati anche su specie ortive (Pomodoro, Zucchino, Fagiolo), su piccoli frutti come le More o su piante ornamentali come le Rose.
La Vite Americana (Vitis labrusca) sembra leggermente meno sensibile, mentre il Fico non è solitamente predato. Le Pomacee (es. Melo e Pero) sono un po' più resistenti rispetto alle Drupacee (es. Pesco, Susino). 


Come Combattere la Popillia japonica ?

La Regione Piemonte ha installato numerose trappole, piazzandole in luoghi adatti. Le trappole, attirano i Coleotteri Giapponesi tramite specifici feromoni ed una rete intrisa di insetticida ne causa l'intorpidimento e la successiva morte. Queste trappole, che troverete ai margini delle strade od in mezzo ai campi, NON DEVONO ESSERE TOCCATE o SPOSTATE, poiché altri odori potrebbero coprire i feromoni. Esse servono a limitare il numero di una popolazione infestante, ma non riescono a debellarla totalmente, anche perché una singola trappola cattura (ed uccide) circa il 75% dei patogeni che si avvicinano, che sono comunque solo una parte dei totali. 
Queste trappole NON SONO ADATTE ad USI PRIVATI, poiché se collocate in un giardino od in un orto attirerebbero tutti i Coleotteri Giapponesi dei paraggi, aumentandone notevolmente la concentrazione locale e quel 25% che sfugge alla trappola sarebbe numericamente maggiore rispetto  agli esemplari totali presenti in un normale sito.
Altre trappole rilasciano il fungo M. anisopliae, parassita della P. japonica.

Trappola a FeromoniSi possono utilizzare anche i comuni insetticidi, ma i trattamenti devono essere periodici ed il danno alle Api ed agli altri insetti "buoni" potrebbe esser superiore al beneficio. Meglio spruzzare un prodotto ammesso in agricoltura biologica come l'Olio di Neem
Negli Orti, date le piccole dimensioni, si possono utilizzare reti anti-insetto, avendo l'accortezza di non lasciare nessuno spiraglio (neppure nella parte bassa); purtroppo questo metodo non è perfetto e limita anche la presenza degli insetti utili.

Una pratica molto semplice è la cattura manuale. La P. japonica non morde, non punge, non è velenosa e la si può toccare tranquillamente a mani nude. Durante le ore più fresche (es. mattina) questi coleotteri sono "rimbambiti" e non opporranno resistenza alla cattura. Basterà ispezionare le piante alla ricerca di questi patogeni, prenderli ed ucciderli, per esempio immergendoli in una soluzione di acqua e zucchero od acqua e sapone.

Le formiche si cibano delle sue uova, molti uccelli mangiano i coleotteri adulti, mentre nella Lotta Biologica sono stati introdotte le specie Tiphia vernalis e Tiphia popilliavora, che si nutrono delle larve della P. japonica, e la Istocheta aldrichi che invece depone le uova all'interno dell'addome del Coleottero femmina adulto, in molti casi uccidendolo prima che deponga le uova. Purtroppo questi metodi negli USA non hanno dato i risultati sperati.

In conclusione, imparate a riconoscere la Popillia japonica, ispezionate tempestivamente le vostre piante e rimuovete manualmente quanti più Coleotteri possibili, così da inibire la proliferazione durante gli stati precoci.
Nel futuro credo che non si riuscirà ad eradicare questo patogeno, ma si imparerà a conviverci e, instaurando il giusto equilibrio preda-predatore, se ne potrà limitare il danno alle specie vegetali.

Danni Popillia japonica su Foglie di Susino

Coltivazione del Guava (Psidium guajava), una Pianta da Frutto Tropicale per Amatori

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La (o il) Guava, nota anche come Guaiava o, dallo spagnolo, Guayaba, è un frutto tropicale poco conosciuto all'infuori dei Tropici. In Italia è difficile trovare in vendita il frutto fresco, tuttavia nei negozi etnici è abbastanza comune trovare succhi di frutta a base di Guava.

Questo frutto viene prodotto dalla specie Psidium guajava, una pianta tropicale di cui parleremo dettagliatamente in questo articolo, anche perché la sua coltivazione a livello amatoriale può regalare grosse soddisfazioni, persino a chi la crescesse in un clima tutt'altro che tropicale.


La pianta del Guava ha il grosso vantaggio di poter crescere decentemente in vaso, inoltre, partendo da seme, inizierà a fiorire/fruttificare già dopo solo 2-3 anni. Ovviamente anche l'Avocado (Persea americana) si può far crescere da seme, ma essendo un albero non si svilupperà al meglio in vaso e per la fruttificazione (se mai avverrà in vaso) si dovranno attendere in media 8-10 anni.

Frutti di Guava Ovali
Frutti di Guava Tondi

Origine, Diffusione e Storia :

L'albero del Guava ha un'origine incerta, anche perché i suoi piccoli semi sono numerosi, facilmente trasportabili dagli uccelli e germogliano efficacemente; è dunque probabile che l'area in cui è  attualmente naturalizzato sia molto più estesa di quella di partenza.
Fatte queste premesse gli studiosi, pur non sapendo il luogo esatto, credono che il Guava sia nativo delle foreste pluviali comprese tra il Sud del Messico e la parte tropicale del Sud America (es. Colombia, Perù, Venezuela, Brasile settentrionale etc.), dove cresce dal piano sino ad una quota di 1500 m (5000 ft), soprattutto se vicino all'equatore.
La coltivazione della Guayaba ad uso alimentare risale ad epoche remote, vi sono infatti prove del suo utilizzo sin dai tempi degli antichi Aztechi.

Ai nostri giorni la specie è naturalizzata in tutti i continenti ad esclusione di quelli privi di climi tropicali, ovvero l'Europa e l'Antartide. Esemplari selvatici di Psidium guajava si possono trovare dal Queensland, in Australia, alle isole del Pacifico (es. Hawaii, Fiji etc.), dal Sud-Est Asiatico (Filippine, Malesia etc.), alla Florida, sino al Sud Africa (Tanzania, Zimbabwe).

La diffusione a scopo commerciale od amatoriale è ancora più ampia, tanto che la Guaiava viene coltivata in quasi tutte zone sub-tropicali del mondo e persino negli angoli più miti del Mediterraneo.


Classificazione Botanica e Sapore del Frutto :

Psidium guajavaè il nome scientifico del Guava, un arbusto che appartiene alla grande famiglia delle Myrtaceae.
Questa specie, essendo coltivata da secoli in zone tropicali anche molto lontane tra di loro, mostra un'enorme variabilità, sia come portamento, sia come forma, dimensione e sapore del frutto. Esistono infatti piante che producono frutti grandi quanto una piccola Albicocca ed altre che ne producono grandi quanto un pompelmo; alcune varietà producono frutti a polpa gialla, altri rosa, altri ancora verde.

Anche il sapore è assai diverso a seconda della varietà, in Thailandia, ad esempio, mangiano la Guava verde non ancora matura, tagliata a fette, che ha una consistenza simile a quella di una mela. Personalmente preferisco il frutto a polpa gialla, ben maturo; in questo caso emana un forte profumo, ha una consistenza simile a quella di un budino ed un gusto intenso, che a me ricorda quello della Banana, sebbene prevalga il sapore tipico della Guava (assaggiate i Succhi di Frutta al Guava per rendervene conto).
La Guava Rosa ha un maggior contenuto di acqua ed è meno dolce (zuccheri più diluiti), sebbene non sia sempre facile generalizzare solo in base al colore della polpa.
Il grosso problema di questi frutti è la massiccia presenza di semi all'interno della polpa. Essi sono piccoli e non è fattibile rimuoverli manualmente dalla polpa, ciò nonostante non sono teneri come quelli di un Kiwi e possono creare qualche problema durante la masticazione.

Il genere Psidium comprende circa un centinaio di specie, molte delle quali producono frutti commestibili, sebbene P. guajava sia in assoluto la più apprezzata per i suoi frutti.
Tutte le specie di Psidium sono native delle zone calde dell'America Latina ed hanno per lo più uno sviluppo contenuto, di seguito troverete alcune delle specie più rappresentative del genere :
  • P. amplexicaule : noto come Guava di Montagna, cresce sulle colline del Porto Rico. Possiede foglie spesse ed arrotondate, piccoli fiori verdi/bianchi e produce frutti dal diametro di un paio di centimetri (0.75 inch).
  • P. cattleyanum : chiamato anche Guava Fragola, è una specie nativa del Brasile e diventa infestante nelle condizioni di crescita ideali. I suoi frutti sono gialli o rossi (a seconda della varietà) ed hanno le dimensioni di una pallina da ping pong. P. cattleyanum è probabilmente la seconda specie per qualità dei frutti e verrà approfondita in un articolo ad hoc.
  • P. claraense : endemico di Cuba è minacciato dalla distruzione del proprio habitat.
  • P. dumetorum : specie endemica della Jamaica, ma ormai estinta.
  • P. friedrichsthalianum : Guava originario del Costa Rica i cui frutti vengono localmente utilizzati per fare bevande rinfrescanti dal sapore leggermente aspro.
  • P. galapageium : specie nativa delle Isole Galàpagos, produce frutti eduli gialli dal gusto leggero, molto apprezzati dalla fauna locale.
  • P. guajava : chiamato anche Guava Classico (o Guava Comune), è la specie più conosciuta, oggetto questo articolo.
  • P. guineense : produce molti frutti di piccole dimensioni, dal vago sapore di fragola, sebbene con spiccate note di amaro, che possono esser più o meno marcate da pianta a pianta. Se ne è tentato l'incrocio con P. guajava, al fine di ottenere una pianta che producesse tanti frutti (come P. guineense) dalle ottime qualità organolettiche (come P. guajava).
  • P. rufum : endemico del Brasile, viene anche chiamato Guava Viola per via dei frutti di tale (ed inusuale) colorazione.

Polpa Guava Bianco
Polpa Guava Rosa
Com'è Fatta la Pianta del Guava ? - Botanica e Fisiologia 

Psidium guajavaè una specie sempreverde che si sviluppa sotto forma di arbusto di medie dimensioni, potendo occasionalmente raggiungere un'altezza di 10 m (33 ft); tuttavia normalmente la crescita è inferiore ed una pianta adulta ben potata si mantiene intorno ai 4-5 metri (13-16 ft).
Negli impianti commerciali gli esemplari vengono piantati ad una distanza di circa 4 metri (13 ft) lungo la fila, ma le file son più distanziate per poter far passare i mezzi agricoli.
Ovviamente la crescita in vaso, od in un clima non vantaggioso, riduce ulteriormente la taglia delle piante.

Il tronco, di norma singolo e dal diametro massimo di 25 cm (10 in), è ricoperto da una sottile corteccia color rame che, con l'età, tende a sfaldarsi, dando al fusto un aspetto liscio e screziato, con colori che variano dal grigio-verdastro, sino al marroncino. Questa caratteristica lo rende molto ornamentale e sicuramente distinguibile dalla maggior parte delle altre piante.

I giovani rami, ed anche il primo getto emesso dopo il germogliamento del seme, hanno la peculiare forma quadrangolare (cioè a sezione quadrata) e sono di color verde-rossastro. In condizioni ideali la crescita è massiccia e la nuova vegetazione si allunga talmente tanto da pendere (per gravità) verso il basso, conferendo alla chioma un aspetto disordinato.
Un Guava adulto in salute, se non viene mai potato, avrà una chioma folta, ma con molti rami intrecciati e penduli, tanto da poter toccar terra sotto il peso dei frutti.

Nuova Vegetazione Psidium guajavaLe radici sono espanse e superano l'area della proiezione della chioma al suolo, tuttavia non è un apparato radicale particolarmente profondo e solo poche radici scendono in profondità, pur senza mai delinearsi un vero e proprio fittone principale. 

Le foglie sono di medio-grosse dimensioni, tendenzialmente ovali, con vistose venature e, se accartocciate, emanano un leggero odore. Esse sono unite al ramo tramite un cortissimo picciolo ed in estate, od in un clima perennemente caldo, sono di color verde chiaro; eggià, perché quando le temperature si abbassano (pur rimanendo ben al di sopra degli 0° C o 32° F) esse si tingono di tonalità che vanno dalle molte sfumature del rosso, sino al viola-brunastro.
Questa condizione è probabilmente una strategia difensiva contro il freddo e, di per sé, è fisiologica; tuttavia è pur sempre un sintomo di stress, che ai tropici non si verifica.
Se le temperature fossero ancora più basse si potrebbe aver una parziale perdita delle foglie e la pianta si comporterebbe come semi-decidua. Nel complesso la pianta del Guava regge la defogliazione ben meglio di molte altre piante tropicali sempreverdi (ad es. Mango).

I fiori sbocciano da gemme situate all'ascella fogliare della nuova vegetazione, sono singoli (mai riuniti in infiorescenze), bianchi, dal diametro di circa 2,5 cm (1 in), con 4-5 petali che cadono prematuramente rispetto agli altri organi del fiore. Essi emanano un leggero (talvolta quasi impercettibile) profumo, sono ermafroditi e, come tipico delle Myrtaceae, hanno numerosissimi stami (fino a 250), che puntano in ogni direzione, ognuno formato da un filamento ed un'antera color giallo tenue che produce il polline. Il fiore è ricettivo per circa 36/48 h.


Psidium guajavaè generalmente una specie autofetile, quindi nella maggior parte dei casi avrete una fruttificazione soddisfacente pur avendo un'unica pianta; ciononostante l'impollinazione incrociata tra più piante ad opera delle Api aumenta la percentuale di allegagione.

Come appena detto, i boccioli fiorali vengono prodotti su ogni nuovo getto; di conseguenza in zone tropicali umide, in cui non vi sia un sostanziale arresto vegetativo, la fioritura può avvenire in tutti i mesi dell'anno.
Laddove vi sia una stagione fredda (o secca), la fioritura è concentrata nel semestre più caldo. Nelle zone più miti d'Italia la pianta del Guava re-inizia a vegetare tra Aprile e Maggio, in funzione del clima e dell'esposizione, e si ha la prima (e più abbondante) fioritura in maniera scalare tra Giugno e Luglio. La lunga estate Mediterranea permette una seconda fioritura nel periodo autunnale, tuttavia i frutti derivanti da quest'ultima fioritura non avranno vita facile, dato che dovranno maturare in una stagione a loro ben poco congeniale; infatti solo pochi giungeranno a maturazione ed anche quelli che matureranno non avranno la dolcezza ed il sapore dei frutti ottenuti dalla prima fioritura e cresciuti sotto il Sole estivo.
Quindi, a grosse linee, la fioritura avviene in un periodo compreso tra Maggio e Novembre, ciò non toglie che nelle zone più miti del Meridione, in annate particolarmente calde, qualche fiore isolato possa sbocciare anche all'infuori della finestra temporale appena menzionata.

Un'ultima cosa, la fioritura del Guava non è mai troppo abbondante, sia perché i fiori non sono molti, sia perché non si aprono tutti contemporaneamente, quindi non troverete mai una pianta stracolma di fiori, come invece potreste osservare nel Pruno da Fiore o nel Falso Gelsomino.

I frutti possono esser rotondi, ovali od a forma di Pera e possono pesare sino ad un massimo di 500 gr (1,1 Lb). Essi sono avvolti da una spessa buccia che, nei frutti immaturi, è rigida e verde chiaro, mentre a maturazione avvenuta si ammorbidisce virando a color giallo-arancione, indipendentemente dal fatto che sia una Guava a polpa bianca o rosa. I semi sono duri, gialli ed a forma di rene.
Piccola curiosità, i sepali del fiore non cadono in seguito all'impollinazione, ma permangono anche nel frutto maturo.

Nel clima ideale ci vogliono dai 3 ai 5 mesi per passare dal fiore al frutto maturo, ma in Italia ci potrebbero voler anche 6 mesi, dato che i "fiori di Luglio" avranno solo un paio di mesi, prima dell'arrivo del pur mite autunno meridionale.
Nel complesso in Italia la raccolta delle Guave è autunno-invernale (tra inizio Ottobre e Dicembre), sebbene per i frutti tropicali coltivati all'infuori dei tropici non sia mai facile stabilire l'esatto periodo di maturazione, dato che può variare considerevolmente anche con piccole fluttuazioni termiche.

Bocciolo Fiorale Guava

Pre-fioritura Psidium guajava
Apertura Fiore Guayaba

Fiore Aperto Psidium guajava

Come Crescere la Pianta del Guava ? - Coltivazione, Esposizione, Clima e Potature

Psidium guajava è una specie rustica ed a crescita rapida, tanto che in molte zone tropicali è considerata una pianta infestante. Essa può infatti crescere dai Tropici sino alle zone Temperate Calde, in luoghi umidi o semi-desertici, formare una fitta boscaglia o crescere come esemplari isolati.

In Italia, tuttavia, non si può di certo considerare una specie invasiva, dato che la sua limitata resistenza al freddo ne limita fortemente la diffusione, non permettendole di competere con le altre specie.

Ma quindi qual è la resistenza al freddo della Guaiava ?

Diciamo che, per non aver alcun rischio, sarebbe meglio coltivare questa specie in aree esenti da gelo ("Frost Free Zones"); inoltre la tolleranza al freddo non dipende solo dalla temperatura minima raggiunta, ma anche dalla sua durata, frequenza, nonché dall'umidità e dalle temperature massime. Detto questo è ragionevole pensare che una pianta di Guava acclimatata al freddo possa resistere sino a temperature minime di circa -3° C (26.6° F), pur perdendo qualche foglia. In realtà già con minime inferiori ai 10° (50°) si ha l'arrossimento delle foglie, ma sino a 0° C (32° F) non vi è cospicua perdita delle foglie.
Non escludo che una pianta adulta ed in salute possa sopravvivere ad un breve (ed isolato) picco di gelo a -5° C (23° F), ma a queste temperature la defogliazione sarà totale, i danni da freddo ingenti e la pianta potrebbe ripartire, in primavera, solo dalle branche principali o dal tronco.
In Italia se ne può tentare la coltivazione all'aperto nelle zone costiere di Sicilia, Calabria e nei luoghi più riparati della Campania (es. Costiera Amalfitana), della Liguria (es. Riviera di Ponente) e della Puglia (es. Salento). Poi, come esperimento od utilizzando qualche accorgimento, ci si può spingere anche in zone più fredde, ma di certo non crescerà mai nella Pianura Padana, a meno di non coltivare la pianta in vaso e ripararla in una serra calda durante l'inverno.

P. guajava è una pianta abbastanza eliofila e gradisce un'esposizione in pieno Sole, in quanto all'ombra fiorisce poco/nulla e la vegetazione cresce esile e stentata, con la chioma allungata alla ricerca della luce. In zone particolarmente torride potrebbero giovare un paio d'ore di ombra al giorno, ma nel complesso è meglio prediligere esposizione in cui vi siano almeno 6 ore di luce diretta al giorno.

Giovane Tronco Psidium guajavaLa pianta del Guava è adattabile in quanto a terreno, potendo crescere su un'ampia gamma di suoli, da quelli argillosi, sino a quelli sabbiosi. Un terreno a pH compreso tra 5 e 7 (acido-neutro) è ideale, ma riesce a svilupparsi anche in quelli alcalini (fino a pH 8).
Foglie GuajaboNon è particolarmente importante che il terreno sia profondo, dato che la maggior parte dell'apparato radicale assorbente sta nei primi 30 cm (1.5 in) di suolo; inoltre, pur preferendo i terreni drenanti, tollera i ristagni idrici meglio rispetto alla maggior parte delle piante da frutto ed in natura può sopravvivere anche in piane alluvionali occasionalmente sommerse dall'acqua.
Un terreno fertile e ricco di sostanza organica favorirà la crescita e la produzione di frutti. In un suolo povero di nutrienti converrà concimare frequentemente ed apportare materia organica, ma anche in un terreno mediamente fertile le piante si avvantaggeranno di una buona concimazione che fornisca i tre macro-elementi (Azoto, Fosforo e Potassio) ed i micro-elementi, tra cui è molto importante lo Zinco; a questo scopo può esser utile utilizzare concimi per agrumi,ricchi di Zn, poiché anche queste piante ne soffrono la carenza.

In letteratura il Guava è ritenuto un albero resistente alla siccità ed in effetti lo è, ma questo va a discapito della fruttificazione. Per aver una fioritura (e fruttificazione) soddisfacente questa pianta richiede almeno 1000 mm (40 in) di pioggia all'anno, senza lunghi periodi di totale siccità.
In Italia una pianta adulta ed affrancata vivrebbe anche senza irrigazioni, tuttavia se il fabbisogno idrico non fosse soddisfatto si avrebbe una prematura caduta dei frutticini ed una scarsa fioritura.


Piante coltivate in piena terra nel zone aride del Sud Italia dovrebbero esser annaffiate (in estate) almeno una volta a settimana per primi anni e, successivamente, 2-3 volte al mese.
Nelle condizioni di carenza idrica che si possono verificare in Italia, probabilmente una pianta adulta di Guava non morirebbe, ma potrebbe soffrire ed arrestare la crescita; ovviamente se fosse coltivata in vaso sarebbe ben più avida di acqua e, se esposta tutto il giorno al Sole, dovrebbe esser bagnata quasi quotidianamente.

Frutticino Guava TondoQuesto arbusto ha una crescita piuttosto veloce e vigorosa ed una buona potatura è necessaria per dare una forma alla pianta, ma anche per indurre l'emissione di nuova vegetazione e, dunque, di fiori. Nelle zone in cui vi sia una stasi vegetativa, come in Italia, il periodo migliore per la potatura potrebbe esser il finir dell'inverno, prima del risveglio vegetativo, ma dopo che sia passato il freddo più intenso. Potare una pianta di Guayaba è piuttosto semplice, basta rimuovere i rami che si intrecciano o mal posizionati, quelli più interni che rimarrebbero ombreggiati ed accorciare i rami eccessivamente penduli.
La specie tollera potature anche significative ed inoltre sarà semplice non far danni, dato che non vi sono gemme a fiore od a legno ed i fiori vengono prodotti sulla nuova vegetazione, spuntata dai rami di uno o più anni.

In Italia non son necessari trattamenti chimici e la specie si mostra resistente alle principali malattie fungine. Piante debilitate possono esser attaccate dalla Cocciniglia, ma di solito si riprendono senza grossi danni.

Frutticini Guava "Pera"


Frutti Immaturi Guava

Come Riprodurre la Guayaba Partendo da Seme ?

La quasi totalità delle piante vendute in Italia non sono cloni selezionati, ma semplicemente semenzali. La propagazione per semina è la più utilizzata a livello amatoriale, anche perché veder crescere (e fruttificare) una piantina nata da seme è sempre un'esperienza stupenda.
I semi rimangono vitali per mesi, ma sarebbe meglio prenderli freschi. C'è chi suggerisce di farli bollire per 5 minuti per velocizzare il germogliamento, ma io consiglio di immergerli semplicemente in acqua a temperatura ambiente per 24 h.
Il miglior periodo per seminare il Guava in Italia è da metà Maggio in poi, dato che le temperature iniziano già ad esser "tropicali", ma si avranno ancora 3-4 mesi buoni per la crescita della piantina.
I semi vanno interrati in vaso ad una profondità di qualche centimetro e, nelle condizioni ideali, germoglieranno nel giro di 2-3 settimane. Per le primi fasi di vita è consigliabile mettere il vaso a mezz'ombra e mantenere umido il terriccio.

Psidium guajava ad Inizio EstateTempo fa comprai su Ebay dei semi di P. cattleyanum, ma non appena la piantina crebbe mi accorsi che in realtà erano di P. guajava. Purtroppo queste due specie vengono spesso confuse e vendute l'una per l'altra. Il trucco per capire se la piantina che vi è nata è il "classico" Guava è osservare il germoglio in crescita; quello del P. guajava (e solo lui) ha vistosi spigoli, poiché possiede un'inconfondibile sezione quadrata.

Psidium guajava a Fine EstateLe piantine crescono veramente veloci sin da subito e già dopo 2, 3 o al massimo 4 anni avrete la prima fioritura, con possibile fruttificazione. Purtroppo, come spesso accade nelle specie a crescita rapida, l'albero del Guava èpoco longevo e vive sino ad un'età di 30-40 anni. Il picco di fruttificazione si ha intorno ai 15 anni ma, dopo tale età, inizia un netto ed inesorabile declino produttivo.
Quanto appena detto vale nel suo habitat naturale; può essere che in un clima più freddo, in cui per diversi mesi all'anno non ci sono temperature adatte alla crescita, possa vivere qualche anno in più ed aver uno sviluppo più contenuto.

Nelle foto qua di lato potrete notare la crescita estiva di una piantina di Guava. La prima foto è fatta ad inizio Giugno, la seconda intorno ad inizio Settembre, i 3 mesi in cui in Italia ci sono le miglior condizioni di crescita per questa specie.

Ovviamente la moltiplicazione per semina non garantisce che la pianta figlia abbia le stesse qualità della pianta madre. Se si vuol riprodurre una varietà selezionata si dovrà necessariamente passare dalla propagazione vegetativa.
I metodi più comuni di riproduzione asessuata sono l'innesto (usando come portainnesto dei semenzali), la margotta e la talea. Questi due ultimi metodi sono preferibili nelle zone più fredde, poiché se il gelo facesse morir la parte aerea, dalle radici potrebbero spuntare dei polloni, anch'essi della varietà pregiata (mentre nell'innesto sarebbero dei semenzali).

Una pianta (sub)tropicale bella, facile da coltivare e che produce ottimi frutti. Se avete un angolo libero del vostro giardino e vivete nel clima giusto, fateci un pensierino, sicuramente con poche cure avrete grandi soddisfazioni; tuttavia vorrei stimolare anche coloro che abitano nel Centro-Nord Italia a coltivare il Guava in vaso, riparandolo durante l'inverno. Ovviamente avrete vita più difficile, ma son sicuro che qualche accortezza riuscirete ad ottenere una bella gratificazione.

Frutti Maturi Psidium guajava

Fruttificazione Guava

Tronco Esemplare Adulto Psidium guajava

Come Crescere il Cappero (Capparis spinosa) - Coltivazione e Cure

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I Capperi sono un alimento tipico della cucina mediterranea e vengono utilizzati da millenni per aromatizzare piatti a base di carne (es. vitello tonnato), di pesce, ma anche pasta e pizza.

Ma qual è la pianta che produce i Capperi ? Dove Può Esser Coltivata in Italia ?

Capparis spinosa

Origine e Diffusione :

Il Cappero (Capparis spinosa) è nativo del bacino Mediterraneo ed comune nel Nord Africa (dal Marocco, sino all'Egitto), in Spagna (es. nella provincia di Almeria), in Francia (Costa Azzurra e Provenza) e dalla Croazia fin giù alla Grecia.
La pianta dei Capperi cresce bene nei climi mediterranei, è quindi ben coltivabile anche nel Sud della California, nella parte meridionale del Sud Africa, lungo le rive del Mar Nero e nel Sud dell'Australia.

In Italia il Cappero è diffuso in tutto il Mezzogiorno, in particolar modo in Sicilia (come i noti "Capperi di Pantelleria"). Su terreni rocciosi e calcarei diventa una pianta spontanea, se non quasi infestante, crescendo su muri diroccati o nei dirupi.  Non a caso nella splendida Matera, ricca di vecchie mura, rocce calcaree ed anfratti naturali, si ritrovano piante di Cappero che crescono un po' ovunque. 


Cosa Si Mangia della Pianta del Cappero ?

Quelli che tutti noi chiamiamo Capperi sono in realtà i boccioli dei fiori, raccolti prima che si aprano, trattati con sale e messi in salamoia (acqua e sale) od in Aceto.
Tuttavia anche i frutti, più grandi e dal sapore meno forte, sono commestibili e vengono normalmente conservati sottolio. Per distinguerlo dal "vero" Cappero il frutto viene chiamato Capperone o Cucuncio.
Infine anche le foglie, se sbollentate, possono esser consumate in insalata.

I Capperi, anche in funzione del clima, vengono raccolti in maniera scalare (ogni 10 giorni circa) dalla tarda primavera, sino ad inizio autunno. Tanto più i boccioli sono piccoli, tanto più risulteranno pregiati e richiesti dal mercato.

Boccioli di Fiore Capparis spinosa

Frutti di Capparis spinosa (Capperoni)

Come Riconoscere la Pianta del Cappero ? - Botanica e Fisiologia

Capparis spinosa è una specie appartenente alle Brassicaceae (sin. Cruciferae), una famiglia che conta innumerevole specie (tra cui anche il Ravanello) sparse in tutti i climi e continenti del mondo, ma con una maggior concentrazione a livello del Bacino Mediterraneo.

Il Cappero è una pianta dal tipico portamento prostrato, in quanto gli esili rami, di norma non più lunghi di 1 metro (3,3 ft) e solo parzialmente lignificati, sono ricadenti e crescono eretti unicamente durante il primo stadio vegetativo.
Se cresciuto in zone pianeggianti, e non su muretti in cui i rami possano "cadere" per gravità, il portamento diventa tappezzante. 

Le foglie sono alterne, color verde scuro, tondeggianti o leggermente cuoriformi, hanno una consistenza piuttosto carnosa e sono tendenzialmente glabre, con margine non seghettato. Come suggerisce l'epiteto "spinosa", i Capperi posseggono un paio di spine situate alla base del picciolo fogliare che, in alcune varietà, cadono precocemente.

Fioritura Pianta CapperoI fiori vengono prodotti sui nuovi getti (rami dell'anno), sono splendidi e dall'alto valore ornamentale; essi sono solitari, sbocciano da gemme presenti all'ascella fogliare ed hanno un peduncolo allungato, che rende loro molto vistosi.
Il fiore del cappero è medio-grosso, con un diametro di circa 6 cm (2 in), possiede 4 sepali verdi ed altrettanti petali bianchi, un singolo pistillo (parte femminile) centrale, circondato da numerosi stami (parte maschile) dall'apice (antera) color rosa-violaceo. Questo fiore può vagamente ricordare quello di alcune Mirtaceae (es. Guava). La fioritura risulta abbondante ed appariscente, protraendosi indicativamente da Maggio sino a Settembre inoltrato, o persino in ottobre nei climi più miti.

I frutti, noti anche come Cocunci o Cucunci, sono delle capsule oblunghe sorrette da un lungo peduncolo. Questi frutti carnosi son di color verde brillante (esternamente), mentre la polpa interna è rosacea con molti semi di piccole dimensioni. A maturità si fessurano longitudinalmente, permettendo agli uccelli di disperdere i semini, facendo crescere nuove piante nei punti più impensabili. 

L'apparato radicale cresce in profondità, accontentandosi anche della poca terra presente tra le  anguste fessure scavate tra le rocce.

La chioma è formata da diversi rami ed è sempreverde laddove non vi sia gelo o freddo intenso, mentre altrove perde le foglie inverno, ricacciando poi in primavera (dai rami non secchi o dalle radici).

Fiore Capparis spinosa

Come Coltivare il Cappero ? - Clima, Esposizione, Potature e Propagazione

Nelle zone vocate alla sua coltivazione il Cappero si dimostra una pianta rupestre assai rustica, che cresce indisturbata e senza particolari cure.

Sebbene Capparis spinosa sia una specie Mediterranea ed, in generale, adatta a crescere in climi caldi ed aridi, si può coltivare con successo anche in alcune aree del Nord Italia
Il Cappero, pur perdendo le foglie, può sopportare il gelo sino ad una temperatura di circa -10° C (14 ° F), soprattutto se in condizioni di bassa umidità atmosferica.
Se il gelo fosse intenso, oltre alla caduta delle foglie, potrebbero seccare anche i rami, tuttavia il ceppo resisterebbe al freddo (entro i limiti sopra citati) ed in primavera riformerebbe l'intera chioma.
Le alte temperature, invece, non sono affatto un problema e non si evidenziano danni da caldo neppure quando il termometro supera i 40° C (104° F); ciò nonostante se tale condizione perdurasse a lungo si potrebbe aver una parziale stasi vegetativa, con momentanea riduzione del numero di fiori.

Il posto ideale per piantare la Pianta dei Capperi è sul bordo dei muretti a secco esposti a Sud; in tal modo la nuova vegetazione potrà ricadere lungo il muretto ed esser colpita direttamente dai raggi solari.
Questo arbusto è spiccatamente eliofilo ed un'esposizione in pieno Sole sarà necessaria per uno sviluppo ottimale.
In climi con estati molto soleggiate se ne può tentare la coltivazione anche a mezz'ombra (con almeno 4-5 ore di Sole diretto), ma ciò determinerà la produzione di un minor numero di boccioli fiorali e, quindi, di Capperi.

C. spinosa è una pianta aromatica praticamente xerofila, con un esiguo fabbisogno idrico ed in grado di tollerare lunghi periodi di siccità durante l'estate
Il Cappero si sviluppa senza irrigazioni anche in zone in cui vi siano solo 350 mm di pioggia all'anno, che per intenderci sono meno della metà di quelli che cadono in una città come Messina.
In Italia non è necessario innaffiare, neppure nelle zone più aride, dato che la specie prospera persino in luoghi del Nord Africa quasi a confine con il deserto del Sahara.

Il terreno ideale è calcareo, a pH leggermente basico; ma ne ho visti di ben sviluppati anche in terreni piuttosto acidi ed umiferi, come quelli tipici del Lago Maggiore (alcune foto dell'articolo son fatte proprio lì).
Insomma, il tipo di suolo non è un problema, va bene sia povero che ricco di sostanza organica, l'importante è che sia drenante.
Le concimazioni non sono indispensabili; basta guardare quanti boccioli fiorali hanno i Capperi che crescono arroccati su dirupi inaccessibili, per capire che non hanno di certo bisogno dell'uomo per fruttificare.

La potatura può essere anche drastica ed, in zone in cui vi è stato forte gelo, si può eliminare gran parte della parte aerea, lasciando rametti basali della lunghezza di una spanna.

Il Cappero si riproduce per talea, prelevando rami di un paio d'anni oppure si moltiplica per semina, ricordandosi che i semi hanno buona possibilità di germinare solo se appena colti dai frutti maturi e la percentuale di insuccesso aumenta con semi essiccati e dormienti; comunque sia il consiglio è di re-idratarli lasciando loro almeno 1 giorno in acqua tiepida (od a temperatura ambiente se è estate).

Capparis spinosa selvatico

Cappero sui Muri di Matera

Nuova Vegetazione Pianta dei Capperi

Climi, Piante e Paesaggi del Messico, delle Antille e del Centro America

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Il Messico è un grande stato dell'America, attraversato dal Tropico del Cancro (23° N). Questo paese confina a Nord con gli Stati Uniti, ad Est con il Golfo del Messico/Mar dei Caraibi, ad Ovest con l'Oceano Pacifico ed a Sud con Belize e Guatemala.

In questo articolo faremo una panoramica generale, descrivendo (ed illustrando con foto) i diversi ambienti che si trovano in Messico, nell'America Centrale e nell'arcipelago dei Caraibi, ponendo l'attenzione su come il clima influenzi la Flora e la Fauna e su come vari durante le stagioni, così da poter organizzare il vostro viaggio nel periodo migliore dell'anno.

Inoltre scopriremo quali sono le piante native, magari ora diffuse in tutto il Globo, nonché quelle endemiche che solo qui hanno trovato le condizioni ideali per proliferare.


Ma andiamo con ordine ed iniziamo questo viaggio virtuale partendo da Nord.

La notevole estensione del Messico, oltre alla presenza di altopiani, montagne, pianure ed oceani, determina una notevole varietà climatica, che si traduce in un'altrettanta molteplicità di specie vegetali ed animali.

Piramide Kukulkan - Itzà


Messico Settentrionale :

Solo una piccola percentuale di coloro che hanno visitato il Messico sono in realtà stati al Nord, una zona per lo più snobbata dalle agenzie turistiche.

Partendo da Ovest troviamo la Bassa California, una stretta penisola lunga quasi 1300 km (808 mi), divisa dal resto del Messico dal mare di Cortez (o Golfo di California), talmente ricco di biodiversità da diventare patrimonio naturalistico dell'Unesco.
Ricordatevi, la Bassa California è uno stato messicano e, a livello amministrativo, non ha nulla a che vedere con la California statunitense.

Il clima della parte settentrionale è di tipo Mediterraneo, simile a quello del Sud della California, con estati calde ed aride ed inverni freschi ed umidi, ma scendendo verso Sud le piogge si fanno via via più scarse, gli inverni più caldi e si vira ad un clima di tipo desertico. All'estremo Sud può esser presente una breve stagione delle piogge di un paio di mesi, tra Luglio e Settembre.

Panorama Bassa California

La Vaquita (Phocoena sinus) è una rara focena, endemica del Golfo di California, che vive nelle acque basse. Questa specie rappresenta uno dei più piccoli Cetacei esistenti al mondo ed è a forte rischio d'estinzione.
Tra le piante che crescono in questo territorio troviamo alcune palme, come la Washingtonia robusta e la Brahea edulis, parente della Brahea armata e nativa dell'isola di Guadalupe.
Più tipico e particolare è l'albero noto come Boojum (Fouquieria columnaris), una pianta grassa a crescita lenta dal tronco relativamente esile, cosparso di grosse spine e piccole foglioline. Il portamento slanciato ricorda quello di una candela, anche se in alcuni casi può ramificare od aver un portamento più contorto, talvolta piegandosi fino a sfiorare il suolo.
Altra specie endemica è l'Albero dell'Elefante (Pachycormus discolor), una pianta caudiciforme, ovvero con un tronco sproporzionatamente grosso, in grado di fungere da riserva idrica.

Fouquieria columnaris

Pachycormus discolor

Più ad Est, oltre il mar di Cortez, troviamo 3 grossi stati che, nell'ordine sono : Sonora, Chihuahua e Coahuila. In linea generale il clima varia dal semi-desertico al desertico, con grosse fluttuazioni di temperatura, tuttavia la presenza della Sierra Madre Occidentale, un'ampia catena montuosa la cui vetta più alta raggiunge i 3.300 m (10800 ft), crea innumerevoli microclimi, alcuni dei quali freddi e piovosi.

E' proprio il Messico settentrionale a registrare gli estremi di temperatura, in estate nel Deserto di Sonora si possono sfiorare i 50 ° C (122° F), mentre in inverno, alcune zone dello stato di Chihuahua registrano minime di -20° C (-4° F), le più basse dell'intero Messico.
Ad esclusione delle zone di montagna più umide, in cui si possono formare boschi di Conifere (es. Pinus hartwegiiPinus ponderosa), decidui (es. Querce) o misti, il Nord del Messico è prevalentemente costituito da piccoli arbusti e piante grasse che crescono più o meno isolate, anche in funzione della disponibilità idrica.

Una specie tipica del Deserto di Sonora è la Larrea tridentata, un piccolo arbusto che produce fiori gialli. 
Innumerevoli sono le specie di Agave presenti tra il Deserto di Sonora e quello di Chihuahua, tra cui A. palmeriA. lechuguilla e A. victoriae-reginae, che convivono insieme a più specie di Yucca (es. Y. filifera) e Cactus, come l'Echinocactus grusonii o la Carnegiea gigantea, il classico cactus gigante che si vede in molti film western ambientanti in Arizona.
Sebbene il paesaggio sia prevalentemente roccioso, con piante grasse ed erbe resistenti alla siccità, esistono anche aree prive di vegetazione, con alte dune di sabbia.

Tra gli animali più rappresentativi troviamo il Puma (Puma concolor), il più grande felino del Nord-America, vari serpenti tra cui il Crotalus molossus e la Antilocapra americana sonoriensis, una sottospecie dell'erbivoro statunitense.

Larrea tridentata

Agavi nei Deserti Messicani

Carnegiea gigantea nel Deserto di Sonora

Città del Messico e gli Altopiani :

La parte centrale del Messico, escluse le coste e la penisola dello Yucatán (di cui parleremo più avanti, è composta prevalentemente da montagne ed altopiani.
Ci troviamo in zone tropicali, ma piuttosto lontane dall'equatore (ad es. Città del Messico è al 19° parallelo Nord) e, spesso, ad una quota elevata.


Il clima varia in funzione dell'altitudine, dalle nevi perenni delle vette più alte, sino a zone decisamente calde, tuttavia, gran parte del territorio è su altopiani compresi tra 2000 e 2500 m (6560-8202 ft) sopra il livello del mare.

Qui il clima mostra lievi (ma presenti) fluttuazioni termiche annue, con forti escursioni termiche tra giorno e notte. Giusto per aver dei numeri prendiamo la capitale, al mattino fa sempre fresco, si passa da temperature minime di circa 7° C (45° F) del mese più freddo (Gennaio), a minime di circa 13 ° C (55° F) in Giugno; tuttavia è pur sempre un Sole tropicale e le temperature massime variano dai 22 ° C (72° F) in Gennaio, sino ai 27° C (81° F) di Aprile-Maggio.
I più attenti avranno notato che il periodo più caldo non è Luglio-Agosto, questo perché l'estate corrisponde con la stagione delle piogge, nella quale in soli 5 mesi (tra metà Maggio e metà Ottobre) cade quasi il 90% della pioggia annua.

In queste zone a clima subtropicale di montagna si possono verificare occasionali gelate e, a quote superiori, possono esser anche piuttosto severe. Non a caso sono proprio le razze Messicane di Avocado (Persea americana) ad essere quelle più resistenti al gelo.

Piante di Avocado in Messico

Non dimentichiamoci che molte di queste montagne sono in realtà Vulcani, alcuni dei quali tutt'oggi attivi. Tra tutti il più alto è il Popocatépetl, uno strato-vulcano alto oltre 5400 metri (17800 ft), nonché seconda vetta più alta del Messico. Questo vulcano, la cui cima è sovente innevata, è attivo e si registrano eruzioni annuali. 

Popocatépetl

A poca distanza da Città del Messico troviamo Teotihuacan, uno degli insediamenti precolombiani più importanti. Questa città ebbe il massimo splendore intorno al 250 dc e si pensa ospitasse sino a 200.000 abitanti, un numero enorme per l'epoca. 
Il Teotihuacan si compone di una via principale (il "Viale dei Morti") ai cui lati sorgono imponenti edifici religiosi, come la Piramide del Sole e la Piramide della Luna.
Gli abitanti vivevano in grossi complessi (una sorta di "condominio"), in parte adibiti a botteghe e negozi.

Teotihuacan

Nella parte orientale dello stato del Michoacán è presente la Riserva della Biosfera delle Farfalle Monarca, ovvero una zona tutelata dall'Unesco. La Farfalla Monarca (Danaus plexippus) è una specie migratoria, in grado di compiere tragitti impensabili per altri lepidotteri. 
Durante la bella stagione la Farfalla Monarca vive nel Nord America ma in autunno, prima dell'arrivo del freddo, migra verso Sud, per svernare in ambienti più caldi.

Uno dei luoghi in cui si raggruppano è proprio la Riserva sopracitata, habitat preservato in cui in inverno si possono contare sino a quasi 10 milioni di farfalle per ettaro, un po' come se tutti gli abitanti della Lombardia fossero concentrati in Piazza Duomo a Milano. Questa specie trascorre la brutta stagione in stato di semi-ibernazione, raggruppandosi ed attaccandosi a rami e tronchi degli Alberi.

Riserva della Biosfera delle Farfalle Monarca

Altro patrimonio dell'Unesco è il Paesaggio di Agave ed Antiche Industrie per la Produzione di Tequila, una vasta area in cui sono presenti antiche distillerie ed industrie, oltre a piantagioni di Agave Blu (Agave tequilana), da cui si ricava la Tequila, tipica bevanda alcolica messicana.

Paesaggio di Agave ed Antiche Industrie per la Produzione di Tequila

Coste Oceaniche, Penisola dello Yucatan e Sud del Messico :

Le zone costiere del Messico centrale sono ad una latitudine di circa 15° N. Se prendiamo come riferimento le due città più grandi, Acapulco (costa Oceano Pacifico) e Veracruz (costa Oceano Atlantico), noteremo che hanno un clima paragonabile. Entrambe, infatti, hanno limitate escursioni termiche annue, con temperature massime che, per buona parte dell'anno, si aggirano attorno ai 30° C (86° F). La costa orientale (Golfo del Messico/Oceano Pacifico) è però più direttamente colpita da tifoni e fronti freddi che, in rari casi, possono far precipitare le temperature durante l'inverno.
Sia la costa orientale che occidentale hanno una stagione delle piogge (Giugno-Ottobre) ed una stagione secca (Novembre-Maggio).

Lo Yucatan è sicuramente il luogo più turistico dell'intero Messico. Qui si potrà trovare un clima caldo durante tutto l'anno, sebbene da Maggio a Dicembre sia più piovoso, con una maggior probabilità di formazione di Uragani.
Questa penisola è il connubio perfetto tra natura, storia e mondanità, si passa infatti dalle rovine della civiltà Maya, come il centro Chichén Itzá con la Piramide di Kukulkan, forse il monumento più rappresentativo dell'intera regione, a Tulum, una città costiera che, oltre a conservare i resti di una città Maya arroccata sui pendii prospicienti il mare, ci regala un mare cristallino, con spiaggia di fine sabbia bianca.  La moderna Cancun, con i suoi lussuosi hotel, è invece perfetta per chi ama la vita notturna.


Tulum

Nella penisola dello Yucatan si concentrano i Cenotes, ovvero delle profonde buche derivanti dal crollo della sovrastante roccia calcarea. Queste "buche" sono in realtà delle "grotte a cielo aperto", hanno una forma tendenzialmente circolare e sono riempite di acqua.

A seconda dell'età e dell'erosione ci possono essere Cenotes (poco profondi) che assomigliano a laghi naturali, come El Jardin del Eden, un Cenote poco turistico, circondato da una lussureggiante vegetazione tropicale, con acqua cristallina e rocce sommerse, l'ideale per gli amanti dello snorkeling
Di tutt'altro genere sono i Cenotes Dzinup e Samula, molto vicini tra di loro ed accomunati dall'essere specchi d'acqua profondi, incastonati tra le rocce. In questi casi la superficie dei "laghi sotterranei"è maggiore rispetto a quella del foro, poiché vi è stata solo una parziale caduta della roccia sovrastante (sperate che non collassi proprio mentre state facendo il bagno !!!); quindi filtra poca luce e questo si traduce in un ambiente poco luminoso (se non quasi buio al tramonto) che, sebbene affascinante, potrebbe incutere un po' di timore.

Nel Messico Meridionale il clima inizia a diventare più umido e si formano le foreste tropicali.

El Jardin del Eden

Cenote Samula

Le Antille : Cuba, Giamaica, Haiti, Portorico, Repubblica Domenicana ed Isole Minori :

Il Golfo del Messico ospita diversi stati-isola che attirano turisti da tutto il mondo, grazie alle loro spiagge caraibiche, con fondali poco profondi ed atolli incontaminati

Cuba è l'isola più grande e si estende lungo i paralleli. Havana, la sua capitale, è posta al 23° N, che corrisponde alla latitudine che separa la zona tropicale da quella temperata boreale. Il clima è di tipo  subtropicale-oceanico, con contenute escursioni termiche sia stagionali, sia giornaliere. Sebbene le piogge siano più abbondanti da Maggio a Novembre, non si può parlare di una vera stagione secca, poiché anche nel periodo restante piove più volte al mese.
Per chi volesse vedere qualcosa di diverso da spiagge-natura-mare, vale la pena visitare la capitale, ma anche la più piccola (e caratteristica) cittadina di Trinidad.

Cittadina di Trinidad

La flora è caratterizzata dalla massiccia presenza di Palme, tra cui almeno 90 specie endemiche. Tra di esse troviamo la Palma Reale Cubana (Roystonea regia), simbolo nazionale, o l'endemica Gaussia princeps. Un'altra specie endemica, erroneamente confusa per una palma, è la Microcycas calocoma, una Cicade a grave rischio di estinzione.
A Cuba sono presenti numerose piantagioni di Caffè, soprattutto sulle montagne della Sierra Maestra, nel Sud-Est dell'isola.


Roystonea regia
Microcycas calocoma


Al 24° N, all'incirca tra Cuba e la Florida, troviamo Nassau, la capitale delle Bahamas, una nazione/arcipelago, costituita da quasi 700 isolette, di cui buona parte sono minuscoli atolli disabitati. Eleuthera è una delle isole più caratteristiche, molto lunga, ma stretta, con una larghezza che per lo più varia tra 1 e 2 km (0.6-1.2 mi). Presenta stupende spiagge ed un mare ricco di Razze e Squali.

Eleuthera  - Bahamas

La Giamaica, la Repubblica Domenicana e, ancor di più, Haiti sono stati poveri e per di più afflitti  di sovente da calamità naturale, quali terremoti ed uragani.
I luoghi d'interesse potrebbero esser il palazzo di Sans-Souci(Haiti), la Città Coloniale, ovvero il primo insediamento di Cristoforo Colombo, oggi all'interno di Santo Domingo (Rep. Domenicana) e le Cascate del Fiume Dunn, che sfociano direttamente nel mar dei Caraibi (Giamaica).

Palazzo di Sans-Souci


Le restanti isole sono per lo più di medio-piccole dimensioni ed accomunate da un clima tropicale-oceanico, con scarse escursioni termiche. Ricordiamoci che il mar dei Caraibi, per via della posizione tropicale e della relativa chiusura, ha acque superficiali con una temperatura media di circa 28° C (82° F), con piccole oscillazioni annue. Insomma, acque calde, giusto per capirci la temperatura media estiva delle acque del Mediterraneo è di circa 24° C (75°).


Il Mar dei Caraibi è dunque un enorme serbatoio di calore, quindi di energia termica, che mitiga l'area, ma può anche innescare feroci uragani tropicali.

Oltre che per gli amanti del Relax, il mar dei Caraibi, con le sue splendide barriere coralline (es. Isole Vergini Britanniche o Saint Lucia), offre molto ai sommozzatori.


Belize, Guatemala, El Salvador, Honduras e Nicaragua :

Continuando verso Sud, sul continente troviamo queste 4 nazioni. Le temperature annue tendono ad esser un po' più costanti rispetto a quelle del Messico, tuttavia è ancora ben presente una stagione delle piogge, alternata ad una asciutta, più o meno lunga a seconda dei luoghi e dell'altitudine.

Tikal è uno dei siti Maya più popolari e si trova in Guatemala, così come il Atitlán, un lago di origine vulcanica posto ad una quota di circa 1500 m (4920 ft), con una profondità massima di ben 340 m (1115 ft). Il lago Atitlán è il più profondo di tutta l'America centrale ed è circondando da spettacolari vulcani.

Tikal

A largo delle coste del Belize troviamo il Great Blue Hole, una dolina marina larga 300 m (980 ft) e profonda circa 120 m (390 ft). Da una visione area sembra effettivamente un "Grande Buco Blu", dovuto al collasso della parte superiore di una grotta calcarea al termine dell'ultima Era glaciale. Le pareti quasi verticali, la presenza di stalattiti, nonché di una variegata fauna, tra cui anche il temibile Squalo di Leuca (Carcharhinus leucas), rende il Great Blue Hole una delle mete più ambite dai subacquei.

Great Blue Hole

Nel Nord-Est dell'Honduras troviamo la Riserva della Biosfera del Río Plátano, istituita per preservare l'elevata biodiversità, messa in serio pericolo dalla deforestazione e dall'avanzare dell'agricoltura. Quest'area ospita innumerevoli specie vegetali ed animali, oltre a 2000 indigeni che vivono allo stato brado, secondo antiche tradizioni.

In Nicaragua è presente il Lago Cocibolca, talvolta noto anche come Lago Nicaragua, il più grande dell'America centrale ed il secondo dell'America Latina. Questo bacino lacustre è collegato al Mar dei Caraibi tramite il fiume San Juan, un collegamento sfruttato da più specie ittiche per muoversi dal mare al lago. Infatti, sebbene sia di acqua dolce, il Lago Cocibolca ospita il temibile Squalo di Leuca (Carcharhinus leucas).
Il lago contiene oltre 400 isolette, la più grande, Ometepe, è formata da due vulcani. Tra gli animali potremmo citare almeno una delle quattro specie di Tapiro, il Tapirus bairdii.

Lago Cocibolca - Isola Ometepe
Tapirus bairdii


Costa Rica e Panama :

Queste due nazioni compongono la parte più meridionale del Centro America. Qui la stagione secca si accorcia notevolmente e non dura più di 3 mesi (da Gennaio a Marzo). Cadono quasi 2000 mm (80 inch) di pioggia all'anno e, in alcuni posti, anche ben oltre, mentre le temperature si mantengono calde durante tutto l'anno, senza variazioni significative tra le stagioni. In altre parole ci troviamo ormai in un'area a clima tropicale, con acquazzoni quasi giornalieri, ma brevi ed alternati ad ampie schiarite, che permette lo sviluppo di rigogliose foreste pluviali.

Il Costa Rica è una nazione virtuosa, consapevole del fatto che il suo punto di forza sia la bellezza della sua natura. Pensate che qui il 98% dell'energia elettrica è ottenuta da fonti rinnovabili (eolico, solare etc.), conta di diventare a breve una nazione indipendente dal petrolio ed ha azzerato la deforestazione. Qui ben il 25% del territorio è costituito da aree protette e parchi nazionali, la percentuale più alta al Mondo ed un esempio per tutte le altre nazioni.

Panorama Costa Rica

Nelle sue foreste pluviali vivono più specie di bradipo, come il Bradypus tridactylus, il mammifero più lento al mondo, così l'Iguana Verde (Iguana iguana) o felini, da quelli poco più grandi di un gatto, come il Margay (Leopardus wiedii), sino all'enorme e feroce Giaguaro (Panthera onca).

Nelle foreste del Costa Rica crescono molte specie epifite (che crescono sul tronco degli alberi) e si contano ben 500 diverse specie di Orchidee, una biodiversità così elevata di questo genere non si ritrova in nessun altro posto del Mondo.
Un'altra pianta che cresce nel sottobosco di queste umide foreste è la Monstera deliciosa, una specie amante dell'ombra e dotata di enormi foglie, che in Italia è per lo più conosciuta come pianta da appartamento, ma che in natura produce anche dei gustosi frutti, tuttavia poco utilizzati.

Panthera onca

Leopardus wiedii

Bradypus tridactylus
Monstera deliciosa

Altra specie endemica è ilPsidium friedrichsthalianum, anche chiamato Guava del Costa Rica. Un'ultima specie vegetale che vorrei menzionare è laCecropia obtusifolia, pianta snella e poco ramificata, con foglie ampie ed intagliate "a raggiera", con un portamento che ricorda vagamente quello della Papaia.

Cecropia obtusifolia

Panama è l'ultimo stato dell'America Centrale e confina solo con il Costa Rica (a Nord) e la Colombia (a Sud). Questa nazione, a clima prettamente tropicale con diffuse foreste pluviali, è lunga e stretta ed è nota in tutto il mondo per il Canale di Panama, un prodigio dell'ingegneria che, sfruttando chiuse e laghi artificiali, riesce a trasportare pesanti navi dall'Oceano Atlantico a quello Pacifico e viceversa.
Per attraversare i circa 80 km (50 mi) del canale, una nave impiega in media 10 ore, tempo che può variare anche in funzione delle dimensioni della nave. 10/12 h possono sembrare tante, ma non son nulla rispetto alla circumnavigazione del Sud America. Ogni anno nel Canale di Panama passano circa 14.000 navi, per lo più dirette in Cina dalla costa Orientale degli Stati Uniti e viceversa.

Canale Panama

Altri specie vegetali native dell'America Centrale non citate fin qui :

Papaya (Carica papaya) : pianta da frutto tropicale poco longeva, originaria delle giungle comprese tra Sud del Messico e Panama, è ormai coltivata in tutte le zone tropicali e subtropicali del mondo per i suoi deliziosi frutti.

Carica papaya

Graviola (Annona muricata) : appartenente alle Annone, genere le cui specie hanno distribuzione prettamente tropicale e subtropicale. Questa pianta produce frutti molto grossi, dalla polpa bianca, in cui sono immersi numerosi semi.

Annona muricata

White Sapote (Casimiroa edulis) : altra pianta da frutto originaria di quest'angolo di mondo, ma poco diffusa altrove. Questa specie ha elevata rusticità, pari a quella di un Limone, e si può coltivare con successo in tutte le zone agrumicole d'Italia. Produce frutti gialli, dalla consistenza cremosa, di buon sapore, diverso in funzione della varietà.

Casimiroa edulis

Vaniglia (Vanilla planifolia) : l'aroma più apprezzato in pasticceria deriva proprio da questa pianta epifita, che in realtà è un'orchidea. La pianta è formata da esili liane che si aggrappano ai rami delle piante, nelle umide foreste tropicali. Dai frutti (baccelli) si ricava la preziosa spezia.


Vanilla planifolia

Albero del Kapok (Ceiba pentandra) : parente della meno tropicale Ceiba speciosa, si sviluppa sotto forma di albero di grosse dimensioni, dotato di un tronco largo e con pungenti spine. Dai sui frutti si estrae quella che è la fibra naturale più leggera al mondo, utilizzata per imbottire materassi o per produrre Jeans.


Ceiba pentandra

Frutti Kapok

Arbutus xalapensis : parente del nostrano Corbezzolo (Arbutus unedo), cresce nelle zone semi-aride a confine tra Texas e Messico settentrionale, sebbene si possa trovar giù sin in Nicaragua. Produce bacche rosse eduli, ma non particolarmente apprezzate.


Arbutus xalapensis

Jacaranda mimosifolia : albero ornamentale di medie dimensioni che si riconosce per l'inusuale fioritura color blu-lilla, con sfumature viola. Può esser coltivata anche in zone temperate calde (es. zone costiere del Sud Italia), a patto che le gelate siano lievi e sporadiche.


Jacaranda mimosifolia

Girasole Comune (Helianthus annuus) : specie annuale nativa dell'America centrale, ma ormai comune anche in Italia, dove in molte zone riesce a sopravvivere anche allo stato spontaneo. Il nome deriva dal fatto che il bocciolo fiorale è fortemente soggetto al fenomeno dell'eliotropismo, motivo per cui i fiori si muovono seguendo la traiettoria del Sole. Viene coltivato per ricavare il famoso Olio di Girasoli.

Helianthus annuus

Dahlia (Dahlia spp.) : bulbi da fiore nativi del Messico e coltivati a livello ornamentale in Italia, dove possono diventare perenni laddove non vi sia un freddo troppo intenso.

Dahlia

Stella di Natale (Euphorbia pulcherrima) : pianta conosciuta da tutti noi per le sue brattee (scambiate spesso per foglie) di color rosso intenso, è ormai divenuta simbolo di Natale e comunemente regalata durante questa festività. La Stella di Natale è nativa del Messico meridionale, ma può esser coltivata anche nelle zone d'Italia esenti da gelo.

Euphorbia pulcherrima

Mimosa pudica: questa leguminosa, parente della più comune Mimosa (Acacia dealbata), si trova in vendita anche nei vivai italiani, più che altro per una sua peculiarità. Basta infatti un minimo contatto per fa si che le sue foglie si contraggano istantaneamente.

Mimosa pudica

Ovviamente è impossibile far un elenco delle migliaia di specie native dell'America centrale, mi son semplicemente limitato a citar quelle più particolari o che conoscete "di vista" pur non sapendone l'origine.

Vi

Ciclo del Carbonio e Surriscaldamento Globale - Cause ed Effetti

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Sebbene in molti parlino di Effetto Serra e di Surriscaldamento Globale, solo in pochi conoscono realmente l'argomento che, tra l'altro, presenta ancora alcuni aspetti non completamente chiariti.

Nelle prossime righe vorrei fornire una descrizione semplice e lineare di come il Carbonio, nelle sue varie forme, influenzi il clima della nostra Terra.

PREMESSA

Il Carbonio (C) è un atomo formato da 6 protoni, 6 elettroni e, di norma, 6 neutroni. Esso può formare diversi tipi di legami chimici con altri atomi, formando così un numero molto elevato di molecole, ognuna delle quali ha specifiche caratteristiche chimico-fisiche.

Il Carbonio è l'elemento base della vita, infatti la sostanza organica di tutti i viventi contiene questo atomo, chimicamente legato ad altri atomi quali Ossigeno (O), Azoto (N) ed Idrogeno (H)

Quali Sono i Composti Principali del Carbonio ?

Fare un elenco di tutte le molecole che contengano un atomo di Carbonio sarebbe impossibile, qui mi limito a citare quelle più importanti a livello biologico, nonché quelle più utili per capire il Ciclo del Carbonio.

Anidride Carbonica (CO) : questa molecola è formata da 1 atomo di Carbonio legato a 2 atomi di Ossigeno. L'Anidride Carbonica è un Gas naturale, presente nella nostra atmosfera con una percentuale pari a circa 0,04 %. La CO2 forma una sorta di "barriera" che intrappola il calore terrestre, limitandone la dispersione verso lo spazio; viene dunque facile intuire che un aumento della sua concentrazione provochi un surriscaldamento del nostro pianeta (il famoso Effetto Serra).
L'Anidride Carbonica viene prodotta dalla respirazione (si, anche noi produciamo CO2) o dalla combustione di legno, petrolio, carbone etc.

Metano (CH) : molecola formata da 1 atomo di Carbonio legato a 4 atomi di Idrogeno. Presente in piccole quantità nell'atmosfera, causa in proporzione un Effetto Serra 30 volte maggiore rispetto alla CO. Il Metano viene prodotto dalla degradazione di materia organica in ambiente anaerobico, ovvero privo di ossigeno (ad esempio sottoterra).

Petrolio : Con questo termine si intende una varietà enorme di composti, tutti contenenti atomi di carbonio legati ad atomi di idrogeno e formatisi in milioni d'anni partendo da composti organici (piante, animali etc.). La Benzina, ad esempio, è una miscela di esano (CH14) e ottano (CH18).

Glucosio (CH12 O) : E' lo zucchero base ed è formato da 6 atomi di Carbonio, 12 atomi di Idrogeno e 6 Atomi di Ossigeno. Il Glucosio è la principale fonte di energia per gli organismi che respirano; esso viene infatti "consumato/bruciato" in presenza di ossigeno, producendo energia, acqua ed anidride carbonica. Altri tipi di zucchero formano lo "scheletro" dei nostri Acidi Nucleici (DNA, RNA etc.).

Cellulosa : è un polisaccaride formato dall'unione di centinaia di molecole di Glucosio. Questo composto organico è prevalentemente di tipo vegetale. La parete delle cellule vegetali è infatti costituita da Cellulosa e se andassimo a far un'analisi chimica di un pezzo di legno scopriremmo che è in gran parte costituito da Cellulosa e dai suoi derivati.

Acido Carbonico (HCO3) : si forma nei mari e negli oceani, dalla reazione tra acqua ed anidride carbonica.

Carbonato di Calcio (CaCO3) : questo è il sale derivante dall'Acido carbonico. E' solido, poco solubile in acqua ed è il maggior componente del calcare disciolto in acqua (la famosa "Durezza dell'Acqua"). Inoltre è utilizzato da molti animali marini (es. Molluschi e Coralli) per costruire scheletri e conchiglie

Ciclo del Carbonio

Com'è Distribuito il Carbonio sulla Terra ?

Iniziamo col dire che la quantità totale di Carbonio presente il giorno dopo la formazione della Terra è la stessa che abbiamo oggi. Nessuna reazione chimica porta alla formazione od alla distruzione di atomi di Carbonio, semplicemente sposta quelli atomi da una molecola ad un'altra.

Però, come abbiamo visto sopra, i derivati del Carbonio differiscono in quanto a proprietà chimico-fisiche e, dunque, hanno un diverso impatto sull'ambiente e sul clima.

Il Carbonio, un po' come tutti gli altri elementi, compie un ciclo ed è presente, sotto forma di  diversi composti, nell'Atmosfera (Aria), nella Litosfera (Suolo), nell'Idrosfera (Acqua) e nella Biosfera (Viventi).

La concentrazione atmosferica di CO2 sulla Terra non è costante, basti pensare che prima della comparsa dei batteri fotosintetici (i primi viventi) la sua quantità era ben superiore a quella attuale; il susseguirsi delle diverse Ere geologiche fu infatti caratterizzato da enormi fluttuazioni di questo Gas.
La concentrazione di Anidride Carbonica nell'aria è strettamente correlata alla temperatura. Infatti, ad un picco di anidride carbonica è sempre corrisposto un picco delle temperature e viceversa.
Non a caso il pianeta Venere, con ben il 96% di CO2, è in assoluto il più caldo del nostro Sistema Solare.

"Ma quindi l'aumento della CO2 è un fatto naturale ?"

Che la concentrazione di anidride carbonica segua un andamento ciclico è risaputo, il problema è che mai in nessun'altra epoca la variazione è stata (e continua ad esserlo) così repentina.


Fotosintesi e Respirazione :

Per poter comprendere il Ciclo del Carbonio è essenziale conoscere i meccanismi che governano la Fotosintesi e la Respirazione, le due principali reazioni degli esseri viventi.

La respirazione, compiuta dagli organismi eterotrofi (es. Animali), è un processo che, utilizzando Glucosio ed Ossigeno, produce Energia, Anidride Carbonica ed Acqua, come evidenziato nella seguente reazione (non bilanciata) :



 CH12 O6        +        O2                 ------>           Energia       +        CO2       +         HO



La fotosintesi, compiuta dagli organismi autotrofi (es. Piante), produce Glucosio ed Ossigeno, partendo dall'Energia solare, dall'Anidride Carbonica e dall'Acqua.



Energia solare       +        CO2       +         HO          ------>           CH12 O6        +        O2         
        

Schema della Fotosintesi Clorofilliana


Osservando queste due reazioni possiamo trarre qualche conclusione :

  • Fotosintesi e Respirazione sono reazioni opposte, ovvero una delle due consuma ciò che l'altra produce.
  • La Respirazione richiede Glucosio (preso direttamente od indirettamente dalle Piante) ed Ossigeno (preso dall'aria o dall'acqua) e produce energia (che ci serve per vivere).
  • La Fotosintesi non è una reazione spontanea e richiede una fonte di energia (quella del Sole) affinché avvenga.
  • Durante la Fotosintesi il Carbonio "strappato" all'Anidride Carbonica (Gassosa) viene utilizzato per la produzione di Glucosio (Solido), mentre nella Respirazione succede l'opposto.
  • Queste due reazioni trasferiscono del Carbonio dall'Atmosfera alla Biosfera e viceversa.

Ciclo del Carbonio sulla Terra :

Se l'aumento dell'Anidride Carbonica fosse semplicemente dato dal rapporto tra quella prodotta dalla Respirazione e consumata dalla Fotosintesi, all'equilibrio non dovrebbero esserci variazioni; tuttavia la cosa è un po' più complicata di quello che sembra.

Finché una pianta è in vita svolge la fotosintesi clorofilliana, preleva quindi CO2, trasformandola in Glucosio, che a sua volta viene convertito in Cellulosa (una "catena" di Glucosi).
Il legno di una pianta, costituito in gran parte da Cellulosa, è dunque un enorme serbatoio di Carbonio solido, sottratto a quello atmosferico.

Supponiamo che la pianta muoia, bene ora tonnellate di legno giacciono nel sottobosco e pian piano batter, funghi ed altri organismi saprofiti se ne approfittano iniziando a decomporlo.
Durante questo processo, che avviene in presenza di ossigeno, il Carbonio "solido" del legno viene in gran parte riconvertito in Carbonio "volatile", ovvero Anidride Carbonica che si accumulerà nell'atmosfera.
Solo una piccola parte di legno viene convertito in humus, cioè quella parte di materia organica più difficilmente degradabile, che rimane nel suolo per un tempo più o meno lungo a seconda di vari fattori ambientali (temperatura, presenza di ossigeno etc.).
Tuttavia con il tempo anche l'humus viene usato come substrato e convertito in materia inorganica, rilasciando  CO2.
Nel medio termine un legno bruciato od uno lasciato marcire all'aria aperta avranno più o meno le stesse conseguenze sull'aumento dell'Effetto Serra.

Quindi non stupitevi, una foresta all'equilibrio (cioè in cui nascono tanti alberi quanti ne muoiono) non è un buon mezzo per "rubare" Anidride Carbonica all'atmosfera, poiché al netto e sul medio-lungo termine non vi sarà accumulo di Carbonio nel suolo.
E' infatti noto che senza interventi esterni (es. concimazioni, deforestazione) la quantità totale di sostanza organica in un determinato bioma rimane costante nel tempo.
In altre parole il bilancio netto  (CO2 consumata/CO2 prodotta) di questa tipologia di foresta sarà vicino (se non uguale) allo zero.

Attenzione : il discorso appena fatto vale all'equilibrio, boschi a crescita attiva ed in espansione producono più Ossigeno (e meno Anidride Carbonica) di quanto ne consumino.

Visto fin qua non si capisce come l'uomo abbia incrementato i Gas serra, ma ci manca un pezzo.


Vi ho appena detto che un legno che marcisce restituisce all'atmosfera il carbonio che ha accumulato in vita, però non è sempre detto che un pezzo di legno segua il destino appena descritto.
Infatti i residui vegetali (legni, radici etc.), grazie ai vari moti terrestri, potrebbero esser inglobati nella Litosfera (sottoterra), in un ambiente privo di ossigeno e, nei milioni di anni successivi, trasformati in combustibili fossili (es. Petrolio, Metano etc.) ad opera di batteri anaerobi.

Questo è proprio ciò che è accaduto ed, approssimando, potremmo asserire che un pozzo di Petrolio altro non è che una foresta "confinata" sotto terra, in cui il legno, invece che marcire, si è trasformato in Petrolio. (N.B. la questione è più complessa, in alcuni casi la materia organica iniziale è rappresentata da Zooplancton o Fitoplancton e non dal legno degli Alberi, ma il concetto è analogo).

Il carbonio atmosferico (CO) prelevato da quelle piante tramite la Fotosintesi non è tornato presto libero nell'aria, poiché intrappolato nel sottosuolo per milioni di anni. In altre parole è stato tolto dall'atmosfera ed immagazzinato altrove a lungo termine.

L'Anidrite Carbonica è disciolta anche nell'acqua dei nostri mari ed oceani. Nel corso dei millenni molti organismi acquatici hanno imparato ad utilizzarla, insieme al Calcio (Ca), per costruire i propri gusci o scheletri, fatti prevalentemente di Carbonato di Calcio (CaCO3).
Tra questi organismi non possiamo non menzionare i Coralli che, producendo Carbonato di Calcio, formano la Barriera Corallina; quest'ultima è infatti costituita da uno spesso strato calcareo ottenuto dagli "scheletri" dei coralli morti, su cui crescono nuovi coralli.
Una barriera corallina in continua crescita sequestra la COacquatica (a sua volta derivante da quella atmosferica) per la costruzione dello scheletro dei Coralli.
Molte barriere coralline furono seppellite nei fondali oceanici ed oggi intrappolano parte del Carbonio acquatico/atmosferico sotto forma di rocce calcaree.


Schematizzando potremmo riassumere dicendo che il Carbonio, nelle sue varie forme, si può dividere in due categorie :

  • Carbonio disponibile nel breve termine : Anidride Carbonica nell'atmosfera e nei mari, humus nel suolo, biomassa (es. il legno, ma anche ogni altro essere vivente, uomo compreso), etc.

  • Carbonio NON disponibile nel breve termine : è rappresentato da quel Carbonio prelevato dall'atmosfera ed immagazzinato a lungo termine nei vari sedimenti (Petrolio, Rocce Calcaree etc.) oppure immagazzinato nelle foreste, sia "all'equilibrio" che in crescita.
Andamento della CO2 e delle Temperature degli Ultimi 400.000 Anni

E Quindi Perché C'è l'Effetto Serra ?

Semplice, la diminuzione di CO2 atmosferica è avvenuta in milioni di anni, poco per volta, lasciando all'ambiente il tempo per adattarsi.
Ora, da circa 200 anni, stiamo attingendo da quel serbatoio di Carbonio immagazzinato sottoterra (Combustibile Fossile) e, bruciandolo, stiamo liberando grandi quantità di Anidride Carbonica nell'atmosfera.
Tra pochi decenni tutto quel Carbonio contenuto nel Petrolio si sarà legato all'Ossigeno, volerà via e rientrerà a far parte del ciclo del Carbonio nel breve termine.

Supponete che ci siano voluti in media 10 milioni di anni per produrre il Petrolio e che esso venga consumato in 100 anni.
Facendo due semplici conti scoprirete che stiamo liberando COnell'atmosfera ad un ritmo circa 100.000 volte superiore rispetto a quello con cui fu catturata ed intrappolata.

Come se non bastasse stiamo "prelevando" anche dalla biosfera terrestre, un altro serbatoio naturale. La deforestazione incontrollata sta reimmettendo nell'atmosfera grandi quantità di Carbonio, prima confinate nel legno delle piante che le formavano.

Nella realtà dei fatti le cose son ben più complesse, sono coinvolte molte più molecole a base di Carbonio e vi è un continuo scambio tra diversi ambienti ed organismi; tuttavia, questo articolo cerca di riassumere i meccanismi base più elementari che, una volta appresi, permetteranno di approfondire l'argomento. 

Impianto Industriale

Come Ridurre le Emissioni di CO2 (Anidride Carbonica) con Semplici Azioni ?

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L'aumento della CO2 (Anidride Carbonica) nella nostra atmosfera è la causa principale del Surriscaldamento Globale. Essa è infatti uno dei principali Gas Serra che, intrappolando il calore terrestre (il famoso Effetto Serra), provoca l'innalzamento delle Temperature su scala globale.

Di cosa sia l'Anidride Carbonica e di come il Ciclo del Carbonio influenzi il nostro clima ne avevamo già discusso qui. Oggi vorrei invece suggerire dei piccoli accorgimenti che ognuno di noi può fare quotidianamente per diminuire l'inquinamento e l'emissione dei Gas Serra.

Quanti di voi pensano che in realtà il singolo cittadino non possa far nulla per contrastare i cambiamenti climatici ?
Ecco, non esiste errore più grande. Certo, lo stile di vita di un singolo individuo non cambia nulla, ma se moltiplichiamo questo per 7 miliardi di persone, l'impatto diventa enorme ed in grado di influenzare la politica, le scelte delle multinazionale e delle varie lobby, oltre a ridurre notevolmente l'emissione di CO2.

Ora vediamo con dei punti dettagliati cosa potete (e dovete) fare nella vostra vita quotidiana :

Sostenibilità dei Vari Alimenti
  • Mangiare Meno Carne e Più Legumi : la Carne, ed in particolare quella Bovina, è un alimento che richiede grosse quantità di energia per esser prodotta. Giusto per dar dei numeri, per produrre 1 Kg di Carne Bovina servono tra i 15.000 e 20.000 litri di acqua, mentre per produrre 1 Kg di Grano ne servono solo 1.000. Poi non dimentichiamoci che le Mucche devono mangiare e l'energia che ricavano dal cibo è in gran parte utilizzata per respirare, digerire, muoversi etc. e solo una piccola frazione per "ingrassare"; se prendiamo 20 Kcal di foraggio, in media 19 Kcal le usano per vivere e solo 1 Kcal la immagazzinano nella Carne. Questo vuol dire che se un ettaro di terreno fosse coltivato a cereali potrebbe sfamare 20 uomini per un determinato tempo, ma se lo stesso terreno fosse utilizzato per la produzione di cereali per alimentazione bovina, solo 1 persona potrebbe esser sfamata dalla Carne prodotta; in altre parole il rendimento è di 1 a 20, cioè il 5%.Tenete conto che circa il 95% della Soia prodotta al Mondo viene utilizzata per l'alimentazione animale. Infine ricordiamoci che nello stomaco delle Mucche viene prodotto Metano, un Gas Serra 30 volte più potente della CO2, che viene poi immesso nell'atmosfera. Considerate che una Mucca produce in media 100 Kg di Metano all'anno e che sulla Terra vi siano circa 1,5 miliari di Mucche; viene facile intuire quanto contribuiscano ad aumentare l'Effetto Serra. Nessuno dice di non mangiare più una buona bistecca, ma semplicemente di mangiarne meno, integrando con i Legumi, una fonte di proteine decisamente più sostenibile. 

  • Preferire Carni Bianche : le Carni Bianche (es. pollame), a parità di peso, richiedono 1/3 dell'acqua e del nutrimento rispetto alle Carni Rosse, viene da sé la maggior sostenibilità delle prime.
Tipi di Carne
  • Comprare Prodotti Locali : se prendiamo come esempio la frutta, gran parte delle emissione di CO2 è dovuta al trasporto dal luogo di produzione a quello di consumo. Più accorciamo questa distanza, più si guadagna in termine di inquinamento. Inoltre, per merci che provengono da lontano, è ben più conveniente che vengano trasportate via mare, piuttosto che per via area; per capirci, un Avocado trasportato dal Cile per via Area comporta un'emissione di Anidride Carbonica 25 volte superiore allo stesso Avocado arrivato via nave.

  • Mangiare Frutta e Verdura di Stagione : gli ortaggi (e la frutta) che troviamo fuori stagione ha due destini : o arriva da paesi lontani oppure è prodotta in serra, spesso riscaldata. Se trovate delle Ciliegie nel periodo natalizio, probabilmente arrivano dal Sud Africa ed hanno percorso 10.000 km in aereo, mentre in Maggio/Giugno si producono facilmente in Italia. A dover di cronaca bisogna dire che in Sicilia esistono numerose serre fredde, che sfruttano solo l'energia solare per tenersi calde, producendo Pomodori anche nel pieno dell'inverno; tuttavia repentini abbassamenti di temperatura possono ridurre la produzione, la qualità, il colore e, nelle annate più fredde, uccidere addirittura le piantine. Le serre riscaldate (a Metano ad esempio) offrono più garanzie, eliminando i rischi sopracitati, per questo motivo stanno prendendo piede, soprattutto in luoghi più a Nord e per colture che hanno esigenze termiche superiori a quelle del Pomodoro.

  • Fare un Orto ed un Frutteto : ovviamente questo richiede tempo e, soprattutto, spazio. In condominio non è pensabile, ma per coloro che hanno un pezzetto di terra un buon orto potrebbe soddisfare il fabbisogno famigliare di verdura per almeno metà anno (da Giugno a Novembre) al Nord Italia e per quasi tutto l'anno al Sud Italia; oltre all'enorme soddisfazione di mangiare ciò che si è prodotto, sicuri del fatto di saper esattamente quali trattamenti abbia ricevuto, si consuma del cibo a km zero. 
Orto
  • Non Sprecare Cibo : sembrerà banale ma una famiglia spreca in media 4 kg di cibo al mese. Pensate un po' a voi stessi, quante uova avete buttato via ? quanti frutta (o verdura) avete fatto marcire ? quanti yogurt/latticini avete fatto scadere od ammuffire ? quanto pane avete fatto seccare ? quanti avanzi son andati nel cestino invece che in frigorifero ? Ogni pezzo di cibo buttato via equivale ad energia buttata via, quindi fate una spesa più ragionevole, prestate attenzione alle scadenze e non lasciate la frutta in una stanza con 30° C.

  • Usare più Spesso la Bicicletta : quanti di voi usano la macchina per far 2 km ? Per brevi distanze usare la bici od andare a piedi è un'ottima alternativa che, oltre a mantenervi in forma, aiuterà a limitare l'inquinamento.

  • Usare più Spesso i Mezzi Pubblici : un'automobile emette in media tra i 110 ed i 150 grammi di COper ogni chilometro percorso, mentre un Autobus ne emette sino a 6-700. Una macchina può ospitare al massimo 5 persone, mentre un Autubus in media 60. Facendo due semplici calcoli, assumendo che entrambi i veicoli vadano a pieno carico, scopriremo che viaggiando in macchina ogni passeggero emette circa 30 g di COal Km, mentre viaggiando in Autobus ne emetterebbe solo 12 g. Numeri molto simili si possono fare anche per il trasporto in Treno e Metropolitana. 

  • Usare Meno Auto, ma con Più Gente : Il famoso "Car Pooling" ha proprio l'obbiettivo di diminuire le emissioni di Gas Serra. Senza dilungarci troppo è ovvio che se 5 persone compiono un tragitto su 5 macchine diverse consumano 5 volte in più rispetto a se facessero lo stesso viaggio su un'unica macchina.
Trasporto Pubblico
  • Limitare la Velocità : non esiste una formula magica, ma in linea di massima si ha il miglior rendimento usando la marcia più lunga ad un regime equivalente alla coppia massima del motore. Per una macchina Diesel questo corrisponde ad andare il 6° (o in 5°) a circa 1800-2000 giri/min, ad una velocità compresa tra 90 e 110 km/h. Pensate in autostrada viaggiare a 110 km/h, invece che a 130km/h, vi potrà far risparmiare sino al 20-25%. La funzione che mette in relazione velocità e consumi segue un andamento non lineare e, dopo una certa velocità, diventa esponenziale, pensate che aumentare la velocità da 150 km/h a 200 km/h (incremento del 33%) equivale a consumare il doppio (incremento del 100%). 


  • Limitare il "Frena/Accelera" : in città quante volte vi è capitato di esser in coda e di veder la macchina che vi precede far 100 metri prima di fermarsi nuovamente ? Bene, ora quanti di voi hanno colmato quella distanza in un attimo, accelerando come forsennati per poi inchiodare di colpo e rimaner fermi (col motore acceso) per qualche minuto? Una guida "calma" fa risparmiare molto carburante, ogni volta che tocchiamo i freni stiamo dissipando quell'energia spesa per accelerare

  • Piantare Alberi : se avete un giardino, piantate degli alberi che, con la fotosintesi, assorbiranno Anidride Carbonica dall'atmosfera. Questo gesto è più simbolico che effettivamente utile, difficilmente si potrà contrastare la deforestazione con qualche albero nel vostro orto, ma è comunque un segnale.

  • Fare il Compost con l'Umido : ogni Comune investe (e vi fa pagare tramite la "TASI") nello smaltimento dei rifiuti. I Camion che raccolgono la spazzatura inquinano, i processi industriali di smaltimento inquinano; se avete un terreno perché non alleggerire il vostro Comune della frazione "organica" ? in alcuni casi potreste avere anche un sgravio sulla Tasi. Vendono strutture apposite per fare il compost, ma potete farlo anche da voi : buttate tutti i rifiuti organici (bucce, gusci uova, caffè usato etc.) in una buca, aggiungete un po' di Urea per velocizzare il processo e, nel giro di un anno, avrete dell'ottimo terriccio ricco di humus che potrete usare per concimare il vostro orto.

  • In Inverno NON Aver Temperature Interne Superiori ai 20° C : Riscaldare una casa costa molto, sia in termini di soldi sia, ancor di più, in termini di inquinamento. Se fuori siamo prossimi agli 0° C, all'interno di casa dovremmo mantenere una temperatura che oscilla tra 17 e 20° C. Avere 26° C dentro casa in pieno inverno è un inutile consumo e, oltre ad esser fuori legge e poco salutare, vi farà spendere circa il 50% in più.

  • Tenere le Finestre e le Porte Chiuse : molti negozi, soprattutto delle grandi città (Milano, Roma etc.) hanno l'insana abitudine di tener le porte aperte anche in pieno inverno. Ovviamente è tutta energia buttata via e noi, singoli cittadini, potremmo boicottare questo comportamento semplicemente non entrando in quei negozi. Discorso simile si può far nelle nostre abitazioni; ho sentito più di una persona dire "a me piace dormire con la finestra leggermente aperta anche in inverno", ecco, non fatelo.

  • Non Tenere Luci Accese in Stanze Vuote : la luce richiede elettricità, l'elettricità spesso si genera bruciando combustibile fossile. Se andate in cucina per farvi una fetta di pane e Nutella da gustarvi sdraiati sul divano del soggiorno davanti ad una bella serie su Netflix, poi spegnete la luce. Questo è solo un esempio, ma prestate attenzione a quante stanze si lasciano inutilmente illuminate semplicemente per pigrizia o disattenzione

  • Preferire Energie da Fonti Rinnovabili : in molti contratti di Luce si può mettere, gratuitamente, la preferenza sulla provenienza dell'energia elettrica. Essa può esser infatti prodotta da fonti rinnovabili (eolico, solare, idroelettrico etc.) od utilizzando combustibili fossili (es. termoelettrica). Il fatto che le persone preferiscano "energia pulita" potrà indurre i produttori ad investire in questa direzione, purtroppo l'energia prodotta in Italia da fonti rinnovabili (ad oggi = 2019) non supera il 30%.
Fonti Rinnovabili
  • Fate Andare Lavastoviglie e Lavatrice a Pieno Carico : gli elettrodomestici consumano. Far andar una lavatrice per lavare 2 mutande non ha alcun senso; idem far andare la lavastoviglie con 3 piatti e 2 forchette. Aspettate di aver biancheria (e piatti/pentole) a sufficienza prima di far un ciclo di lavaggio. Ricordatevi anche di usar la giusta quantità di detersivo, un eccesso è inutilmente dannoso.

  • Riducete il Consumo di Plastica : la plastica viene fatta con il Petrolio ed è una delle sostanze più inquinanti al mondo : se abbandonata non viene facilmente degradata (per oltre 100 anni) e si accumula nei mari e negli oceani; inoltre il processo di riciclaggio è ben più dispendioso, complesso e poco efficiente rispetto a quello della Carta. Limitate dunque l'utilizzo di plastica, utilizzate più volte i sacchetti di plastica, non disperdetela nell'ambiente e preferite contenitori in vetro (più facili da lavare e riutilizzare). Meditate anche sul bere l'acqua del rubinetto, in molte zone d'Italia è potabile (ed ottima) e vi potrebbe far risparmiare tanti kg di plastica.
Discarica di Plastica
  • Riciclare il Più Possibile : inutile dirlo, la raccolta differenziata (se ben fatta) rappresenta un enorme passo avanti rispetto al passato. Non sbuffate se dovete sciacquare e pulire un vasetto di Yogurt prima di buttarlo, piuttosto pensate che state contribuendo alla salvaguardia del Vostro Pianeta.

  • Usare Materiale Riciclato : avete presente la carta riciclata ? è leggermente più scura, ma perfettamente adatta ad ogni uso. Quando dovrete comprare quaderni, fogli per stampante od altro, preferite carta che provenga da altra carta (riciclata), piuttosto a quella che deriva direttamente dagli alberi


Infine sensibilizzate la gente sui cambiamenti climatici e sulle gravi conseguenze che essi comportano, ricordando loro che bastano piccoli gesti, e non stravolgimenti dello stile di vita, per ridurre l'impatto ambientale.

Tiglio Comune (Tilia vulgaris), l'Albero Stradale Più Diffuso in Italia - Coltivazione e Cure

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Il Tiglio è una pianta ornamentale ad alto fusto usata frequentemente per le alberature stradali, anche grazie al fatto di tollerare possenti potature, come la capitozzatura, ovvero la rimozione invernale di quasi tutta la chioma, lasciando solo monconi di rami non più lunghi di un dito.

Se passeggiando lungo le strade delle vostre città noterete un albero con un fusto di grossa circonferenza ed una chioma tondeggiante di dimensioni relativamente contenute (un po' come il classico albero stilizzato nei disegni dei bambini), vi sarà una buona probabilità che si tratti di un Tiglio.

Ma andiamo per gradi, facendo un po' di chiarezza sulle specie di Tiglio presenti in Italia e su quale sia il loro habitat naturale.

Viale di Tigli Capitozzati

Origine e Diffusione :

Il genere Tilia comprende circa 30 specie, diffuse nelle zone temperate di Asia, Europa ed America. In Italia (ed in Europa) esistono solo 2 specie : il Tiglio Nostrano (Tilia platyphyllos) ed il Tiglio Selvatico (Tilia cordata). Le due specie sono assai simili, tanto che alcuni autori le considerano  addirittura sottospecie di un unica pianta, il Tiglio Europeo (Tilia europaea); ciò nonostante esistono delle piccole differenze che, ad un occhio attento, permettono di distinguerle, come ad esempio le foglie, che nel T. cordata sono lunghe circa la metà rispetto al T. platyphyllos.

Questi due Tigli hanno una distribuzione naturale parzialmente sovrapposta e crescono spontanei nell'Europa Centrale (Francia, Germania, Polonia), sulle Alpi e sugli Appennini dell'Italia e nella regione del Balcani (Ungheria, Romania, Bulgaria, Serbia etc.).
Tra le piante forestali occupa la zona fitoclimatica compresa tra quella del Castanetum e del Fagetum.

Il Tilia cordata ha una maggior resistenza al freddo e riesce a spingersi più a Nord, colonizzando anche il Sud della Scandinavia e la Russia a ponente degli Urali.

Come se non bastasse le due specie (o sottospecie) di Tiglio si possono fecondare vicendevolmente per cui, nelle aree in cui crescono entrambe, è presente il Tiglio Intermedio (Tilia × vulgaris), cioè l'ibrido naturale tra T. cordata T. platyphyllos, con caratteristiche intermedie tra i due "genitori".

Tilia × vulgaris, oltre ad esser presente allo stato selvatico, è probabilmente la specie di Tiglio più comune per le alberature stradali, soprattutto nelle regioni settentrionali d'Italia.

Tuttavia il Tiglio non viene coltivato solo a scopo ornamentale; il suo legno ben si presta a lavori d'intaglio e viene ampiamente utilizzato per la produzione di strumenti musicali (soprattutto Bassi e Chitarre), mentre i suoi fiori, dalle proprietà terapeutiche, vengono impiegati nella preparazione di tisane ed infusi, avendo un ruolo calmante e rilassante.

Nelle prossimi righe parlerò prevalentemente di questo ibrido, ma molte delle informazioni fornite sono applicabili anche alle altre due specie Europee di Tiglio.

Brattee del Tiglio

Fiori

Com'è Fatta la Pianta del Tiglio ? Botanica e Fisiologia :

Il Tiglio Comune Europeo (Tilia vulgaris) è un albero deciduo appartenente alle Malvaceae, una famiglia che annovera al suo interno diverse specie, di cui molte tipiche di zone calde, come il Durian e la Pianta del Cacao.


Il Tiglio raggiunge la grandezza più o meno definitiva intorno ai 60 anni di età, arrivando ad un'altezza media di circa 25 metri (82 ft) ed una larghezza della chioma di 10 m (33 ft). Queste dimensioni possono variare anche in funzione della fertilità del terreno e, soprattutto, dagli interventi di potatura; infatti come vedremo più avanti i Tigli lungo i viali vengono spesso mantenuti ben più piccoli.
Allo stato naturale il portamento è relativamente slanciato, con una chioma a forma di cupola, dotata di rami presenti anche nella parte medio-bassa del fusto.

Le foglie sono semplici, a forma di cuore con l'apice appuntito e dal margine lievemente seghettato. Esse hanno la lamina superiore color verde lucido e quella inferiore verde pallido, mentre in autunno, prima di cadere, assumono tonalità dorate.

Il Tiglio cresce su un unico tronco, possente, alto ed a crescita eretta. Esso è ricoperto da una corteccia inizialmente di color grigio chiaro e liscia, che con l'età tende a screpolarsi ed a virare a color grigio-bruno scuro.

TroncoLe radici si sviluppano andando in profondità ed espandendosi notevolmente, motivo per cui se ne sconsiglia la piantumazione nelle immediate vicinanze delle mura di casa o lungo vialetti piastrellati. Insomma fate attenzione, le radici non saranno superficiali come quelle di un Pino Marittimo, ma di certo potrebbero far danni.

FoglieLe infiorescenze emergono dalle gemme del nuovo legno (formato in primavera) e sono composte da un numero di fiorellini variabile da 2 a 7. Questi grappoli fiorali (racemi per l'esattezza) sono penduli, rivolti verso il basso e per questo spesso nascosti dalle foglie sovrastanti; inoltre sul peduncolo dell'infiorescenza è presente una brattea (foglia modificata) ovoidale di circa 8 cm (3 in) che, svolgendola funzione di "Ala", permetterà ai futuri frutti di esser agilmente trasportati dal vento.

I fiori sono ermafroditi, di piccole dimensioni, color giallo crema ed emanano un profumo discreto e piacevole, ben apprezzato dalle Farfalle. La fiorituraè successiva all'emissione delle foglie (e dei nuovi rami) e, nel Nord Italia, avviene indicativamente nel mese di Giugno.

I frutti sono una sorta di noce appuntita color beige, delle dimensioni di un Mirtillo. A maturità, che avviene tra settembre ed ottobre, l'intera infiorescenza si stacca con ancora attaccati sia frutti, che la brattea fogliare, la quale permette una migliore disseminazione.

Frutti

Come Coltivare il Tiglio ? Crescita, Esposizione, Clima e Potature

Tilia vulgaris è una pianta ornamentale a crescita rapida (da adulta), ma che può vivere anche 300 anni; per queste ragioni, oltre al fatto di resistere bene all'inquinamento, è particolarmente indicata per il verde pubblico.
Inutile dire che è una pianta davvero rustica e semplice da curare, non teme il freddo e supera gli inverni che ucciderebbero la maggior parte delle specie che vedete nel vostro giardino. Ha un apparato radicale profondo che gli permette di tollerare bene la siccità, sebbene preferisca crescere nel clima del Nord Italia, piuttosto che al Sud, anche perché è una pianta che non ama temperature perennemente roventi.
Il Tiglio non è soggetto a malattie od ad attacchi da parte di funghi o parassiti e prospera (stando bene) senza trattamenti. L'unico problema può esser rappresentato dagli Afidi che, in alcune annate, tendono a formare numerose (ma passeggere) grosse colonie che, con la tipica produzione di "melassa dolciastra", attirano le formiche e rendono le foglie estremamente appiccicose.

Pur preferendo terreni freschi si sviluppa su un'ampia gamma di suoli, anche se in quelli poveri ed eccessivamente secchi può aver una crescita meno vigorosa.
Il Tiglio è adattabile anche in quanto a luminosità, può infatti esser coltivato in pieno Sole, ma anche con un'esposizione a mezz'ombra, come potrebbe essere quella che vi è tra alti edifici cittadini.

Si può riprodurre da seme, ma in questo caso per i primi anni la crescita non sarà fulminea e ci vorranno circa 10-15 anni prima di arrivare alla maturità sessuale (produzione fiori/frutti).
Se avete intenzione di piantumare un Tiglio fate bene i calcoli dello spazio che occuperà da adulto, comprate una pianta di circa 5-6 anni (ad altezza uomo) e trapiantatela nel periodo autunnale, dopo la perdita delle foglie.
Per i primi 2 anni, se vivete in zone molto siccitose innaffiate una volta a settimana e se il terreno fosse eccessivamente povero concimate con letame ben maturo, al fine di velocizzare la crescita.

La potatura del Tiglio non è essenziale ed allo stato naturale le piante si sviluppano armoniosamente senza interventi esterni; tuttavia questo albero sopporta tagli anche pesanti.
Un potatura leggera consiste nella rimozione dei polloni basali e nello sfoltimento della chioma, ciononostante in taluni casi è necessario tenere basse le piante. Per far ciò si può capitozzare, una tecnica di potatura brutale (e spesso antiestetica), lasciando praticamente solo il tronco principale con poche gemme. In questo modo, alla ripresa vegetativa la pianta risponderà in modo vigoroso, producendo numerosi getti lunghi diversi metri, che puntano in ogni direzione.
La chioma risulterà poco armonica, folta, con molti rami incrociati od intrecciati tra di loro, che andranno rimossi l'anno successivo.
In pratica, con la capitozzatura si ha un Tiglio formato da un tronco principale pluridecennale e da tanti rami di un anno d'età, senza di fatto avere vere branche e rami intermedi.

Ora, mentre leggerete seduti all'ombra su una panchina di qualche giardino pubblico, alzate la testa, forse sarete seduti proprio sotto un grosso Tiglio.

Fioritura Vista dal Basso

Tiglio Adulto NON capitozzato

Palma di San Pietro (Chamaerops humilis) - Coltivazione e Cure

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La Palma di San Pietro (Chamaerops humilis), talvolta chiamata anche Palma Nana, è una specie molto diffusa in Italia dove, anche grazie alle dimensioni ridotte, è coltivata a gruppetti nelle aiuole, sotto la chioma di alberi ad alto fusto o laddove non vi sia lo spazio necessario alla crescita di altre palme ornamentali, come ad esempio la Palma delle Canarie.

Chamaerops humilis

Origine, Diffusione e Curiosità :

Delle oltre 2.000 specie di Palme presenti sulla Terra solo 2 sono native dell'Europa, la Palma di Creta (Phoenix theophrasti) e, appunto, la Palma di San Pietro (Chamaerops humilis). Quest'ultima, sebbene non sia la Palma più resistente al freddo, è quella che cresce più a Nord in assoluto, infatti la si ritrova spontanea (e non d'importazione) sin nel Sud della Francia, circa al 43° parallelo Nord.

Chamaerops humilis ha una distribuzione naturale che comprende le coste Europee (Portogallo, Spagna, Francia, Italia) e quelle Africane (Marocco, Algeria e Tunisia), in pratica le coste del Mediterraneo occidentale.
In Italia la Palma Nana è naturalizzata in Sicilia, Sardegna e Calabria, oltre che sul litorale Tirrenico a Sud di Livorno.

Quanto appena detto è riferito alla presenza di popolazioni selvatiche, infatti la diffusione a livello ornamentale si estende ben oltre i confini sopracitati. La Palma di San Pietro è perfettamente adattata al clima Mediterraneo e può cresce più o meno in tutte le zone d'Italia, comprese molte città del Nord Italia a clima temperato.

La Palma nana può esser coltivata con successo in Liguria, lungo la Costa Adriatica, nelle zone interne di tutto il centro-Sud Italia (sino a quota di alta collina), sulle sponde dei grandi laghi del Nord Italia ed, in posizioni riparate, addirittura nella fredda ed umida pianura Padana.

L'habitat naturale di questa palma è rappresentato dalla macchia mediterranea, ma anche da suoli aridi ed erosi, in cui poche altre specie riescono a prosperare.

Sebbene il nome scientifico universalmente accettato sia Chamaerops humilis, questa palma è talvolta chiamata con il nome Phoenix humilis.

La Palma di San Pietro è anche nota come Palma di Goethe, poiché il poeta, dopo averla ammirata ai giardini botanici di Padova, se ne innamorò, tanto da dedicarle più di uno scritto.

Viale di Palme Nane di San Pietro

Descrizione Botanica ed Inquadramento Filogenetico :

Chamaerops humilis, come qualsiasi altra specie di Palma, appartiene alla famiglia delle Arecaceae (ex Palmaceae) ed è l'unica rappresentante del proprio genere (Chamaerops).

In natura esistono due varietà (o sottospecie) di Palma di San Pietro, con piccole differenze che saranno elencate di seguito :

  • Chamaerops humilis var. humilis : cresce più a Nord, ma in pianura e la si ritrova sulle coste settentrionali del Mediterraneo, ovvero in Europa. Presenta foglie verdi ed ha una crescita meno lenta rispetto all'altra varietà, raggiungendo un'altezza superiore. Possiede una maggior resistenza all'umidità, sia atmosferica, che del suolo.
  • Chamaerops humilis var. cerifera : cresce più a Sud, ma riesce a spingersi sino ad una quota di circa 2.000 metri (6560 ft). Questa varietà è presente nei Paesi che si affacciano sulle coste meridionali del Mediterraneo (Nord Africa) ed è conosciuta anche come Chamaerops humilis var. argentea, per via delle foglie color argento. Rispetto alla precedente ha una crescita più lenta, una minor tolleranza all'umidità, ma una maggior capacità di crescere in luoghi particolarmente siccitosi e torridi, quasi desertici.

Da qui in poi, salvo diversamente specificato, descriverò i tratti comuni ad entrambe le specie sopraelencate.

La Palma di San Pietro appartiene alla sotto-tribù Rhapidinae ed è strettamente imparentata con la Trachycarpus fortunei. Tuttavia si distingue chiaramente da quest'ultima per via delle dimensioni più contenute, del portamento "multi-tronco" e per il picciolo fogliare dotato di spine.
Altre specie con cui può esser confusa sono l'Acoelorrhaphe wrightii, nativa della Florida, che però tende ad aver tronchi più alti e snelli e la Serenoa repens, che invece ha fusti più corti ed una minor propensione ad emettere polloni, formando un cespuglio basso, quasi strisciante, con tronchi più distanziati.

Chamaerops humilis è una palma di piccole dimensioni che, soprattutto nella varietà a foglia argentata, non supera i 2 metri di altezza (6.5 ft).
Questa specie presenta un portamento atipico rispetto a buona parte delle altre palme; infatti la Palma Nana ha l'attitudine ad emettere polloni basali ed una crescita tipicamente cespugliosa, con molti tronchi disposti circolarmente che, nella parte bassa, sono praticamente a contatto tra loro, mentre all'apice son distanziati, poiché la nuova vegetazione si "incurva" verso l'esterno, in cerca di luce.
In altre parole, in piante ormai adulte e completamente sviluppate, avrete una forma ad imbuto (vedi prima foto dell'articolo).

Il fusto ha un diametro che raramente supera i 15 cm (6 in), ma sembra di maggiori dimensioni poiché avvolto dai residui squamosi delle foglie ormai morte, di color marrone. In esemplari giovani il fusto è talmente corto da passare quasi inosservato, ma con l'età può piegarsi sin quasi toccare terra; i greci la chiamavano infatti Phoenix chamaeriphes, che tradotto significa "Palma  gettata per terra".

Un unico cespuglio di Palma Nana può esser formato anche da oltre 10 fusti, spesso di dimensioni  (ed età) assai diverse tra di loro.

Le foglie sono rigide, a forma di ventaglio (palmate), larghe sino ad un metro e mezzo (60 in) ed ognuna formata da circa 20 foglioline allungate (fingered leaflets). Esse sono  attaccate al tronco tramite un lungo picciolo dotato di spine ed hanno color verde intenso (C. humilis var. humilis) oppure blu-argenteo (C. humilis var. cerifera), simile a quello della Brahea armata.

Le infiorescenze, sorrette da brevi peduncoli, sono a forma di pannocchia ramificata e vengono spesso nascoste dal fogliame. Ognuna di esse è composta da centinaia di fiori gialli, che possono esser maschili, femminili o, più raramente, ermafroditi. 

Sebbene non sia vero nella totalità dei casi, la Chamaerops humilis  è da considerarsi una specie Dioica.
La fioritura avviene in primavera, indicativamente nel periodo compreso tra i mesi di Marzo e Maggio, a seconda del clima e dell'esposizione.

I frutti sono delle drupe di piccole dimensioni, raggruppate strettamente in un grappolo. Essi sono verdi da immaturi, mentre rossicci-marroni a maturazione avvenuta (tarda estate/autunno). 
La polpa è scarsa e fibrosa, tuttavia è lievemente zuccherina e commestibile, sebbene il sapore non sia di certo entusiasmante. 

Le radici, come tipico delle monocotiledoni, sono fascicolate, ovvero formate da un groviglio di radichette di piccolo diametro, senza che vi sia un fittone dominante. L'apparato radicale si sviluppa superficialmente e rimane piuttosto compatto, permettendo alla specie di esser agevolmente coltivata anche in vaso.

Infiorescenza Palma San Pietro

Frutti Maturi Chamaerops humilis

Come Coltivare la Palma di San Pietro ? - Clima, Esposizione, Moltiplicazione e Cure

E' importante premettere che la Chamaerops humilis è una palma Mediterranea, non tropicale, e per questo è piuttosto resistente al freddo (sebbene non quanto la T. fortunei) ed, in pianura, può crescere in quasi tutta Italia.
Diciamo che la soglia di -15° C (5° F) potrebbe esser la temperatura minima sotto cui la pianta muore, tuttavia per limitare al massimo i danni da gelo sarebbe meglio coltivarla laddove le temperature non scendano mai sotto i -12° C (10° F). 
Per una coltivazione in totale sicurezza bisognerebbe dunque piantar la Palma Nana in una zona USDA 8a o più calda.
Nelle zone più fredde del Nord Italia (es. Pianura Padana) potrebbe esser necessario qualche accorgimento, almeno durante i primi anni di vita.

Entrambe le sottospecie hanno rusticità simile, inoltre, diversamente dalla maggior parte delle altre palme, possono emettere nuovi polloni dalle radici qualora la chioma venisse uccisa dal freddo.

La Palma di San Pietro è perfettamente adatta ad esposizioni in pieno Sole, ma si può accontentare anche della mezz'ombra, tuttavia se cresciuta perennemente all'ombra (non luminosa), oltre a fiorire poco, tende a perdere la propria forma compatta. 
Quindi non fatevi grossi problemi, potete piantarla in mezzo ad un prato assolato, così come sotto la chioma di alberi ad alto fusto, dove la luce filtrata sarà sufficiente per uno sviluppo armonico.

C. humilis è una specie resistente alla siccità ed è perfettamente adattata a sopravvivere all'estate Mediterranea senza alcuna irrigazione ed, anzi, soprattutto la varietà Chamaerops humilis var. argentea, prospera in zone ben più aride, quasi a confine con il Deserto del Sahara. 

Ovviamente parlo di piante cresciute in piena terra ed ormai affrancate, se la coltivate in vaso, in pieno Sole e nel Sud Italia, innaffiare settimanalmente sarà al quanto utile alla crescita.

Di norma rimane comunque una pianta da non bagnare, anche perché un'eccessiva umidità del suolo potrebbe far marcire le radici, con conseguente morte dell'intera pianta.

In natura cresce in zone calde, su terreni sabbiosi e rocciosi, anche poveri, quindi in piena terra le concimazioni non ricoprono particolare importanza, se non forse velocizzare un pochino la crescita. I cespugli di questa specie che trovate in ottima salute nelle aiuole delle vostre città probabilmente non son mai stati concimati, eppure son lì belli più che mai. 
Quindi vi è grande adattabilità ed è possibile coltivare una Palma di San Pietro in perfetta salute su un'ampia gamma di terreni, ricordandosi solo di evitare quelli eccessivamente compatti, in cui vi si possono formare facilmente ristagni idrici.

Per quanto riguarda le potature vale quanto detto per tutte le altre palme, ovvero si possono rimuovere esclusivamente le foglie vecchie, ma non si può cimare, in quanto un fusto a cui viene tagliato l'apice vegetativo (la punta) non è più in grado di crescere; tuttavia, rispetto alle palme a singolo tronco, incapaci di emettere nuovi polloni dalle radici, nella Palma di San Pietro è possibile tagliare alla base in tronchi in eccesso, selezionando solo quelli più belli e vigorosi e, di anno in anno, sarà possibile potare alla base ogni altro tronco che spuntasse dalle radici della pianta.

Chamaerops humilisè una specie che può esser facilmente propagata tramite semina, da effettuarsi tra Aprile e Maggio. A temperatura ed umidità ottimali la germinazione del seme richiederà un tempo variabile tra 1 e 3 mesi.
Il metodo di riproduzione più veloce è però tramite pollone, basterà rimuovere uno di questi "nuovi tronchi", della lunghezza di circa 25 cm (10 in), avendo l'accortezza di prelevare anche qualche radice; successivamente sarà sufficiente trapiantarlo in un vaso, tenerlo a mezz'ombra e, nel giro di un anno, potrà esser già trattato come una pianta adulta.

Quasi mi dimenticavo, le malattie fungine sono di solito assenti o di lieve entità, aggiungendo ancora un punto a chi volesse aver una bella palma, senza doversene occupare.

Fiori Chamaerops humilis

Cespuglio Adulto

Come e Quando Potare le Piante da Frutto ?

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Di manuali di potatura ne esistono a decine, questo non è di certo un corso di potatura e probabilmente non dirò nulla di nuovo, tuttavia vorrei raggruppare in un unico articolo ciò che si sa riguardo alla potatura, ed in special modo delle piante da frutto, rispondendo ad alcune semplici domande che sicuramente vi sarete fatti.



Perché Bisogna Potare le Piante da Frutto ?

Premetto col dire che le piante, fruttifere e non, si son evolute ben prima che l'uomo potesse immaginare di "addomesticarle" a proprio vantaggio. 
In natura tutte le piante nascondo, crescono e fruttificano alla perfezione senza alcun intervento esterno ed, in linea di principio, nessuna pianta avrebbe bisogno di potature, basti vedere in montagna Meli e Peri ormai selvatici alti 10 metri e perfettamente fruttificanti.

Ciò nonostante la potatura ha lo scopo di mantenere un equilibrio tra l'aspetto vegetativo e riproduttivo ed offre indubbi vantaggi :

  • Ridurre le dimensioni delle piante e, quindi, poterne aver un maggior numero per ogni ettaro di terreno; inoltre tenere una taglia ridotta facilita le operazioni di raccolta.
  • Diminuire l'alternanza di produzione e controllare la quantità di frutti per pianta, onde evitare che un anno ci siano tantissimi frutti (magari piccoli e di scarse qualità organolettiche) ed il successivo non ve ne siano.
  • Dare una forma alla pianta, in modo tale che la chioma sia ben bilanciata e distribuita su 3-4 branche principali, ruotate di circa 90-120 gradi l'una dall'altra.
  • Avere una chioma meno folta, in modo tale da permettere un miglior arieggiamento ed un maggior numero di foglie direttamente esposte ai raggi solari, riducendo quindi l'insorgere di malattie fungine (che amano l'umidità) e migliorando la resa della fotosintesi.
  • In piante senescenti, la potatura può avere anche un effetto di ringiovanimento, stimolando l'attività vegetativa e l'emissione di nuovi rami.
Potatura Alberi da Frutto

Quando Si Devono Potare le Piante ?

Il periodo migliore per eseguir la potatura dipende dalla specie ma, in linea di massima, potremmo dire che per la maggior parte delle piante decidue conviene farla nel periodo di riposo vegetativo, ovvero quando hanno ormai perso le foglie, ma almeno 15-20 giorni prima della schiusura delle gemme.
Il periodo migliore va dunque da Novembre a Febbraio, evitando i periodi di forte gelo che potrebbero compromettere la regolare cicatrizzazione delle ferite.

In zone molto fredde consiglio di potare tra fine Febbraio ed inizio Marzo, nel Sud Italia, invece, si può tranquillamente potare in Dicembre.

Anche le piante sempreverdi è meglio potarle durante il riposo vegetativo, ricordandosi che una potatura massiccia stimola la ripresa vegetativa e che una pianta in crescita è più sensibile ai danni da gelo, rispetto ad una pienamente dormiente.

Fin qua abbiamo descritto la potatura a secco, tuttavia esiste anche la potatura a verde, fatta in Estate, solo su piante eccessivamente vigorose.

Quanto detto tuttavia non è però applicabile a tutte le specie, se per esempio osserviamo il Nespolo Giapponese ci accorgiamo che inizia a fiorire in Autunno e che fruttifica tra Aprile e Giugno; questa pianta, per non compromettere la fruttificazione, deve esser potata non appena si saranno raccolti i frutti.

Ricordatevi è meglio potare un po' tutti gli anni, piuttosto che dover far potature drastiche ogni 5 anni.


Regole Generali Per Una Buona Potatura :


  • Disinfettare gli attrezzi : consiglio di pulire le lame delle vostre cesoie con alcool e di passarle sopra al fuoco, affinché si uccidano tutti i possibili patogeni che potrebbero infettare, tramite le ferite del taglio, la pianta potata.
  • Potare Prima le Piante "Sane" : sebbene sia meglio disinfettare gli strumenti ad ogni nuova pianta potata, è comunque bene iniziare potando piante giovani e sane, finendo con quelle più vecchie e malconce, così da non trasferire le malattie di queste ultime alle prime.
  • Tagliare Poco Sopra Una Gemma : a seconda della specie vegetale le gemme possono esser distanziate diversi centimetri; dato che la nuova vegetazione verrà emessa dalla gemma più vicina al taglio è consigliabile che tra il taglio e la gemma non ci sia molto legno che, nel corso della stagione, seccherebbe inevitabilmente.
  • Fare Tagli Obliqui : se un ramo è verticale non tagliatelo parallelo al suolo, ma con un angolo di 45°. In questo modo la sezione del taglio sarà inclinata, evitando il ristagno di acqua e marciumi vari. 
  • Non Potare Grossi Rami : più un ramo è giovane e di piccolo diametro, meglio sopporterà la potatura.
  • Usare Mastice : se proprio fosse necessario potare un ramo di grosse dimensioni ricordatevi di usare del mastice, che aiuta il processo di cicatrizzazione, limitando l'ingresso dei patogeni.
  • Fare Tagli Netti : usare cesoie affilate, facendo un taglio deciso e netto, non "sfilettato". Tanto più si è puliti e precisi, tanto più il legno cicatrizzerà in fretta.
  • Arieggiare la Chioma : per tutte le specie è importante che la chioma non sia eccessivamente densa e che l'aria (e la luce) possa passarci in mezzo, riducendo l'umidità e l'attacco da parte di funghi patogeni, oltre a garantire una miglior maturazione dei frutti più interni.
  • Selezionare l'ultima Gemma : Quando si farà un taglio, esso dovrà esser in prossimità di una gemma. La gemma più vicina al taglio sarà quella che emetterà rami più vigorosi; di conseguenza, dato che le gemme son orientate in tutte le direzioni, sarebbe opportuno che la gemma più prossima al taglio sia orientata nella direzione in cui vorremo dirigere il nuovo flusso vegetativo; ad esempio verso l'esterno della chioma e non viceversa.

Tipi di Taglio :

  • Diradamento : si intende la rimozione totale di un certo numero di rami e viene effettuato in piante vigorose, che producono troppi rami. Questa tecnica è nota anche coma Potatura Lunga, poiché i rami che rimangono non sono numerosi, ma sono lunghi
  • Accorciamento : in questo caso il ramo non vien rimosso totalmente, ma semplicemente accorciato (talvolta anche di oltre il 50%). All'opposto di prima, qui parliamo di Potatura Corta, poiché rimangono molti rami, ma corti.
  • Raschiatura : potatura eseguita a scopo sanitario; consiste nell'asportazione della parte più esterna e morta della corteccia di alberi adulti.
  • Tagli di Ritorno : ad ogni anno un ramo emette dei germogli dalle gemme laterali, ma continua anche ad allungarsi dal proprio apice vegetativo. Il taglio di ritorno si esegue poco sopra la diramazione tra il ramo principale (quello vecchio) ed il ramoscello (nuovo). In questo modo si sostituirà il vecchio apice vegetativo con il nuovo e si limiterà l'eccessivo accrescimento in lunghezza, ringiovanendo la chioma ed i rami ormai troppo vecchi.
Taglio di Ritorno - Prima della Potatura

Taglio di Ritorno - Dopo la Potatura
  • Cimatura : rimozione dell'apice vegetativo (la punta) dei germogli. E' un esempio di potatura a verde (fatta tra primavera ed inizio estate) e favorisce l'accrescimento e la formazioni di nuovi germogli lungo l'asse del ramo.
  • Spollonatura : rimozione dei polloni, ovvero quei rami che spuntano direttamente da gemme situate sulle radici o dal colletto.
  • Capitozzatura : una tipologia di potatura assai drastica, con rimozione di grossi rami, fatta allo scopo di rinvigorire piante ormai vecchie o per contenere le dimensioni delle piante, come ad esempio nel Tiglio. Questa tecnica, oltre a deturpare l'aspetto estetico, non può esser eseguita su tutte le specie; nelle Conifere, ad esempio, porterebbe le piante a morte certa.
Capitozzatura

Come Potare le Piante da Frutto ? :

Per piante arboree il primo intervento è noto come potatura di formazione, poiché vengono selezionati i rami più sani e meglio disposti, lasciandone solitamente 3 o 4, che diventeranno le future branche principali, determinando dunque la forma della pianta adulta.

Successivamente si attua la potatura di produzione, che richiede il riconoscimento dei diversi tipi di gemma (a fiore, a legno, miste). Il comportamento riproduttivo delle diverse specie è talmente variabile da non permettere di generalizzare. Per questo motivo darò una spiegazione in base ai seguenti raggruppanti di piante da frutto :

Kiwi e Vite : Entrambe le specie sono liane rampicanti, la Vite è dotata di viticci che la ancorano facilmente ai sostegni, mentre il Kiwi, che ne è privo, si aggrappa avvolgendosi attorno a qualsiasi cosa incontri, formando spesso dei grovigli inestricabili.
Entrambe le specie richiedono potature massicce, che rimuovano gran parte del legno della vecchia stagione. Inoltre ricordatevi che entrambe le specie fioriscono sui nuovi getti e non vi è dunque una netta distinzione tra gemme a fiore ed a legno.
Eliminate buona parte dei rami, selezionandone un certo numero (che varia anche in funzione dell'età della pianta e dello spazio disponibile), da accorciare sino a che ci siano circa 15 gemme (nei Kiwi) o 5-8 gemme (nella Vite). Sono piante facili da potare, che fruttificano abbondantemente (soprattutto il Kiwi) anche se potati da mani inesperte. 

Riassumendo, diradare ed accorciare i pochi rami prescelti.

Potatura Vite

Kiwi Potato
Pesco : Questa specie fruttifica prevalentemente (non unicamente) sui rami misti di un anno e, piante sane e ben concimate, hanno elevata vigoria. I rami misti sono quelli lunghi anche oltre 30 cm, ma di piccolo diametro, dato che hanno solo 1 anno di età e contengono sia gemme a fiore che a legno. Se ne devono rimuovere sino al 70%, cercando di eliminare quelli interni alla chioma, danneggiati o che si incrociano. I restanti devono esser accorciati a circa metà lunghezza.
Le gemme a fiore nel pesco si riconoscono poiché ben più gonfie di quelle a legno e son distribuite su quasi tutta la lunghezza del ramo misto. Un ramo misto non accorciato allegherà molte pesche, facendole però rimanere piccole e di scarse qualità.

Pesco Dopo Potatura

Ciliegio d Albicocco : queste piante da frutto non gradiscono potature drastiche poiché i tagli non si cicatrizzano bene e son soggetti a gommosi. Detto questo una potatura leggera, ma costante è comunemente fatta negli impianti produttivi.
Nell'Albicocco le gemme a fiore son leggermente più grosse e solitamente presenti a coppie, divise da una gemma a legno centrale e sono disposte lungo l'intero ramo misto. L'entità della potatura (diradamento ed accorciamento) sarà proporzionale al carico di gemme a fiore; nelle annate in cui ce ne sono molte si dovranno eliminare più rami, per non incorrere nell'alternanza di produzione. 
Il Ciliegio produce prevalentemente sui mazzetti di maggio, cortissimi rami (1-2 cm) con un folto gruppetto di gemme a fiore. 
In linea di massima il Ciliegio è una pianta che si sviluppa in maniera armonica ed elegante anche senza interventi di potatura; tuttavia la mole elevata richiede una potatura di contenimento, atta a ridurne le dimensioni ed a facilitare la raccolta.

Melo e Pero : le pomacee solitamente gradiscono potature energiche, ma è importante sapere quali sono le gemme sui cui avverrà la fioritura/fruttificazione.
Dobbiamo riconoscere le Lamburde, ovvero piccoli rami (2-3 cm) con una gemma a fiore in posizione apicale, i Brindilli, esili rami che terminano con una gemma a fiore ed, infine, i rami misti.

Durante la fase vegetativa la Lamburda si ingrossa dando origine ad una struttura nota come Borsa, ricca di sostanze nutritive. Se Lamburde e Borse non si regolano con un'opportuna potatura si affastellano, formando le tipiche Zampe di Pollo (o di Gallo).

A seconda della varietà di Melo (o Pero) la fruttificazione si concentrerà maggiormente sulle Lamburde o sui Brindilli/Rami Misti.
Durante la potatura si dovranno rinnovare le Lamburde con tagli di ritorno e sfoltire la chioma, diradando i rami mal posizionati. I Brindilli non vanno accorciati, perché terminano con una gemma a fiore, ma vanno diradati.
Le Lamburde che danno origine a frutti migliori sono solitamente quelle inserite su rami di 2-3 anni di età. Una potatura intelligente tende a mantenerle costanti, eliminando quelle inserite su rami ormai troppo vecchi.

In linea di massima la potatura del Pero deve esser più leggera rispetto a quella del Melo.

Lamburda e Taglio di Potatura

More e Lamponi : queste specie sono considerate piante biennali, nel senso che la parte aerea si rinnova integralmente nell'arco di questo periodo.
In pratica le radici sono perenni ed, ad ogni stagione, emettono dei polloni che crescono vigorosi, talvolta per oltre 2 metri (soprattutto nelle More), spesso piegandosi sino a toccare terra.
Questi rami (rami di 1 anno) non fruttificano, tranne che nei Lamponi biferi. Durante la stagione successiva dalle gemme laterali di questi rami vengono emessi dei germogli al cui apice saranno presenti fiori/frutti.
Alla fine della stagione questi rami (rami di 2 anni) muoiono e seccano.

La potatura consiste nell'eliminazione di tutti quei rami morti (di 2 anni) e nella selezione di 3-5 rami di 1 anno; gli altri saranno rimossi alla base. I rami selezionati devono esser accorciati di circa metà (o più), i modo che siano più stabili. Non temete i fiori verranno prodotti dai germogli emessi da qualsiasi gemma di questi rami, sia essa basale, laterale o terminale. La fruttificazione sarà dunque generosa a prescindere da quanto li accorciate.

N.B. alla fine del secondo anno i rami si riconoscono sia dal fatto di esser morti/secchi, sia per la presenza di ramificazioni nella parte alta.

Potatura Rami 2 Anni Lampone

Mirtilli e Ribes : sono piante a sviluppo relativamente limitato, sebbene i Mirtilli Americani possano superare i 2 metri di altezza. Nel Ribes si attuano accorciamenti dei rami e diradamento di quelli più vecchi. Nel Mirtillo le gemme a fiore son disposte sui rami di 1 anno e son visivamente più grosse rispetto alle gemme a legno, la potatura è leggerissima, talvolta superflua e mira allo sfoltimento della chioma. 

Gemme a Fiore Mirtillo

Apertura Gemme a Legno ed a Fiore Mirtillo

Susino e Mandorlo : la potatura invernale dovrà esser più o meno leggera a seconda della vigoria della pianta. Nei Susini Cino-Giapponese, che solitamente hanno una fioritura molto abbondante, con fiori che sbocciano in prevalenza da gemme situate sui Dardi Fioriferi (Mazzetti di Maggio), la potatura è intensa e consiste nell'asportazione dei rami che portano Dardi vecchi ed ormai esauriti.
Nel Susino Europeo, che fiorisce meno copiosamente ed in prevalenza sui rami misti, la potatura sarà più leggera, rinnovando i rami misti.
In entrambi i casi i rami in eccesso, rotti o mal direzionati, vanno eliminati, diradando la parte interna della chioma.
Discorso molto simili può esser fatto per i Mandorli, ricordandosi che in un terreno ricco diventano alberi ben più grossi dei Susini ed è quindi consigliabile attuare potature di contenimento, accorciando i rami assurgenti.

Susino Europeo Prima delle Potatura

Susino Europeo Dopo La Potatura

Olivo : per poter potare correttamente bisogna ricordarsi che la maggior parte delle mignole (boccioli fiorali dell'Ulivo) vengono prodotte sui rami di 1 anno (lunghi tra 20 e 40 cm) e dunque la fruttificazione sarà concentrata su questi ultimi; inoltre va considerato che l'Olivo è una pianta molto vigorosa che, nei climi adatti, può diventare davvero grande.
La potatura deve esser fatta di anno in anno e consiste nell'eliminazione dei Polloni e dei Succhioni, ovvero quei rami vigorosi che spuntano direttamente dalle branche principali.
In questa specie, più che in altre, sono importanti i tagli di ritorno e l'alleggerimento della chioma (la specie è eliofila e non tollera l'umidità)

Nocciolo e Melograno : queste due specie, che all'apparenza sembrano molto diverse, hanno un elemento in comune; entrambe hanno la tendenza ad emettere polloni, anche in piante adulte e sane.
Nel Nocciolo di solito si opta per una forma arbustiva, selezionando 3-4 polloni, che diventeranno i futuri tronchi. Ad ogni stagione si dovranno rimuovere tutti i numerosi polloni cresciuti durante l'estate, accorciare i rami che puntano verso l'alto e snellire la chioma, facendo si che i rami vadano ad occupare il volume disponibile, senza che vi siano zone troppo folte ed altre libere.
Il Melograno si può crescere sia ad alberello, che ad arbusto; nel primo caso si seleziona un unico ramo, nel secondo caso se ne selezionano di norma 3-4. In futuro, soprattutto se volete la forma "ad albero" dovrete rimuovere tutti i nuovi polloni, che in una sola stagione possono raggiungere l'altezza di un uomo. Se volete un cespuglio "selvaggio" potete lasciarli, ma l'aspetto sarà disordinato.
Data l'elevata vigoria del Melograno è consigliabile anche un bel diradamento, in modo che i futuri frutti possano godere al massimo della luce solare.

Rimozione Polloni Nocciolo

Agrumi : con questo termine intendiamo più specie appartenenti al genere delle Rutaceae. E' evidente che esistano differenze sostanziali tra specie e specie ma, in linea di massima, potremmo dire che gli Agrumi tendono ad assumere una forma globosa; tuttavia alcuni (es. Arancio e Limone) nella fase giovanile hanno la tendenza a sviluppare rami verticali molto vigorosi (Succhioni), che possono entrare in competizione con le branche e devono esser rimossi per favorire un miglior sviluppo della chioma.
La potatura di produzione si limita al diradamento della chioma, all'eliminazione dei rami troppo assurgenti e di quelli più bassi che tendono a squilibrare la chioma.
Gli Agrumi sono sensibili al gelo ed è bene potarli poco prima della fioritura primaverile ed in maniera abbastanza leggera. A livello amatoriale possono esser lasciati crescere anche liberamente, continuando a fruttificare. 

Nespolo Giapponese e Corbezzolo : Queste due piante sono sempreverdi e fioriscono tra Autunno ed Inverno. Il Nespolo va potato verso Giugno, dopo la fruttificazione, ma prima della fioritura, mentre il Corbezzolo richiede circa 1 anno per maturare i frutti, quindi ogni volta che tagliate potrete rimuovere fiori (tra Settembre e Gennaio) o frutti (tutto l'anno). Anche in questo caso consiglio di potare verso Giugno, selezionando i frutti che vorrete lasciare sulla pianta.

Il consiglio che vi posso dare è di provare, alla fine la via pratica diventa il miglior modo per imparare a potare correttamente una pianta da frutto.
Ricordatevi, non è detto che il giardiniere che ben pagate vi poti nella maniera più corretta, ma forse in quella più veloce.

P.S. Ricordatevi le Conifere hanno di norma scarsa vigoria e non tollerano grosse potature, mentre le Palme hanno un unico apice vegetativo (la punta dove emergono nuove foglie) e son incapaci di rigenerarlo; quindi non potrete mai limitare la crescita in altezza, se taglierete l'apice la Palma morirà.

Cosa Vuol Dire Esposizione a Mezz'Ombra per una Pianta ?

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Chiunque di voi avesse letto una rivista di giardinaggio o si fosse informato sulla coltivazione di una determinata pianta, si sarà sicuramente imbattuto in frasi del tipo "Questa specie deve essere piantata con un'esposizione a mezz'ombra" oppure "Questo arbusto ama esposizioni in pieno Sole".

Ma cosa significa il termine "Mezz'ombra" ? A quante ore di Sole diretto giornaliere equivale ? A quante di Sole filtrato ?

Rispondere a tutte queste domande non è affatto semplice, anche perché dovremo considerare diversi fattori, tuttavia una risposta è essenziale per coloro che si stessero accingendo a piantare delle piante in giardino.

Luce Solare Filtrata dagli Alberi

Premessa : Non tutte le piante sono uguali.

La natura è meravigliosamente varia, esistono luoghi del Mondo in cui splende il Sole per 365 giorni all'anno, altri, invece, in cui le giornate nuvolose superano di gran lunga quelle soleggiate; inoltre ricordiamoci che, in base alla latitudine, possiamo distinguere zone in cui l'intensità del Sole è elevata durante tutto l'anno (zone tropicali), aree in cui l'irraggiamento solare è scarso per molti mesi all'anno (l'inverno delle zone temperate), altre ancora in cui il Sole, anche in estate, non è mai troppo intenso (zone polari).

Infine non dimentichiamoci che anche in uno stesso identico luogo ci possono essere enormi differenze di luminosità, pensate ad esempio ad una foresta, in cui gli alberi più alti (che son quelli che necessitano più luce) assorbono circa il 95% della radiazione luminosa, lasciando solo un 5% alle specie che crescono nel sottobosco. (queste percentuali sono indicative e variano in funzione del tipo di bosco e dell'anno).

Eppure, per ognuno di questi ambienti (e sotto-ambienti), esistono centinaia di specie vegetali perfettamente adattate a viverci.

Per comodità ora parleremo dei climi temperati, come quello che abbiamo in Italia, sottolineando le differenze che ci possono essere tra le varie regioni (tra Nord e Sud).


Cosa Vuol Dire : "Piantare in Pieno Sole" ?

Le piante che amano il Sole, note come specie eliofile (elio in greco vuol dire "Sole"), richiedono, ovviamente, un'esposizione soleggiata
Molte specie della macchia Mediterranea (es. Fico d'India) sono eliofile e praticamente tutte le piante da frutto gradiscono luce diretta per molte ore al giorno.

In altre parole, più ore di Sole diretto al giorno avranno, meglio cresceranno e si svilupperanno. Detto questo non vuol dire che non possano esser coltivate laddove al mattino (od alla sera) vi siano un paio d'ore di ombra, ma sarà meglio scegliere un'esposizione che garantisca almeno 7 ore di luce diretta, diciamo, in estate, dalle 10 alle 17.
Eggià perchè i raggi del Sole nelle ore centrali della giornata hanno un'energia ben superiore a quelli della mattina (o della sera) e le piante eliofile vogliono il Sole diretto proprio nel periodo della giornata in cui esso è più forte.

Le posizioni più soleggiate sono quelle esposte a Sud, lontane da ostacoli, piante ad alto fusto o  da qualsiasi cosa possa creare ombra.

N.B.

Ricordatevi che, a causa della diversa lunghezza delle ombre tra le stagioni, una zona totalmente ombreggiata in inverno potrebbe essere assolata tutto il giorno durante l'estate (Clicca Qui per maggiori dettagli).
In inverno le piante sempreverdi riducono il metabolismo e quelle decidue non svolgono la fotosintesi; quindi il "Pieno Sole", soprattutto per specie caducifoglie, è più importante durante la bella stagione.

In natura il pieno Sole si trova sui pendii esposti a Sud e nelle pianure non boschive. In ambito privato il pieno Sole è rappresentato da zone pianeggianti lontane da alberi ed edifici.

Esposizione in Pieno Sole (Campo di Mais)

Cosa Vuol Dire : "Piantare a mezz'ombra" ?

Molti arbusti ornamentali acidofili, come Aceri GiapponesiRododendri e Gardenie, si sviluppano al meglio con luce solare diretta solo per una parte della giornata.

Di solito con esposizione a mezz'ombra si intende un luogo che riceva meno di 6 ore di luce diretta al giorno, preferendo quelle mattutine e tardo pomeridiane, evitando magari la fascia oraria 11-16.
Detto questo non c'è una regola stringente, molti arbusti da mezz'ombra si adattano bene anche ad aver il Sole per l'intera mattinata (dalle 7 alle 13) o per l'intero pomeriggio (13-19). Per mezz'ombra si può intendere anche una zona che abbia solo un paio d'ore di Sole diretto, ma per il resto della giornata riceva il Sole filtrato da alberi dalla chioma non troppo folta, che lasci arrivare parte dei raggi solari al suolo.

Ovviamente nelle zone Alpine, in cui vi sia una certa copertura nuvolosa anche durante l'estate, si potrà optare per un'esposizione con più ore di Sole rispetto ad un località costiera della Sicilia.

Infine fate un distinguo tra piante che "Vogliono la Mezz'ombra" e che "Si accontentano della Mezz'ombra". Alcune specie, se piantate in pieno Sole, in particolar modo nel Sud Italia, iniziano a soffrire e possono svilupparsi male e lentamente; altre, invece, si svilupperebbero egualmente bene sia al Sole che a Mezz'ombra, ma se ne consiglia quest'ultima esposizione perché magari hanno una scarsa resistenza alla siccità e preferiscono che il terreno rimanga più umido, quindi irrigando è possibile coltivarle anche in pieno Sole.

In natura questa esposizione può esser rappresentata dai bordi dei boschi (tranne il lato Sud, che sarebbe in pieno Sole), scoscesi pendii esposti a Nord-Est o Nord-Ovest. Nei paesi e nelle città potrebbero esser quelle zone di giardino esposte subito a Nord rispetto ad un unico albero ad alto fusto od ad un edificio.

Mezzo'Ombra ai Margini di un Bosco

Cosa Vuol Dire : "Piantare all'ombra" ?

L'ultima categoria di piante sono quelle chiamate sciafile, ovvero amanti dell'ombra. Queste sono per lo più specie che in natura crescono nel sottobosco e tendono ad aver foglie molto grandi (tanto all'ombra è più facile non disidratarsi).
Il confine tra specie da mezz'ombra e da ombra è sottile è vi è indubbiamente una sovrapposizione, per cui qualche ora di luce diretta la possono sopportare anche le piante sciafile.

Ombra non vuol dire buio. L'intensità luminosa ambientale varia dal buio pesto al Sole del mezzogiorno tropicale.
Vi faccio un esempio concreto : supponete di esser in spiaggia, su una sdraio posizionata sotto l'ombra creata dall'ombrellone; voi (e la vostra sdraio) siete all'ombra, eppure se guardate sotto la sdraio vedrete un'ombra "più scura", poiché la sdraio riduce ulteriormente la luce riflessa sulla sabbia sottostante.
Stiamo osservando due zone ombrose, ma una più luminosa dell'altra. Lo stesso discorso si può far anche all'interno di casa, osservando una stanza esposta a Sud ed una a Nord.

L'ombra poi può esser anche parziale, ad esempio, se osservate la proiezione di una chioma di un albero sul terreno noterete che tra una foglia e l'altra potrebbe esserci della luce.

Le piante che amano l'ombra totale sono relativamente poche, tra di esse si potrebbero ricordare i Muschi e buona parte delle Felci, oltre alla stragrande maggioranza delle specie vendute come "Piante da Appartamento" (es. Dieffenbachia). 

Ricordatevi che tutte le piante hanno bisogno della Luce per sopravvivere, quindi anche per sciafile, preferite un'ombra luminosa ad una scura e, soprattutto nel Nord Italia, non temiate se ricevono 2-3 ore di luce diretta al giorno, basta che sia quella delle prime ore della mattina.

In natura questa esposizione potrebbe esser rappresentata dal sottobosco di una fitta foresta, da gole profonde o dirupi esposti a Nord; mentre in città è tipica di giardini condominiali, circondanti su tutti i lati da alti palazzi.

Zona Ombrosa

Akebia quinata, Un Rampicante dai Frutti Commestibili - Coltivazione e Cura

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L'Akebia quinataè una pianta rampicante a crescita rapida, coltivata per lo più a scopo ornamentale, per via della splendida fioritura primaverile, tuttavia produce anche dei bei frutti, che solo poche persone sanno che si possono mangiare

Nelle prossime righe descriverò l'Akebia quinata dal punto di vista botanico, fornendo utili informazioni per la sua coltivazione.

Frutto Akebia quinata Aperto

Origine, Distribuzione e Curiosità :

L'Akebia quinataè nota nei paesi anglosassoni con il nome "Chocolate Vine", traducibile in "Liana o Vite del Cioccolato", per via del portamento rampicante, simile a quello della Vite, e dei fiori che emanano un leggero profumo di cioccolato.

L'A. quinata appartiene alle Lardizabalaceae, una famiglia composta da circa 40 specie, suddivise in 9 generi, tutti di Liane, ad eccezione del genere Decaisnea, le cui specie hanno portamento arbustivo.  

Il genere Akebia conta 5 specie, tutte di origine asiatica :

  • Akebia chingshuiensis : nativa di Taiwan, è forse la meno conosciuta e diffusa allo stato naturale
  • Akebia longiracemosa : nativa della Cina, è caratterizzata da infiorescenze particolarmente lunghe, che ricordano un grappolo d'uva
  • Akebia quinata : la più comune in Italia a livello commerciale, nonché oggetto dell'articolo
  • Akebia trifoliata : simile alla precedente, con la differenza che ogni foglia è formata da 3 foglioline (e non 5)
  • Akebia x pentaphylla : si tratta in realtà di un ibrido tra le due specie precedenti

L'A. quinataè originaria dell'estremo oriente e si ritrova allo stato naturale in Cina, Corea e Giappone.
L'habitat naturale di questa pianta è rappresentato dalle zone a clima temperato ed umido, la specie cresce infatti ai margini delle foreste, lungo le rive dei fiumi (es. Fiume Giallo in Cina) ed, a macchia di leopardo, anche sui pendii, sino ad una quota di circa 1500 metri (4920 ft).

Questa specie fu importata negli USA intorno al 1850, per poi naturalizzarsi in molti stati, diventando di fatto infestante e selvatica.
Data la sua natura invasiva, la Nuova Zelanda ne ha vietato l'importazione, al fine di evitare che, sfuggendo dal controllo dell'uomo, possa colonizzare nuovi territori, mettendo a rischio la biodiversità locale.

In Italia è diffusa a livello ornamentale ed utilizzata per ricoprire recinzioni, mura o pergolati, regalando cospicue fioriture ad ogni primavera.

Nell'antica medicina tradizionale cinese l'Akebia quinata ricopriva un ruolo di rilievo sin dagli albori e le diverse parti (fusto, foglie, frutti etc.) erano lavorate ed utilizzate a scopo anti-infiammatorio e/o diuretico. Dai semi si può estrarre un olio dal quale produrre saponi.


Com'è Fatta l'Akebia quinata ? - Botanica e Fisiologia 

Questa specie si sviluppa sotto forma di pianta rampicante o, in assenza di appiglio, strisciante/tappezzante. Se lasciata crescere liberamente può raggiungere un'altezza di circa 10 m (33 ft), sebbene le dimensioni possano esser contenute a piacere con opportune potature.

Gemma a Fiore Akebia quinataL'A. quinata, diversamente da altri rampicanti (es. Vite), non è dotata di viticci con cui aggrapparsi al sostegno, di conseguenza per potersi sostenere cresce avvolgendosi a spirale su pali, ringhiere e quant'altro incontri.Il portamento risulta quindi piuttosto disordinato, una sorta di groviglio di esili rami.

Gemma a Legno Akebia quinataLe foglie sono piuttosto grandi e dotate di un lungo picciolo semi-rigido. Ognuna di esse è in realtà composta da 5 foglioline ovali disposte in direzione dei vertici di un pentagono regolare, ovvero ruotate di circa 70° l'una dall'altra. Il loro aspetto atipico ricorda molto una vegetazione di tipo tropicale, più che da climi temperati.
Un'altra caratteristica di indubbio valore ornamentale è il color violaceo della nuova vegetazione.

Questa pianta è una specie semi-sempreverde, ovvero inizia a perdere le foglie solo quando fa veramente freddo e, nei luoghi in cui non gela, potrebbe mantenerle sino all'emissione della nuova vegetazione, comportandosi come una sempreverde.
Nel Nord Italia le foglie possono persistere anche sino a Gennaio, quando tutte le piante decidue hanno perso le foglie ormai da un paio di mesi.

L'Akebia quinata è una pianta monoica, un'unica pianta produce dunque due tipi di fiori : maschili o femminili.
Già sul finir dell'inverno iniziano ad ingrossarsi le gemme che daranno origine ai fiori. La specie produce infiorescenze (racemi) penduli con un numero variabile (in media 6-12) di fiori, i quali sono di color viola/porpora, con diverse sfumature e possibili differenze tra le cultivars, come ad esempio l'Akebia quinata var. Alba, che produce fiori bianchi.
In un'infiorescenza i fiori maschili sono più numerosi ed in un rapporto di circa 5 a 1 con quelli femminili. Il fiore "maschio"è però più piccolo, dal colore più pallido e decisamente meno appariscente. Il fiore "femmina"è composto da 3 grossi petali arrotondati che quasi racchiudono i pistilli (parte riproduttiva femminile), presenti in numero variabile (indicativamente da 3 a 7).
I fiori emanano una tenue fragranza che ricorda l'odore del cioccolato, cosa assai rara tra le piante di climi freddi (tali profumi son più comuni nelle essenze tropicali).

La fioritura, che dura al massimo un mese, è sempre generosa ed avviene nel periodo primaverile, nel Nord Italia indicativamente tra fine Marzo ed Aprile/inizio Maggio.

Fiori Maschili Akebia quinata

Fiore Femminile Akebia quinata
Nota Bene

L'A. quinataè una specie tipicamente autosterile e non produrrà alcun frutto se piantata isolata. Se volete coltivare la specie come pianta da frutto, se vorrete semi per propagarla o semplicemente trovate ornamentali i frutti sulla pianta, dovrete piantare almeno 2 piante, facendo attenzione a che non provengano entrambe da un pollone di un'unica pianta madre (sarebbero geneticamente identici e quindi non in grado di impollinarsi vicendevolmente).
Quando le trovate in vendita in un Vivaio è probabile che siano cloni; cercate varietà particolari (es. "Variegata" od "Alba"), così da aver la certezza di comprare cloni diversi o quantomeno, se non è specificata la varietà, prendete le piante in due Vivai diversi, con due etichette diverse.

Frutticini Allegati Akebia quinataSe l'impollinazione va a buon fine, da ogni fiore femminile si formeranno in media da 1 a 5 frutti. Essi sono delle dimensioni di una patata, color grigio/viola tenue ed, a maturità (mese di Settembre), si apriranno lungo una spaccatura longitudinale, lasciando intravedere l'interno del frutto. Esternamente la buccia è liscia, dalla consistenza simile a quella del cuoio, mentre internamente è soffice, quasi vellutata.
La polpa è separata dalla superficie interna del frutto da uno strato di aria, motivo che rende i frutti assai leggeri. La polpa, leggermente profumata,  racchiude numerosi semini neri, ha la forma di una pannocchia, un color biancastro trasparente ed una consistenza gelatinosa.

Questi frutti ricordano, per forma, dimensione ed "attacco" alla pianta, quelli dell'Asimina triloba, sebbene pesino soltanto 70 grammi (2,5 Oz), poiché ripieni d'aria.

Frutti Immaturi in Estate Akebia

Ma com'è il sapore di un frutto di Akebia quinata ?

Eggià questi frutti sono eduli e si possono mangiare tranquillamente. Il sapore è particolare e, personalmente, lo trovo piacevole, con un retrogusto dolce e vanigliato; tuttavia il grosso problema sono i semi e la consistenza della polpa, che rendono impossibile la masticazione.
In altre parole è un "Mangia e Sputa", nel senso che dovrete mangiare parte della polpa insieme ai semi, dopodiché la polpa si scioglierà in bocca ed i semi dovranno esser sputati.
Ecco, più che il gusto in sé (a mio avviso dolce e buono) è la scomodità che rende questo frutto del tutto marginale.

Frutto Maturo Aperto Akebia quinata

Come Crescere l'Akebia quinata ? - Coltivazione, Esposizione, Potature, Moltiplicazione e Cure

La Liana del Cioccolato una volta affrancata crescerà ad una notevole velocità, facendo tralci lunghi diversi metri ad ogni stagione. Oltre a questo, le radici sono piuttosto superficiali ed hanno la tendenza ad emettere polloni ed i nuovi rami toccando terra possono radicare. Insomma, una pianta dall'alto potenziale infestante, ma facilmente contenibile con un paio di potature all'anno.

L'A. quinatacresce bene in pieno Sole, ma tollera egregiamente anche la mezz'ombra ; può essere coltivata anche in zone ombrose, come nel sottobosco di foreste decidue, tuttavia qui la fioritura sarà praticamente nulla e la vegetazione meno densa.
Se dovete scegliere dove piantare la vostra pianta prediligete posizioni in cui prenda almeno qualche ora al giorno di luce diretta, in linea di massima più Sole prenderà più fiorirà, anche se oltre le 6 ore di Sole diretto non si avrà più alcun incremento.
In zone calde e secche del Sud Italia è bene scegliere esposizioni che godano di qualche ora di ombra, almeno nelle ore centrali della giornata.

Questo rampicante possiede un'ottima resistenza al freddo che gli permette di non subire danni neppure con temperature inferiore ai -20° C (-4° F). Certamente con queste temperature (ed anche superiori) perderà tutte le foglie e si comporterà come pianta decidua.

Portamento e Germogliamento in Primavera AkebiaLa nuova vegetazione, invece, è piuttosto sensibile ai cali termici e non è raro che le prime tenere foglioline vengano bruciate dalle brinate tardive.

L'Akebia quinata, pur preferendo quelli ben drenanti (sabbia, limo) rispetto a quelli compatti (argilla), si sviluppa su un'ampia gamma di terreni, tollerando un pH dall'acido al leggermente basico.
Fiori Bianchi Akebia quinata var. AlbaLe concimazioni in un terreno mediamente fertile non sono necessarie, semmai potrebbe esser utile creare un bello strato di pacciamatura che, oltre a non far crescere le erbe infestanti ed a mantenere fresco ed umido il suolo, provvederà a rilasciare nutrienti a poco a poco, funzionando come un concime a lenta cessione.

La resistenza alla siccità è media e nei primi due anni d'impianto è consigliabile innaffiare almeno una volta a settimana, onde evitare un crescita stentata e, nei casi più gravi, addirittura la morte.
Una volta affrancata può crescere senza grosse irrigazioni (almeno nel Nord Italia), tuttavia in zone in cui passino più di 3-4 settimane senza che cada una goccia d'acqua a terra sarebbe meglio bagnare un paio di volte al mese. Ricordatevi, l'Akebia quinata non è di certo un Olivo e la macchia Mediterranea è un habitat piuttosto arido per il suo sviluppo ottimale.

Le potature si rendono necessarie per contenere lo sviluppo della pianta infatti, se lasciata crescere liberamente, la specie tende ad espandersi ed ad aggrapparsi a qualsiasi cosa incontri, soffocando spesso la vegetazione che si trova sul proprio cammino.
L'A. quinata sopporta potature invernali anche drastiche ed è quindi possibile tagliare i rami alla base, lasciando solo poche gemme; ciò nonostante è meglio eseguire una potatura più leggera; una troppo pesante, infatti, pur non uccidendo la pianta, potrebbe comprometterne la fioritura.
Data l'elevata vigoria e la crescita veloce è bene eseguire anche una potatura a verde, durante l'estate (dopo la fioritura), rimuovendo tutti quei getti assurgenti o striscianti.
Insomma, sotto molti punti di vista la Liana del Cioccolato può essere allevata/potata come fosse una siepe.

La riproduzione è una cosa piuttosto semplice e lo scopo può esser raggiunto tramite diverse tecniche. Una pianta adulta e cresciuta in piena terra emetterà nuovi polloni, sarà sufficiente rimuoverne uno e trapiantarlo in un vaso; alternativamenteè possibile prendere uno dei tanti rami striscianti che, stando a contatto col suolo, avranno emesso spontaneamente radici e possono esser dunque tagliati, avendo cura di prelevare anche le nuove radici.
A livello vivaistico, la moltiplicazione di piante cresciute in vaso avviene tramite talea. Si prelevano rami di circa 15 cm (6 inch), derivanti dai germogli della primavera precedente, e si lasciano radicare in terriccio mantenuto costantemente umido.

Data l'efficienza delle tecniche di riproduzione vegetativa appena descritte, difficilmente l'A. quinata viene propagata per semina.
Ottenere una pianta da seme richiede più tempo e dovranno trascorrere più anni per veder la prima fioritura; tuttavia è l'unico modo per aver piante geneticamente diverse (non cloni), quindi in grado di impollinarsi vicendevolmente.

Se si volesse seminare la cosa più semplice è prelevare i piccoli semini neri, separarli dalla polpa appiccicosa e deporli in vasi con del buon terriccio, ricordandosi di tenere i vasi all'aperto durante l'inverno (devono "sentire" il freddo), in modo che possano germogliare efficacemente durante la primavera successiva.

Fioritura Akebia quinata

Frutti Akebia Maturi Appesi

Frutti Quasi Maturi Akebia quinata

Quali Piante Fioriscono in Autunno ed Inverno ?

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La brutta stagione è di norma caratterizzata dal riposo vegetativo, in Autunno, infatti, le piante decidue iniziano a perdere le foglie e si preparano ad affrontare la neve ed il gelo invernale; tuttavia anche le piante sempreverdi, pur non defogliandosi, riducono il proprio metabolismo, aumentando così la propria resistenza al freddo.

Per queste ragioni, nei climi temperati, la maggior parte delle specie vegetali fiorisce nel periodo primaverile od al più nella prima parte dell'estate, così da aver davanti a sé più mesi con alte temperature e maturare al meglio i propri frutti.

Ma se sognate un giardino sempre fiorito e volete comprare una pianta che faccia fiori proprio quando le altre fanno cadere le foglie, non preoccupatevi, in questo articolo parlerò di quelle (poche) specie a fioritura autunnale ed invernale che, sprezzanti del freddo, dei cieli grigi e delle poche ore di luce, ci regalano colori (e profumi) inaspettati.


PREMESSA :

Ovviamente quanto detto sopra è tanto più vero, quanto più il clima è freddo. Nelle zone tropicali, ad esempio, le fioriture sono meglio distribuite durante l'anno e, semmai, sono influenzate dalle piogge, più che dalle temperature e laddove non vi sia una stagione secca (es. foreste pluviali equatoriali) le piante fioriscono a più riprese durante tutto l'anno.

Questa premessa era d'obbligo per far capire che, anche in Italia, nelle zone più miti del Sud (es. Sicilia) si possono coltivare specie sub-tropicali che molto più frequentemente fioriranno "fuori stagione", come ad esempio la Ceiba, i cui fiori a Palermo sono osservabili nel periodo che va da Ottobre a Dicembre, discorso analogo si potrebbe fare con la Stella di Natale che fiorisce appunto durante il periodo natalizio (in realtà non son veri fiori); tuttavia queste specie hanno una scarsa resistenza al gelo e non possono esser coltivate all'aperto nella maggior parte d'Italia.

Tra tutte le piante a fioritura Autunno/Invernale, qui citerò esclusivamente quelle rustiche, resistenti al gelo e che si possono coltivare con facilità anche nel Nord Italia.


Caratteristiche delle Fioriture Autunnali ed Invernali 

In questa categoria inserisco tutte quelle specie la cui fioritura avviene nei mesi compresi tra Ottobre e Febbraio; ovviamente il periodo può variare considerevolmente anche in funzione del clima, della latitudine e dell'esposizione. Un esempio su tutti è il Mandorlo (Prunus dulcis) che nelle zone costiere della Sicilia è in fiore già a fine Gennaio e, nelle annate particolarmente miti, persino a Natale, mentre nella Pianura Padana non fiorisce prima di fine Febbraio/inizio Marzo.

I fiori invernali sono di norma più piccoli di quelli primaverili e, salvo rare eccezioni,  hanno colori meno sgargianti, essendo per lo più bianchi o giallo pallido. Insomma non si può pretendere di aver fiori rossi sfumati e grossi come quelli della Bignonia.

Le fioriture autunno-invernali hanno un'altra peculiarità, forse per via delle basse temperature, sono assai scalari e prolungate, talvolta per anche 2 o 3 mesi; inoltre in alcune specie sono rifiorenti, nel senso che la fioritura si può interrompere nei periodi di gelo più inteso, ricominciando successivamente.

Ed ora, dopo le dovute premesse, è il momento della lista, con una breve descrizione della specie, correlata dalle immancabili fotografie.


Le Migliori Piante a Fioritura Autunno-Invernale :


1) Camelia Invernale (Camellia sasanqua)

La Camelie è acidofila, a suo agio in terreni a pH inferiore a 7 ed è forse la pianta simbolo del Lago Maggiore. Esistono più specie di Camelia, ma le più diffuse essenzialmente si distinguono in Camelie Primaverili (Camellia japonica), che fioriscono tra Febbraio ed Aprile e Camelie Invernali (Camellia sasanqua). Quest'ultima fiorisce per un lungo periodo e, a seconda della Cultivars, si possono trovare in fiore da fine Settembre (le più precoci), sino a Gennaio (le più tardive).

La C. sasanqua è sempreverde, ma ben resistente al gelo e si sviluppa sotto forma di piccolo albero, spesso a portamento slanciato.

I fiori di questa specie sono in assoluto i più vari e colorati tra quelli che sbocciano in questi mesi; possono esser bianchi, rossi o con diverse tonalità di rosa, aver molti o pochi petali, esseri singoli o doppi, a forma di Anemone o di Peonia; insomma se deciderete di piantare una Camelia invernale nel vostro giardino avrete un'ampia scelta varietale.

Talvolta questa specie viene utilizzata come siepe, riuscendo spesso a fiorire nonostante le drastiche potature; tuttavia credo che così perda il suo fascino e che debba poter crescere liberamente, anche perché possiede un portamento davvero elegante. 

Fiori Rosa Camellia sasanqua
Fioritura Camellia sasanqua

2) Corbezzolo (Arbutus unedo)

Di pianta ne avevamo già discusso qua. Si tratta di una specie sempreverde, tipica della macchia Mediterranea, che produce piccoli frutti rossi eduli e ottimi per esser trasformati in marmellata. 
Il Corbezzolo è una pianta rustica e, sebbene nativa di climi ad inverno mite, riesce a tollerare il freddo ed il gelo del Nord Italia, almeno fino a -15° C (5° F). Ha uno sviluppo arbustivo e, solitamente, cresce su più tronchi, raggiungendo un'altezza massima di 10 metri (33 ft).

I fiori, come consueto nella famiglia delle Ericacee di cui fa parte, sono a forma di campana, bianchi e rivolti con l'apertura verso il basso. Essi sono raggruppati in infiorescenze emesse sin dall'estate, ma non si aprono prima dell'autunno. In Italia il Corbezzolo fiorisce indicativamente da Ottobre a Dicembre, sebbene alcune varietà, soprattutto in climi freddi, possono esser ancora in fiore in Gennaio/Febbraio.

Un'altra peculiarità è il fatto di aver frutti rossi e fiori bianchi contemporaneamente, ciò la rende particolarmente ornamentale in questa stagione.

Arbutus unedo

Fiori Corbezzolo
3) Calicanto (Chimonanthus praecox)

Questa specie si sviluppa sotto forma di albero di medie dimensioni, raggiungendo un'altezza di circa 4 metri (13 ft), sebbene si possa ridurre drasticamente con opportune potature.

Il Calicanto è una specie a foglia caduca, tuttavia le foglie cadono tardivamente ed è comune vederle gialle (ma ancora sulla pianta) a fine Dicembre.
Diversamente dalla maggior parte delle piante decidue, che fioriscono in concomitanza dell'emissione delle nuove foglie, il Calicanto fiorisce proprio mentre le sta perdendo.

La fioritura inizia in Dicembre, ma continua anche in Gennaio e Febbraio. I fiori sono singoli, spuntano da gemme situate sull'intera lunghezza del ramo, ma più concentrate all'estremità, sono rivolti verso il basso ed emanano un profumo molto gradevole. I fiori son dotati di petali giallo tenue ed una parte centrale di color rosa-violacea.

Fiori Calicanto

Chimonanthus praecox

4) Erica Invernale (Erica carnea ed ibridi)

Erica è un genere che conta innumerevoli specie, tendenzialmente di piccole dimensioni, sebbene esistano specie, come l'Erica arborea, tipica delle Isole Canarie, che diventano veri e propri arbusti di medie dimensioni.
L'Erica carnea è invece nostrana e cresce ai margini delle pinete sulle Alpi e sugli Appennini. Essa appartiene alla famiglia delle Ericacee (come il Corbezzolo) è sempreverde, raggiunge a stento i 50 cm (20 in), ma nell'ambiente ideale tende ad allargarsi.
Possiede esili rami, che formano una chioma fitta. Le foglie sono piccolissime, aghiformi e disposte per l'intera lunghezza dei rami, mentre i fiori, anch'essi di piccole dimensioni, sbocciano sulla parte terminale dei rami emessi durante la precedente estate e sono di color bianco o rosa/violetti a seconda della varietà.

La fioritura dell'Erica è molto scalare e tipicamente invernale, potendo iniziare già a metà Dicembre e finir anche ad inizio Marzo.

Erica carnea

Fiori Erica carnea

5) Nespolo Giapponese (Eriobotrya japonica)

Questa pianta è molto diffusa al livello ornamentale nelle città, ma è anche coltivata per la produzione delle Nespole Giapponesi, frutti dolci-aciduli che si trovano in vendita tra Aprile e Giugno.


Il Nespolo del Giappone è una specie sempreverde che si sviluppa come pianta di medie dimensione, con foglie larghe e portamento elegante e, sebbene gradisca il clima Mediterraneo, può sopravvivere anche a forti gelate.

I suoi fiori sono di piccole dimensioni e riuniti in un'infiorescenza a forma piramidale che emerge dall'apice dei rami. I singoli fiori sono color bianco-beige, con 5 petali, come tipico delle Rosacee, a cui appartiene la specie.
La fioritura è molto prolungata, inizia tra Ottobre e Novembre, ma può protrarsi a lungo. Nel Nord Italia capita che fiorisca in pieno Autunno, poi smetta per il freddo di Gennaio e riprenda in Febbraio, insomma, oltre ad esser scalare può esser rifiorente.
Quasi dimenticavo, la fioritura, oltre ad esser di bell'aspetto è profumata e fa avvertire la sua presenza sin da lontano.

Fioritura Nespolo Giapponese

Eriobotrya japonica
6) Aralia (Fatsia japonica)

Stupenda pianta dall'aspetto decisamente tropicale ed ornamentale, con grandi foglie sempreverdi, con lobi profondamente incisi.
L'Aralia ha un portamento cespuglioso, non cresce molto in altezza, resiste bene al freddo, ma nei luoghi più gelidi è consigliabile scegliere una posizione riparata, inoltre gradisce zone piuttosto ombrose.

L'infiorescenza cresce eretta e ramificata, i fiori sono raggruppati all'apice di ogni ramificazione e disposti in maniera circolare (come fossero sulla superficie di una sfera). Essi sono piccoli e color bianco/crema. La fioritura avviene in Autunno, indicativamente Ottobre-Novembre.

Fiori di Fatsia japonica

7) Gelsomino d'Inverno (Jasminum nudiflorum)

Questo Gelsomino appartiene al genere Jasminum, che di norma comprende specie sempreverdi da climi caldi o subtropicali ma lui, a differenza degli altri Gelsomini e del Falso Gelsomino, perde le foglie in inverno.
Il Gelsomino d'Inverno, talvolta conosciuto anche come Gelsomino di San Giuseppe, è originario della Cina ed è un rampicante dotato di rami semi-rigidi che rimangono verdi (non marroni) anche nella fase adulta. Data l'ottima resistenza al freddo è ampiamente utilizzato a scopo ornamentale, per abbellire ringhiere e muretti di confine.

Jasminum nudiflorum produce tanti fiorellini, dalla tipica forma "ad elica", ma di color giallo (non bianco, come tipico dei Gelsomini) e privi di profumo.
La fioritura del Gelsomino invernale inizia in Dicembre e può protrarsi fino all'emissione delle nuove foglie nelle primavera successiva.

Jasminum nudiflorum

Fiori Gelsomino d'Inverno

8) Gelsomino di Notte (Solanum jasminoides sin. Solanum laxum)

Non fatevi ingannare dal nome, questa pianta non appartiene alla famiglia dei gelsomini, bensì a quella delle Solanacee (come Pomodori, Melanzane, Tamarillo, etc.).
Il Gelsomino di Notte è una pianta sempreverde di origine Sud Americana e si sviluppa come rampicante.
La sua resistenza al freddo è leggermente inferiore rispetto alle specie sin qua menzionante, ma accostandolo ad un muro è possibile coltivarlo anche in buona parte del Nord Italia, sino a temperature minime di -12° C (10° F). Negli inverni più gelidi potrebbe perdere parte della chioma, ma di norma rigetta in primavera.

I fiori sono bianchi (talvolta blu o rosa pallido) e sbocciano su racemi a formati da una ventina di essi.
In realtà questa specie è rifiorente, quindi la potrete vedere in fiore anche in primavera-estate, anzi proprio nella bella stagione si avrà la fioritura più abbondante; nonostante ciò fiorisce tutto l'anno, inverno compreso, cosa molto rara in piante con una tale resistenza al freddo.

Nel Solanum jasminoides la fioritura "fuori stagione" si concentrerà nella prima parte delle brutta stagione, indicativamente da Ottobre a Dicembre, diminuendo progressivamente in Gennaio-Febbraio, anche in funzione dell'andamento termico.

Solanum jasminoides

Fioritura Gelsomino di Notte

9) Il Bastone di San Giuseppe (Edgeworthia chrysantha)

Chiamato anche Arbusto della Carta, ha un portamento tozzo, crescendo più in larghezza che in altezza ed avendo corti rami, ma di buon diametro ed estremamente flessibili.
Edgeworthia chrysantha è una specie decidua coltivata per i suoi fiori color giallo-crema (rossi in alcune varietà), a forma tubulare e disposti sulla superficie di infiorescenze a forma sferica.
Altra caratteristica di questi fiori è il loro intenso profumo.

Tra le piante sin qui trattate la Edgeworthia chrysantha è quella a fioritura più tardiva, i suoi fiori si apriranno solo un bel po' dopo la totale perdita delle foglie e non li vedrete prima di Gennaio inoltrato. In altre parole una pianta a fioritura prettamente invernale (non autunnale).

Edgeworthia chrysantha

Fiori Edgeworthia chrysantha

10) Ciliegio Invernale (Prunus x subhirtella 'Autumnalis')

I Ciliegi, ed in generale tutti i Pruni, sono il simbolo della primavera, in quanto la loro abbondante fioritura solitamente avviene tra Marzo ed Aprile.
Il Ciliegio d'Inverno, che in realtà è un ibrido ottenuto dall'incrocio delle specie Prunus incisa e Prunus spachiana, è un'eccezione, dato che fiorisce in maniera molto scalare, con un picco nei mesi di Dicembre-Gennaio-Febbraio, sebbene possa fiorire anche nel tardo autunno, prima della completa perdita delle foglie.

Prunus x subhirtella si sviluppa sotto forma di albero, di dimensioni leggermente più contenute rispetto al classico ciliegio (Prunus avium) ed ha un portamento espanso e leggermente pendule.
Questa pianta decidua ha un'ottima resistenza al freddo e preferisce ambienti freschi, mal sopportando il caldo torrido del Sud Italia. Nel Settentrione ben si presta per l'alberatura stradale ed i suoi fiori bianco-rosa pallido risaltano soprattutto se vi è uno sfondo grigio scuro.

I fiori sono solitari e vengono prodotti da gemme a fiore più concentrate all'apice dei rami di un anno. Sbocciando gradualmente fanno si che la fioritura non sia così copiosa come quella dei Ciliegi primaverili.

Prunus x subhirtella in Autunno

Prunus x subhirtella in Inverno

Fiori Ciliegio d'Inverno

11) Nocciolo (Corylus avellana)

Questa pianta arbustiva decidua cresce nei boschi di latifoglie, anche in bassa montagna, e si sviluppa su più tronchi (emette polloni in continuazione), inutile ricordare che possiede un'ottima resistenza al gelo.

Il Nocciolo fiorisce nei mesi di Gennaio e Febbraio, ha fiori femminili piccoli e del tutto trascurabili, mentre quelli maschili sono degli amenti, lunghi anche oltre 10 cm (4 in) e sottili, color giallo intenso che, appena mossi dal vento, liberano nell'aria una gran quantità di polline, che visivamente assomiglia ad una polvere gialla.
Un fiore invernale un po' diverso da quelli visti sin qua, ma non per questo meno ornamentale.


12) Maonia (Mahonia x media) :

Tra le diverse specie appartenenti al genere Mahonia, la specie più coltivata in Italia è senza dubbio la Mahonia x media, che in realtà si tratta di un ibrido, ottenuto dall'incrocio tra Mahonia oiwakensis e Mahonia japonica.


La Mahonia x media si sviluppa sotto forma di arbusto sempreverde multi-tronco a portamento tondeggiante e raggiunge un'altezza massima di 4 metri (13 ft), sebbene si mantenga spesso di dimensioni più contenute.
Le foglie sono color verde scuro, composte e formate da 7-13 foglioline, disposte a copia lungo l'asse, tranne quella terminale, perpendicolare alle altre.
Questa specie ama posizioni piuttosto ombrose ed è spesso piantata nei giardini condominiali o all'ombra di piante ad alto fusto.

Le infiorescenze terminali (spuntano dalle gemme apicali dei rami) sono delle spighe, ovvero racemi stretti ed allungati. Da ogni ramo vengono prodotte diverse infiorescenze, ognuna di esse formata da innumerevoli fiori gialli, che emanano un leggero profumo.

La fioritura della Maonia è invernale e la si può osservare in fiore da prima di Natale sin a Marzo. Esistono poi specie che anticipano ulteriormente il periodo di fioritura.

Mahonia x media

Fioritura Mahonia x media

Fiori Mahonia x media


Fuori dalla lista vorrei menzionare la Mimosa, il simbolo dell'8 Marzo e dunque una pianta a fioritura primaverile, tuttavia, in zone miti, dove viene spesso coltivata, questa pianta sempreverde anticipa di molto la fioritura ed i primi fiori si possono osservare già da inizio Febbraio.

Mimosa in Fiore

Esistono anche piante che, pur fiorendo in altri periodi dell'anno, riescono a farsi notare durante la brutta stagione, per via dei loro frutti colorati che rimangano attaccati alla pianta durante l'inverno.
Tra tutti gli esempi vorrei ricordare l'Euonymus europaeus (di cui potete vedere le foto cliccando qua), le cui bacche rosa sono in netto contrasto con la vegetazione marrone-grigia di questa stagione.

Ho volutamente escluso dalla lista le piante non arboree. Se volessimo considerare anche le specie erbacee potremmo citare, in ordine di fioritura, le Violette, i Ciclamini ed i Bucaneve.

Se piantati in luoghi miti, anche alcuni Bulbi primaverili possono fiorire sul finir dell'inverno, come ad esempio le Primule ed i Narcisi, che ai primi tepori di febbraio possono far sbocciare i loro fiori.

Narcisi nella Neve

Palma da Dattero (Phoenix dactylifera) - Coltivazione in Italia

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Phoenix dactylifera è la palma da cui vengono raccolti i preziosi Datteri, venduti poi in tutto il Mondo. In Italia la Palma da Dattero è cresciuta per lo più a scopo ornamentale e, grazie alla più che discreta resistenza al freddo, può esser piantata in molte località costiere, non solo del Meridione.

In questo articolo vorrei descrivere questa specie di Palma, fornendo qualche informazione utile a chi si volesse cimentare nella sua coltivazione.

Chioma Phoenix dactylifera


Origine e Diffusione :

La Palma da Dattero ha origini antichissime e le prime prove del suo utilizzo risalgono ad oltre 6000 anni fa, in Mesopotamia (attuale Iraq).
Gli Assiri ed i Babilonesi impiegavano le foglie di questa pianta per la costruzione dei tetti delle loro umili abitazioni e le palme, all'epoca degli Egizi, erano coltivate lungo tutta la valle del Nilo, sia per il legno, che per i frutti, dai quali si ricavava il prezioso vino di Dattero.

Reperti fossili hanno evidenziato che la Phoenix dactylifera esiste da almeno 50 milioni di anni ed è probabilmente nativa dell'Iraq, sebbene il luogo esatto d'origine non sia del tutto certo.

Oggi la Palma da Dattero è diffusa allo stato naturale in tutto il Nord Africa, dal Marocco, sino all'Iran, dove prospera al piano, in habitat desertici, indicativamente ad una latitudine compresa tra il 15° ed il 35° Nord.

Sebbene non spontanea di queste zone, la P. dactylifera è in grado di sopravvivere anche nelle aree a clima Mediterraneo dell'Italia, come i litorali, dove viene piantata a scopi ornamentali, sia nei giardini privati e nei parchi pubblici, sia per le alberature stradali.

Palme da Dattero a Genova

Come Riconoscere una Palma da Dattero - Botanica e Fisiologia

Phoenix dactylifera appartiene, come tutte le altre Palme, alle Arecaceae (o Palmaceae), una famiglia di monocotiledoni, le cui specie hanno tendenzialmente una distribuzione tropicale e subtropicale, sebbene alcune (es. Chamaerops humilis) possano esser native di zone temperate.

Il genere Phoenix, a cui appartiene la palma oggetto dell'articolo, comprende circa 15 specie; tra di esse la più comune in Italia è senza dubbio la Palma delle Canarie (Phoenix canariensis).

Le due Palme, P. dactylifera  e P. canariensis, hanno diverse analogie ed, ad un'occhiata superficiale, possono esser facilmente scambiate l'una per l'altra.
In linea di massima si possono distinguere in quanto la Palma da Dattero ha un portamento più slanciato, un (o più) tronco/tronchi di minor diametro ed una chioma formata da un minor numero di foglie, inoltre più strette, mentre la Palma delle Canarie è mastodontica, piuttosto tozza (soprattutto nei giovani esemplari), priva di polloni basali e con una chioma folta, con foglie di un verde più carico e scuro.

La Palma da Dattero può occasionalmente raggiungere un'altezza di 30 metri (98 ft), ma di norma non supera i 20 metri (65 ft). Il tronco ha un diametro di circa 50 cm (20 in) e, diversamente dalla cugina (P. canariensis), più tronchi possono esser emessi da un unico apparato radicale, in altre parole, nelle condizioni di crescita ideali, tende ad emettere polloni.

La chioma, non particolarmente folta, è composta da foglie rigide, pennate, lunghe 4-5 metri (13-16 ft) e di color verde-grigiastro, simile a quello delle foglie di Olivo. Le foglie della P. dactylifera hanno una vita di media di 5-6 anni, prima di seccare ed esser rimpiazzate dalle nuove.

I fiori possono esser femminili o maschili; in entrambi i casi sono raggruppati in grosse infiorescenze a grappolo.
I fiori di entrambi i sessi sono piccoli e formati da 3 petali e 3 sepali, quelli maschili sono bianchi, mentre quelli femminili tendono ad esser gialli.
Le due tipologie di fiori sono prodotte da due piante differenti, la Phoenix dactyliferaè infatti una specie Dioica, esistono dunque Palme da Dattero "Maschio" o "Femmina".
Negli impianti commerciali 1 pianta maschio è sufficiente per l'impollinazione di 30-45 piante femmina.

In Egitto, ed in generale nelle zone molto calde, la fioritura avviene sul finir dell'inverno (Febbraio/Marzo), mentre in Italia è tipicamente tardo primaverile e, a seconda della zona, può avvenire da Aprile a Giugno.

Fioritura Palma da DatteroL'impollinazioneè tipicamente anemofila (ad opera del vento), anche se spesso si ricorre all'impollinazione manuale per aumentare la resa e migliorarne la qualità; infatti i Datteri possono talvolta maturare anche senza che vi sia stata la fecondazione, risultando però privi di zuccheri e, di fatto, immangiabili.

I Datteri, ovvero i frutti della P. dactylifera, sono delle drupe lunghe in media 6 cm (2.4 in) e larghe la metà, contenenti un unico seme. I Datteri sono verdognoli durante la prima fase di accrescimento, diventando poi marroni, sebbene il colore non sia l'unico indice dell'avvenuta maturazione (frutti marroni possono esser ancora immaturi ed astringenti).
Il periodo di "gestazione"è piuttosto lungo e servono in media dai 6 ai 9 mesi dalla fioritura alla maturazione dei frutti.

Un nuovo pollone, se piantato lontano dalla pianta madre, diventerà una nuova piantina ed impiegherà dai 4 agli 8 anni per entrare in produzione, raggiungerà il picco di produttività dopo 20 annied inizierà il declino produttivo dopo i 40 anni, sebbene queste palme siano ben più longeve, potendo raggiungere anche 150 anni d'età.

Nelle miglior condizioni climatiche e di coltivazione, una Palma da Dattero adulta può produrre anche 100 Kg (220 lb) di Datteri all'anno, spesso alternando un anno di carica ad uno di scarica.

Le radici, come tipico dei monocotiledoni, sono fascicolate e mancano di un fittone principale dominante.

Datteri Immaturi Phoenix dactylifera

Dove Crescere la Palma da Dattero ? - Coltivazione, Esposizione, Clima, Potatura e Cure.

Phoenix dactylifera è una specie adattatasi a crescere in climi desertici ed è la classica palma che si sviluppa ai margini delle Oasi. Il clima desertico è contraddistinto da fortissime escursioni termiche e, nei luoghi d'origine, ad una giornata calda potrebbe seguire una gelata notturna.

La Palma da Dattero ha una più che buona resistenza al freddo e può sopravvivere a temperature minime nell'ordine dei -8°/-10° C (18°/14° F), più o meno come la P. canariensis, tuttavia, rispetto a quest'ultima, è decisamente meno tollerante nei confronti dell'umidità e del freddo continuativo, il che la rende meno adatta alla coltivazione nel Nord Italia.
P. dactylifera è una palma a suo agio in climi torridi e può tollerare temperature prossime ai 50° C (122° F), che cuocerebbero la maggior parte delle piante; anzi, le alte temperature diurne sono necessarie per far maturare i frutti.

In molte zone d'Italia, infatti, le Palme da Dattero, pur crescendo bene, non riescono a maturare i loro frutti, i quali cadono a terra ancora verdi. Dal periodo di fioritura alla maturazione dei Datteri la media giornaliera deve esser di almeno 18° C (64° F) e temperature massime sopra i 30° C (86° F), con picchi a 40 ° (104° F), sono ideali. Esistono poi differenze di fabbisogno di calore tra le varietà, ma in linea di massima in Italia è ben difficile aver queste temperature per 6-8 mesi e le zone più vocate, nelle quali sperare in una fruttificazione di qualità accettabile, rimangono le piane interne del Sud Italia (N.B. le zone costiere sono più miti come minime, ma con massime più contenute e decisamente meno roventi in estate). Inoltre le piogge durante la fioritura ed in alcune fasi di maturazione dei frutti possono far insorgere muffe e far marcire i futuri Datteri.

Come facile intuire la Palma da Dattero ha un'ottima resistenza alla siccità, che le permette di esser coltivata ovunque (in Italia) senza irrigazioni; tuttavia bagnare d'estate durante i primi 2-3 anni dall'impianto potrebbe aumentare la velocità di crescita, già di per sé non particolarmente fulminea.

Altra cosa piuttosto ovvia è l'esposizione, che deve soleggiata, sebbene, senza aver pretese di fruttificazione, se ne può tentare la coltivazione anche in zone in cui vi sia solo mezza giornata di Sole diretto. Posizioni ombrose sono da evitare tassativamente e se solo queste fossero disponibili sarebbe meglio ripiegare su un'altra specie di Palma, come ad esempio la Chamaedorea elegans, sempre clima permettendo.

Il terreno ideale è sabbioso e neutro (pH tra 6.5 e 7.5), sebbene possa tollerare anche suoli alcalini, mentre sono dannosi quelli argillosi e soggetti a ristagno idrico.
Data la scarsa resistenza all'umidità è sconsigliabile lasciar l'erba incolta alla base del tronco ed in luoghi umidi sarebbe bene tagliarla spesso o mettere delle rocce/ghiaia che ne evitino la crescita.

Foglie e Chioma Palma da DatteroLa concimazione non ricopre particolare interesse, almeno a livello ornamentale, e le Palme da Dattero "stradali" ne sono la dimostrazione, dato che crescono senza cure; per contro è una specie che mal si adatta ad esser coltivata in vaso. Ovviamente per i primi anni di vita è possibile, ma lo sviluppo sarà limitato ed, anche in grossi vasi, un pianta di 15 anni non sarà mai grande e sana quanto una coetanea piantata in giardino.

Phoenix dactyliferaè ben tollerante nei confronti dei venti salmastri, così come ad una certa salinità del terreno, permettendo un buon sviluppo anche in zone prossime al mare.

Le palme notoriamente non richiedono potature, tuttavia la Palma da Dattero emette polloni e, a meno di non voler una palma "multi-tronco" o propagarla, dovrete rimuoverli.
Le fronde (foglie) verdi non devono esser potate, mentre potrete tagliare quelle gialle od ormai rinsecchite. Altra pratica riguarda i frutti, che solitamente vengono diradati al fine di incrementare la dimensione dei rimanenti.

In Italia il nemico numero uno della P. dactyliferaè sicuramente il Punteruolo Rosso (Rhynchophorus ferrugineus), malattia contro la quale non è ancora presente un insetticida efficace; inoltre l'attacco del coleottero patogeno rimane inizialmente asintomatico, manifestandosi solo quando la Palma è ormai compromessa.
A livello preventivo, anche in piante apparentemente sane, sarebbe utile osservare la parte alta del tronco ed il picciolo delle foglie, per scovare tempestivamente eventuali fori prodotti dalle larve di questa specie.

Chiome Phoenix dactylifera

Come Si Riproduce la Palma da Dattero ? - Propagazione e Varietà

La grossa fortuna della P. dactylifera è la sua attitudine ad emettere polloni, che sono geneticamente identici alla pianta madre e garantiscono dunque una riproduzione di tipo vegetativo, assai rara in altre Palme (dato che non si possono fare né talee né innesti).
La moltiplicazione tramite semina è del tutto marginale e le Palme da Dattero vengono essenzialmente propagate prelevando un nuovo pollone (con parti di radice) e trapiantandolo altrove.

Negli anni, la possibilità di riproduzione vegetativa ha permesso di selezionare cultivar di interesse (es. con frutti grandi e buoni), che son poi state propagate e diffuse sul territorio.

Essenzialmente possiamo raggruppare le varietà in 3 grosse categorie, in base alla consistenza dei loro frutti:

  • Datteri Duri : facili da coltivare, hanno una produttività elevata, ma non vengono mangiati come frutta, bensì macinati fino a diventar farina, da utilizzare poi per la preparazione di dolci o per l'alimentazione animale
  • Datteri Morbidi : sono piante delicate, la resa è bassa e di conseguenza i prezzi rimangono piuttosto elevati, possono esser mangiati tal quali
  • Datteri Semi-morbidi (o Semi-duri) : sono una via di mezzo tra i due precedenti e rappresentano oltre il 90% della produzione mondiale. Questi datteri, una volta maturi, vengono essiccati, così da poter esser conservati e giungere sino ai nostri scaffali

Esistono decine di cultivars, tuttavia in Italia è un'impresa trovarle in vendita, etichettate correttamente.
In Italia, per poter sperar di riuscire a mangiare Datteri auto-prodotti, si dovrà optare per una varietà a maturazione precoce e tollerante all'umidità.
Di seguito troverete una breve descrizione di alcune varietà di Palma da Dattero :

  1. Medjool : nota anche con il nome di Medjoul, o Majhool, è originaria del Marocco ed è probabilmente la varietà più diffusa al mondo. Produce frutti molto grossi e di ottima qualità; inoltre la pianta è tollerante all'umidità ed è a fruttificazione precoce, rendendola una delle migliori scelte per la coltivazione in Italia.
  2. Halawi : chiamata anche Holwah, produce Datteri medio-piccoli ma estremamente dolci, anche questa varietà è a maturazione precoce e tollerante all'umidità.
  3. Khadrawy : pianta di dimensioni più contenute a fioritura (e maturazione frutti) precoce. Produce Datteri morbidi e si colore molto scuro.
  4. Deglet Nour : sinonimo di Deglet Noor, è di origine Algerina, produce Datteri dalla buccia  chiara e traslucida, dal caratteristico sapore "di Miele"ed è perciò molto comune.
  5. Barhee o Barhi : produce Datteri sferici marroni a maturità. La fruttificazione è abbondante e la maturazione tardiva, tuttavia è una delle poche varietà in cui i Datteri son commestibili anche quando sono gialli e non completamente maturi

Quindi, se abitate in una zona di mare, anche non particolarmente mite, avrete un'ottima probabilità di coltivare con successo la Palma da Dattero e, con qualche rischio, ne potrete tentare l'acclimatazione anche nelle zone più miti e meno umide delle regioni settentrionali.

Sebbene difficilmente otterrete frutti di buona qualità, avrete comunque un'ottima pianta ornamentale.

Palme da Dattero in Liguria

Tronco Phoenix dactylifera

Washingtonia filifera e Washingtonia robusta - Coltivazione e Differenze

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Il genere Washingtonia appartiene alle Arecaceae, una famiglia che talvolta chiamiamo più semplicemente col nome di "Palme", e comprende solo due specie, entrambe native del Nord America e con foglie "a ventaglio" (Fan Palms).

In questo articolo vorrei descrivere le due uniche specie del genere, Palma Californiana (Washingtonia filifera) e Palma Messicana (Washingtonia robusta), evidenziando le differenze e fornendo utili informazioni per chi volesse provare a coltivarle.

Washingtonia filifera e Washingtonia robusta

Origine, Diffusione e Curiosità :

Il nome Washingtonia fu scelto in onore di George Washington (1732-1799), primo presidente degli Stati Uniti.

La Washingtonia filifera, comunemente chiamata Palma della California, è originaria del Sud-Ovest degli Stati Uniti e rappresenta l'unica palma nativa di questa zona degli USA.
Popolazioni primarie si ritrovano tutt'ora in habitat riparati (es. Oasi, Falde Acquifere) del Deserto del Colorado e, più sparpagliate, anche del Deserto Mojave, a confine tra Nevada, Arizona e California. Alcune piante si spingono anche più a Sud, crescendo lungo i corsi d'acqua che attraversano il Deserto di Sonora.

Washingtonia filifera ha come habitat naturale i deserti del Sud degli Stati Uniti, dove riesce a crescere in posizioni in cui è presente dell'acqua in profondità, come lungo i canyon scavati dai fiumi. Oggigiorno la specie è naturalizzata anche in altri stati degli USA (Florida, Hawaii), nel Nord del Messico ed in Australia.

La Washingtonia robusta, comunemente chiamata Palma del Messico (da non confondere con la Palma Blu del Messico), cresce in un areale leggermente più meridionale, ma confinante, rispetto a quello della W. filifera ed è infatti nativa del Nord Ovest del Messico.
Se dovessimo ricercare il luogo di origine della Washingtonia robusta potremmo identificarlo con lo stato messicano della Bassa California (Baja California).

Entrambe le specie vengono cresciute a scopo ornamentale in un po' tutti i luoghi a clima Mediterraneo ed anche in Italia sono piantate sia nei giardini privati, sia nei luoghi pubblici, dove vengono spesso impiegate nelle alberature stradali.
Il numero delle Washingtonia coltivate in Italia è cresciuto negli ultimi anni e, dato che sembrerebbero meno vulnerabili all'attacco del Punteruolo Rosso, vengono spesso piantate al posto delle Phoenix canariensis, decimate da questo patogeno.

Piccolo Esemplare di Washingtonia
Fioritura Washingtonia filifera

Come Distinguere tra Washingtonia filifera e Washingtonia robusta ? - Botanica e Fisiologia

Premetto che le due specie, come ovvio che sia, hanno molte similitudini e la descrizione di alcune parti della pianta potrebbero corrispondere perfettamente; tuttavia ci sono anche delle differenze più o meno evidenti, che permettono il riconoscimento dell'esatta specie.
Tuttavia c'è un altro problema, la W. robusta e la W. filifera si possono ibridare ed in commercio si trovano diversi ibridi (noti come Washingtonia x filibusta), che complicano ulteriormente l'identificazione.


Washingtonia filiferaLa Palma del Messico (W. robusta)è più alta e può occasionalmente raggiungere un'altezza massima di 30 m (98 ft), tuttavia succede solo in piante centenarie coltivate nelle miglior condizioni. La Palma della California (W. filifera) è più bassa e raramente raggiunge i 20 m (65 ft), sebbene possa vivere anche 200 anni.

Ma per quanto riguarda il portamento la differenza maggiore sta nel tronco : la W. filifera è tozza ed il diametro del tronco, sfiora 1 metro (3.3 ft), circa il triplo rispetto a quello della W. robusta.

Quindi per distinguerle per prima cosa guardate il tronco, se è grosso e relativamente basso è W. filifera, se è alto, snello e, talvolta, leggermente ricurvo (in Palme di oltre 30-40 anni), allora è W. robusta.

Le foglie sono palmate; quelle della Washingtonia filifera sono lunghe anche 2 metri (6.6 ft) ed il margine tende a sfaldarsi, formando vistosi filamenti biancastri, come ricorda il suffisso "filifera". Nelle piante adulte la chioma è espansa, densa e formata da una trentina di foglie verdi-grigiastre (color foglia d'Olivo). La Washingtonia robusta ha una chioma meno densa, foglie più piccole, con lobi incisi meno in profondità e di color verde intenso, più scure e brillanti rispetto a quelle della "cugina Californiana". Le foglie di entrambe le Palme hanno l'attitudine a rimanere attaccate anche dopo la loro morte e, se non rimosse, ricoprono il tronco per buona parte della sua lunghezza.

Washingtonia robustaN.B. nelle giovani piante il colore delle foglie potrebbe trarre in inganno.

Il piccioloè piuttosto lungo in entrambe le specie, ma nella W. filifera tende ad aver meno spine e ad esser prevalentemente verde, con talvolta una limitata zona marrone alla base (attacco col tronco), mentre nella W. robusta tende ad esser marrone-rossastro su un'ampia superficie ed ad aver spine rosso-brune, poste ad distanza regolare lungo tutto il picciolo.

I fiori sono color bianco-crema ed inseriti su un'infiorescenza lunga e ramificata. In Italia il periodo di fioritura è compreso tra la tarda primavera e l'estate, mentre la maturazione dei piccoli frutti (color blu scuro-nero) avviene tra fine estate ed autunno. I frutti, raggruppati in grappoli molto ornamentali che ricordano quelli della Vite, contengono un unico seme.

L'apparato radicale è espanso ed in grado di spingersi in profondità alla ricerca di acqua; nonostante ciò queste imponenti radici non precludono la possibilità di trapianto; infatti anche grossi esemplari possono esser spostati e, se trapiantati in maniera corretta, hanno una buona probabilità di attecchimento.

Chioma Washingtonia filibusta
Come Crescere le Palme Washingtonia ? Coltivazione, Esposizione, Esposizione, Clima e Riproduzione

W. filifera e W. robustanon sono palme tropicali ed il loro habitat naturale è rappresentato dai margini dei Deserti, in una fascia climatica temperata-subtropicale e sono perfettamente adatte per crescere in un clima Mediterraneo, come quello di buona parte d'Italia.
Entrambe hanno una discreta resistenza al freddoe, soprattutto se secco, possono vivere anche in zone in cui vi siano gelate, più o meno sporadiche.

Un'altra differenza tra la Palma Californiana e la Palma Messicana risiede nella rusticità, che tra l'altro rispecchia la latitudine delle loro origini.

La W. filifera ha una miglior resistenza al freddo e può tollerare una temperatura minima di -12° C (10° F), purché sia circoscritta a poche ore e le temperature massime diurne risalgano velocemente; a tale temperatura si potrebbero comunque aver ingenti danni alle foglie.


La W. robusta invece è più sensibile ai cali termici e la soglia oltre la quale si potrebbe aver la morte dell'intera pianta è una temperatura di -8° C (18° F) e dunque sarebbe meglio coltivarla in Zone USDA 9a o superiori.

La resistenza al gelo dei loro ibridi (Washingtonia x filibusta) sarà a metà strada tra le due specie progenitrici e più spostata verso l'una o l'altra a seconda del clone.

Fiori Washingtonia filiferaOttima è la capacità di crescere anche in ambienti estremi, dato che possono sopravvivere (senza grossi danni) a temperature prossime ai 50° C (122° F), che "cuocerebbero" la maggior parte delle altre piante.

Frutti in Maturazione Washingtonia robustaOsservando questi numeri si capisce bene che la W. filifera si può facilmente coltivare in tutto il Sud Italia e nelle zone costiere del Centro-Nord, ma se ne potrebbe tentare l'acclimatazione anche nelle zone più miti dell'entroterra del Centro-Nord.
La W. robusta è invece perfettamente adatta al clima costiero del Centro-Sud Italia, ma salendo più a Nord i rischi aumenterebbero e sconsiglierei di coltivarla nella Pianura Padana, nelle valli interne del centro Italia, ma anche nell'alto Adriatico si rischierebbe di perderla al primo inverno più freddo della media.

Se state scegliendo il posto del giardino in cui piantarle, sappiate che queste due Palme amano esposizioni in pieno Sole e tollerano temperature molto elevate; dovrete dunque scegliere una posizione quanto più possibile soleggiata, evitando tassativamente quelle totalmente ombreggiante.

Entrambe le specie hanno un buon sviluppo e tronchi piuttosto grandi, dunque è meglio piantarle come esemplari isolati, piuttosto che crescerle a gruppetti, come invece si potrebbe fare con le Trachycarpus fortunei.

W. filifera e W. robustahanno un'ottima tolleranza alla siccità e son perfettamente in grado di crescere senza irrigazioni anche nelle zone più torride del Sud Italia.
Nei primi due anni dall'impianto, se nella stagione estiva vi fossero prolungati periodi secchi, è comunque consigliabile bagnare ogni 2 settimane, così da velocizzare la crescita.

Sia la W. filifera, che ancor di più la W. robusta, hanno una crescita rapida, sin dai primi anni e nella fase giovanile, una volta affrancate, possono crescere anche oltre 80 cm (31 in) all'anno.
Questa velocità di crescita è rara tra le Palme, dato che alcune (vedi Butia capitata) impiegano diversi anni prima di superare "l'altezza d'uomo".

Il terreno ideale è molto drenante, come i suoli sabbiosi, anche se poveri e riarsi dal Sole. Queste palme riescono a crescere anche in terreni pesantemente alcalini (fino a pH 9) ed hanno una buona resistenza alla salinità del suolo.

Le concimazioni con fertilizzanti specifici per Palme possono aumentare la vigoria e la salute, ma in linea di massima non sono necessarie, anche perché, tra le Palme, son probabilmente quelle a crescita più rapida che esistano, almeno in zone non tropicali.

Foglia Washingtonia filiferaDate le grosse dimensioni, la coltivazione in vaso è possibile solo per pochi anni, prima che lo sviluppo diventi limitato, intaccando poi anche la salute della Palma stessa.
Se non avete spazio per piantarla (od avete solo un balcone assolato), ma volete a tutti i costi coltivare una Palma "rustica" in vaso, da tenere all'aperto anche in inverno, è molto meglio propendere per una Chamaerops humilis.

Stipite Washingtonia filiferaDato che la Washingtonia non emette polloni ed ha un unico apice vegetativo, la potatura avrà come unico scopo quello di rimuovere le foglie morte che, come menzionato in precedenza, rimarrebbero attaccate per anni.
Questa attitudine è comune sia alla W. robusta che alla W. filifera, tuttavia è stato osservato che vi sono delle differenze da pianta a pianta ed in alcune è più marcata che in altre.
Nella W. filifera, gli eco-tipi dell'Arizona sembrano far cadere le foglie morte molto prima rispetto alle popolazioni native della California.

Sia la Palma Californiana che la Palma Messicana vengono moltiplicate esclusivamente tramite semina, dato che non si possono propagare per via vegetativa (non emettono polloni e, come tutte le palme, non è possibile fare delle talee).

I semi, per fortuna, hanno un'elevata percentuale di germogliamento, anche quelli ormai vecchi. Nelle zone dove l'erba non viene tagliata non è inusuale vedere, alla base di queste palme, tante piantine, derivate dai semi spontaneamente caduti dai loro stessi frutti.

Se volete riprodurre una Washingtonia, procuratevi dei semi e seminateli in primavera, quando le temperature superano i 20°C (68° C), in un terriccio soffice e mantenuto umido.
A seconda della temperatura ci vorranno dai 30 giorni ai 2 mesi, prima di veder spuntare la prima fogliolina.

Tronco Washingtonia robusta

Washingtonia robusta in Fioritura

Albero del Falso Pepe (Schinus molle) - Coltivazione e Cure

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Il "vero" Pepe è una spezia prodotta dal Piper nigrum, una pianta rampicante nativa dell'India ed ampiamente coltivata in tutte le zone tropicali della Terra.

In questo articolo vorrei invece parlare del Pepe Rosa (Schinus molle), anche chiamato volgarmente Pianta del Falso Pepe poiché, pur non avendo alcun grado di parentela, produce delle bacche che ricordano l'aroma del classico pepe nero.

Origine e Diffusione :

L'Albero del Falso Pepe (Schinus molle) appartiene alle Anacardiaceae, un'ampia famiglia le cui specie sono distribuite prevalentemente nelle zone calde del Mondo; fanno parte della famiglia piante  tropicali come il Mango (Mangifera indica) e l'Anacardio (Anacardium occidentale), così come piante da climi temperati caldi come il Pistacchio (Pistacia vera).

Schinus molle è una specie nativa degli aridi altopiani Andini compresi tra Perù, Cile e Bolivia ed il suo habitat naturale è rappresentato dalle aree semi-desertiche.
La Pianta del Pepe Rosa si è dimostrata piuttosto invasiva, tanto che si è naturalizzata in diverse aree del mondo, dall'Australia, sino al Sud degli Stati Uniti (Arizona, California), crescendo nelle praterie e nelle aree limitrofe al mare.

In molte zone costiere d'Italia (es. Liguria), l'Albero del Falso Pepe viene piantato a scopo ornamentale, sia nei giardini privati che in quelli pubblici ma, data la sua rusticità ed il bell'aspetto, è impiegato anche nelle alberature stradali.

Schinus molle

Foglie Schinus molle

Come Riconoscere la Pianta del Falso Pepe ? - Botanica e Fisiologia

Schinus molle è una specie sempreverde che si sviluppa sotto forma di albero di medie dimensioni, raggiungendo i 10 metri (33 ft) di altezza, sebbene non sia raro osservare esemplari adulti ben più contenuti.
Il portamento è elegante e, grazie ai rami penduli ed alle foglie lanceolate, ricorda quello del Salice Piangente.

Fiori Pianta del Pepe RosaIl tronco raggiunge un diametro massimo di 40 cm (16 in) ed è ricoperto da una corteccia color marrone chiaro/grigiastro, con sfumature quasi beige e, con l'età, tende a fessurarsi superficialmente.
I rami sono lunghi, esili, flessibili e tendono a curvarsi verso il basso, tanto che nei vecchi esemplari possono addirittura toccare terra. La chioma è espansa, ma non eccessivamente folta.

Frutti Immaturi Schinus molleLe foglie sono paripennate, lunghe sino a 25 cm (10 in), larghe circa 10 cm (4 in) ed ognuna di esse è formata da 20-40 foglioline dalla forma stretta ed allungata (lanceolate), disposte perpendicolarmente rispetto al rachide centrale.

L'Albero del Pepe Rosa è Dioico, quindi fiori maschili e femminili vengono prodotti da piante distinte. Entrambi i tipi di fiore sono di piccole dimensioni, color crema esternamente e più gialli all'interno; questi fiori sono raggruppati in un'infiorescenza pendule che spunta dall'apice dei rami.

La fioritura principale è estiva, indicativamente nel periodo compreso tra Giugno ed Agosto, tuttavia, in luoghi miti, la pianta è rifiorente e può produrre fiori anche in altre stagioni, sebbene queste fioriture siano decisamente meno abbondanti rispetto a quella estiva.
Ad esempio, nella Liguria di Ponente mi è capitato di veder fiori di Schinus molle in pieno inverno (Gennaio).

Ai fiori, nelle piante femminili, seguono i frutti, raggruppati in in grappoli penduli, che maturano in maniera scalare, con un picco in autunno. Ogni frutto è una piccola drupa inizialmente bianca, che diventa color rosa a maturazione. All'interno troviamo un unico seme legnoso nero, che ricorda appunto classico pepe, sia nell'aspetto che nel sapore.
Le qualità organolettiche sono inferiori ed il Pepe Rosa è considerato meno pregiato, ma viene comunque impiegato per la preparazione di molti piatti, soprattutto a base di pesce.

Bacche e foglie del Falso Pepe sono leggermente velenosi e, se ingeriti in quantità, possono causare vomito e diarrea.
Il Pepe rosa possiede anche proprietà antisettiche ed è dunque utilizzato nella medicina tradizionale come antimicrobico per la cura di ustioni e ferite, sebbene si supponga possa funzionare anche come antidepressivo.

Le radici sono vigorose e robuste, tuttavia rimangono piuttosto superficiali e possono dunque arrecare danni a vialetti di ciottoli od alle tubature. Per questa ragione, oltre che per le dimensioni della pianta adulta, sarebbe meglio piantare l'Albero del Falso Pepe a più di 3 metri (10 ft) dalle mura di casa.

Invaiatura Bacche Pepe Rosa
Come Crescere la Pianta del Pepe Rosa ? - Coltivazione, Esposizione, Clima, Potatura, Riproduzione e Cure

La specie prospera in ambienti semi-desertici ed è perfettamente a suo agio in climi temperati caldi con estati secche, come quello tipico dell'Italia costiera e del Mediterraneo.
Il Falso Pepe, se cresciuto nelle migliori condizioni, ha una crescita rapida, ciò nonostante risulta essere piuttosto longevo.

Sebbene nativo di zone subtropicali, l'albero ha una buona (non ottima) resistenza al freddo e può tollerare temperature minime di circa -10 °C (14° F) e, con qualche danno ai giovani rami, forse anche un paio di gradi in meno.
Queste temperature soglia devono intendersi come occasionali e rappresentano un limite estremo a cui sarebbe meglio non arrivare.
Per questo motivo il luogo ideale in cui piantare un Albero del Pepe Rosa è laddove le gelate invernali siano lievi o nulle e, per esser certi di non aver danni da freddo alle foglie, non si dovrebbe mai scendere sotto i -7° C (19,5 ° F).
Ottima invece è la resistenza al caldo, dato che non si evidenzia sofferenza neppure quando le temperature superano i 40° C (104° F).

Schinus molle possiede foglie sottili che offrono protezione alla disidratazione, ma limitano anche l'attività fotosintetica.
Per questi motivi la specie ama e necessita un'esposizione soleggiata, ma è in grado di tollerare la siccità e può essere coltivata senza irrigazioni anche nelle zone più torride d'Italia (al limite si può bagnare solo il primo anno dopo il trapianto).
In zone più ombrose la specie non fiorisce/fruttifica, la vegetazione diventa stentata e la pianta mostra un aspetto sofferente.

Tronco Schinus molleIl Falso Pepe si dimostra adattabile anche sotto l'aspetto del suolo, può infatti svilupparsi al meglio anche in terreni aridi, rocciosi e poveri, dove poche altre specie riuscirebbero a crescere. Le concimazioni sono superflue e si possono tranquillamente evitare.

Oltre a ciò Schinus molleè rustico anche dal punto di vista della qualità dell'aria, può infatti tollerare lo smog, così come la salsedine; inoltre, date le foglie sottili, può essere piantato anche in zone particolarmente ventose, senza subire danni od esser sradicato al primo temporale.

La Pianta del Pepe Rosa può esser propagata per talea o per semina. Nel primo caso converrà prelevare le marze sul finir dell'anno, quando la pianta è in riposo vegetativo, tagliando rami di almeno un anno di età e interrarli in un vaso con terriccio mantenuto umido, per favorire l'emissione di nuove radici.
La semina è meglio eseguirla in primavera, avendo cura di lavare bene i semi, lasciandoli almeno 24 h in acqua, poiché sul pericarpo dei semi è presente un olio che inibisce il germogliamento.
I semi possono esser conservati (in luogo asciutto e buio) almeno per un anno e, seminandoli a temperatura ed umidità ottimali, la percentuale di successo si attesta intorno al 60 % ed il germogliamento avverrà in un lasso di tempo compreso tra 2 e 5 settimane.

Chioma Albero Falso Pepe

Fioritura Pianta Falso Pepe

Bacche Mature Albero Pepe Rosa
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